Quel maledetto adesivo dei Grateful Dead attaccato alla Cadillac.

6 Mar

Non avrei mai creduto di arrivare a questo punto, ovvero di smettere di acquistare dischi e di leggere Rock. Certo, per i saturnali faccio acquisti di long playing e cd da regalare agli amici, ogni tanto mi scappa un ordine fatto a oscure etichette americane che commerciano in cd di delta blues anni 20 e 30 del secolo scorso, inoltre se esce qualche nuova edizione di dischi storici e o nuovo materiale d’archivio dei miei gruppi preferiti è ovvio che mi ci butto a testa bassa, ma in generale ho smesso di interessarmi al Rock.

Non so come sia potuto accadere, ma il punto a cui sono arrivato è questo. La noia e lo sdegno mi assalgono quando leggo i commenti sui gruppi facebook dedicati alle band e agli artisti che più amo, quando mi capita di finire su blog musicali italiani o di dare un’occhiata alle riviste musicali. Raramente trovo spunti degni di nota, scritti appassionanti o innovativi, la quasi totalità degli articoli è vittima della pigrizia dei giornalisti (?) i quali raccontano le stesse storie senza aggiungere nulla (!) non dico di nuovo  ma almeno di personale, impantanati inoltre nelle ormai insopportabili iperbole e negli assoluti. Il senso critico, la prospettiva, la differenza tra capitoli importanti della musica e della propria vita sono andati a farsi friggere.

Oltre a tutta questa miseria si aggiunge anche il problema derivante dall’idea che mi ero fatto del Rock, avevo infatti idealizzato questa forma di musica e i suoi relativi contenuti, mi ero costruito castelli nella maruga, fatto viaggi intellettuali e spirituali, innalzato mondi intorno alla immacolata concezione che avevo della musica che tanto ho amato, mentre invece, mi duole moltissimo ammetterlo, mi sa che il Rock – a parte rarissimi casi – sia sempre stato solo una forma di intrattenimento.

Boutade? Forse, ma non ne sono sicuro. Sì, certo, tra il 1967 e il 1971 ci sono stati cinque anni in cui la rivoluzione culturale nata con la musica Rock è stata totalizzante, la summer of love, gli hippies, il sessantotto, la controcultura  … I Grateful Dead, Dylan, i Jefferson, i Doors, CSN con o senza Y (e qualche anno dopo i Clash) … parevano davvero soffiare venti nuovi, ma poi già nel 1973 tutto era terminato, i musicisti divennero rockstar, le rockstar scivolarono nell’edonismo, il Rock divenne una musica con cui fare essenzialmente dei gran profitti. Non che ci sia nulla di male, solo se fai profitti poi puoi portare avanti il tuo disegno, i tuoi sogni, ma la musica avrebbe potuto rimanere anche altro.

Nella canzone The Boys Of Summer del 1984, Don Henley canta:

Out on the road today I saw a Deadhead sticker on a Cadillac” frase che per me (e forse anche per il nostro Pike) significa “the end of innocence”, la perdita degli ideali che si avevano un tempo o in generale l’appannamento degli ideali della musica Rock. Un’adesivo dei Gratetful Dead su una macchina molto costosa non ha tanto senso … immaginiamo una BMW di grossa cilindrata con l’adesivo degli Aerea, o più banalmente dell’hippie che si fuma una canna e che se ne va libero per il mondo rinunciando alle logiche del mondo occidentale. La cosa sarebbe inadeguata e un po’ patetica, un paradosso insomma. C’è addirittura la possibilità che il possessore di quella Cadillac fosse un business man di successo venduto alla logica del capitalismo ma a cui piaceva pensare di essere in fondo ancora il giovane hippie/libero pensatore che era da ragazzo. Questa seconda ipotesi sarebbe ancor più patetica.

