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THE DARK LORD 80 (Jimmy Page birthday party blues)

9 Gen

Dieci anni fa in occasione del 70esimo compleanno di Jimmy Page organizzai con gli Illuminati Del Blues (il Team Tirelli insomma) una festicciola per celebrare la guiding light per eccellenza di questo blog.

Jimmy Page 1988

Fu una serata divertente e sopra le righe che ricordo con estremo piacere, qui sotto i due articolini del blog che scrissi in quella occasione:

THE DARK LORD 70 (Jimmy Page birthday party blues)

Gli Illuminati del Blues festeggiano Jimmy Page, il metodo Tirelli per combattere l’Alzheimer e la playlist di metà gennaio 2014

Dieci anni sono passati, per lui e per noi, pur rimanendo il musicista che più di tutti ha influito sulla mia vita, il mio approccio è cambiato parecchio. Quello che è stato capace di creare con i Led Zeppelin non ha eguali nella musica Rock, quello che ha fatto come chitarrista fino al 1973 pure, peccato che dopo sia andato alla deriva sospinto da un edonismo fuori controllo e che la figura del magnifico chitarrista che era sia andata sbiadendosi, soprattutto dal vivo. Resta tuttavia un gigante, una delle pochissime vere grandi Rockstar.

The Dark Lord - Jimmy Page

Non avevo intenzione di scrivere nulla quest’anno ma poi ieri sera mi arriva un messaggio del nostro Scilla boy …

Polbi: si avvicinano gli 80 anni di Page. Portati magnificamente, con eleganza e classe. Vedendolo nella sua forma da eroina, che è parte integrante del suo personaggio a pieno titolo, non ci avremmo potuto credere. E invece ci arriva meglio di Keith addirittura. Libero dal dover sempre suonare, che per lui sarebbe stato impossibile oltre il live del 2007. Perché lui è i Led Zeppelin e ci vuole potenza, tecnica e fisicità impossibili alla sua età. Non è il rock and roll sgangherato degli Stones, che finché Mick incredibilmente regge, basta fare la faccia giusta, tanto è bellissimo lo stesso. E nemmeno il tuono di Iommi, le orchestre di Townshend o il gilet nero prog di Fripp. No, per fare Jimmy Page dei Led Zeppelin ci vuole molto di più. E allora è meglio lasci …
Ma ti rendi conto? 80 anni?!? Mah!
Lo incontrassi oggi, sono sicuro che mi farebbe ancora paura. Paura. Ho visto Daltrey, sembrava mio zio. Gli Stones sarei felice di farci una foto insieme e pure Plant e McCartney. Page mi cacherei sotto.

Polbi scrive – come sempre – riflessioni profonde e pregnanti … “sì, per fare Jimmy Page dei Led Zeppelin ci vuole molto di più …” e nessuno al mondo di oggi potrebbe farcela, tantomeno lui stesso ottantenne. Il mio personale rapporto con lui (ma anche con tante altre rockstar che ammiravo nella giovinezza) è cambiato molto, do massima importanza all’aspetto umano ed è difficile dunque restare concentrati solo sul musicista (o in generale sui musicisti), ma devo sforzarmi perché solo così posso gustarmi ancora una volta la grandezza di quella incredibile, totalizzante, inebriante musica Rock. E allora … un rum on the rocks con la fettina di limone, Physical Graffiti sul piatto e la musica celestiale e demoniaca che mi premette di raggiungere le profondità cosmiche. Un brindisi al più grande (in campo Rock) di sempre. Hail! Hail! Jimmy Page!

JIMMY PAGE The Dark Lord "“La tecnica non conta, io mi occupo di Emozioni”

The Dark Lord ““La tecnica non conta, io mi occupo di Emozioni”

The Dark Lord- Jimmy Page

The Dark Lord

TT’s SCHOOL OF ROCK VII: Led Zeppelin

5 Gen

La settima puntata della School Of Rock che tengo per la azienda per cui lavoro si è tenuta il 21 dicembre del 2023, il giorno del solstizio d’inverno, nonché mio compleanno e dunque vi si è aggiunta una sfumatura personale.

