NON C’ E’ LIMITE AL RIDICOLO (inziative editoriali musicali italiane blues) di Giancarlo Trombetti

13 Feb

Stupratori di gruppo, assassini e mangiatori di cani indifesi, politici ladri e incompetenti, stragisti e razzisti, spacciatori, tuttologi. Sono queste le categorie che proprio non riuscirei mai a salvare dall’ira di Dio, neppure potendo farlo. Potrei anche aggiungere chi mi rubò la prima moto nel 1972 o i gestori di discoteche ma sarebbe un qualcosa in più. Nulla potrei mai fare, nel mio piccolo, per evitare la diffusione delle prime categorie di disutili e criminali, e ancor meno, purtroppo, per l’ultima, quella dei tuttologi, se non indirizzare contro di loro le mie invettive. Oggi mi limiterò a condannare l’irrilevanza apparente dell’ultima categoria elencata.

Ritengo che non possa esistere al mondo persona dotata di tale cultura, tale conoscenza, tale ingegno e facoltà critica da potersi permettere di dire, validamente, la sua non solo in qualsiasi campo ma anche e spesso anche solo limitatamente ad un unico campo ben individuato. Non credo ai critici d’arte che vadano dall’arte romana a Picasso, non credo ai critici cinematografici che possano conoscere, apprezzare e giudicare allo stesso modo Charlie Chaplin e i fratelli Cohen, non credo che possa neppure esistere un critico musicale che non dico possa esprimersi, ma possa addirittura aver ascoltato anche solo una volta tutti i generi musicali esistenti. E di conseguenza possa disquisirne criticamente. Voglio andare oltre: io credo fermamente che non esista neppure un critico musicale, ad esempio, in grado di dare giudizi competenti anche limitatamente a un solo filone musicale, pur ampio, quale, ad esempio, l’heavy metal. Figurarsi se costui dovesse mai parlarci dell’intera storia del rock. O del pop.

Non più di tre giorni fa mi trovavo a recuperare informazioni sulla grafica e sulle meravigliose illustrazioni, la cartellonista, la fumettistica, che hanno caratterizzato la California di fine anni sessanta. Sono un appassionato dell’arte psichedelica di Stanley Mouse e Alton Kelly, delle grafiche di Rick Griffin, di Robert Crumb, di Bruce Steinberg, della nascita di quella corrente meravigliosa che confondeva la musica con la grafica riuscendo ad attecchire, in seguito, persino in spazi di elevata commerciabilità come, ad esempio gli skateboard o le tavole da surf restando credibile. E dato che quell’arte è sempre andata a braccetto con le copertine degli album che provenivano da San Francisco, ne sono sempre stato affascinato. Ricordo che godevo degli ambigramma nascosti nelle copertine o nei manifesti e che perdevo tempo a godermi della soddisfazione di scoprirli. Non ricordo esattamente per quale motivo, ma sono stato colpito dalla notizia di una mostra di fotografia rock organizzata da Guido Harari. Guido è nostro Robert Ellis, il nostro Ross Halfin, il nostro Mark Weiss, l’Annie Leibovitz italiano…il prototipo del fotografo rock, come diversi amici personali che ho avuto con me negli anni. Guido è un signor professionista che ha scelto di metter su, ad Alba la città dove vive, una galleria di fotografie rock e l’ha inaugurata con My Back Pages, un omaggio alla poesia di Dylan e ad alcuni maestri italiani che ha incontrato nel corso della sua carriera. Bello, coraggioso e interessante. Ma non è di questo che volevo parlarvi. Poco sotto, un’altra notizia: Dario Salvatori sta scrivendo, ha scritto, scriverà undici volumi di musica, un secolo di note dal 1900 ad oggi. Immediatamente ho pensato: “Guarda che belinate scappano ai correttori di bozze; si tratterà di musica dal 1990 ad oggi…che sarebbe già un bel casino!”. Poi mi è caduto di nuovo l’occhio sul numero: undici volumi…No, Dio mio, no! Ti prego, ti supplico, fa’ che si tratti di un errore, fa’ che sia un refuso, fa’ che…..no, no…proprio undici volumi. Undici. Volumi. Undici. Incredibile. Pazzesco. Delirante. Montanelli scrisse la “Storia d’Italia”, ventidue volumi, ma si era fatto aiutare da Gervaso e Cervi…leggo. Le mani mi tremano. Poi, incredulo, corro sul web e cerco conforto in una smentita. No, tutto vero. Dario Salvatori, il sessantenne che si veste da cinquant’anni come un surfista dodicenne, il vecchietto che tutto crede di sapere sul pop italiano, l’uomo che ci dispensa da troppe decadi notizie sui festival sanremesi e sulla subcultura dell’evanescente pop italiano, l’uomo che senza Arbore sarebbe stato relegato a vita tra le pagine di Ciao 2001 a scrivere di Gianni Pettenati e Gianni Morandi partorisce undici volumi per la Arcana.