Ed è per questo che mi sto affrancando dal Rock, un po’ come quando t’innamori perdutamente di una donna (o di un uomo), la idealizzi ma poi – passata la sbrusia passionle – ti accorgi che forse non è esattamente come te la eri dipinta. Pensavo che il Rock fosse chissà cosa, ma ora non ne sono per niente sicuro

Mi chiedo anche perché io debba sempre farmi intrappolare da questi tarli, non sarebbe meglio godersi la musica per quel che è senza farsi condizionare troppo dal costrutto che può o non può esserci?

Perché poi come ebbe a scrivere Pike qui sul blog già nel 2012, in un articolo che toccava lo stesso tema:

… Il dibattito su cosa sia o meno rock mi pare un po’ sterile. Chi è che decide dove va posta l’asticella per dividere i campi? A me pare molti gruppi ‘rock’ estremamente popolari si limitino a usare una certa iconografia rock da fumetto per sbolognare pessima musica diretta a ‘simple minds’ a cui piacciono gli stivaletti di pitone, le Les Paul zebrate e le foto di gente spappolata col Jack Daniel’s in mano. Lenny Kravitz è un rocker o solo uno che ‘roccheggia’ di comodo? I Guns n’ Roses sono rock o solo una cover band da comic book che ha venduto milioni di dischi di una carnevalata? Il punto è: nel momento in cui il rock significa poco, quanto può essere credibile un rocker? Si tratta di ‘poseurs’ o di gente sincera? E’ possibile riconoscere la sincerità? Ed è così importante? In fondo vogliono tutti diventare ricchi, famosi e giganteschi scopatori, da sempre. Qual è e dov’è il semino etico che distingue il ‘reale’ dal ‘farlocco’.

Se l’accezione del rock è ‘musicista sincero che propone musica scaturita dall’anima suonata con strumenti in variabile distorsione con sezione ritmica prevalentemente in 4/4, che ha forgiato il suo look, il suo sound e la sua ‘attitude’ su modelli riconducibili al blues elettrico e alla prima ondata di rock ‘n’ roll poi sviluppato da Stones, Who e Zeppelin’…beh, allora possiamo cominciare a potare il 75 per cento della gente che dice di suonare rock.”

Credo che Picca abbia ragione, anche perché per gestire il disordine universale che regola le nostre vite dobbiamo pur attaccarci a qualcosa, e l’Inter e gli ordini Adidas – seppur fondamentali – forse non mi bastano mica.

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29 Risposte to “Quel maledetto adesivo dei Grateful Dead attaccato alla Cadillac.”

  1. lucatod 06/03/2021 a 11:53 #

    Anche io nell’ultimo anno ho acquistato pochissimi album , giusto una manciata di LP usati presso qualche mercatino ma nessun “nuovo” cd. Il fatto è che non mi infiammo più per un nuovo cofanetto , live o raccolta con alternate takes perché tutto mi sa di fregatura o di già sentito. Non aiuta il fatto che gli addetti ai lavori tendano a riciclare le stesse storie e a voler creare “l’evento” commettendo spesso degli strafalcioni con le date o con dettagli a portata di click. Della serie “manco le basi del mestiere”.
    Poi ci sono certi blog o gruppi facebook che sono ancora peggio. Appassionati che sparano a zero senza un minimo di oggettività e articoli che esaltano robaccia (come il box Later Years dei Pink Floyd ad esempio) e la parola “GENIO ASSOLUTO!” sparsa qua e la per far comprendere agli altri il proprio apprezzamento verso artisti che spesso sono “solo” ottimi musicisti.

