Printemps blues

20 Mag

Tempo di primavera, tempo di blues nuovi e splendenti. Dal cambio di stagione non sono immuni gli umani, il “mal di primavera” è sempre dietro l’angolo. Qualche difficoltà ad adattarsi al prolungamento delle ore di luce, il ritmo circadiano che regola il ciclo veglia-sonno che subisce interferenze, le difficoltà nel gestire i primi caldi e quelle a regolare l’umore e a tenere a freno le vertigini. Dall’altra parte, cosa c’è di meglio del risveglio della natura, del sole che splende alto nel cielo terso, dei sensi che tornano a farsi sentire?

I SETTE FRATELLI CERVI BLUES

Per pasqua scelgo di andare a pranzo in un ristorante insieme alla Pollastrella’s kin. La pasqua ebraica e cristiana non ha alcun significato per me, io festeggio eventualmente Ishtar (che guarda caso foneticamente si accompagna a Easter, pasqua in inglese) dea sumera/babilonese della fertilità e del sesso. Dopo aver ricevuto decine di messaggi con coniglietti e uova colorate (ma la gente che mi manda queste cose ha la minima idea di chi io sia?) a cui rispondevo spiritualmente con una imprecazione, Ishtar è quella che ci vuole per togliermi di dosso tutta quella pasqueria.

Siamo nelle campagne tra Regium Lepidi e Parmae, così decidiamo di fare una visita al Museo Cervi. Ogni volta che penso alla storia di quella famiglia rabbrividisco e maledico quei due decenni di storia d’Italia. Con Saura, attraversiamo in punta di piedi le stanze che furono di quella famiglia. Rendiamo onore in silenzio alla loro memoria. Questo luogo ci tocca nel profondo. Il sangue ribolle, la rabbia sale, la sete di giustizia sovrasta le nostre ombre. Penso al dolore dei genitori, delle mogli, dei figli. Usciamo, il sole splende, il cielo è blu, Casa Cervi sembra riposare in questo pigro giorno di festa. Prima di salire in macchina, la riguardo un attimo, e come se fosse casa mia.

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TT

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TT

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TT

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TT

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TT

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TT

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TT

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TT

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TT

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TT

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TT

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TTvv

Casa Cervi 1 aprile 2018 – foto TT

BRONCHITIS BLUES

Passo una settimana di aprile a casa con la bronchite. Non ho febbre ma la faccenda non è da trascurare. Il medico mi prescrive antibiotici e  antinfiammatori. Passo sette giorni in casa senza aver voglia di fare nulla. Saura è preoccupata, dice che non sono mai stato a casa più di due giorni e perciò le sembra una faccenda seria. Sento dire in giro che molta altra gente si trascina bronchiti del genere da settimane. Rifletto sulla cosa. Sono gli anni che avanzano? Queste infiammazioni si fanno sempre più lunghe perché siamo più insensibili alle medicine? E’ il logorio della vita moderna che ci rende più vulnerabili? Cerco un Cynar nel mobile dei liquori. Non lo trovo. E’ mattina, devo ancora fare colazione. Mi verso un Bellini e mi mangio un buondì. Povero me.

Bronchite blues – foto TT

Su Sky Classic danno Moby Dick. me lo riguardo.

Moby Dick il film – foto TT

E’ ora di pranzo. Sono slanato come chissà chi (sono apatico insomma), non ho proprio voglia di fare e di prepararmi nulla. Riesco a convincermi a mettere bollire qualche uovo; mezz’ora dopo guardo il piatto ed esclamo: “il pranzo dell’uomo di blues con la bronchite”.

Bronchite blues – foto TT

Nel fine settimana scendo in cortile per non impazzire, sono intabarrato come un nessi, mando la foto a Jaypee che mi chiede come sto. Al mio amico sembra che io indossi un burka. Rido e penso: Jimmy Page Akbar.

Bronchitis Man – foto Saura T

Osservo Palmiro

Palmiro -aprile 2018 – foto TT

e la pollastrella che sistema il pratino.

