MASSIMO ZAMBONI “L’Eco Di Uno Sparo” (Einaudi 2015) – TTTTT+

2 Set

Massimo Zamboni è quello dei CCCP e CSI; chitarrista, songwiter, co-leader. Benché siano gruppi di gran rilevanza nel panorama del rock italiano (in alcune pieghe dell’Emilia sono un culto da venerare col massimo fervore) non sono mai riuscito ad entrare in sintonia con loro. Al di là della proposta intellettuale, la loro musica non ha mai fatto breccia nel mio animo. Per questo non credo avrei mai notato l’uscita di questo libro, e se anche lo avessi fatto, non lo avrei comprato. L’abiura di una certa ideologia dell’ex socio di Zamboni (Giovanni Lindo Ferretti) mi avrebbe certo portato a dare un’occhiata distratta a questo libro, avrei letto in tutta fretta le note di copertina e forse lo avrei catalogato come ennesimo episodio di Revisionismo,  quello tanto caro a quello/quella ….. (inserite l’epiteto a voi più gradito) di Giampaolo Pansa.

Invece capita che il mio amico Lollo Stevens me ne regali una copia, accompagnando il presente con una pagina del quotidiano La Stampa su cui appare la recensione. Ora, questa è quella che io chiamo amicizia. Non per il valore in sé dell’oggetto, ma per la briga che un amico -sempre impegnatissimo- si prende nel comprare una copia pure per me di un libro che reputa molto interessante (viste anche le implicazioni legate alla nostra terra), non solo … anche per l’impalcatura al tutto (l’articolo di giornale che spiega la prospettiva del libro) che si preme di farmi arrivare. Già, perché come dice Stefano Piccagliani, in arte Picca, senza l’impalcatura è più difficile appassionarsi o arrivare a comprendere in pieno certe cose (vai a far ascoltare un disco di Lou Reed ad uno che ne sa poco di lui e del Rock in generale senza spiegargli un po’ il mondo di Lewis Allan… cosa ne riceve se non canzoni un po’ stonate e bislacche suonate non proprio benissimo…).

Per fortuna dunque che ho amici così, altrimenti mi perderei libri bellissimi come questo. Sì, perché l’ECO DI UNO SPARO è davvero ottimo. Ci si impiega qualche pagina ad adattarsi alla prosa di Zamboni, prosa con curiosi rimandi ottocenteschi e al contempo pulita, lineare, sobria. Zamboni parla di suo nonno (da parte materna) fascista convinto e del suo tempo qui nell’Emilia profonda. Si parla dunque del ventennio fascista e degli anni immediatamente successivi, quelli del triangolo rosso, quelli della guerra civile. Già, da queste parti c’è stata la guerra civile, inutile chiamarla con altro nome. Rimango sempre basito quando vedo che la gente si sorprende di quanto accadde, ma cosa ci si aspettava dopo due decenni di truce dittatura fascista? Che si siano regolati certi conti mi pare quantomeno fisiologico.

Zamboni racconta di una storia vera, tragica, assoluta, i cui aspetti più cruenti si riversarono fino agli anni sessanta; il suo raccontare rimane scevro da isterismi personali, e di questo dobbiamo dargliene atto. Zamboni potrà anche aver intrapreso strade ideologiche totalmente diverse dai suoi avi, ma i vincoli di sangue non sono facile da tenere a bada, dunque dobbiamo toglierci il cappello davanti alla sua lucidità.

Il romanzo non è solo questo, sullo sfondo la storia dipanata attraverso gli ultimi due secoli di una famiglia reggiana che arranca, lavora, si realizza e poi si immerge nelle paure date dai cambiamenti sociali e politici. Non vi è romanticume nelle pagine del libro, romanticismo sì, e poi amore schietto e sincero per la nostra terra, quell’amore senza dolcificanti, a tratti aspro eppur leggero e soave.

Lo sapete, sono un emiliano doc, nato a Nonantola di Modena, ma reggiano fino al midollo visti i natali dei miei trisnonni, bisnonni e nonni da parte di entrambi i miei genitori… sapete anche che sono uomo di blues incline alla nostalgia, alla malinconia, e conoscete il mio amore sincero per la questa terra piatta, per questa campagna proletaria … ma tutto ciò non deve trarvi in inganno, al di là dei legami primitivi che ho con quel che narra Zamboni, questo rimane un gran libro, uno spaccato riuscitissimo di un pezzetto di storia italica.

Citazione dal libro: “Creando il Parmigiano Reggiano, da cui tutto il mondo discende.”

Massimo Zamboni l'Eco Di Uno Sparo

SINOSSI:

«Questa è la storia di mio nonno Ulisse e dei suoi sparatori che si spararono tra loro. Il racconto di ciò che ha innescato quei colpi in canna, e di ciò che è stato dopo. L’eco di uno sparo non si quieta mai».

