Intervista con Susan Whitall, giornalista di CREEM extraordinaire – di Paolo Barone

15 Nov

Quando il nostro Michigan boy mi ha informato circa la possibilità di intervistare per il blog Susan Whitall – giornalista e scrittrice americana – mi sono sentito euforico, la rivista musicale CREEM è stata un punto fermo per la musica rock e per il sottoscritto. Per quelli della mia generazione il giornale in questione è stato un punto di riferimento. Difficilissimo trovarla in Italia, l’unica era farsela spedire da qualche conoscente, quei pochi numeri arrivati sulle mie sponde illuminarono per mesi la mia voglia rock. Sono sempre stato uno da CREEM, Rolling Stone pur essendo un alto snodo cruciale per lo sviluppo del rock, non mi ha mai appassionato appieno, e molte delle altre testate rock americane mi parevano dozzinali e superficiali … e se avevo questa sensazione in giovanissima età è segno che lo erano davvero. Il figura più conosciuta di CREEM era ed è Lester Bangs, preparatissimo giornalista musicale che ammiravo (e ammiro) molto pur avendo con lui un rapporto conflittuale. Spesso Polbi (Paolo Barone insomma) mi dice che a volte glielo ricordo, quando il fervore per il rock più essenziale mi assale la mia visione della musica rock si sovrappone a quella di Bangs secondo il mio amico. Sarà, fatto sta che è un grande onore per noi ospitare su questo blog miserello Susan Whitall.

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Birmingham e’ una zona dell’area metropolitana di Detroit a una ventina di minuti dal confine fra poveri e ricchi segnato da Eight Mile. Belle case, negozi sulla main street, ristoranti, banche e un teatro. Insomma il solito incubo del Midwest americano. Eppure e’ qui, fra tutta questa disarmante normalita’, che negli anni settanta ha abitato Creem, la piu’ leggendaria rivista di musica Rock di tutti i tempi. E in qualche modo le istituzioni locali si devono essere rese conto di aver avuto da quelle parti un qualcosa di veramente memorabile, tanto da aver deciso ultimamente di dedicargli un piccolo museo cittadino ricostruendo, con il contributo e le donazioni dei redattori, una parte degli uffici della rivista.  Niente di che logicamente, ma quando lo hanno inaugurato e’ stata l’occasione per riunire molti dei fotografi e giornalisti, fra cui Susan Whitall che fino a meta’ anni ottanta e’ stata una delle presenze piu’ importanti nella storia di Creem. Oggi oltre ad essere una giornalista molto affermata, e’ anche una scrittrice con diversi libri pubblicati e altri in cantiere.

Per chi legge di musica Creem e’ una leggenda al pari delle band di cui parlavano le sue pagine, e molti dei suoi redattori delle Rockstar. E’ quindi con una certa emozione che mi ritrovo in uno Starbucks di sabato mattina per una lunga chiacchierata con Susan Whitall…

Susan Whithall

Allora Susan, proviamo a partire dall’inizio, come sei arrivata a lavorare per Creem Magazine?

Ero appena tornata da un lungo soggiorno a Londra, e cercavo un lavoro. Non avevo trovato ancora nulla di stabile, e un giorno mentre in una libreria sfogliavo un numero di Creem, il proprietario mi avvicina e mi dice che quelli che fanno questa rivista sono un branco di stronzi, che gli devono dei soldi e che stanno proprio al piano di sopra dello stesso stabile! Non ero una grande appassionata di musica, anche se avevo visto i Beatles due volte, gli MC5 e altri. Ma Creem mi aveva veramente colpito…Decisi sul momento di andare direttamente a bussare alla porta e provare. Mi apri’ uno dei redattori, dentro c’era un casino indescrivibile, gli dissi che cercavo un lavoro, che sapevo scrivere a macchina e parlavo Francese…Bene! Mi disse, il tuo primo lavoro per ora lo hai trovato, traduci il prima possibile quest’articolo della rivista francese Rock & Pop e poi vediamo come te la cavi, sia a scrivere che a passare un po’di tempo con noi.

Creem settembre 1973

Come era una tipica giornata di lavoro a Creem in quel periodo?

Iniziava tardi! Il primo giorno ricordo che sono arrivata alle dieci pensando di essere un po’ in ritardo, ma l’unica persona li’ era la segretaria che non mi ha nemmeno fatto entrare! Qualche ora dopo e’ arrivato Lester Bangs che non avevo mai visto prima, si e’ incazzato con la poveretta che non mi aveva lasciato passare e tutto e’ cominciato.