Faccio un copia incolla dell’introduzione presa dalle precedenti School Of Rock per far comprendere meglio la cosa a chi si dovesse affacciare sul blog per la prima volta:

Come scrivo ogni volta che affronto questo tipo di articoli, lavorando in un’azienda come quella in cui sono uno dei miei compiti è anche quello di tenere alcune lectio magistralis (e sia chiaro, lo scrivo con tutta l’autoironia possibile) sulla musica Rock. D’altro canto il presidente me lo disse già durante il colloquio quasi tre anni fa: “In caso scegliessimo te, sappi che ti chiederò di tenere lezioni sul Rock per i colleghi”. Eccomi dunque qui per la nuova “School of Rock”. Siamo ormai arrivati alettimo episodio, da tenersi come sempre dalle 18:15 alle 19:30 nella – a me tanto cara – Sala Blues, la sala riunioni informale,  la sala “where the dreams come blue”, capacità: 25 posti a sedere. Un pubblico dunque selezionato che si prende la briga di fermarsi in azienda dopo l’orario di lavoro per ascoltare storielle e brani musicali di gruppi del bel tempo che fu. 

Vista la faccenda di Palmiro avevo pensato di posticipare la lezioncina di qualche settimana, non mi sentivo esattamente nell’umore adatto per affrontare una School Of Rock, il mio è un approccio alla Jack Black e Rick Gervais (e lo dico con la massima umiltà), non mi interessano le lezioncine da pretini che ogni tanto vedo in giro, il Rock è un altra cosa, occorre che la passione e il ritmo primordiale prendano il sopravvento e sapere lasciarsi andare. Tuttavia se un dirigente insiste chi sono io per tirarmi indietro? Il suddetto manager mi ha invitato a tenere la barra puntata verso l’Hard Rock e allora – visto anche la concomitanza col mio compleanno – niente di meglio che parlare dei Led Zeppelin.

In un ora o poco più non è che si possa riassumere la storia del gruppo e far ascoltare qualche brano e allora, come sempre faccio, meglio affidarsi a qualche squarcio estemporaneo per cercare comunque di far capire che cosa sia il Rock e che caxxo siano stati i Led Zeppelin. Ho fatto ascoltare alcuni brevi spezzoni di qualche brano del gruppo partendo dai classici Hard Rock, virando sulle deep cut e proponendo un paio di brani meno consoni, tanto per far capire l’ampia gamma espressiva dei Led Zeppelin. Questi i brani scelti:

WHOLE LOTTA LOVE
HEARTBREAKER
BLACK DOG
ROCK AND ROLL
BATTLE OF EVERMORE
STAIRWAY
RAIN SONG
KASHMIR
IN THE LIGHT
TEN YEARS GONE
FOOL IN THE RAIN
I’M GONNA CRAWL

Prima della School Of Rock pranzo con alcuni colleghi, colleghi così carini da organizzare il consueto rito del dolce con la candelina da spegnere e questo ha contribuito a smussare gli angoli di un mood spigoloso.

Team Tirelli celebrating the winter solstice, Mutina 21-12-2023 – foto Siuviu

Poi, verso sera, dopo il lavoro, ecco arrivare da uno dei lunghi corridoi del convento in cui lavoriamo i colleghi. Più di 25 persone, un quarto del personale, che sebbene si sia sotto le feste decide di spendere un po’ di tempo col sottoscritto, di trasformarsi in congregazione e  di assistere di nuovo al rito della School Of Rock.

Introduco il tutto alla mia maniera … specifico che anche questa volta sarà una non-lezione  perché credo che il Rock non si possa insegnare, il Rock lo si riceve in dono da una predisposizione spirituale e lo si impara col chilometraggio. 

E subito dal fondo sento SimoSta dire “Bene, con questa possiamo anche andare. Hai già detto tutto”

Ripeto quanto sia basilare comprendere la differenza tra capitoli importanti della Musica e della propria vita … e che è bellissimo quando le due cose collimano, sottolineo che quello dei Led Zeppelin è Rock contenutistico, perlomeno dal punto di vista musicale. Insisto sul fatto che il gruppo di Page fa parte di quella cerchia di grandi gruppi Rock a tutto tondo come Beatles, Rolling Stones, Who, Pink Floyd etc etc e che non vada pensato come solo gruppo Hard Rock perché come scrisse Manuel Insolera (giornalista musicale italiano) “tra loro e gli imitatori (Deep Purple, Black Sabbath, Ufo, Bad Company etc) c’è la stessa differenza che c’è tra una sinfonia di Wagner e una canzone della Bertè.”

Perché sì, i LZ si differenziano dagli altri gruppi Hard Rock, tra le altre cose, per l’ampiezza della gamma espressiva e compositiva, i LZ hanno fatto Hard Rock, Blues, Rock, prog Rock, country, reggae, canzoni, punk, musica sudamericana, musica celtica …

Cito poi una riflessione di Dave Grohl (batterista dei Nirvana e Leader dei Foo Fighters): “to me, Zeppelin were spiritually inspirational. I was going to Catholic school and questioning God, but I believed in Led Zeppelin. I wasn’t really buying into this Christianity thing, but I had faith in Led Zeppelin as a spiritual entity. They showed me that human beings could channel this music somehow and that it was coming from somewhere. It wasn’t coming from a songbook. It wasn’t coming from a producer. It wasn’t coming from an instructor. It was coming from somewhere else”.

