Non me lo aspettavo un disco così dal VASCO ROSSI odierno, dopo 36 anni di carriera continua e costante, dopo aver detto ormai tutto, dopo che uno a quell’età e con quella storia alle spalle non può più pensare di sperare in ulteriori fiotti della vena creativa… e invece eccola qua la zampata del vecchio leone. Chi non lo segue se non distrattamente da ciò che passa la radio potrà non notare differenze, ma chi invece guarda con una certa attenzione al cantautore di Zocca non potrà non accorgersi che qui VASCO ROSSI c’è e non ci fa. Sì, qui sta il nocciolo della questione, in questo album VASCO ROSSI è VASCO ROSSI e dunque non fa il VASCO ROSSI. C’è la sua bella differenza, sebbene non sia automatico scoprirla al primo ascolto (ma a me è capitato). Ci sono meno testi default, quelli “alla Vasco Rossi”, quelli pieni di “sì … dai … non so … però …”, c’è più sostanza e c’è una sorta di ritorno al cantautorato fine anni settanta, quegli anni irripetibili pieni di canzoni d’autore di gran lignaggio, ma non è un ritorno fine a sé stesso, perché è in qualche modo ancorato ai tempi che corrono.
Non c’è solo quello naturalmente, perché SONO INNOCENTE mette in mostra anche un bel po’ di Rock duro, metallico, contemporaneo, grigiastro come i tempi in cui viviamo; lo sapete, pur amando alla follia l’Hard Rock, non è che il metal sia esattamente roba che fa per me…quelle batterie così geometriche, il doppio pedale, quei tamburi che suonano freddi e appunto metallici, per uno come me innamorato del suono caldo della Ludwig di JOHN BONHAM (uno che suonava con un solo “tom”) non è che sia proprio il massimo, ma capisco che il tutto ci stia nel concetto del disco e della musica che oggi offre Vasco. E’ molto bello poi constatare come VASCO sia rimasto un’anima Rock, che rifiuti di conformarsi al trend in cui tanti colleghi della sua età sembrano prigionieri, e cioè di proporre cose “alternative”, quelle che scivolano sull’acustico, sulla world music, sul jazz, persino su influenze balcaniche, orientali e il castamazzo della Cesira, tipico di chi non sa più che pesci pigliare e cerca di reinventarsi in qualche modo. Vasco no, Vasco rimane un puro, schietto e sincero come la sua (e mia) terra.
Quanto tempo è passato da quando lo ascoltavo su PUNTO RADIO, una delle primissime radio libere qui in Italia, per noi modenesi un punto di riferimento assoluto. Mi bastava alzare gli occhi dalla pianura della mia Nonantola e volgere lo sguardo là, “lontano oltre le colline” verso la sua Zocca per sentire un comune denominatore.
Ho amato moltissimo il primo VASCO, i suoi primi cinque dischi sono per me essenziali. Dopo è arrivato il successo, il grande successo, l’inimmaginabile successo e, pur continuando a a seguirlo, il mio interesse si è un po’ rarefatto, ma in ogni suo album successivo ho sempre trovato qualcosa che mi faceva rimanere legato a lui, perché VASCO secondo me ha un senso Rock innato, quasi inconsapevole, candido. GUIDO ELMI, suo manager e produttore, è uno che sembra sia interessato più al Rock diciamo così “non contenutistico”, uno a cui piace roba tipo BAD ENGLISH, questo ovviamente si riflette anche sulla musica (e sulla vita) di VASCO, a volte il suo Rock è tout court, i suoi atteggiamenti pure, ma c’è qualcosa in lui che ti fa capire che sa benissimo che c’è qualcosa d’altro oltre le chitarre distorte, il giubbotto di pelle e la bandana, che il Rock non è solo un genere musicale, un atteggiamento.
A differenza poi di altri suoi colleghi e conterranei, VASCO si fa aiutare da altri autori, e la cosa è f-o-n-d-a-m-e-n-t-a-l-e dopo tanti anni di carriera, solo così la tua musica rimane viva, le melodie hanno uno sviluppo interessante, il tuo essere cantautore ha un senso, perché se pensi di poter scrivere tutto da solo dopo aver pubblicato tanti album sei uno sprovveduto, sei uno destinato a rattrappirti, a ripiegarti su te stesso.