L’istinto è di chiamare il direttore editoriale per chiedere cosa possiamo aver fatto per meritarci tutto questo. Però decido di leggere l’intero articolo. Così scopro che Salvatori vedrà distribuiti i suoi undici volumi da oggi al 2014, senza un ordine cronologico, mescolando passato remoto e contemporaneo; il miglior modo per non vendere una copia e non capirci una mazza, rifletto congratulandomi con la direzione editoriale che deve aver scelto e pensato questo metodo credendo così di catturare un maggior numero di affezionati, quelli che “ormai l’ho cominciata e devo arrivare in fondo”.  Scopro poi che verrà data preponderanza alla musica italiana rispetto “alla scontata egemonia della scuola anglo-americana”…già, come se i nove decimi dei pezzi in classifica in Italia dalla metà dei sessanta alla metà dei settanta siano stati originali e non frutto di una versione nostrale tradotta e riadattata. Scopro che Dario indica in Fregoli l’antesignano di Bowie e Renato Zero…rileggo…no, no, è scritto proprio così: Bowie deve aver tratto ispirazione da Fregoli di cui neppure oggi deve conoscere l’esistenza.  E scopro infine, torturato dal desiderio, che sarà il volume sugli anni settanta quello che rivelerà le posizioni “eretiche ed anticonformistiche di Salvatori, al limite del revisionismo”. E leggo due esempi : il primo in merito al rock progressivo. “Una vera e propria bufala inventata a tavolino dai giornalisti di Melody Maker – dice costui – in un’epoca in cui i dischi si vendevano, ma assolutamente antiradiofonica e inascoltabile. Persino i Pink Floyd suonavano di fronte a un pubblico in catalessi e strafatto e i vari festival non erano altro che scuse per stracannarsi. Un fenomeno che ha attecchito soprattutto in Italia a causa del vuoto pneumatico della nostra scena musicale.”.

E Salvatori individua nei cantautori – si fanno i nomi di De Gregori, Vecchioni, Guccini – i responsabili di questo massacro con “mandatario occulto Bob Dylan; ha istigato qualsiasi giovane incapace di suonare a prendere la chitarra e strimpellare la sua canzone di protesta. Dylan, però, sapeva cantare, i nostri no!”.

Sono stupefatto. No, non per le affermazioni di Salvatori ma per il coraggio della Arcana di pubblicare un progetto del genere. Giuro: sono confuso. Per qualche minuto non riesco neppure ad incazzarmi. Poi, decantato lo stupore, inizio a fare due conti. E penso a un’intera generazione di musicisti cancellata da un’affermazione non tanto avventata quanto del tutto priva di basi; penso agli effetti degli stupefacenti sulla mente umana, penso all’arteriosclerosi galoppante, penso al delirio di onnipotenza, alla sconfinata presunzione di un ragionamento simile. Penso a gruppi come Pink Floyd, King Crimson, Yes, Genesis, Jethro Tull, Emerson, Lake & Palmer, Gentle Giant, Van Der Graaf Generator…e mille altri. Penso all’intera scuola di Canterbury, come ebbero a chiamarla, ai Soft Machine, i Gong, i Caravan…penso ai tedeschi che dal rock progressivo crearono una loro scuola, quella di Faust, Tangerine Dream, Can, Kraftwerk….penso all’America e a Styx, Kansas, Rush, Boston, Journey, penso a Todd Rundgren.  Penso a Tubular Bells e a Mike Oldfield e ai miliardi di miliardi di sterline fatti da Richard Branson……con una sòla? …Penso che anche noi italiani ci avevamo provato e ricordo che non eravamo così scadenti…..penso a Premiata Forneria Marconi che restano tra i migliori strumentisti italiani, penso a Le Orme, al Banco del Mutuo Soccorso, Balletto di Bronzo, New Trolls, gli Area.