TT School Of Rock – Photo Jona

Spiego che i LZ sono stati il gruppo Rock in senso stretto ad aver venduto più dischi … sia chiaro, la classifica generale vede altri artisti ai primissimi posti: Beatles 600 mln, Elvis Presley 500 mln, Michael Jackson 400 mln, ma subito dopo insieme a Elton John, Queen e Madonna vi sono i Led Zeppelin con 300 mln. Aggiungo che certo, anche Beatles, Presley e  Queen possono essere considerati artisti Rock, ma la loro discografia comprende per lunghi tratti anche musica leggera e commerciale, mentre i LZ hanno fatto esclusivamente musica Rock articolata, non facile, contenutistica (se non altro dal punto di vista musicale appunto). Tutto questo considerando che sono stati insieme solo 12 anni e durante il loro regno hanno fatto uscire solo 8 dischi da studio e un disco dal vivo e nei lustri successivi giusto un disco di inediti, qualche raccolta e un secondo live, pochissima roba rispetto ai loro colleghi (i LZ sono in pratica l’unico gruppo ad aver pieno controllo del proprio catalogo, nulla esce se il gruppo – Jimmy Page – non vuole).

Tanto per mettere le cose in prospettiva sciorino alcune cifre circa le vendite dei dischi di altri gruppi Rock: i Pink Floyd 250 mln, i Rolling Stones (con una carriera di 60 anni) 200 mln, i Metallica 125 mln, i Deep Purple 100 mln.

Mi soffermo su alcuni punti cardine: la visione sonora di Jimmy Page / i primi due album hard rock blues mai sentito prima con un sound che ha fatto scuola / la sterzata acustica di LZ III / la musica rock universale di IV, HOTH, PG / il cupo grido metallico di PRESENCE / il tentativo di rinascita con ITTTOD

Rimarco che il concetto LZ vale più della somma dei componenti del gruppo, come a volte infatti accade nel rock alle capacità dei quattro musicisti si unisce un quinto elemento, una sorta di vibrazione universale, un plus (pronunciata come si legge, sono italiano e non pronuncio una parola latina all’americana) dato da sinergie cosmiche inaspettate.

Cito i due record mondiali di presenze nei concerti di Tampa (FL) 5 maggio 1973 56,800 e al Silverdrome Pontiac (area di Detroit) 30 aprile1977 76,229 spettatori (anche se fonti non ufficiali parlino di più di 80.000). Uno dei veri pochi(ssimi) grandi gruppi della musica Rock. Parlo della evoluzione dei testi di Plant, dai primi due album pieni di rigurgiti provenienti dalla grande tradizione blues (i testi a carattere sessuale erano per i neri che suonavano blues un espediente per poter affermare la propria identità, il proprio diritto ad esistere e il proprio modo per uscire dalla condizione di schiavo o servo) alle liriche più composte e complesse, sicuramente più suggestive del periodo della maturazione.

Tim Tirelli’s School Of Rock LZ 21-12-2023 – photo Marzia P.

E poi finalmente ecco qualche assaggio musicale.

WHOLE LOTTA LOVE …il riff, l’assolo maschio e cazzuto e il potentissimo sound mai ascoltato prima

HEARTBREAKER …il riff e assolo senza accompagnamento…oggi magari sorpassato dato che è possibile trovare nei negozi di musica 14enni che provano chitarre e mettono in scena una tecnica mostruosa, ma appunto occorre distinguere tra abili giocolieri e creatori di musica, di emozioni appunto.

L’Hard Rock Bluesato giocato sui tempi del 4/4 e del 5/4 di BLACK DOG,

il virginale candore di STAIRWAY TO HEAVEN (e la meravigliosa coda sonora dei piatti della batteria di Bonham) e le suggestioni celtiche di THE BATTLE OF EVERMORE

la meraviglia compositiva di RAIN SONG, il mellotron e l’accordatura aperta

Soffermarsi sugli artwork delle copertine poi è un dovere.

