Max Stèfani (IL MUCCHIO SELVAGGIO e OUTSIDER) sta dando gli ultimi ritocchi al suo libro dedicato a PETER GREEN, JIMMY PAGE, JEFF BECK, ERIC CLAPTON: “I 4 Cavalieri Dell’Apocalisse”.
350 pagine, 200 foto, formato 24×30. Se amate uno dei quattro o una delle formazioni (Cream, Led Zeppelin, John Mayall, Fleetwood Mac, Yardbirds…) in cui hanno suonato ci sarà da essere contenti. Il libro è anche molto di più, perché c’è tutta la Londra degli anni sessanta lì dentro: i gruppi, i locali, gli studi di registrazione, le donne.
Stèfani lo pubblicherà in proprio; gli editori oggi non hanno grandi possibilità, così piuttosto che regalarlo a qualcuno solo per la soddisfazione di vederlo nelle librerie, Max se lo stampa da solo. Per farlo ha bisogno di quante più “prenotazioni” possibili per procedere con l’acquisto delle foto, l’impaginazione, la stampa… quindi è una sorta di atto di fiducia nei suoi confronti.
In caso qualcuno sia interessato (Max chiede 25 euro) è possibile contattare direttamente Stèfani (magari scrivendo che fate parte della comunità di questo blog) al seguente indirizzo: max@outsiderock.com
Il libro sarà consegnato (con dedica personale e numerata da 1 a 1000) nella seconda metà di febbraio.
E’ possibile pagare in tre modi: Postapay, paypal o bonifico.
Non ci lamentiamo dello stato miserello del Rock in Italia se poi non sosteniamo iniziative come questa.
Quello che avrebbe fatto PETER GREEN se LSD non avesse occupato la sua
mente, non è dato saperlo.
Un grandissimo chitarrista.
Se è arrivato ai giorni nostri come musicista, credo sia dovuto al fatto che
qualcuno si è preso cura di lui, magari anche solo per mero guadagno.
Non ho molte notizie in merito.
Di certo so che un mio amico l’ha visto in concerto nel 2010 in Italia e
le parti soliste erano in gran parte a carico altrui, ovvero RT , responsabilita’
di terzi.
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mah, io gli ho mandato una mail tempo fa, nessuna risposta . Sarà in ferie…
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Strano, credo sia molto attento alla cosa. Se vuoi intercedo per te. Fammi sapere.
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grazie Tim, spero non ti crei troppo disturbo. Dalla foto sembra una bella confezione. Non so cosa ci sarà in più da sapere, Di Clapton ho letto il libro, di Jimmy di quel che è dato sapere credo manchi la marca della carta igienica, di Jeff ricordo tra l’altro uno splendido ed esauriente articolo in uno dei primi numeri ( che ancora conservo) di Chitarre (o Guitar Club) . Questo è semre stato il trittico. Vedo che è stato aggiunto Green , non lo conosco tanto, mi piace molto quel pezzo infuocato col Wha-wha che si trova sul primo disco da solista. Per finire, già che ci sono sparo la mia cazzata : Jeff mi sembra diventato , sentendo tra l’altro “Day in the life” e “nessun dorma”, un pò il Santo& Johnny ( con tutto il rispetto anche per loro) dei nostri tempi. ….ecco l’ho detta, meglio che chiuda prima che mi penta…
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Ciao Zianigo boy, ho scritto poco fa a Max. Spero ti risponda.
Per quanto riguarda JEFF BECK, la tua osservazione non mi è nuova, anche PICCA, colonna del blog e mio grande amico, la pensa più meno come te.
C’è del vero in quel che dite, ma la qualità, la pienezza del sound e quella sorta di mistero che le sue note portano con sé secondo me lo salvano dalla sindrome da romanticume.
