Rolling Stones a Lucca 23/09/2017 – di Giancarlo Trombetti

25 Set

Il nostro GIANCARLO TROMBETTI è andato a vedere i Rolling a LUCCA, questo il suo resoconto.

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Immagino che quasi tutti siano andati almeno una volta a Parigi. E a Parigi non si siano dimenticati di andare a vedere la Gioconda di Leonardo, al Louvre. Eppure è il dipinto più famoso al mondo, di piccole dimensioni, da osservare dietro una teca a qualche metro di distanza e che non porterà nulla di nuovo alla vostra conoscenza. Eppure ci sarete andati.

La Gioconda al Louvre

Ecco, andare a vedere gli Stones ha esattamente il medesimo senso. Sappiamo già cosa vedremo e sentiremo, ma sappiamo che ci troveremo di fronte alla Storia. Leonardo non ha inventato la pittura, vecchia come l’uomo, ma l’ha resa immortale con un sorriso. Gli Stones non hanno inventato né il rock and roll, né il blues, ma lo hanno affinato in modo tale da essere la pietra di paragone per chiunque desideri suonare rock e blues e sia di pelle bianca. Futile, quindi, l’argomentazione degli esperti che, con sufficienza si erano domandati, nei giorni scorsi: “che significa andare a vedere i Rolling Stones oggi?”.

I medesimi che, magari, continuano a sbavare sotto il palco di un tipo di Ashbury Park che vive della loro rendita, di un Dylan adorabile ma che non canta più da trent’anni e che straccia via le sue interpretazioni…”tanto io so’ Dylan e voi nun siete un cazzo”.  Al contrario, vedere più che ascoltare gli Stones significa ridimensionare il novanta per cento dei nostri idoli, che devono aver passato anni a studiarne le movenze, la presenza, i riff, senza averne il medesimo talento e istinto.

Certamente, vederli nel 2017, a una catasta di anni dall’ultimo mio incontro, non è come averli visti nell’82 o nel ’78, ma l’impietoso confronto con le nuove leve è disarmante. Così come di fronte alla Gioconda, sempre quella, immobile e sorridente, nota e immutabile nei secoli, davanti a Jagger, dopo due frasi e due passi sul palco è impossibile non capire dove tutto sia evoluto.

E così siamo qua. Con 150 euro in meno in tasca, il terrore di non riuscire a parcheggiare in una qualche stradina nascosta di Lucca, il timore che la nuova anca non regga allo sforzo di farsi qualche chilometro a piedi e restare in attesa per ore. E, sì, certamente, anche nascosto dietro l’ultimo neurone il dubbio che qualche pazzo voglia farsi esplodere nel nome di un dio ignoto e sicuramente inesistente. Ma dobbiamo vivere, dunque ci siamo. Felici di avere ancora voglie, divertiti pensando ai lucchesi – mosche bianche nello scacchiere toscano – imbestialiti per la loro città bloccata per un mesetto. Perché il luogo scelto per il concerto è fantasioso, di difficile individuazione ed immaginiamo quanti appoggi politici debbano essere stati smossi per ottenere il permesso di occupare un lungo prato lungo le spettacolari mura, posto esattamente a un passo dalla stazione ferroviaria e proprio davanti al viale, chiuso, che conduce all’ingresso delle autostrade. Ma poco importa : il sito ufficiale spiega che “nessuno ha mai suonato lungo le mura storiche”, e qualcuno avrebbe dovuto farlo per primo, no ?  I jersey, quei blocchi in cemento ci sono, li guardo e mi dico che nonostante tutti i divieti, io un paio in più per parte li avrei messi. Un furgoncino si fermerebbe sicuramente, un grosso tir non saprei. Ma pensiamo positivo.