TT School Of Rock HOTH 21-12-2023 photo Jona

La magniloquenza unita ad un senso del blues estremamente innovativo di PHYSICAL GRAFFITI e la sua incredibile ampiezza stilistica …

TT School Of Rock HOTH 21-12-2023 photo Jona

la stupefacente narrazione musicale del mio pezzo preferito in assoluto TEN YEARS GONE e le frasi emozionanti del testo tra cui la mia preferita ...”sebbene il loro corso a volte possa cambiare, i fiumi sempre raggiungono il mare”

l’oscuro impianto metallico dell’album Presence e infine l’album della tentata rinascita In Through The Out Door pieno di percorsi musicali inaspettati;

visto che il clima natalizio propongo in chiusura un blues suadente dalle nuance soul, doo woop, l’ultimo brano in studio del gruppo. Dopo qualche considerazione sul bellissimo assolo di chitarra cito una volta ancora quanto Pike (colonna di questo blog) scrisse a proposito:

“I’m Gonna Crawl è un capolavoro assoluto. Il miglior modo di concludere una carriera. Mai abbastanza celebrata. Posso vedere la band sul palco, locale chiuso, una donna delle pulizie che passa lo straccio. La festa è finita, ma prima di andare a dormire c’è tempo per questo piccolo ma gigantesco blues che riporta tutto all’inizio. Un doo-wop spettrale che esce da una radio A.M., fuori dal tempo. Echi di Five Satins, Flamingos, Skyliners, Penguins. La tastiera vagamente da music-hall è perfetta. I ragazzi, in piena malinconia, sembrano volerci dire ‘Vi facciamo sentire per l’ultima volta cosa cazzo state per perdervi per sempre’. Irripetibile. E’ il ‘Last Waltz’ degli Zep. Pensate se avessero chiuso il disco con Hot Dog… ” (Stefano Piccagliani 2015)

Dopo quest’ultima meraviglia di pezzo chiudo alla mia maniera; confesso che mentre citavo la frasetta sui fiumi che sempre raggiungono il mare per qualche secondo mi sono smarrito nel lago silente della commozione, dopotutto pochi giorni prima avevo perso Palmiro … comprensibile. Ad ogni modo penso sia stata una lezioncina riuscita, l’attenzione e la partecipazione calorosa dei presenti mi pare siano lì a dimostrarlo. Una festicciola di compleanno niente male per l’uomo di blues che sono.

Video della chiusura – filmato da Siuviu

Video della chiusura (alternate version) – filmato da Stremmy Girl

Poco dopo un brindisi veloce e auguri di buone feste e anno nuovo a tutti.

Stremmy & Tim photo Marcya P

I commenti arrivati la sera stessa o il giorno dopo oltre al piacere che hanno portato sono anche testimonianza che il Rock, quello vero, è ancora musica viva, palpitante, irresistibile.

Siuvio (o homem de Belo Horizonte): Tim, favoloso ieri!!! C’è tanto bisogno di autenticità e spontaneità in un mondo come quello di oggi.

The Tuscany Boy: Numero 1

Marcella T: Ciao Tim, ieri sera è stata la mia prima School of Rock e mi è piaciuta tantissimo!!! Grazie davvero, è stato un momento molto piacevole e soprattutto ho imparato tante cose che non sapevo sui Led Zeppelin… Mi hai trasmesso tanto entusiasmo e curiosità di approfondire ulteriormente!

Matzia-Marcya P: Tim stasera sei stato davvero assoluto. Mentre uscivamo dalla sala blues ho sentito la Stefania S che parlava con L.Bosch, gli diceva “sento il bisogno di ascoltare i Led Zeppelin mentre vado a casa” e Luca “incredibile, musica che hai già ascoltato mille volte, raccontata da Tim fa venire la pelle d’oca, ti entra dentro”
Professoressa Stremmy: Tim sei stato davvero…non lo so…io rivivrei quell’ora e come hai concluso per altre 100.000 volte…pazzesco, davvero pazzesco, è stata una bellissima lezione.

E’ stata una bellissima lezione” dice la Stremmy Girl… meglio così, dopotutto il Rock sarebbe dovuto (avrebbe potuto) essere la mia (la nostra) vita. Rock on, baby.

Ooh, let me get it back, let me get it back
Let me get it back, baby, where I come from

It’s been a long time, been a long time
Been a long lonely, lonely, lonely, lonely, lonely time

◊ ◊ ◊

la School Of Rock sul blog:

I

Tim Tirelli’s School Of Rock

Canicola agostana, qualche blues e una stella zeppeliniana

27 Ago

La vedo brillare lassù, Sirio è sempre uno spettacolo. In latino Sirius, in greco Séirios … “splendente”. La costellazione è quella del cane maggiore, da cui deriva il termine latino canicula (“piccolo cane”). Sirio si leva e tramonta con il sole da fine luglio a fine agosto, periodo associato alla canicola appunto. Per gli egizi la stella avvertiva (come un cane sempre sull’attenti) il periodo delle inondazioni del Nilo, per i Greci lo scintillio così potente poteva danneggiare i raccolti, alimentare la siccità e portare epidemie e rabbia. I Romani invece, per evitare gli effetti che pensavano nefasti della stella, sacrificavano un cane e una pecora. Il periodo in cui si tenevano queste cerimonie era detto “i giorni del cane”, dunque la parola canicula fu presto associata al caldo afoso.