Penso a personaggi del calibro di Keith Emerson, Robert Fripp, Peter Hammill, David Allen, Roger Waters, Ian Anderson e mi rendo conto che possano essere solo il frutto di fantasie, inventati dalle magiche penne dei giornalisti inglesi, geniali creatori di mode, spettacolari promotori del nulla su un foglio mal impaginato come Melody Maker.  Penso ai quasi quarant’anni di permanenza in classifica di album come “Dark side of the moon”, uno dei dischi più venduti di tutti i tempi, ai suoi 55 milioni di album stimati prima del recente re-impacchettamento. Penso a quanto bravi debbano essere ed essere stati i giornalisti inglesi che hanno saputo prendere per il culo un Globo, influenzandone gusti e propensione all’acquisto. Penso a un mondo intero che legge Melody Maker o che, prima di acquistare un album si informa delle sue preferenze. Penso che persino in Italia, dove sono esistiti e hanno lavorato geni incompresi della carta stampata come Dario Salvatori, vere dighe umane all’abominio anglosassone e statunitense, dighe travalicate dal nostro pessimo gusto musicale, quel rock progressivo sia riuscito ad attecchire, malamente, condizionando il gusto di milioni di deficienti privi di potere di discernimento.

Penso a centinaia, migliaia di ore di musica che credevo essere meravigliosa che conservo, imbecille che non sono altro, nei miei scaffali. Penso che io sono certo che lui, il Dario dalle giacchette colorate ed i capelli tinti, avesse tentato di salvarci da questa bufala, da questo falso storico e che noi abbiamo schiacciato sul muro il giudizio del Grillo Saggio.

Poi penso che tutto quello che Salvatori vorrebbe che noi gli comprassimo non è delirante, non è presuntuoso, non è folle: è semplicemente il parto di un cretino. Penso a lui e al mucchio selvaggio di dementi che, proprio come lui, creano sul web enciclopedie sul Tutto e l’Assoluto che qualche povero Cristo prende per buone e penso, infine, che io, quegli undici volumi, me li comprerò. Sai mai che il mio intestino pigro decidesse un giorno di risvegliarsi? E quel giorno voglio trattarlo bene, il mio sederino.

(“Ma attenzione, eh? Perché tra l’avere la sensazione che il mondo sia una cosa poco seria e il muovercisi dentro perfettamente a proprio agio esiste la stessa differenza che c’è tra l’avere il senso del comico e essere ridicoli.”. Gaber – Luporini “Il Presente” 1981.)

Giancarlo “I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedirgli di nuocere”  Trombetti

Una Risposta to “NON C’ E’ LIMITE AL RIDICOLO (inziative editoriali musicali italiane blues) di Giancarlo Trombetti”

  1. Avatar di mauro bortolini
    mauro bortolini 14/02/2012 a 10:55 #

    Se l’enciclopedia sara’ pubblicata dall’ Arcana non so chi la possa
    comprare.
    Del resto le librerie sono stracolme di libri scritti da cretini.
    Di sicuro Fazio la presentera’ alla sua trasmissione e dira’
    HO LETTO IL PRIMO VOLUME DELLA TUA ENCICLOPEDIA.
    MA CHE BELLA IDEA HAI AVUTO! GENIALE!

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