L’apertura del disco è durissima, SONO INNOCENTE è pieno di chitarre distorte, con qualche passaggio vagamente dissonante che guarda un po’ ad est e che potrebbe anche far ricordare i LED ZEPPELIN. Buon inizio.
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DURO INCONTRO mantiene l’umore metallico e aggiunge una dose massiccia di tastiere, queste – come in altre episodi del disco – vagano tra i territori elettronici contemporanei e quelli battuti da BOWIE nel suo periodo berlinese.
Arriva poi il primo singolo, COME VORREI, un lento dal sentimento un po’ spaesato, alla VASCO ROSSI insomma, ma che a me piace sempre tanto. Con GUAI salta fuori il cantautore con la chitarra acustica che poi torna subito a rivestirsi di metallo con LO VEDI. ASPETTAMI è uno dei momenti che preferisco dell’album, ironico e commovente il testo. DANNATE NUVOLE batte sentieri più canonici, la parte Rock usa giri già ascoltati tante volte, sapori AOR, mi ricorda ANGEL degli AEROSMITH del 1987.
IL BLUES DELLA CHITARRA SOLA di blues non ha granché se non l’intenzione e forse qualcosa nella solista, potrebbe essere un piccolo classico da balera, da liscio emiliano, da canzone popolare tragicomica da cantare in compagnia. Mi piace un sacco.
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ACCIDENTI COME SEI BELLA è un rock melodico dilatato, carino e riuscito. QUANTE VOLTE è invece di maniera e risulta un po’ stanco. CAMBIA-MENTI, singolo uscito tempo fa, è VASCO che fa il verso a DEDICATO di IVANO FOSSATI, lo schema è lo stesso, il ritmo anche, ma il pezzo è comunque gradevole. ROCK STAR è uno strumentale che corre di nuovo sui binari metal, scortato da tastiere dissolute. L’UOMO PIU SEMPLICE usci l’anno scorso ed è riproposto anche qui. A me non dice nulla.
Gli ultimi due brani sono fantastici, l’APE REGINA sembra provenire dal primo album di VASCO (MA COSA VUOI CHE SIA UNA CANZONE 1978) e si sviluppa attraverso trame molto anni settanta, anche nel (bel) testo. MARTA PIANGE ANCORA è il brano che preferisco. VASCO racconta il dolore con una maestria sbalorditiva, parla di sofferenze d’amore, quelle che ti stendono, con una leggerezza esemplare. Grandissimo, cazzo.
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Molto bravi i musicisti che accompagnano VASCO tra i solchi di questo disco, non esattamente il tipo che sceglierei io, ma si sente in certi piccoli particolari, al di là di certe boutade, che i ragazzi ci sanno fare. Ci sono un paio di ospiti americani, i batteristi GLEN SOBEL (Alice Cooper) e Vinnie Colaiuta, ma anche il resto della truppa sarebbe da citare (purtroppo sono davvero troppi), così, magari banalmente, spendo le ultime parole per segnalare come sempre la grande prova di STEF BURNS, guitarist extraordinarie.
Ad ogni modo, gran disco. Bravo Vasco.
Tim, dopo aver letto questa recensione, vuoi vedere che dopo anni vado a riascoltarmi un disco del Vasco nazionale?
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Spero allora che non ti deluda. Grazie della fiducia. :-)
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In questo periodo siamo veramente inondati di nuove (o quasi) pubblicazioni da parte dei grandi nomi , a mio parere , quasi tutte cocenti delusioni che ho lasciato perdere nei negozi .
Pur non essendo un fan di VASCO , ho sempre apprezzato il suo lavoro dagli esordi ai primissimi ’90 , ha scritto dei grandi pezzi tanto per i testi quanto per le musiche . Caso raro nel nostro panorama ROCK , almeno per quanto mi riguarda .
Onestamente non credevo potesse tornare ai suoi livelli di un tempo , perché le ultime uscite , non mi hanno detto detto niente .