Lawnmower Saura – aprile 2018 – foto TT

Lawnmower Saura – aprile 2018 – foto TT

Quando torno al lavoro sembra inizio estate, ma per precauzione tengo ancora la sciarpa. La gente mi guarda con curiosità. In pausa vado all’autolavaggio a far lavare la Sigismonda. Mentre attendo mi cade l’occhio su uno sgabuzzino molto blues. Questi luoghi fuori dal tempo mi attirano sempre. Mi chiedo per l’ennesima volta perché l’obliquo e il blues siano così connessi con me.

Autolavaggio di Stonecity – foto TT

JIMMY PAGE: IL GIUSTIZIERE DELLE NOTE

In preda ad uno dei miei soliti impulsi improvvisi mi metto alla ricerca del DVD de Il Giustiziere Della Notte 2. Mi accorgo che in italiano è introvabile, finisco così per ordinare in Italia il n.1 (che è del 1974) e il blu-ray del n.2 e n.3 in Inghilterra (film in inglese con sottotitoli in inglese). Sono film di Michal Winner non certo indimenticabili, ma sappiamo tutti perché dobbiamo averli.

Alla fin fine Death Wish 1 si lascia vedere, guardare film ambientati nell’america degli anni settanta è sempre suggestivo, anche Saura se lo gusta senza troppi problemi. Il weekend successivo ci buttiamo sul numero 2. Popcorn, lemonsoda, home theater 5+1 …il Nuovo Cinema Terenziani stasera riapre i battenti. Guardai per la prima volta questo film quando arrivò in Italia, nel 1982. Ero a Torino a militare, e leggere nei primi fotogrammi del film il nome del mio musicista preferito fu una bella soddisfazione. Riguardarlo ora fa quasi tenerezza, ma la musica ci tiene incollati. Ogni volta che Saura riconosce un riff o un passaggio musicale, mi guarda, alza gli indici al cielo e ride. Nei momenti musicalmente più tenebrosi (quelli ad esempio creati con l’archetto di violino usato sulla chitarra) una strana luce le si accende negli occhi: Saura ha una predisposizione per le parti demoniache create da Page che mi sorprende sempre.

Death Wish 2 & 3 – foto TT

Termina il film. Sui titoli di coda parte il pezzo The Release. Dopo una breve introduzione parte un riff rock. Saura rimane come incantata. Alla fine esclama: “che pezzo”!

Nelle settimane successive non ascolterà altro. Io rimango basito. Intendiamoci, la colonna sonora Death Wish 2 è il mio disco degli anni ottanta preferito, ma che Saura perdesse la testa per The Release non me lo sarei aspettato. Fantastica di proporlo come pezzo di inizio concerto degli Equinox. Si mette al piano e cerca un arrangiamento per replicare gli accordi della chitarra ritmica mentre con la pedaliera cerca le linee di basso. Io mi chiedo come farò a dire a Lele e a Pol l’intenzione di Saura.

Death Wish 2 & 3 – foto TT

Qualche sera dopo ci accostiamo al n.3, praticamente inguardabile. Lo avevo già visto decenni fa ma per fortuna non ricordavo proprio nulla. Come colonna sonora fu usata ancora quella che Page scrisse per il N.2, con in aggiunta alcuni arrangiamenti più moderni di alcuni suoi temi suonati da altra gente. Roba da dimenticare.

L’influsso della colonna sonora del secondo episodio tuttavia rimane. Domenica scorsa, ad esempio, nel tardo pomeriggio ero in bagno a farmi la doccia, ci preparavamo ad uscire. Sento Saura andare verso lo stereo e mettere su il cd di Death Wish 2. Sorrido tra me e me. Poco dopo esco dalla doccia, mi infilo l’accappatoio e mi faccio la barba. La colonna sonora in questione alterna momenti decisamente rock a suggestioni – come detto – demoniache. Ogni qual volta una di queste parti misteriose e cupe irrompe dallo stereo, Saura fa capolino dalla porta del bagno con sguardo mefistofelico. Rido quasi fino a pisciarmi addosso.

Quando il rock riprende il sopravvento prende la rincorsa e scivolando passa per lo specchio della porta suonando l’air guitar e imitando le mosse di Page. Rido di nuovo e soppeso questa donna rock, questa forza della natura, questa indefessa fan dei LZ e di Page. Sì, perché va bene Rick Wakeman, Jon Anderson, gli Yes e gli Who, ma è indubbio che abbia una fortissima predisposizione per la musica dei LZ e di Page in particolare.