Sirio in realtà è una meraviglia capace di regalarci suggestioni cosmiche. La osservo in queste ultime settimane di agosto dove qui in pianura il caldo ritorna prepotente, umido, totalizzante.

Sirio, la strella più luminosa

Ieri, sabato, è comparsa persino una nebbia mattutina imprevista. Procedere con la propria vita avvolti in questo caldo soffocante non è immediato, se ci si avventura all’aperto si seguono le linee d’ombra obbligate e non ci si augura null’altro che tornare a subire la condanna dell’aria condizionata.

Sono gli ultimi giorni di città semideserte, prendere il treno al mattino per recarsi al lavoro è piacevole, intere carrozze a tua disposizione senza il cicaleccio irritante di umani senza riguardi.

carrozze vuote – regionale Piacenza-Bologna fine agosto 2023- foto TT

Mi scappa l’occhio su di una storia di un mio contatto stretto instagram, la foto ritrae la donna in questione di schiena, mentre contempla il mare accanto ad una amica, la musica a corredo del post è Going To California dei Led Zeppelin. Quei 30 secondi musicali mi riempiono l’anima, quasi come fosse il mio primo approccio ad una gemma del genere. Felice nel constatare che la mia super amica si dia per una volta tanto a musica così splendente e si prenda una pausa da quella da depressi che ascolta regolarmente, vengo nuovamente rapito dalla bellezza della musica che da sempre amo infinitamente.

Il parallelo con Sirio è immediato: i LZ come mia stella guida, splendenti, brillanti, financo accecanti. Musica totalizzante, espressiva, articolata, perfettamente bilanciata tra testa e pancia. Ritornato alla house of blues corro nello studio, sfilo Physical Graffiti (le Terme di Caracalla del gruppo di Page) dallo scaffale e lascio partire il lato 3, per quanto mi riguarda il lato (di long playing) più riuscito della storia del Rock.

L’esoterica dicotomia di In The Light (Jones/Page/Plant – January–February 1974, Headley Grange), con l’alternarsi di luci e ombre, il senso del mistero e dell’ignoto alternato al pensiero solare e positivo del ritornello…

Bron-Yr-Aur (Page – July 1970, Island Studios, LondonLed Zeppelin III outtake) col suo immacolato arpeggio sulla chitarra acustica in accordatura aperta …

la spensierata e al contempo riflessiva Down by the Seaside (Page/Plant – February 1971, Island Studios, London – Led Zeppelin IV outtake), un quadretto dipinto con colori tenui ma ad alta intensità …

e infine la mirabolante Ten Years Gone (Page-Plant – January–February 1974, Headley Grange), mia canzone preferita in assoluto, un tessuto emotivo damascato, la forma Rock che si dilata grazie a capacità descrittive inusuali, songwriting siderale e la certezza che “sebbene il loro corso a volte possa cambiare i fiumi sempre raggiungono il mare” che nel mio vocabolario significa che se anche i sentieri intrapresi non siano esattamente quelli chi ti aspettavi, tu comunque porterai a compimento la tua vita.

Dopo tanta bellezza l’anima torna a riallinearsi, tutto sembra affrontabile e relativo e persino la spesa alla coop del sabato mattina appare sotto un’altra luce. Al Caffè Delle Antille, davanti alla torta di riso e al cappuccino, ripenso all’assolo di chitarra di Ten Years Gone del Dark Lord e con la donna che ho davanti affronto tematiche profonde, dove persino la “teoria del caos” appare tollerabile. Nel mezzo del mio solito comizio dove divento tutt’uno con i concetti che sto esponendo arriva un ex collega ormai in pensione della Yamaha Girl. Si abbracciano con grande affetto dopo di che si rivolge a me con un “E il Jimmy Page qui come sta?”. Nei meandri oscuri della memoria ripesco la sua presenza ad un nostro concerto alla Perla Verde di Savignano Sul Panaro (dal nome latino di persona Sabinius con l’aggiunta del suffisso di appartenenza -anus. La specifica si riferisce al fiume che scorre nei pressi.) e il suo grande apprezzamento alla nostra versione di Fool In The Rain.