    Sarà che per motivi anagrafici non ho vissuto quella straordinaria stagione culturale e musicale che sono stati gli anni dal ’67 al ’73, quindi non posso comprendere ma solo immaginare il significato delle parole di Don Henley (a mio avviso più affine alla Cadillac che ai Dead). In quei cinque anni sono nate o evolute le più grandi band che hanno dato vita all’imaginario Rock che fino ad oggi conosciamo. Era un’ottima combinazione di creatività e di business che a mio parere è sempre stato presente anche se non in maniera così evidente come lo sarà dagli anni ’80 in poi. I Led Zeppelin erano un esempio di quattro personalità creative che allo stesso tempo vendevano tonnellate di dischi e penso che tutti all’epoca volessero essere come loro. Fatto sta che il potenziale economico del Rock è giunto quando anche gli appassionati non erano più ragazzini e potevano acquistare a caro prezzo i biglietti dei loro beniamini che si avvicinavano alla mezza età. Picca in un articolo sul libro di Don Felder scriveva “il rock è diventato roba da ricchi” , questa frase riassume tutto.

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  2. Francesco 06/03/2021 a 13:16 #

    Già, “non sarebbe meglio godersi la musica per quel che è…” Certamente, ma anche no. Cioè, non è che uno certe cose le decida a tavolino, se si hanno una certa testa e una certa sensibilità è lecito porsi certe domande. Con la musica Rock si fanno (si facevano?) i soldi, è sempre stato così, ne sa qualcosa Zappa che sfanculo’ alla sua maniera tutta la scena “Peace and Love” di fine anni 60, rivendicando con orgoglio che “We’re only in it for the money”. Ma questo non impediva alle Mothers di fare grande musica, così come i miliardi guadagnati con le vendite di “The Dark side of the Moon” non hanno impedito a Roger Waters di arrivare a “The Wall” e, successivamente, di lanciarsi in un ammirevole impegno sociale e politico che dura ancora oggi, checché ne possa pensare qualche ex calciatore… Lasciamola da parte la dicotomia denaro/arte, ‘che anche Michelangelo scolpi’ la Pietà su commissione, eppure.
    Se però passiamo al senso della musica, cos’è e cosa significhi oggi Rock, suonarlo, ascoltarlo, seguirlo, beh, ci complichiamo parecchio la vita. Per noi che abbiamo “una certa” il Rock incarnava indubbiamente un sogno di libertà, di amore, di aspirazione a qualcosa di diverso che non fosse quel “sei entrato in banca pure tu”. Ma erano altri tempi, ed è questa la cosa più grave. Non è vero, come si sente dire, che non ci saranno più un Dylan piuttosto che dei Beatles o degli Zeppelin, Stones, Doors, Dead, Area ecc., la situazione è molto più grave: è che non ci saranno più gli anni formidabili, i 60, i 70, e non ci saranno più quegli ideali e quelle speranze di cui il Rock rappresentava la colonna sonora. Fin qui il pessimismo della ragione, poi magari un’altra volta tireremo fuori l’ottimismo della volontà, ciao Tim.
    P.S. Però un Suv tutto pulito e lucido con l’adesivo dei Grateful Dead e un CD che pende dallo specchietto, invita sicuramente a una particolare attenzione alle fiancate…

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  3. Annie 06/03/2021 a 14:17 #

    Leggere di rock al giorno d’oggi non è per niente entusiasmante. Sono troppi gli articoli enfatici che finiscono per non dire nulla di interessante, cadendo spesso nella contraddizione. Ricordo di aver letto un articolo che esaltava Gram Parsons come artista di talento, inserendo però riferimenti al fatto che in fondo molto dipendesse dal suo essere bello e ricco (sic). Ed è solo un esempio. A dire il vero, mi sono sempre approcciata al giornalismo rock con notevole senso critico, anche a quello degli anni ‘60 e ‘70 (con l’eccezione di Cameron Crowe: a mio parere i suoi articoli sono sempre stati fantastici).
    Il crollo degli ideali e la fine dell’innocenza, testimoniati dall’adesivo dei Grateful Dead sulla Cadillac di cui canta Don Henley, sono un fatto, non c’è che dire. Ma mi rifiuto di pensare che il cambiamento socio-culturale apportato dal rock negli anni ‘60 e ‘70 non possa ancora avere effetti su di noi. Certo, non sulla maggioranza delle persone. È vero che non ho potuto vivere la seconda metà del ‘900 in diretta (salvo una manciata di anni, ma ero troppo piccola ovviamente), ma la cultura musicale dell’epoca mi ha cambiato la vita. E credo che questo basti per rendersi conto di quanto straordinario e concreto sia il potere di quella musica.