I controlli ci sono, certamente. Ma tutto sommato neppure troppo pressanti. Una quantità di zainetti passa tranquillamente i tre imbuti, molti smoccolano per il loro gettato alla rinfusa dentro un gabbione. Però…era indicato chiaramente che non sarebbero passati, problemi loro. Arriviamo all’atteso metal detector. Emozione per capire se suonerà come al passaggio del Terminator, grazie alla nuova anca in titanio… sì, suona. Io sorrido, il tipo mi guarda e sorride. Mi fa passare. Chissà se avessi avuto un’arma avrebbe suonato diversamente. Vado, non ho intenzione di ammazzare nessuno, per ora.

Perché la voglia di farlo viene, dopo poco, arrivati al prato. Andatevi a cercare da soli, ammesso che ne abbiate voglia, la piantina della location : le mura di Lucca sono circondate da un grande anello verde di erba ben mantenuta che le rende uniche. Il pentacolo con baluardi che formano ha una storia nascosta e leggendaria circa la loro composizione. Uno spettacolo in sé.

Le mura di Lucca

La fetta di verde ricoperta di teloni e a sua volta di ghiaino non raggiunge i cento metri di larghezza, sicuramente supera i trecento in lunghezza. Il palco è imponente, come sempre con gli Stones; le quattro torri saranno alte tra i 25 e i 30 metri, sicuramente almeno il doppio dell’altezza delle mura. Al centro il palco, incastonato tra le torri, stranamente basso per essere un palco da osservare da centinaia di metri. Ad occhio dico meno di due metri e mezzo. I piedi dei roadie sono di poco al di sopra della linea immaginaria dei miei occhi. Cerchiamo una posizione decente, sono le quattro, ne avremo per cinque ore almeno.

Ci vuole poco per capire che i due gazebo che contengono, probabilmente, mixer luci e audio, regia video e telecamere e che sono poste alla base delle due torri dell’amplificazione, impediranno la visione ai due terzi del famigerato Prato B, quello destinato a contenere la maggioranza dei 55mila presenti.  I gazebo sono alti almeno quattro metri, se non più, e creano dietro di loro un cono che impedisce la visione del palco. No, non esiste, almeno per i primi 250 metri, una visione centrale perché esattamente al centro c’è un largo corridoio transennato, forse di sicurezza, che occupa la zona della visione migliore. Il risultato è che…sparo a occhio… trentamila dei cinquantamila a prato, non vedranno mai il gruppo. Io sono tra quelli. E quando Jagger sbucherà da un angolo di un terzo gazebo utilissimo e destinato a contenere acqua e birra vendute a prezzo da deserto del Sahara dopo una settimana di traversata, capisci che qualcuno ha deciso che solo quei sette, ottomila del Prato A avranno l’onore di vedere fisicamente gli Stones.

Semplicemente ri-di-co-lo. Folle, da rimborso immediato, una vergogna.

Voglio sperare che si tratti di una scelta inderogabile della produzione, sicuramente successiva alla scelta del luogo, lungo e stretto, e spero non del solo promoter. Che a quel punto bene farebbe a cambiare mestiere. Tanti ce ne sono. Fortunelli i ragazzi dell’A e i pochi del Vip sotto palco, finito in mano ad amici e raccomandati. I ricchi, quelli veri, stanno negli sky box a 700 cucuzze a posto. Non capiranno un cazzo di quello che sta accadendo, non conosceranno un brano eseguito ma potranno trovarsi al rinfresco che seguirà e dire agli amici che “loro c’erano”. Già..il prato A… 250 a testa, sapevo…le stesse pagate dai quindici ragazzi di Spoleto vicini a me, nel B però, che hanno cambiato i biglietti presi da ticketone. Si domandano, ingenuamente, se qualcuno abbia sbagliato, perché il loro biglietto riporta la cifra di 115, il prezzo ufficiale del Prato B, che a loro è costato 135 in più…e però hanno avuto una borsina in tela rossa, una specie di diario, un berrettino. Dico loro che io avrei rovesciato il bancone, loro restano sereni e dubbiosi. Abbandoneranno la posizione conquistata quando una mandria di deficienti ubriachi, verso le cinque, inizierà a spingere per avvicinarsi al palco, senza sapere di essere a pochi metri dalle transenne. Siamo quanto più avanti il B ci consenta e vediamo i tecnici sul palco piccoli come i soldatini di plastica della nostra infanzia. Il mio occhio venatorio (e qui  da animalista mi tocca storcere il naso, ndtim) mi dice 130/150 metri.