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Che senso possa avere fare un libro sui tre chitarristi più famosi del mondo (più Green), in Italia nel 2016….mah! Forse Max ha scoperto un punto di vista, una riflessione totalmente nuova e spiazzante…Sarebbe bello, e se così fosse ditemelo che lo compro al volo!
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Jeff beck ha avuto sin da giovane questa propensione.
Credo che all’inizio abbia influito molto la produzione di mickie most.
Ricordate LOVE IS BLUE ?
Adesso Jeff Beck, arrivato alla settantina, puo’ permettersi di fare quello
che vuole.
Lo sconfinamento nella classica, addirittura puccini, non gli impedisce di
roccare ancora duro quando vuole, come non sa fare nessuno.
E la sua carriera l’ha visto toccare tutti i generi.
Nel 2010 l’ultimo vero album con hammerhead ( stupendo brano duro ).
L’ ultimo album dal vivo del 2015 è un bell’album.
Poi credo che lo spirito di emulazione l’abbia portato a puccini, fermo
restando che chopin, rivisitato da page, resta l’apice del rock classico.
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Ok, grazie Tim. Già che ci sono concludo il mio intervento leggermente provocatorio sul Becko . Mike Bravo mi ha anticipato,vedo, su Love is Blue. Io adoro , per es. The Pump e le parti di chitarra su People Get Ready. Mentre la celebratissima ‘Cause we’re ended in Love non mi ha mai preso. Se devo pescare dal mucchio, prendo l’intro di “Barabajagal”,un pezzo di Donovan : pochi secondi, fantastico.Per me Beck è tutto là. Non ho sentito l’esigenza di tenere niente di Beck, ho soltanto un misero “the best of…”pagato 5 euri. Contiene la vituperata Love is Blue”. Unanimemente considerata il punto più basso della sua carriera. A me non dispiace. Scommetto se se M.Most gli avesse permesso di introdurre qualche giochetto, magari di leva ecc. si sarebbe gridato al capolavoro. Mah, perchè “A day in the life”, si, e Love is blue , no ? Cos’ha che non va…
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…una domanda , sui tre cavalieri, tutti d’accordo credo. Ma Il quarto? Perchè sono tutti inglesi e magari in qualche modo legati al B. Blues? Io avrei messo Hendrix come quarto cavaliere, perchè no?
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…arrivato. Grazie Max
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…molto dettagliato. Lo stò leggendo molto leeentameeente. Una considerazione: leggendo verrebbe voglia di attivare la macchina del tempo e catapultarsi su quei Club dove suonavano i nostri ; essere li in quel preciso momento…Si legge di AlexisKorner, “il padrino del BritshBlues” . nei primi ’70, credo dopo il “successo” con una ,per noi “orrenda”, versione orchestrale di WWL formò un gruppo per fare Blues prendendosi gli ex King Crimson Jan Wallace, Boz (futuro BadCompany) e anche Mel Collins se non ricordo male. Vennero in Italy. Noi andammo a sentirli (a Treviso ?) solo per il fatto degli ex KC : eravamo verso gli Yes ecc. Mah, sicuramente il Blues non faceva presa su di noi, non c’era nessun Clapton in mezzo a noi…poco ricettivi…ci annoiammo …ma come , Jan Wallace, il mitico batterista di “A sailor’s tale”…tutto li? oh, mie impressioni, eh
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stò leggendo troppo in fretta, sono al 1968evabbè…altra considerazione :siamo nei 3/4 degli anni ’60 . Mestre , da dove vengo, era la “Liverpool d’Italia” : fiorivano un mucchio di “complessi”, la musica era “beat”, suonavano per le feste di paese, nei concorsi che si organizzavano , e nelle “ballroom”, le sale da ballo (poi discoteche). Si ballava lo shake e i…lenti . A pochi metri da casa, a Zelarino, in un fatiscente magazzino, provavano i “Black&White”. Ma quelli più conosciuti erano “Gli Uragani” i “Pfafer” , “Gli Opopi”. Ce n’erano veramente tanti. Ma tra loro non è mai uscito , che io sappia, un Clapton o un Beck ( forse io, il V° cavaliere, se avessi avuto la possibilità di un’elettrica al posto della Eko Fiesta, 10milalire, e di poter studiarci un pò sopra …..naaaaaaa). Non ascoltavano i vecchi dischi Blues? non esisteva organizzazione per spedirli in usa ? o come disse il primo chitarrista degli Uragani: “…non ci credevamo fino in fondo”. Ma , leggendo il libro, neanche gli inglesi credevano che sarebbe durata . I nostri erano in maggior parte proletari, gli stessi “Black&White” facevano gli imbianchini, si potevano permettere ampli Davoli o Meazzi”, chitarre Elite, una copia di Gibson 335, Eko Kadett. Gli inglesi erano mid-class… oppure loro avevano dentro qualcosa che noi non avevamo e che non ci apparteneva e aspettava solo di uscire fuori …mi fermo quà
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Non è questione di avere dentro qualcosa, è che loro parlavano la stessa lingua degli americani ( o viceversa).