Li guardo parlare fitto della loro azienda di appartenenza, di moto e dello stato attuale della loro vita. Repentino cambio di scenario: davanti al bancone gastronomia, mentre aspetto il mio turno contemplo l’interazione tra la commessa e un cliente che evidentemente conosce. Dentro alla sua polo a maniche lunghe e rossa della Coop la signora usa un tono confidenziale ma asciutto, usa un italiano quasi corretto ma l’accento spartano e un uso curioso delle preposizioni la collocano nei territori dell’est Europa. “Luciano” – uomo tra i sessanta e i settanta – invece sfodera il suo accento reggiano con un approccio bonario sebbene a tratti troppo enfatico. Sembrano amiconi, in realtà sono una commessa e un cliente che a furia di vedersi tutti i sabati hanno instaurato una sorta di rapporto, magari rafforzato da qualche casuale conoscenza comune. La signora pare al contempo contenta e delle proprie origini e della reggianità acquisita. Visto il bel mood in cui sono interpreto questa interazione come un filo di speranza per il futuro di una umanità in regredire.

Termino la spesa, torno alla Domus, sistemo il mio studiolo, penso al da farsi, a stasera e al fatto che che con Mario e la Patty andremo alla Festa dell’Unità di Reggio, ai prossimi giorni in cui dovrò tornare al lavoro e all’estate che con ogni probabilità avrà una brusca frenata.

Ma Sirio continua a brillare su di me, mi indica la via, corrobora l’umore e costato dopotutto che, come cantava Paul Rodgers, I’ve always been a believer in the good things of life.

E la mente torna alla side three di Physical Graffiti …

Then, as it was, then again it will be
And though the course may change sometimes
Rivers always reach the sea
Flying skies of fortune, each a separate way
On the wings of maybe, downing birds of prey
Kind of makes me feel sometimes, didn’t have to go
But as the eagle leaves the nest, got so far to go
Changes fill my time, baby, that’s alright with me
In the midst I think of you, and how it used to be

Did you ever really need somebody
And really need ‘em bad?
Did you ever really want somebody
The best love you ever had?
Do you ever remember me, baby?
Did it feel so good?
Cause it was just the first time
And you knew you would

Through the eyes and I sparkle, senses growing keen
Taste your love along the way, see your feathers preen
Kind of makes me feel sometimes, didn’t have to grow
We are eagles of one nest, the nest is in our soul

Vixen in my dreams, with great surprise to me
Never thought I’d see your face the way it used to be
Oh darling, oh darling
Oh, oh darling, oh yeah, oh darling

I’m never going to leave you
I’m never going to leave
Holding on, ten years gone
Ten years gone, holding on, ten years gone
I’m never, I’m never
Ooh, yeah

Riletture – THE FIRM: i Led Zeppelin in modalità DDR.

8 Ago

E’ il tardo pomeriggio del 16 luglio 1984, insieme ad alcuni amici mi avvicino a Piazza Duomo, stasera qui al Blues Festival di Pistoia suonerà un ensemble di storici musicisti inglesi, sarà poco più di una jam session dedicata al ricordo di Alexis Korner, una delle figure di riferimento del British Blues anni sessanta del secolo scorso; tra i nomi, giganteggia (come scrisse il Resto Del Carlino) quello di Jimmy Page. Sto dunque per vedere il mio musicista preferito, quello a cui, di lì a qualche mese, avrei dedicato una fanzine che sarebbe andata avanti sino al 2003 e di lì a qualche anno una biografia edita da Gammalibri/Kaos edizioni. Ai cancelli mi aspetta una mia amica, esteticamente versione femminile di Robert Plant. anche lei amante dell’ex chitarrista dei Led Zeppelin. Si entra, ci affrettiamo, corriamo verso il palco, mi ritrovo in prima fila e mi accorgo che i musicisti hanno appena finito il soundcheck, qualcuno si è attardato sul palco, uno è appunto Jimmy Page, ed è così che vedo per la prima volta quella che al tempo era la mia rockstar preferita in assoluto.

Jimmy Page Pistoia 1984 – photo Luciano Viti

Jimmy Page – Pistoia 1984 – photo Luciano Viti

Cala la sera, inizia il concerto, Page torna on stage prima che tocchi a lui, mentre suonano altri musicisti si siede nel zona esterna, alla mia sinistra, del palco; è insieme ad una ragazza, non so perché penso che lei abbia 29 anni, sembra una tipa risoluta e in completo dominio della situazione ma in realtà è molto più giovane di quel che sembra. Sono a pochi metri da loro, guardo questo quarantenne fighissimo che a fatica sta cercando di tornare in pista dopo la tragica fine dei Led Zeppelin. Io non mi aspetto nulla dal concerto, so in che condizioni è Page, ma molti intorno a me rimangono delusi dalla sua performance.