Diciamo che una tipica giornata di lavoro a Creem iniziava verso l’una e andava avanti a tempo indeterminato. Io per prima cosa vedevo se avevamo ricevuto telefonate urgenti da qualche casa discografica, poi chiamavo chi scriveva i pezzi per sapere come andavano gli articoli. Dovevamo chiudere i numeri con un paio di mesi di anticipo, e ricordiamoci che tutto si faceva per telefono e posta. La rivista prendeva forma fisicamente, costruivamo il numero e lo si mandava in stampa. Una volta per un disguido postale abbiamo perso tutto, un mese di lavoro buttato, un incubo. Da quella volta in poi, uno di noi prendeva ogni mese l’aereo e lo portava personalmente in stampa in Canada!

Susan Whithall

In quanti eravate a lavorare per Creem?

Eravamo tanti. Almeno dodici persone fisse in redazione, più tutti i free lance e quelli che si aggiungevano per aiutare a chiudere il numero quando si avvicinava la data di consegna. Pensa che per tutti era un lavoro sufficiente a poterci vivere decentemente. Ci pagavamo la casa, le bollette e tutto con lo stipendio del giornale. Nella prima fase ero precaria e mi occupavo dell’inserto dedicato alla scena locale “Extra Creem” che usciva in Michigan, Ontario e Ohio. Poi grazie a un piano di sviluppo dello stato del Michigan venimmo assunti in molti, con un contributo statale del 50%. Tutto questo oggi sarebbe impensabile. Cosi come lo era a fine anni sessanta quando la redazione di Creem era composta da un gruppo variabile di appassionati che venivano pagati in dischi.

Lo staff di Creem nel 1975

Compri riviste di musica oggi?

A volte si, compro le riviste inglesi pur trovandole molto costose. Ma devo dire che sono sempre impegnata a scrivere, e le riviste musicali non sono le mie letture principali oggi.

C’e’ qualche band che ha un posto speciale nei tuoi ricordi?

E’ difficile dirlo, erano tante e con molti si sono creati dei rapporti di vera amicizia. Ma forse il legame piu’ forte in quegli anni lo avevamo sviluppato con i Led Zeppelin. Ricordo che una volta mi mandarono a Chicago per consegnare il premio di Creem “ Boy Howdy “ del referendum dei lettori, che loro avevano stravinto in ogni categoria. Il fotografo con me era Neil Preston, bravissimo e in ottimi rapporti con la band. Era il 1977 e loro erano in un grande albergo, assediato da centinaia di groupies. Io ero una ragazza come loro, non avevano la minima idea che fossi una redattrice di Creem, e quando entrammo nell’ascensore fui letteralmente presa a schiaffi da una pazza che voleva il mio posto ad ogni costo! Una follia! Una volta sopra trovammo Plant ad accoglierci, gentile e affascinante come sempre, disponibilissimo a farsi fotografare. Ma di Page nessuna traccia…Pensammo che era in camera chiuso nel suo mondo, sicuramente non disponibile per fare questa cazzata…C’era un giornalista di un altra rivista in lacrime davanti alla porta della sua stanza, doveva fare un intervista con loro in copertina e non c’era verso di parlare con Mr. Page. Oggi sappiamo che era all’apice della sua dipendenza da eroina, ma all’epoca non ne avevamo idea. Per farsi perdonare ci fece arrivare in redazione due intere file di biglietti per lo show al Silverdome di Pontiac. Erano talmente tanti biglietti che non sapevamo piu’ chi invitare, andammo con il furgone che si usava per le consegne, con noi venne pure Mitch Ryder e porto’ dei bottiglioni di vodka e succo di arancia, che non so come siamo arrivati tutti sani e salvi quella volta…

Creem aprile 1977

Chissà quanto avete festeggiato in quel periodo…

Andai al mio primo r’n’r’ party con Lester Bangs. Lo invitavano sempre tutti, anche quelli che lui distruggeva sulle pagine della rivista. I Faces avevano suonato alla Cobo Hall, e noi siamo entrati nel backstage…Ron Wood urla Leeesteeeerr!! Cazzo eravamo Creem Magazine! Dopo un po’ Ron ci dice di andare a una festa privata, e ci mette in macchina Bobby Womack che sa la strada. Arriviamo in una casa molto di classe e David Ruffin della Motown ci apre la porta…erano tutti vestiti benissimo, e noi eravamo tre rock and roll kids totalmente fuori luogo. Lester si mise subito a ballare in maniera a dir poco sconveniente con la padrona di casa, moglie di Ruffin… poi siamo finiti tutti a cantare, Ron alla chitarra e tutti noi a fare i cori. Tutto bene finche’ Bangs decide di cantare una sua canzone, ecco diciamo che le parole non erano appropriate proprio come le sue danze di inizio serata…molto gentilmente venimmo messi alla porta, e fini il mio primo rock an roll party da redattrice di Creem!