Pensa se grazie a Colombo gli Usa avessero parlato italiano… il blues avrebbe usato la nostra lingua (magari negli accenti, nelle forme musicali qualcosa sarebbe cambiato), ma i dischi di Roberto Di Giovanni, di Acque Fangose, di Battipiombo (alias Pancia di Piombo) sarebbero arrivati a Genova, mica a Liverpool, e Nico Di Palo sarebbe stato Eric Clapton.
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Ahahahahaha!!! Nico Di Palo e’ meglio di Eric Clapton! O perlomeno quando ho visto i New Trolls nell’estate 1980 a Bagnara Calabra mi sono divertito molto di più che al pallosissimo Clapton live di tre anni dopo al Palaeur….Scherzi a parte, non credo sia la lingua Tim, perché poi con il Prog in Italia sono uscite cose di livello internazionale. Forse ha ragione tiziano, da noi il rock and roll, il beat, la psichedelia (e il punk anni dopo), non sono mai stati presi sul serio. Jazz & Prog invece hanno dilagato e il nostro paese ha dato un importante contributo, così come nel campo delle avanguardie elettroniche anni sessanta o nelle colonne sonore. O nel folk, con i nostri meravigliosi cantautori.
Ma il rock and roll era una cosa da ridere alla Celentano e Bobby Solo…
In parte ce la portiamo ancora appresso nel DNA questa cosa.
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Rimango fermamente della mia idea, se in America si fosse parlato italiano, l’Italia sarebbe stata l’Inghilterra, Genova Liverpool, Roma Londra.
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Penso che dagli anni 50 i musicisti ( a partire da celentano ) abbiano tratto piu’
che ispirazione dalla musica americana e/o inglese.
Anche il fiorire del beat italiano é stato un fenomeno diffuso ma dipendente dalla
musica anglo-americana.
Si traducevano i pezzi famosi con testi italiani.
PUGNI CHIUSI forse l’eccezione che conferma a regola.
Anche lo scoppio del prog fu un derivato di quello inglese.
Il nostro miglior gruppo, PFM, si ispirava marcatamente ai grandi gruppi inglesi.
E pur entrando nelle classifiche estere non ebbe vero successo internazionale.
E da allora, nell’ambito rock, nessuno ha sfondato fuori dai nostri confini.
E questo non é avvenuto per caso.
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…la lingua, si, e anche il servizio di leva : il militare era la fine della maggior parte dei complessi. In usa e brit, ricordo solo i casi di Elvis, lo stesso Jimi, niente Beatles o Rolling ecc…comunque sono arrivato al 1970…
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…mamma mia come ,in questo libro, il “mio” Caffarelli ne viene fuori male: praticamente con le ossa rotte, certo che Willie Dixon “esponente della scena underground”… eh Caffarelli, te la sei andata a cercare…
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