Poco dopo siamo pronti per uscire, inutile dire quale maglietta si sia messa …

 

Saura JPP t-shirt – foto TT

LYING IN THE SUNSHINE – VERANDINA BLUES

E’ tempo di tirar fuori la verandina. In primavera ce la si può godere in pace, visto che non ci sono ancora zanzare.

La Verandina della Domus Saurea – foto TT

La domenica mattina poi è perfetta per seguire il consiglio dei Free e sdraiarsi un po’ al sole, procedura necessaria per far evaporare qualche blues.

Lying In The Sunshine – Tim & la Verandina della Domus Saurea – foto TT

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SULLE TRACCE DI BRIAN: Via Ca’ Del Diavolo Blues

Più passa il tempo e più ho l’impulso di andare alla ricerca delle mie radici. Il problema è che quando pigramente giro per le campagne della Regium Lepidi county sulle tracce di Brian, mio padre, mi sembra di fare ricerche sul blues nero del sud degli Stati Uniti; evidentemente sovrappongo la storia del mio padre biologico a quella dei miei padri putativi.

PADRE BIOLOGICO- Il giovane Brian (1958 circa)

 

PADRI PUTATIVI – Robert Johnson early 1930s

PADRI PUTATIVI – Muddy Waters 1963

Conosco i posti dove Brian è nato e vissuto, ma mi manca giusto di visitare una località in cui sono stato solo una volta a 8 mesi. E’ una calda e soleggiata domenica di aprile, esco a pranzo con mio cugino Basàn, figlio della sorella di Brian. Io lo chiamo col soprannome che aveva la famiglia di suo padre, lui contraccambia chiamandomi per cognome nella variante dialettale di queste terre, Tiràl, appunto, con la a che non è proprio una a e che ancora contiene qualche suggestione della e. Siamo alla Badessa, uno dei miei ristoranti preferiti, ottimo cibo e architettura. Il ristorante è all’interno di quello che un tempo fu il casello (il caseificio insomma) di Villa Spalletti; il fatto è che questo edificio ha riflessi gotici, e mi ricorda tanto la Boleskine (e la Tower) House, insomma come sempre vivo dentro ad un mondo tutto mio.

La Badessa

Boleskine House

Boleskine House

Tower House

Usciamo in uno di qui pomeriggi luminosi tipici di questa parte d’Emilia e Basàn decide di farmi vedere la casa di via Ca’ Del Diavolo dove per alcuni anni visse Brian insieme alla sua famiglia. Il nome della via è suggestivo.

Via Ca’ del Diavolo – foto TT

Sembra che in un tempo remoto in una delle case di questa stretta viuzza succedessero cose innominabili. Oggi la casa è abitata e non presenta nulla di anomalo ma si dice che tra quelle mura siano successe brutte cose.

La Casa Del Diavolo – foto TT

Proseguiamo fino a che non scorgo in lontananza la casa di Brian.

Una delle case dove è vissuto Brian – foto TT

Nulla di particolare s’intende, giusto una tipica casa emiliana da contadini, eppure per me – da sempre votato alla nostalgia, alla malinconia del ricordo, alla leggenda ordinaria della mia famiglia – così importante. Posseggo una foto che mi ritrae insieme a mia madre nelle vigne che allora circondavano la casa, mi illudo di ritrovare quella suggestione ma invano, a 8 mesi non potevo certo memorizzare nulla.

Una delle case dove è vissuto Brian – foto TT

Tim & Mother Mary – Arceto (RE) primi anni sessanta

mi soffermo ancora un momento e poi proseguo.

Una delle case dove è vissuto Brian – foto TT

Mentre ritorno verso la Domus Saurea, nella mia mente le baracche di Robert Johnson e di Muddy Waters si sovrappongono alla casa di Brian che ho appena visto.

