Parlo di questa biografia nel gruppo whatsapp dei miei confratelli (nome della chat: The Clarksdale Rebels) e uno dei probiviri mi scrive: “prima di tutto, ricordati che Stephen Davis è quello di Hammer of the Gods e gli piace il gossip spinto”.
Sarà anche così, ma Davis è uno dei pochi giornalisti musicali che seguo e leggo con attenzione, e infatti questa biografia mi è piaciuta molto come d’altra parte mi sono sempre piaciuti molto i Fleetwood Mac: quelli del periodo di Peter Green, quelli del periodo intermedio con Bob Welch e infine quelli degli anni del mega successo arrivato con l’inserimento di Lindsey Buckingham e Stevie Nicks.
Davis ovviamente parte dagli inizi, infanzia, adolescenza, il connubio sentimentale e musicale con Lindsey Buckingham, sino all’entrata – grazie al produttore Keith Olsen – nei Fleetwood Mac e di conseguenza nel mondo dorato del Rock.
Naturalmente anche la carriera solista di Stevie, iniziata nel 1981 con l’album di grande successo Bella Donna, è trattata con la dovuta attenzione.
Durante la lettura è interessante seguire i mutamenti del peso specifico della Nicks all’interno dei Fleetwood Mac, dapprima membro meno ascoltato del gruppo e in balia dei voleri di Buckingham quindi figura più importante e di maggior successo del gruppo.
Gli amori con Buckingham, Mick Fleetwood, Don Henley, Joe Walsh, i suoi vestiti svolazzanti e il suo ammiccare al ruolo di strega del Rock, il rapporto con gli stupefacenti e con la vita dissoluta da Rockstar. Colpisce l’irritabilità e le maniere rudi di Buckingham verso la Nicks, umiliazioni e vessazioni continue amplificate dai rapporti conflittuali tra tutti i membri del gruppo.
Nonostante questo va ricordato che nella seconda metà degli anni settanta Stevie è stata, insieme a Jimmy Page, la Rockstar più amata dagli Stati Uniti, una adorazione totale da parte dei fans, completamenti stregati dal personaggio che la Nicks si era costruita.
Nel libro ci sono parecchi riferimenti anche Led Zeppelin il che, dal nostro punto di vista, non guasta. La scrittura è fluida, la lettura scorre, il tutto è molto gradevole. Unico appunto, cosa che riporto spesso quando recensisco queste biografia, è la mancanza di riferimenti tecnici, una recensione accurata di un concerto per tour, un scaletta completa ogni tanto e cose di questo genere avrebbero aiutato a posizionare gli avvenimenti nella giusta prospettiva temporale.
Gold Dust Woman rimane comunque una gran bella biografia.
Libro in inglese.
Stephen Davis è un furbacchione che ha la capacità di romanzare senza scivolare troppo nell’agiografia. Molti fatti raccontati ad esempio nella famosa biografia sui LZ sono emersi anche tramite nuovi aneddoti , rare fotografie o addirittura video. Bisogna prendere con le pinze certi argomenti ma nemmeno troppo. A tal proposito mi viene in mente la famosa e criticata biografia su John Lennon scritta da Albert Goldman che a suo tempo ho divorato , mentre oggi è sconsigliata su qualsiasi forum di fans o recensione. A quanto pare un libro di pura fantasia. Peccato perché a me era piaciuto nonostante il ritratto poco benevolo nei confronti del Lennon uomo per non parlare di Yoko Ono (che trovo odiosa). Per una volta era Paul Mccartney ad uscirne pulito.
Ad ogni modo questa su Stevie Nicks mi interessa parecchio , non so se ha ancora “scritto” la sua autobiografia ma è l’unica icona del rock donna della quale m’importa approfondire . Avevo letto qualcosa sul caratterino del suo ex marito , ai tempi di Tusk non proprio una persona facile , però senza il suo apporto perdono tutto il loro fascino.
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Mi viene in mente che proprio come Page , dal vivo Stevie Nicks non sia stata dal punto di vista vocale più all’altezza della sua fama. Basterebbe ascoltare un pezzo come Rhiannon interpretato nel 1975/76 con una versione del 1980/82. Diciamo che la sua immagine molto forte sopperisce il declino delle sue corde vocali , ma trattandosi di una donna del Rock va bene anche così.
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