Ci spostiamo di lato, ‘fanculo, tanto comunque dovremo guardare i videowall. Ma respireremo. Inizio a domandarmi se la domanda corretta non sia “se è il volume è troppo alto sei troppo vecchio”, bensì “se ti stanchi a stare in piedi stai invecchiando e devi scegliere posti a sedere”. Perché sedere a terra è impossibile : verresti calpestato e la mia costosissima anca non se lo può permettere.

All’imbrunire suona un gruppo spalla. Sulla grancassa c’è scritto The Struts, che credo voglia significare “I chiunque”, in inglese. Nessuno deve avergli detto che essere giovani nel 2017 e suonare quella roba è superfluo. Ma si faranno. Basteranno un paio di ritocchi : un cantante con due tonalità, un batterista con almeno un paio di tempi diversi da tenere, qualcuno che scriva loro qualcosa di decente da eseguire, un chitarrista solista che prenda il posto dell’attuale. E il gioco è fatto.

Guardo con sguardo libidinoso le tribunette poste lungo le mura, quelle che stanno rendendo ancora più stretto il campo e provo a corrompere uno della security: ti allungo qualcosa se mi fai passare. Non avrei dovuto farlo. Sarebbe stato sufficiente indirizzarsi con decisione verso una delle porte, lo scopro troppo tardi.

A buio il palco si illumina di rosso, le maracas battono il tempo di Sympathy for the Devil, il pezzo che, per me, racchiude tutta l’essenza degli Stones. Lo adoro. Me lo godo. Lo assaporo come credo si debba fare con un vino d’annata. Jagger si muove come un cinquantenne e canta come tale. Ma ne ha, lo sappiamo, 24 in più. Ha fatto un patto con il diavolo, altro che Robert Johnson. Watts ne ha 76, il fisico è fragile, ma sorride e…suona, suona davvero. In quel modo semplice, asciutto, perfetto. E detto da uno che ama Colaiuta e Bozzio credo sia il migliore dei complimenti. Richards è…Richards. Il monumento alla sopravvivenza del rock and roll, l’uomo che “non ha mai avuto problemi con la droga, ma solo con la polizia”, quello che, fotografato all’arrivo all’aeroporto di Pisa, si è fatto fotografare a fumare. Le mani sono due sculture all’artrosi, si muovono dure e lente sulle chitarre, sbagliano spesso, lasciano a Wood la maggior parte del lavoro, dimentiche che proprio gli Stones hanno perfezionato quell’intreccio di doppia ritmica e doppia solista, ma quando “prende” alcuni di quei riff che rappresentano la Pietra di Paragone per milioni di “vorrei essere” capisci che la fabbrica del riff, in qualche modo, ha ancora un suo rappresentante attivo.

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RS Lucca – foto A. Delli Paoli

La regia video, e non avrebbe potuto essere diversamente, è semplicemente perfetta. Ogni brano ha una sua caratteristica visiva diversa da tutte le altre e angolazioni diversamente selezionate. Ci deve essere un lavoro immenso dietro alla costruzione video di ogni brano e quel minimo di occhio che mi sono fatto, me lo fa apprezzare. Non è semplicemente una ripresa video quella che abbiamo davanti : è opera di alta regia, ma chissà quanti saranno in grado di goderla a pieno. Il suono è sporco, molto più di quanto mi sarei aspettato. Ma non intendo nella miscela acustica, che comunque lascia a Richards qualche decibel in più di Woods, ma proprio nella scelta del suono, che mai avevo ricordato così rustico, da cantina, immediato, diretto…ecco…no filter, adesso capisco.