Robert Johnson’s Birth House in Hazlehurst, MS

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Muddy Waters Cabin – photo Karl R. Josker

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La settimana successiva mi reco al cimitero di San Martin On The River per portare un mazzo di fiori a Brian e a Mother Mary. E’ di nuovo un’ assolata domenica primaverile. I paesi di provincia e la campagna risplendono nel loro inconfondibile idlewild mood. Mentre torno decido di dare finalmente un’occhiata ad una località del territorio di Corrigium chiamata Casino Tirelli. Cerco sul cellulino le coordinate e mentre lo faccio leggo le brevi righe dedicate a questo posto:

CASINO TIRELLI (Frazione di Corriguim)”il toponimo identifica un complesso rurale a corte di rilevante interesse. Comprende la villa Zini ora in degrado, costituita da un volume a pianta quadrangolare articolato su due livelli distinti da cordoli lineari marcapiano, conclusi da una copertura a quattro falde. Le luci sono regolari e simmetricamente distribuite con ingresso archivoltato. Nell’interno si segnala la massiccia torre coronata da una cella con banderuola metallica in vertice e quadrante dell’orologio. Al corpo principale dell’edificio sono collegati i rustici porticati che chiudono lo spazio alla corte interna. In angolo con la via Lemizzone si osserva una maestà ottocentesca a pilastrino con frontispizio triangolare superiore; la nicchia in volto conserva una immagine votiva della Beata Vergine.”

Mi sono spesso chiesto da dove derivi il nome della località, sebbene sia facile arrivarci con semplici ragionamenti.

Secondo Wikipedia un “casino” è in architettura piccolo edificio o palazzina a uso ricreativo (es. casino di caccia) un tempo presente nei giardini e parchi della grandi proprietà nobiliari.

Il cognome Tirelli è tipico di queste zone, quindi…

Mi fermo, scendo dalla blues mobile e scatto qualche foto a Villa Zini, l’unico edifico di questo posto che pare degno di nota.

Villa Zini – Località Casino Tirelli (Corrigium) – foto di Tim Tirelli

Villa Zini – Località Casino Tirelli Corrigium) – foto di Tim Tirelli

Villa Zini – Località Casino Tirelli (Corrigium) – foto di Tim Tirelli

Località Casino Tirelli (Corrigium) – foto di Tim Tirelli

Località Casino Tirelli (Corrigium) – foto di Tim Tirelli

Sono a metà tra San Martin On the River (paese di mia madre) e Lemizzone (frazione di Corrigium dove nacque mio nonno paterno). Prendo direzioni a me sconosciute…la campagna, le stradine, ponti male in arnese … mi sembra di essere tra l’Arkansas e il Mississippi.

Sbuco in via Lenin (già proprio così, dopotutto siamo in quella che fu la parte più rossa dell’Emilia e dunque d’Italia), ma non capisco a quale altezza

Via Lenin – Regium Lepidi – foto di Tim Tirelli

fino a che non vedo lo skyline di Borgo Massenzio con il famigliare acquedotto e so di essere sulla giusta blue highway.

Borgo Massenzio Skyline – foto TT

Ca’ del Diavolo, Casino Tirelli, Lemizzone … ci fosse ancora Brian e gli snocciolassi questi nomi si ringalluzzirebbe in un battibaleno, nomi che sarebbero chiavi d’accesso che nemmeno l’alzheimer potrebbe fermare. Il vecchio Brian, ah, quanto mi manca.

Brian e Tim

SAURA LA MARANGONA (Falegnameria Ganassi Blues)

Abbiamo già affrontato qui sul blog una delle tante qualità di Saura ovvero la manualità, l’abilità nell’uso delle mani. Suo nonno materno, Inìgo Ganassi, era un falegname stupefacente, Saura cerca di non essere da meno. Con la primavera sale la voglia di sistemare il giardino e l’orto, così lei un giorno mi fa: “senti Tyrrell, ma se gli steccatini li costruissi io?”. Non mi piace “smontare” le persone, ma finisco per dirle “sei sicura? Non è un lavoraccio? Sei certa che non costi meno comprarli già fatti?”.

Saura se ne va un po’ abbacchiata, ma so già che – come sempre – farà di testa sua. Una sera infatti torno a casa e la vedo nel garage intenta a costruire il primo; mentre tornava dal lavoro si è fermata all’OBI, ha comprato il necessario ed ora eccola lì che “zega” (come diciamo qui in Emilia) e pianta chiodi. Salgo in casa, dopo poco corre a farmi vedere il risultato dei suoi sforzi.