Il 29 febbraio 1944 Ulisse, squadrista, membro di un direttorio del fascio, viene ucciso dai Gruppi di Azione Patriottica. Pochi mesi prima erano morti i sette fratelli Cervi, fucilati dai fascisti. Il 16 marzo 1961, diciassette anni dopo, il gappista Soragni, nome di battaglia Muso, sarà vittima dell’odio covato nel tempo da un compagno militante e amico, assieme a lui responsabile dell’uccisione di Ulisse. La storia è lineare solo quando scegliamo di raccontarla cosí, ma gli eventi si affastellano in un ordine che, quando ti riguarda da vicino, non è necessariamente quello cronologico. Cosí è per chi cerca di capire le ragioni del sangue, quando il sangue degli oppressori si mescola a quello degli oppressi. E l’eco di quegli spari accompagna Massimo Zamboni nella sua indagine attraverso due secoli per ricostruire una storia che lo riguarda molto da vicino, anche se gli è stata sempre taciuta. «Di mio nonno, due sole cose possedevo: il nome, Ulisse, che io porto come secondo, e che sempre ho dovuto considerare come un intruso, una parte sconosciuta di me; e una giacca, un tessuto ruvido di lana, il nero orbace della sua divisa autarchica. Niente di piú, prima di questo libro». Questa indagine lo porta a respirare polvere negli archivi cercando di decifrare le calligrafie ostili dei registri parrocchiali; lo porta sulle colline reggiane a intervistare i superstiti; lo porta sulla tomba dei fratelli Cervi – sette, come sette erano i fratelli B*, l’agiata famiglia a cui apparteneva il bisnonno Massimo. Una storia che chiedeva di essere raccontata, rimasta sepolta insieme alle tante storie rimosse di questo Paese. Un libro sofferto, inconsueto, che è insieme una presa d’atto, un amaro bilancio e una terrestre ballata incantatrice. La memoria va trasmessa, ci dice Massimo Zamboni, e «tocca ai nipoti tramandare, sottraendo ai genitori un compito che non avrebbero potuto svolgere con giustezza».


L’eco di uno sparo
Massimo Zamboni
2015
Supercoralli
pp. 194
€ 18,50
ISBN 978880622521

5 Risposte to “MASSIMO ZAMBONI “L’Eco Di Uno Sparo” (Einaudi 2015) – TTTTT+”

  1. lucatod 02/09/2015 a 12:09 #

    In passato ho apprezzato i CCCP , e ho collezionato i loro quattro album in studio su cassetta . Ma a parte il cd antologico Enjoy (quello della Coca-Cola) che ascolto di rado , ora non ho altro . Sono stati sicuramente un gruppo importante e anche differente dalla solita musica nostrana . I CSI per quanto buoni , non mi hanno mai preso
    .
    Qualche anno fa mi è stato regalato “Reduce” , la biografia di Lindo Ferretti , personaggio che non mi è mai dispiaciuto , anche se alcune sue recenti esternazioni su cattolicesimo , ratzinger .. sono quanto di più lontano dal mio pensiero .

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  2. bodhran 02/09/2015 a 14:24 #

    è un libro che mi incuriosisce e credo lo prenderò. Non tanto per l’autore ma perchè quella storia ancora non è metabolizzata, eppure la repubblica italiana esce anche da una guerra civile. Prima si è fatto finta di nulla, poi arrivano i Pansa, e se ne parla o tra studiosi o tra “tifosi” .
    Stilisticamente poi spero mi piaccia come è piaciuto a TIm, non basta il nome per passare dalla chitarra alla penna (direi a meno che non ci si chiami Tim Tirelli). Quello di Ferretti ad esempio io non sono nemmeno riuscito a finirlo, non per i contenuti ma me lo ricordo proprio scritto male, e mi è dispiaciuto dato che considero alcuni suoi testi dei CSI tra i più belli della (poca) musica italiana che ascolto.

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  3. timtirelli 02/09/2015 a 17:11 #

    “non basta il nome per passare dalla chitarra alla penna (direi a meno che non ci si chiami Tim Tirelli).. ”

    Bodhran, bodhran…

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    • bodhran 02/09/2015 a 19:11 #

      dovevo dire dalla penna alla chitarra?

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    • Lorenzo Stefani 07/09/2015 a 13:56 #

      Grazie per le belle parole, Tim. Ho finito di leggere il libro giusto ieri e l’ho trovato breve e potentissimo, pieno di sentimento e umanità verso tutti (vinti e vincitori), sofferto e del tutto “vero”. Anch’io non sono un fan dei CCCP, ma ho un album dei CSI (“Ko de mondo”) che è piuttosto suggestivo ed inquietante, seppure indigesto da ascoltare tutto di fila.

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