Jimmy Page – Pistoia 1984 – foto Luciano Viti

Vi sono già indiscrezioni sul nuovo progetto che ha in mente, non vi sono ancora internet e la telefonia mobile, ma qualcosa sui giornali esteri trapela. Ciao 2011, il settimanale di riferimento della mia generazione, poco dopo Pistoia parlerà di un gruppo con Cozy Powell e Paul Rodgers. Sono nomi facili da citare, Powell in qualche modo ha un drumming riconducibile a quello di Bonham e Paul Rodgers, oltre ad essere stato l’indimenticabile cantante di Free e Bad Company (questi ultimi incidevano per la casa discografica dei LZ, la Swan Song), ha accompagnato Page nei concerti americani dell’ARMS Tour giusto lo scorso dicembre. Insieme stanno segretamente lavorando al loro progetto già da mesi, l’anno precedente i capi dell’etichetta Atlantic chiesero a Rodgers di aiutare Page a rialzarsi, l’unione tra i due sembrava inevitabile. Dapprima Page prova il batterista dei Damned Rat Scabies (visto che piaceva molto allo scomparso John Bonham), poi lui e Rodgers chiedono a Bill Brudford e Pino Palladino di unirsi alla loro nuova band. Palladino rifiuta per i troppi impegni che già ha, Bruford – un cagacaxxo fissato coi tempi dispari – probabilmente capisce che non sarebbe stata musica per lui. Vengono così assunti Tony Franklin, bassista di Roy Harper con cui Page aveva già suonato e Chris Slade, veterano del Rock britannico.

Prima che l’album esca, i Firm fanno una mini tournée europea, gli ultimi due concerti si svolgono al bellissimo Hammersmith Odeon l’8 e il 9 dicembre 1984, il secondo verrà filmato e verrà trasmesso più volte Italia nel 1985 dalla appena nata Video Music.

LucaTod, colonna di questo blog, tempo fa scrisse in un commento:

Di questa registrazione ho la versione cdr con la cover rossa (2016) ma tendo a preferire soundboard come L.A, Oakland e Wembley arena. Ovviamente lo spettacolo filmato all’Hammersmith Odeon è il loro The Song Remains The Same. Assolo finale su Live Peace epico.
In un epoca dove Van Halen e Police si contendevano il pubblico rock e pop, i Firm sono stati un progetto in bilico tra coraggio e sciatteria, volendo avrebbero potuto essere un affare più grande. Probabilmente mi piacciono proprio per questo. LED ZEPPELIN modalità DDR. Più interessanti di qualsiasi altra cosa abbia prodotto Robert Plant.”

Ecco, i Led Zeppelin in modalità DDR, la frase di LucaTod descrive benissimo il progetto THE FIRM. Progetto destinato ad essere apprezzato solo dai fan (dei LZ) che al contempo siano donne e uomini di blues. Recentemente il giornalista musicale (e amico) Gianni Della Cioppa sui social ha parlato dell’album che Page fece con David Coverdale nel 1993, il luminare del metal ne ha tessuto lodi, aggiungendo giudizi assai meno lusinghieri per il progetto FIRM. Capisco ovviamente il suo punto di vista, da una accoppiata come Rodgers e Page il grande pubblico si aspettava ben altro, ma d’altra parte eravamo nel bel mezzo degli anni ottanta, molti dei grandi nomi del Rock anni settanta in quel periodo facevano dischi tutt’altro che memorabili, a volte pessimi. Qualche esempio? I Rolling di Dirty Work (1986) … Stephen Stills con Right By You (1984), i Genesis, gli Yes, i Black Sabbath, i Deep Purple, Paul McCartney, e tanti, tanti altri.

La fanzine Oh Jimmy coincise più o meno con l’uscita del primo album. Ricordo la curiosità, l’eccitazione (pur essendo ben conscio che gli anni settanta erano finiti, che il “mio” Rock non sarebbe più stato lo stesso) e la fustinella* che avevo per le nuove uscite come questa dei miei artisti preferiti.