Gli Stones stanno chiudendo il cerchio, tornando alle origini del loro rock, imbevendolo di blues, di roll di approccio scarificato, essenziale. Cosa difficile, tutto sommato, dato che con i quattro ci sono ben sette musicisti aggiuntivi, tra cui, per me, spicca Chuck Leavell, un giramondo delle tastiere.

Perché gli Stones ? ti domandi mentre scorrono le canzoni. Per la solita, unica, inevitabile ragione : i pezzi, i pezzi, i pezzi. E loro, di brani miliari, ne hanno composti a dozzine. Senza inventare nulla, ma creando ugualmente le basi con cui il mondo ha dovuto confrontarsi. Perché Gimme Shelter, Brown Sugar, due versioni incredibili di Midnight Rambler e You can’t always get what you want, da sole valgono la tua presenza lì, davanti alla Storia di quello che ami da sempre, di quelle cose che, messe su un piatto o dentro un lettore, ti hanno modificato la vita, reso più luminose le giornate, fatto dimenticare i dolori, fatto venire la pelle d’oca, innamorare e incazzare.

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Perché davanti a milioni di euro di produzione c’è solo l’emozione di chi riesce ancora a stare in piedi per ore, nonostante tutto, ad amare quattro vecchietti che potrebbero essere al bar a giocare a carte. E invece sono su un palco, a cantare e suonare la loro vita e la tua.

Credevo di essere andato a vedere per l’ultima volta i Rolling Stones. Penso di essermi sbagliato.

©Giancarlo Trombetti  settembre 2017 

10 Risposte to “Rolling Stones a Lucca 23/09/2017 – di Giancarlo Trombetti”

  1. mikebravo 25/09/2017 a 11:56 #

    Grandissimo questo resoconto appassionato.
    Bellissimo l’intro con la gioconda.
    Complimenti !!!!!!!!!!!!

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  2. stefaudio 25/09/2017 a 18:17 #

    Resoconto appassionato e tutto sommato veritiero. Se, lo dico con rispetto, si fosse evitato di perculare (si fa per dire) i fan di Springsteen e di Dylan sarebbe stato perfetto.Anche dare dell’incompetente ad un promoter che comunque ha portato i Rolling Stones a Lucca mi è parso piuttosto eccessivo. Se non ci fosse stato lui, col ca2zo che avresti visto (male) tutta quella bellezza.
    A Lucca! Sarebbe stato più facile portare gli Oasis a suonare a Barga sul Fosso (zona adibita a parcheggio, anch’essa fuori dalle mura della ridente cittadina in provincia di Lucca).
    Comunque è andata davvero così, ma abbiamo avuto due ore di indimenticabile storia della musica. L’intro della Gioconda è perfettamente esplicativo, ma a vedere di nuovo la Gioconda non ci torno. A vedere gli Stones si.

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    • Rory 26/09/2017 a 19:24 #

      Sì, vero, i RS a Lucca li ha portati. Mica lo ha fatto per farsi bello o regalare gioia, lo fa di lavoro. E se il lavoro che ha fatto, nonostante le forze e gli sforzi messi in campo, ha impedito ad almeno un terzo del pubblico di vedere il palco (vedi gazebo alti più del palco a ostruire la visuale o quelli del catering) e per alcuni pure gli schermi? E se parlassimo della mancanza del palchetto per i disabili visto in un qualsiasi concerto in Italia e estero? Per portare i RS a Lucca occorre sì credibilità per accreditarsi a loro e soprattuto la solidità economica per fare una fideiussione milionaria per pagare il cachet un anno prima, ma poi occorre anche avere rispetto del pubblico. E in Italia spesso è una variabile non considerata, gli esempi si sprecano.