Cosa pensi che rendesse Creem diversa dalle altre riviste?

La nostra assoluta liberta’ e il fatto che gli altri si prendevano molto sul serio, mentre noi ci divertivamo da pazzi! Parlavamo e scrivevamo delle nostre cose, di libri, film, trasmissioni televisive, droghe, tutto, e ridevamo sempre, era un lavorare sempre gioioso, tutto il giorno andava avanti cosi.

Avevate un rapporto speciale con qualche band locale?

MC5! Lester era molto vicino a Rob Tyner che veniva spesso in redazione. Cosi’ come Mitch Ryder e gli altri membri degli MC5, che erano tutte persone molto interessanti con cui parlare di qualsiasi cosa. Ma non abbiamo mai avuto una particolare vocazione locale, ci siamo sempre rivolti a tutto quello che di interessante stava succedendo nella scena musicale internazionale.

Pensi che essere a Detroit abbia avuto un ruolo importante nella storia di Creem?

Senza alcun dubbio e per diverse ragioni. Intanto vivere qui e’ sempre stato abbastanza economico e quindi non eri sotto la pressione dei soldi. A fare il nostro lavoro a NYC o Los Angeles avevi sempre tutti sul collo, qui invece ci sentivamo protetti. Quando andavamo in quelle citta’ era un delirio: Concerti, open bar, labels, tutto 24 ore su 24, sette giorni alla settimana, non so come la gente potesse reggere! Da noi qui era l’opposto, la realta’ ti teneva con i piedi per terra. Guarda cosa e’ successo a Lester. A New York lo incoraggiavano ad andare piu’ fuori di testa possibile. Qui una volta un DJ della radio locale lo ha trovato su Woodward Avenue nella sua macchina rossa sportiva, con lo sportello aperto, la radio e il motore accesi e lui completamente privo di sensi. Tutto quello che ha fatto e’ stato portarlo a casa e aspettare che si riprendesse. Mentre poi a NYC lo avrebbero trattato come un pagliaccio da circo. Qui eravamo piu’ liberi e piu’ veri. Alle volte le case discografiche ci chiedevano la copertina del numero per una loro band. Noi non le abbiamo mai garantite a nessuno “ Possiamo scrivere un pezzo, proporlo in riunione di redazione, ma la decisone e’ nostra non vostra! Ma come…Rolling Stone lo fa, ci dicevano increduli…Ecco, noi siamo Creem, non Rolling Stone! “  La nostra integrità per noi era irrinunciabile.

 

Quante copie vendevate?

150.000 copie piu’ o meno. Eravamo secondi dopo Rolling Stone…solo che loro vendevano un milione di copie a botta! Il gap era enorme, ma eravamo secondi. Non ci posso pensare che con quei numeri promettessero copertine e altro alle case discografiche. Ricordo che i Journey compravano la quarta di copertina e noi distruggevamo i loro dischi! Ma essere su Creem era importante comunque e per fortuna il nostro editore, lo straordinario Berry Kramer, non ci faceva nessuna pressione. Soltanto una volta mi disse di andare assolutamente ad incontrare Barry Manilow, e devo ammettere che non morivo dalla voglia…Comunque, busso al camerino dicendo che sono di Creem Magazine, e quello salta fuori con la testa piena di bigodini, urlandomi contro che il mio era uno schifo di giornale, e che Lester Bangs aveva scritto che era un cazzone! Non potei fare altro che tagliare la corda, dicendogli che non potevo prendere sul serio gli insulti di un uomo con i bigodini…

Chi ti e’ piaciuto di piu’ intervistare in quel periodo?