Falegnameria Ganassi – aprile 2018 – foto TT

Domenica. Di solito siamo in piedi presto, ma stavolta dopo essermi svegliato alle 6 riesco riprendere sonno e a dormire un’altro po’. Alle 8,30 mi tiro su. La cerco ma in casa non c’è. In soffitta nemmeno. La chiamo ma dal cortile nessuna risposta. Scendo, mi dirigo dietro casa, la trovo davanti al vecchio bancone che fu di suo nonno tutta intenta a lavorare.

La sua breve descrizione sui social dovrebbe essere: testa quadra (reggiana, insomma), motociclista, bassista, tastierista, mandolinista ed ora anche marangona (falegname/carpentiere in dialetto emiliano).

Falegnameria Ganassi – aprile 2018 – foto TT

JULIA N. 235

Sul numero di aprile 2018 del fumetto Julia, ci sono un paio di pagine dedicate alla presunta maledizione che il Dark Lord avrebbe lanciato nei confronti del gruppo Eddie & The Hot Rods a causa di un uso irriverente di una foto di Aleister Crowley per una loro copertina.

Julia numero 235 – aprile 2018

Julia numero 235 – aprile 2018

Julia numero 235 – aprile 2018

Mi torna alla mente quanto fossero pompati gli Eddie & The Hot Rods allora. La stampa inglese li spacciava come la nuova sensazione, sembrava sempre che dovessero diventare the next big thing.

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NEL BLU DIPINTO DI BLUES & I FIORI DI LILLA’

In queste domeniche piene di sole mi godo il cielo terso e mi perdo dinnanzi ai fiori di lillà.

Nel blu dipinto di blues – Domus Saurea aprile 2018 – foto TT

Ho una dolce ossessione per questi fiori, uno dei primi ricordi che ho è un giro con mia madre in una domenica pomeriggio tra i prati delle case vecchie che avevamo dietro la palazzina in cui abitavamo. Nel tornare ci fermammo vicino a due pilastri ai lati dell’imbocco di una via a rimirare ed annusare piante di glicine e fiori lillà.

Le cancellate in questione in basso a sx – Nonantola anni 30 courtesy of Massimo Baldini FB goup “Nonantola nei ricordi”

Fu come un imprinting. Da allora ogni volta che ne scorgo una pianta, la annuso e per un lungo instante torno a quei giorni felici.

Domus Saurea: i fiori di Lillà – foto TT

Il nuovo LINUS.

Col numero di maggio, la storica  “rivista di fumetti e altro” cambia contenuti e grafica. Quest’ultimo aspetto mi piace parecchio, la confezione in brossura poi è stupenda, il resto però mi lascia perplesso. E’ cambiato il direttore, sono cambiati i collaboratori, persino i fumetti (peanuts a parte) non sono più quelli. Di solito questo tipo di cambiamenti mi esalta, ma stavolta rimango stordito e confuso. Senza gli articoli di Marina Viola e di Marco Milani e senza le strisce di Perle Ai Porci e Dilbert per me Linus non ha più tanto senso. Non mi ci trovo proprio più. E’ come se, fedele lettore di una rivista specializzata in classic rock e blues mi trovassi davanti all’improvviso la stessa dedicata al rock alternativo, al genere indie e al (t)rap. Cambiamento legittimo per carità, probabilmente sono io che non riesco a  tare al passo coi tempi ma devo constatare che è diventata una rivista di fumetti di livello alto, qualsiasi cosa questo significhi, una rivista che non deve più piacere per forza ad un pubblico più vasto e forse meno specializzato. Auguro al mensile buona fortuna, ma se le cose dovessero rimanere così, la nostra relazione terminerà alla scadenza del mio abbonamento.

SUL PIATTO DELLA DOMUS SAUREA

Il 27 aprile ho messo sul giradischi il cofanetto bootleg di Destroyer, i Led Zeppelin al Richfield Coliseum di Cleveland il 27 aprile del 1977. Ho ricordi nitidi di me che ascolto le cassette di questo bootleg più o meno 40 anni fa, guardando fuori dalla finestra e seppur così giovane in età,  inizio ad elaborare il fatto che dopo il 1973 i LZ non erano più esattamente quelli dell’immaginario collettivo. Era uno dei primissimi bootleg soundboard ad apparire sul mercato (nero) e i soundboard si sa mettono quasi sempre in risalto le magagne. Devo dire tuttavia che riascoltato oggi mi è piaciuto più del previsto. Uno dei grandissimi gruppi rock alle prese con gli orizzonti perduti, stordito da pesanti sostanze chimiche, dalle tensioni date dall’impressionante successo e dalle prime crepe comparse nei rapporti personali, che cerca con caparbietà di rimanere a galla.