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Alcuni giorni fa ho ascoltato interamente l’album, spinto dall’interesse per il bel singolo “Come vorrei” (ottima scelta, per l’occasione vorrei celebrare adeguatamente l’autore della musica, il grande Tullio Ferro, uno dei migliori ma purtroppo dei più dimenticati e ignorati compositori musicali pop-rock italiani, del quale sono fiero di possedere i due sconosciuti album solisti). La mia opinione è questa: le canzoni sono superiori alla (pessima) media vaschiana degli ultimi (almeno 15) anni, si prosegue la direzione verso arrangiamenti metal che ha preso il fidato produttore Guido Elmi (uno che da ragazzo ascoltava Steely Dan e Eagles ma adesso non si direbbe), ma a un certo punto della sua imprevedibilmente lunga e fortunatissima carriera (“Canzoni per me”, 1998) Vasco sembrava destinato a ritornare al suono cantautorale degli esordi “pre-svolta rock”, ovviamente riveduto e corretto, e sinceramente lo speravo ma senza illudermi. Non a caso il pezzo che anch’io preferisco è il conclusivo “Marta piange ancora”, che sembra uscito invece da “Non siamo mica gli americani”, con quel riff di chitarra acustica e quell’uso della voce così ritmico ma completamente “bianco”, senza alcuna inflessione “black”, che solo lui sa avere. Il frequente ricorso ad altri autori per la parte musicale e il concentrarsi quasi esclusivamente sui testi da circa 20 anni lo accomuna a quello che fu il mio primo idolo musicale in assoluto (Vasco seguì subito dopo), Lucio Dalla. Valutazione finale: dopo tanti anni il primo suo album che definirei sufficiente e ascoltabile, dopo troppe prove assai scadenti e spesso insostenibili. Solo un amichevole appunto: 4 stelle e mezzo mi sembra eccessivo, mi chiedo allora in proporzione quante ne possono valere “Siamo solo noi” e “Vado al massimo” (e non ho detto “Physical Graffiti”, eh?). Ciao Tim.
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Hai ragione Alex, il voto è troppo generoso, ma volevo sottolineare la “svolta” qualitativa di SONO INNOCENTE. Poi mi sono sempre chiesto se il metodo che ho sempre usato (quello che tiene appunto conto di tutta la storia di un artista e della musica in generale) non debba essere aggiornato secondo l’andazzo dei tempi, così ho scelto quest’ultima strada. Diciamo così, sono quattro stelle e mezzo da 2014, perché altrimenti i due album da te citati ne varrebbero almeno il doppio, e l’altro titolo a cui accenni sarebbe da iperspazio. Molto bella la tua descrizione della voce in MARTA PIANGE ANCORA.
Probabilmente a me l’album più che a te, ma mi fa piacere che in senso generale ci accomuni un bel po’ di sentimenti.
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Nonostante mio padre ed i nonni fossero originari di zocca,di vasco rossi
conosco a memoria solo un lavoro : “Nessun pericolo per te” ( con quel bellissimo
video di Polanski con la gnocca in lievitazione spaziale ).
L’ho visto cantare ad una manifestazione in piazza maggiore ma non mi é
capitato di essere ad un suo concerto.
Un mio caro amico ha avuto l’onore di abitare nello stesso condominio di vasco
in via porrettana a bologna, in un palazzo prospicente lo stadio dall’ara.
Mi ha raccontato che spesso vasco gli suonava alla porta per chiedere
cortesemente un po’ di zucchero o altro.
La madre, una volta a settimana , scendeva da zocca a pulirgli casa.
Era gia’ abbastanza famoso perché la notte le ragazzine lo aspettavano
lungo le scale dove spesso dormivano con grande fastidio dei condomini
che alla fine lo obbligarono ad andarsene.
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Tim mi hai incuriosito, non amo il Rock cantautoriale all’ italiana ma ascoltero’ l’ album.
Credo che la nuova direzione musicale sia stata influenzata dal produttore che e’ un appassionato di metal.
Nei primi anni 80 devo ammettere che ha fatto delle belle canzoni che sono rimaste nel tempo, poi lasciamo perdere… E’ comunque molto meglio di un Ligabue che ha in parte tentato di inseguirlo almeno nell’ attitudine ma con risultati artistici molto diversi.
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