Come gia’ ti dicevo, avevamo rapporti molto profondi con molti. Ma devo dire che avere a che fare con Rory Gallagher era una cosa a parte. Io e lui eravamo veramente molto vicini, sono stata in tour con lui in Europa e nella sua Irlanda, ho conosciuto la sua famiglia, gente meravigliosa. Condividevamo una grande passione per i film Noir. Magari eravamo in un ristorante a New York, e ci mettevamo a trovare somiglianze fra le cameriere e le attrici dei film anni ’40 di cui lui sapeva proprio tutto. Ho incontrato piu’ volte gli Stones lavorando a Creem, ma poi li ho potuti intervistare solo anni dopo. E’ un piacere parlare con loro, cosi come con Paul Mc Cartney. Una volta andammo a Toronto nel pieno dei casini di Keith. Loro suonavano a El Mocambo, ma era impossibile avvicinarsi per quanta gente c’era. Un po’ disperati decidiamo di lasciar perdere e andiamo in un caffe’ fuori dal caos. Appena entriamo vedo Mick e Charlie seduti a un tavolino! Mi presento e gli dico che sono la capo redattrice di Creem e vorremmo parlare con loro dopo il concerto. Mick mi guarda incredulo, e dice che deve verificare chi sono…quindi si alza e va al telefono a gettoni a chiamare qualcuno, all’epoca senza cellulari anche Mick Jagger doveva andare al telefono pubblico! Torna dopo poco e mi dice che sono una bugiarda, che per Creem Magazine c’e’ gia’ Linda Robinson. Certo, l’ho mandata io! Gli rispondo, e allora Mick sempre un po’ incredulo propone una mediazione: Potevamo andare direttamente nel backstage senza passare dal concerto, avrebbe dato disposizioni in questo senso. Ma al ritorno a El Mocambo la situazione era ancora piu’ fuori controllo, e di arrivare alla porta del backstage non se ne parlava, cosi tornammo a casa dovendoci accontantare del resoconto di Linda. Anni dopo lo incontro per intervistarlo, e giusto per rompere il ghiaccio gli dico, io e te ci siamo incontrati tanti anni fa in un caffe’ vicino a El Mocambo, ti ricordi? Lui alza le mani e mi dice, aspetta un attimo prima di andare avanti, questa storia ha un happy ending o finisce male?! Mi ha fatto morire dal ridere, una delle migliori frasi da Rockstar di sempre! Anche Keith e’ un piacere da intervistare, totalmente innamorato della musica di Detroit.

Oggi Creem e’ ancora molto famosa in tutto il mondo.

Senza dubbio una cosa bellissima che lo spirito di Creem abbia viaggiato cosi nello spazio e nel tempo. In questo senso anche internet e’ stato fondamentale, si possono trovare tutti i numeri di Creem dalla prima all’ultima pagina.

C’e’ un numero della rivista a cui sei piu’ affezionata?

Si, un numero a cui non riuscivamo a trovare una copertina. A quel punto per noi i Led Zeppelin erano una certezza, e cosi mi misi io a scrivere un pezzo lunghissimo e fuori di testa, Led Zeppelin: A Psycho History . La gente ancora mi chiede di quell’articolo!

Creem – Led Zeppelin A psycho Story – Febbraio 1979

Scrivevate a casa o in redazione?

In redazione. Lester Bangs ci si era praticamente trasferito! Lavoravamo tutti tantissimo, e avevamo delle macchine da scrivere fantastiche e velocissime, delle Selectors, le migliori del tempo. Nessuno di noi poteva avere una cosa del genere a casa. E poi era bello condividere lo spazio, c’era sempre qualche discussione in corso, uno scambio continuo. Se volevi un po’ di pace ti dovevi mettere le cuffie o stare oltre le normali ore di lavoro. La sera andavamo tutti insieme a cena da Pasquale, un ristorante bar italiano, poi qualcuno tornava in ufficio fino a tardi. Nei giorni prima della chiusura di un numero eravamo praticamente tutti in ufficio senza tregua, ci passavamo anche la notte.

Pasquale’s Restaurant – Detroit

Una bella mole di lavoro…

Si, e piu’ di tutti mi colpiva Lester. La gente pensa, voglio essere come Lester Bangs, mi  sballo di alcool e di droghe, sento la musica, vado ai concerti e scrivo tutta la notte! Tutte cazzate.  Per essere come lui dovresti essere una dinamo di scrittore, lavorare instancabilmente, essere brillante, competente ed estremamente accurato. Eravamo tutti estremamente concentrati. Lester a volte scriveva apposta una fesseria nel suo pezzo, per poi vedere se ce ne accorgevamo prima di andare in stampa…Un modo per essere sicuro che leggessimo tutto, parola per parola! Oggi per controllare qualcosa si guarda Wikipedia, noi facevamo una telefonata ai diretti interessati.