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  4. bodhran 07/03/2021 a 08:47 #

    Caro Tim, qualche volta alzi il coperchio a certi pentoloni che fanno quasi paura (a chi come noi si mantrugia su certi argomenti). Concordando pienamente con Pike (che ha bene espresso quello che io, per i miei gusti, chiamo semplicemente antirock) vero è che che penso si possa ascoltare il rock anche “a pancia piena”. Magari fa un po’ ridere condividere da quella posizione il contenuto di certi testi ma qui si entra in un argomento ancora più spinoso: quanta coerenza c’è in ognuno di noi tra quello che diciamo di essere e quello che siamo? quante persone conosciamo che si dicono ambientaliste conducendo una vita “inquinante”, quanti feroci anticapitalisti conosciamo che lavorano in banca o in multinazionali, pienamente immersi in un mondo capitalista? Metto le mani avanti, questo non è un giudizio, ciascuno ha le sue incoerenze, e va bene così, la palla passa forse ai neuroscienziati che spiegheranno certi meccanismi del cervello.
    Quindi, il rock nasce come musica fatta dai GGiovani per i GGiovani, poi questi giovani sono invecchiati e un po’ di quella musica è abbastanza bella da reggere al tempo. Ha senso parlarne? Sì, altrimenti non saremmo qui. Ha senso pensare di reggere un’avventura editoriale parlando solo con la testa rivolta all’indietro? A parer mio no, tanto ormai è stato scritto e dopo un po’ non si può che rimestare nella stessa zuppa e tirar fuori le solite frasi fatte. Mi pare più interessante cercare nel “nuovo”. Ma qui ci si scontra con l’implosione della discografia classica e del giornalismo con l’esplosione della libertà di opinione. E così, che si parli di musica, di (ahinoi) cucina, scienza, politica è pieno di recensori incompetenti e ignoranti che scoprono l’acqua calda. Come se ne esce? Mi rispondo con un monosillabo: NONLOSO. Mi accontento di ascoltare la musica che mi piace, sentirmi libero di sparare a zero su certi giganti del rock che io trovo essere in realtà robetta, emozionarmi per il singolo di una pop star meteora che sparisce immediatamente dopo la sua pubblicazione su youtube, passare da 40 minuti di Brian Eno, trovandoli grandiosi, ad un bootleg mal registrato dei Soundgarden o di Diamanda Galas e JPJ ascoltandoli con estremo gusto. Chiudo con una citazione di Elio e le Storie Tese (che non ho mai particolarmente apprezzato): ma il rock and roll, il rock and roll sì che mi piace. Non ha mai scontentato nessuno, il rock and roll, il rock and roll. Facile da suonare: rock, rock, rock, rock and roll. Rock and roll.

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  5. Paolo Barone 07/03/2021 a 11:05 #

    Quanta roba, ragazzi, quante riflessioni ben oltre la nostra musica…
    Il Rock, come avete già detto, è stato un espressione del tumulto creativo, politico ed esistenziale dei decenni sessanta e settanta. Dai primi anni ottanta in poi diventa sempre più frammentario, si perde in mille rivoli, fra il pop di massa degli stadi e i circuiti alternativi. Forse rialza la testa negli anni novanta della Pantera e degli Squat, o accompagna in qualche modo la stagione che va dal G8 di Seattle a Genova… poi post 2001 nel lungo periodo della guerra del petrolio diventa sempre più simile al jazz, alla classica, al Blues…
    Una musica che racconta se stessa, ma sganciata dal contesto sociale che viviamo. Non più un mezzo di espressione vitale, si trasforma in cofanetti retrospettivi, collezionismo di vinili d’annata, biografie, concerti di nicchia o innocui karaoke.
    E tutto quello che gli gira intorno perde progressivamente di interesse, la ripetizione è inevitabile e il distacco da noia e stanchezza pure. Non ho mai comprato così pochi dischi come in questo periodo, le riviste nella maggior parte dei casi sfogliate distrattamente, qualche flash sui social o un video al volo su YouTube, che difficilmente riesco a vedere fino alla fine. Eh si, è difficile confrontarsi con queste riflessioni senza cadere in un mare di banalità come ho fatto io, ma l’argomento ci sta a cuore a tutti, e questo blog è un posto dove ci si può confrontare anche senza la pretesa di avere chissà che verità in tasca.