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      • stefaudio 26/09/2017 a 21:35 #

        I gazebo sono dei RS, il promoter non c’entra… quel prato (anzi ghiaia B) fa conca e le scatole sono girate anche a me, ma è migliorabile? per il palchetto disabili d’accordo, ma il resto della organizzazione era da seria A, mai vista così in Italia per un concerto di tal portata. Poi tutto è migliorabile, anche l’educazione delle persone.

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  3. Tom 26/09/2017 a 09:42 #

    Di meglio non si potrebbe leggere, in fatto di musica in questo blog ci sono veramente fra “le menti migliori della mia/nostra generazione” ….da Urlo!!

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  4. timtirelli 26/09/2017 a 10:13 #

    Bravo Tom, firme come quella di Giancarlo (e quelle degli altri special guest) sono un vanto per questo blog. Non è un caso che ieri le visite siano state 1195 (a cui vanno aggiunti i circa 100 lettori che ricevono e leggono il blog tramite email), uno dei migliori risultati di sempre per questo blog, evidentemente GIANCARLO TROMBETTI è ancora un faro per molti.

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  5. baccio 26/09/2017 a 17:49 #

    Io c’ero e confermo che dal prato B non si poteva vedere la band direttamente, ma i 4 schermi sul palco sono davvero fantastici e con una grande regia; mai visto nulla di lontanamente paragonabile!
    Giancarlo, non hai fatto cenno al fatto che era impossibile andare a fare la pipì per la carenza di bagni (file mostruose di fronte ai pochi disponibili).
    Alla fine assolvo D’Alessandro per aver portato gli Stones a 20 chilometri da casa mia (Pisa).

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  6. Loris 26/09/2017 a 21:33 #

    Colgo l’occasione per ringraziare Giancarlo Trombetti, è anche merito suo se nella seconda metà degli anni ottanta ho iniziato a capirci qualcosa di musica leggendo metal shock, una rivista con un concentrato di giornalisti rock incredibile: naturalmente Tim, Beppe Riva, Trombetti, Barone, Maiorino e tutti gli altri, grazie ragazzi!!!

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  7. Paolo Barone 26/09/2017 a 23:52 #

    Bellissimo resoconto e riflessioni, Giancarlo Trombetti ha scritto un pezzo che fa venire voglia di rileggerlo, e non è certo una cosa che capita tutti i giorni!
    Ne abbiamo già parlato da queste parti, secondo me i concerti Rock dovrebbero avere un paio di palchi laterali con posti a sedere magari anche un po’ più costosi, e il resto tutto a prezzo unico come si faceva una volta.
    Ma capisco che le cose, per diverse ragioni, hanno preso una piega diversa.
    Comunque, grazie Giancarlo per aver condiviso con noi queste considerazioni.

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  8. ruudcash 30/09/2017 a 00:39 #

    Bel resoconto che conferma corretta la mia scelta di vedere il mio undicesimo concerto degli Stones a Spielberg (Austria) al Red Bull Ring, luogo meno affascinante delle Mura di Lucca ma decisamente più adatto per un concerto. D’altra parte sono svariati anni che preferisco andare all’estero a seguire la mia passione, sopratutto in Inghilterra, dove l’organizzazione è anni luce avanti a noi e il pubblico è più civile e meno isterico.
    Ho provato a comprare un biglietto per Lucca ma è stato impossibile sui canali ufficiali.
    Grazie D’Alessandro e grazie Ticketone. Pura associazione a delinquere…

    PS:
    A corroborare ulteriormente la scelta austriaca, due eccellenti supporti: Non un’anonima band di volenterosi sconosciuti ma John Lee Hooker Jr, figlio della leggenda del blues accompagnato da Jeffrey James alla chitarra e i Kaleo, band islandese ma da anni trapiantata negli States. Andateveli a vedere su YouTube.
    Ottima voce, ottime chitarre, ottima musica: il futuro del Rock è in buone mani!

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