I RED RUSH sono un gruppo di Roma dedito al “vintage Hard Rock with ’70 flavour”, come recita la loro pagina facebook. VOL.2 è naturalmente il loro secondo album e già dal visual è facile capire da dove provengano: la LES PAUL STANDARD in bella evidenza, le magliette e le pose di GIANCARLO FIORETTI, etc etc. Di solito mi trovo in difficoltà dinnanzi a certi dischi, quando c’è troppo piombo Zeppelin mi ritraggo, come davanti ad una pietanza con troppa panna, crema o spezie. Non è successo con i RED RUSH, perché questo è un labour of love, i ragazzi amano i LED ZEPPELIN e in genere l’hard rock anni settanta, non ne fanno mistero, vanno in profondità, non lasciano che il prodotto stia in piedi solo qualche ora con una spruzzata di lacca, no… loro lavorano duro, cesellano, cercano i sentieri più impervi, gli orizzonti più distanti e il risultato è un buon album di Hard Rock meno zeppeliniano di quel che si potrebbe pensare.
L’inizio mette un po’ a disagio, THE CALL OF PAPA LEGBA è una rivisitazione dell’intro di IN THE EVENING , ti scappa un “ma che cazzo…?” ma poi parte FIRE, dura e diretta subito seguita da HOLD ME TIGH altro pezzo tiratissimo, entrambi in qualche modo lontani dal mondo di riferimento. In HONEY HONEY riecheggiano suoni della Los Angeles anni ottanta sponda metal e dei KISS. SEARCHIN’ MY SOUL si arricchisce dell’organo e di un assolo meno aggressivo del solito.
Il piombo Zeppelin arriva con THE MIDNIGHT SUN giocata con l’acustica in accordatura aperta e col mandolino. Bel quadretto, ma quando entra la batteria il sapore di BLACK COUNTRY WOMAN è un po’ troppo forte…
FILE AUDIO: Red Rush “Midnight Sun”
INNOCENCE FADE AWAY è un bel momento ricco di interessanti parti strumentali, compreso un bell’assolo di organo di MARCO PALAZZI che nel finale sa molto di DEEP PURPLE …
FILE AUDIO: Red Rush “Innocence Fade Away”
In ATOMIC ROOSTER c’è persino un assolo di batteria, courtesy of UBALDO VERGARI;
IRON HORSE rispecchia un po’ l’anima del gruppo, brano hard rock con finiture strumentali di pregio e ricerca di aperture di ampio respiro. Ancora l’acustica per SPRING DAYS, uno di quei momenti che sento molto miei…mandolino, chitarra col wah wah in sottofondo. EMANUELE LUZI si lascia andare al sentimento mentre aggiunge il bell’assolo.
WILD STRANGER chiude il disco citando a tratti – nel giro iniziale – KILLING FLOOR.
Fossi il loro produttore cercherei di sfruttare meglio le parti melodiche, taglierei qualche eccesso strumentale e magari li farei cantare in italiano; ma visto che non lo sono mi godo VOL.2 così com’è, perché non è affatto male.
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