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  6. Giacobazzi 07/03/2021 a 17:01 #

    Mah, credo che aldilà delle domande sul vero e sul falso, sull’essere e sull’apparire, sul genuino e sul commerciale, domande pur legittime e sensate (e forse in un certo senso quasi doverose in un luogo di blues cosmici come questo) la disaffezione verso i dischi e la stampa musicale abbia una spiegazione davvero semplice: chi oggi ascolta un certo tipo di musica vive con la testa girata all’indietro. Qualcuno direbbe “guarda la vita dallo specchietto retrovisore”. E sia chiaro che in questa categoria di ascoltatori mi ci metto anch’io.
    Se uno ci pensa, di gruppi che non suonano più (o non più come dovrebbero) da 30/40/50 anni cosa vogliamo ascoltare o leggere di nuovo? I dischi già li abbiamo, e non farà certo differenza l’ennesima ristampa o box con l’alternate version dove l’assolo di chitarra ha una nota diversa o il fade è dieci secondi più lungo… E alla stessa maniera, che ci aspettiamo di leggere? Articoli, interviste, retrospettive sui gruppi amati ne abbiamo letti non pochi, quello che c’è da sapere già lo sappiamo. Al limite, qualcosa di veramente ancora inedito e significativo potrebbe uscire solo riguardo gruppi minori, di culto, ma per i nomi storici… i giochi oramai sono fatti.
    Diverso sarebbe se trovassimo delle novità musicali interessanti, ma evidentemente non è il nostro caso.

    Io direi di goderci la musica che ci piace, senza fare filosofia. Quella magari riserviamola ad altri ambiti.

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  7. Luca 08/03/2021 a 09:29 #

    Veramente begli interventi su una questione che presto o tardi , passa almento una volta nella vita , per le menti dei Signori di una (in)certa età , come direbbe Tim.
    Una bella pagina di riflessione che spero leggano anche gli assolutisti del tutto.
    L’ultima frase di Giacobazzi , comunque, ha un’efficacia materiale come quando da militare di tiravano giù dalla branda alle 6 di mattina.
    E allora alzo il volume e mi tuffo in verticale…..

    Grazie a tutti.
    Luca

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  8. mikebravo 08/03/2021 a 14:04 #

    Anche se ho l’eta’ del rock and roll, se lo si vuol far nascere nel 1954, non ho
    smesso di sognare in vena rock.
    Avendo trascorso gli anni ’60 dietro altri sogni, dal 1971 ad oggi é stata una
    recherche du temps perdu che dura tuttora.
    Ed essendo immerso in 2 biografie di jeff beck che IBS mi ha tirato dietro
    a prezzi stracciatissimi, sogno ad occhi aperti quando leggo di beck, clapton
    e hendrix che una sera jammano assieme negli usa.
    Mancava solo page.