Creem dicembre 1977

Avevate contatti con Rolling Stone?

Ufficiali no, personali logicamente si. Specialmente con Cameron Crowe, alle volte ci chiamava addirittura per sapere se avevamo bisogno di aiuto per chiudere il numero! Una persona sempre molto dolce con noi. Almost Famous non e’ stato accolto bene da alcuni ex Creem, ma io invece, forse anche perche’ all’epoca avevo la sua stessa eta’, credo sia un punto di vista molto valido nella sua innocenza. La sua visione di Lester Bangs puo’ essere stata riduttiva per qualcuno, ma il loro rapporto era veramente quello, Lester lo aiutava tantissimo per telefono. Quando uscì il film feci un intervista a Phillip Seymour Hoffman, e gli dissi che mi aveva colpito molto come aveva fatto a centrare la voce di Bangs. Mi disse che aveva studiato dei nastri di conversazioni di Crowe molto a fondo. Il film manca forse della descrizione del lato gioioso di Lester Bangs, ma e’ la visione di Cameron, quello era il suo mentore. Ed era un lato enorme della sua personalità.. Mi ha aiutato tantissimo, mi stimolava sempre a cogliere il punto in quello che stavo scrivendo. Il mio primo vero articolo fu su Peter Frampton, un artista che lui aveva stracciato. Eppure si mise per ore seduto con me ad aiutarmi a tirare fuori un pezzo nel modo più serio possibile. Insisto, vorrei tanto che questa sua grande professionalità venisse riconosciuta, almeno quanto il suo lato più folle. Aveva una grande disciplina.

Mi dicevi che stanno girando un documentario su Creem…

ìi, proprio in questi giorni. Molti di noi sono coinvolti attivamente, speriamo che venga fuori un buon lavoro. Ci sarebbe anche bisogno che qualcuno scrivesse un vero libro sulla storia di Creem, qualcosa che andasse nei dettagli di quegli anni e di quelle persone. Per me e’ stata un esperienza incredibilmente formativa, tutto il mio lavoro di giornalista e scrittrice venuto dopo ne ha beneficiato. Ricordo sempre i due grandi consigli che mi dava Lester: Se scrivi quando sei sballato o ubriaco, sul momento sembra un gran lavoro, ma il giorno dopo e’ quasi sempre spazzatura. E poi non esiste il blocco dello scrittore, muoviti e comincia a scrivere! Probabilmente tirerai fuori anche un mucchio di cazzate, ma poi con un po’ di lavoro quelle vanno via, e il buono resta. Continua a scrivere!

Che ne pensi dello scrivere di musica adesso?

Oggi quando scriviamo lo facciamo con e per internet, il che dovrebbe voler dire infinite possibilita’. Ma io la vedo diversamente. Io credo nei limiti, nelle scadenze, nei confini che ti aiutano ad essere a fuoco e tirare fuori l’essenziale. E poi credo che ci sia ancora spazio per qualcuno che voglia dare una bussola, un aiuto, per orientarsi in questo mare di musica che oggi e’ immediatamente disponibile.

Susan Whitehall at Creem office 1976-77 circa

Paolo Barone © 2017

 

 

3 Risposte to “Intervista con Susan Whitall, giornalista di CREEM extraordinaire – di Paolo Barone”

  1. mikebravo 15/11/2017 a 16:39 #

    Grande intervista!!!!!!
    Bellissime copertine !!!!!!!!!!!!!
    Nostalgia per i seventies ………………………….
    Anche ai margini dell’impero del rock, in Italia, un giradischi, qualche LP,
    un negozio come Nannucci, un giornale come CIAO 2001, che il lunedi’
    si comprava in anticipo alla stazione centrale, bastavano a farci sentire
    parte di quel grandissimo godimento che era il ROCK.

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  2. baccio 15/11/2017 a 19:52 #

    Un pezzo assolutamente straordinario: bravissimo Paolo Barone!

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  3. bodhran 16/11/2017 a 18:55 #

    Gran bella intervista! grazie a Paolo Barone per aver scritto il pezzo e a Tim per averlo pubblicato

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