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Ogni tanto ritorno ai fondamentali.

Beatles Abbey Road – foto TT

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In questo periodo ho letto Van Halen Rising – How A Southern California Backyard Party Band Saved Heavy Metal di Greg Renoff (presto ne parleremo), libro sui primi anni del gruppo che mi è piaciuto tantissimo. Sono dunque in una fase Van Halen, gruppo con cui sono letteralmente cresciuto e che ho amato parecchio. Che bello ritrovare la passione per un chitarrista fuori dall’ordinario e per un cantante forse non dotatissimo ma funzionale come pochi.

sul piatto Van Halen 1- foto TT

Per me i VH sono quelli che nel bel mezzo di un pezzo tiratissimo (con tanto di assolo superlativo) come I’M THE ONE inseriscono un siparietto doo-woop (al minuto 2:50) courtesy of DLR.

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Ad ogni modo siamo ormai oltre la metà di maggio, col sole anche i blues più feroci fanno meno paura, così anche se ci accorgiamo che tra i cespugli c’è del trambusto, non dobbiamo allarmarci, dopotutto sono solo le pulizie primaverili per la regina di maggio.

If there’s a bustle in your hedgerow, don’t be alarmed now,
It’s just a spring clean for the May queen.

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7 Risposte to “Printemps blues”

  1. mikebravo 20/05/2018 a 16:11 #

    Il brano tratto dalla colonna sonora del
    giustiziere della notte 2 non sara’ noto a
    tanti ma per me e’ una gemma di
    purezza assoluta.
    E oso dire che che negli anni successivi
    il nostro non tocchera’ piu’ vette simili.

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  2. Giacobazzi 22/05/2018 a 05:43 #

    “quando pigramente giro per le campagne della Regium Lepidi county sulle tracce di Brian, mio padre, mi sembra di fare ricerche sul blues nero del sud degli Stati Uniti”
    È l’ambiente! Il blues, il jazz…il delta del Mississipi e il delta del Po…l’occulto, Crowley e Pupi Avati (le finestre di Vila Zini ridono?)

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  3. baccio 23/05/2018 a 19:39 #

    Destroyer in vinile: fantastico! Magari lo trovassi da comprare!

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  4. lucatod 23/05/2018 a 20:40 #

    “.. non hai impegni?”
    “che impegni posso avere ormai………..”

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  5. mikebravo 24/05/2018 a 08:00 #

    Ormai appare chiaro dal sito di robert plant che a settembre e ottobre sono gia’
    fissate date con il suo gruppo e per il cinquantenario sarà improbabile che i 3
    si incontrino anche per un semplice TEA FOR THREE.
    Ed è pure chiaro che jimmy page è un ex-musicista da oltre un decennio.
    Ne discende che se robert plant ricevesse da una luce che discende dal cielo
    l’ordine perentorio di ricostituire la band, la domanda che sorgerebbe spontanea
    in tutti noi, compreso robert plant , sarebbe :
    E CHI SUONA LE CHITARRE ? JOHN PAUL JONES ?
    Jimmy in questi anni è preso dalle poesie di scarlett e dalle beghe di condominio
    con il TAKE THAT.
    Potrebbe almeno risparmiarci l companion discs e le riedizioni tipo
    HOW THE WEST WAS WON che credo sia stato veramente il colpo di grazia
    alla pazienza di tanti fans.
    Perché se CODA è del 1982, in realtà è una coda lunghissima e inutile che
    dura dal 1982 al 2018.
    Una coda di 36 anni………………………………………………………
    Il titolo più appropriato per la riedizione di HOW THE WEST WAS WON
    é senza dubbio HOW THE FAN WAS WON.

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    • dancingavocado 30/05/2018 a 13:01 #

      Jimmy ha dichiarato che in casa sua dal 1972 non suona le chitarre elettiriche per paura delle vibrazioni…non so se ridere o piangere…poi questa storia delle beghe legali tra lui e Robbie Williams è veramente ridicola…

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