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  9. picca 08/03/2021 a 17:21 #

    Abbiamo troppi dischi, troppe outtakes, troppe cazzate. A 15 abbiamo avuto qualche ‘illuminazione’ e da allora spendiamo soldi per rivivere quella roba là che però non tornerà più. Gli Yes fanno uscire un trentuplo dal vivo: ma cosa cazzo succede? Ma chi è che ascolta un trentuplo? Tra l’altro l’età media del fan degli Yes è altina, molti creperanno prima di arrivare al 17 disco del trentuplo… Neil Young ha fatto uscire un cofano da 10 cd e, CONTEMPORANEAMENTE!’ un doppio live coi Crazy Horse, e fra una settimana esce un live inedito del ’71, con il quadruplo cofano dell’anniversario di Deja Vu messo temporaneamente da parte anche perché pare escano un Nash e un Crosby nuovi! Ed è gente di 80 anni!!! Ormai è puro porno. Logico che ne consegua una certa frantumazione
    di coglioni da parte dell’ascoltatore.

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    • bodhran 09/03/2021 a 17:17 #

      Applausi!

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    • Giacobazzi 17/03/2021 a 12:40 #

      Poco fa guardavo il sito di Bonelli: anche il mondo del fumetto “classico” vive di ristampe, anniversari, maxi, speciali, ristampe a colori/cartonate… si vede non c’è più pubblico giovane nemmeno lì

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      • Giacobazzi 04/04/2021 a 07:34 #

        Anche gadget… torno ora dall’edicola, dove ho preso la Storia del West con la medaglia “celebrativa” del comandante Mark

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      • timtirelli 04/04/2021 a 09:16 #

        Fumetto Storia Del West, edicole, medaglia “celebrativa” del comandante Mark … Jackob, non so se lo sai, ma stai diventando uno dei miei migliori amici:-)

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  10. Giacobazzi 10/03/2021 a 12:38 #

    Magister Timotheus, dalla Saureskine House avete seguito il Festivàl?

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  11. Tom 11/03/2021 a 22:06 #

    Più che idealizzarla o rivestirla di simbologie (tutto soggettivo, niente di male ovviamente!!) la musica Rock, all’inizio detta anche Beat (fino al 66-67), ti certificava sopratutto di far parte di una Elite bene/maledetta, della serie “molti i chiamati, pochi gli eletti”, questo almeno fino al ’70-71, poi come tante “scoperte” tutto finisce in folklore pataccaro, come diceva il buon Francesco Guccini.
    Certo però che il rock-blues di Stones, Yardbirds, Hendrix, Cream, Ledz, Free, Who e pochi altri per me non morirà MAI. Amen e cosi sia!!!

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    • Tom 13/03/2021 a 15:07 #

      ah beh, non saprei, Paola…..i 15enni oggi (forse) ascoltano Achille Lauro o i Rappers, ad ognuno la sua epoca, ma “la nostra resterà irripetibile” come disse Bill Wyman o compari del tempo.

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    • Giacobazzi 14/03/2021 a 12:34 #

      La grandezza degli Stones credo sia stata comprensibile senza mediazioni solo per chi li ha vissuti in diretta. Per apprezzarli a posteriori ci vogliono dei mezzi culturali che il 15enne generalmente non ha. Io sono arrivato agli Stones dopo essere passato per il jazz e per la classica…

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  12. Paolo Barone 13/03/2021 a 23:03 #

    Hey Paola…grazie per The Gits! Wow! Che band e che storia pazzesca, non ne sapevo niente…

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    • Paola 14/03/2021 a 11:08 #

      Prego, sì è una band un po’ misconosciuta.

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  13. Giacobazzi 19/03/2021 a 17:07 #

    Mi sembra di sparare sulla croce rossa, ma ormai… Sony ristampa su bobina 11 classici della musica italiana “per una qualità del suono mai vista prima” (forse intendevano mai sentita prima?)
    “Ogni singola copia di questa edizione in tiratura limitata è realizzata dal master originale: pezzi unici prodotti su richiesta, prenotabili e ordinabili esclusivamente sul sito della major appena inaugurato” (https://www.lastampa.it/tecnologia/news/2021/03/19/news/da-battiato-a-de-andre-dalla-pfm-a-baglioni-sony-ripubblica-su-nastro-alcuni-storici-album-italiani-1.40046423)

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