THE FIRM – “The Firm” (Atlantic 1985) – TTT½

Febbraio 1985, venerdì sera. Sono in giro per Modena con la mia ragazza di allora. Dopo il cinema e una pizza torniamo verso casa sua, sita nel centro storico della città. Attraversiamo Piazza Grande (the heart of the city), prima di incamminarci per Via Dei Servi mi fermo davanti al negozio di dischi di cui sono un avido cliente: in vetrina troneggia la copertina dell’album dei Firm. Sbam! Sono gli anni più caldi della mia inesauribile passione Rock e a fatica mi trattengo dal rompere la vetrina e rubare il disco in questione. L’indomani, sabato, finalmente acquisto l’ellepì che penso sia il definitivo ritorno al Rock di Jimmy Page. Non che mi aspettassi Physical Graffiti, erano gli anni ottanta, ma quanta trepidazione per il primo album dei Firm.

Closer (Page – Rodgers) parte con decisione, buon riff con cui Page gioca sul tempo e sul cambio degli accenti. Occorre abituarsi al basso fretless, non certo lo strumento più azzeccato per fare del Rock di un certo tipo. Produzione compressa, suoni che cercano di essere in qualche modo al passo con i tempi pur restando ai margini del trend di quegli anni. Bella prova di Rodgers, testo piuttosto semplice. L’utilizzo dei fiati pare forzato ma è il suono del basso la cosa più fastidiosa. L’assolo di chitarra è suonato utilizzando la Telecaster con lo Stringbender, la chitarra di riferimento di Page negli anni ottanta.

Make Or Break (Rodgers) è il classico brano che Paul Rodgers scrive quando non è esattamente ispirato. Esposizione quadrata, senza nessun sussulto. Testo banalissimo. L’assolo di chitarra ha parti piuttosto scontate (anche qui Page inserisce la stessa frase usata tante volte in passato), ma a tratti la zampata del fuori classe echeggia qui e là (ad es. al minuto 2:35 quando Rodgers torna a cantare).

Someone To Love (Page – Rodgers) è uno due pezzi dell’album che non mi hanno mai entusiasmato (l’altro è – lo avrete capito – Make Or Break). Scrittura ancora mediocre, poco swing, gli unici brividi arrivano quando Page cerca di rendere tutto meno rigido, meno Rockpalast. Il basso è insopportabile. L’assolo di chitarra comunque dice qualcosa.

Together (Page – Rodgers) pur essendo solo una canzoncina tocca le corde giuste. L’acustica di Page, la melodia di Rodgers, l’atmosfera bucolica … al di là del testo scritto da un bambino dell’asilo, il pezzo funziona, è gradevole e i ricami di Jimmy sulla elettrica sono efficaci. Nell’assolo il Dark Lord ci dà di Stringbender.

Radioactive (Rodgers) fu il primo singolo e ricordo l’impatto che ebbe su di me il video relativo … era l’inizio di febbraio 1985, lo trasmise Italia 1 verso le 13:30 di una domenica, i video musicali stavano arrivando anche in Italia e alcune emittenti TV provavano a dedicare spazi a questa nuova moda televisiva.

Radioactive è un pezzo in minore in puro stile Rodgers, uno stomp che si lascia ascoltare. Curioso che il riff di chitarra eccentrico e quasi sfasato sia di Rodgers e non di Page. Fu bellissimo rivedere due dei miei eroi in video sebbene trovai stucchevole che Page per farsi riconoscere meglio pensò bene di usare la doppiomanico, di infilare i pantaloni dentro agli stivali usati nel tour del 1977 dei LZ e fare mossettine “alla Page” poco spontanee.

You’ve Lost That Loving Feeling è la cover del pezzo dei Righteous Brothers e oggi tendo a non sopportarla più. Ricordo che al tempo non mi dispiaceva, ma oggi l’arrangiamento pare semplicistico, il pezzo ne risente e risulta vuoto benché la band cerchi di creare una certa atmosfera. Rodgers tuttavia canta benissimo e Chris Slade in alcuni momenti sembra fare il verso al Phil Collins batterista di In The Air Tonight.

Money Can’t Buy (Rodgers) è un pezzo in La minore di nuovo nel classico stile Rodgers. Non è malaccio, ma … melodia non certo memorabile e testo nemmeno sufficiente. Il brano è salvato da Page, la sua chitarra dà in qualche modo lustro alla scrittura. L’assolo col wah wah è ispirato e questo ci fa pensare che se solo il Dark Lord fosse stato più determinato e meno schiavo dell’accidia la sua carriera post LZ sarebbe stata assai dignitosa.

Satisfaction Guaranteed (Page – Rodgers) ha finalmente un testo meno ordinario del solito o almeno così a me pare:

Mystery surrounds me and I wonder where I’m going
There’s a cloud above me and it seems to hide the way
I’m going straight ahead ‘cause it’s the only way I know
I wanna leave the past and live just for today

la scrittura del brano attinge ad acque misteriose e insieme al ritmo – al contempo suadente e ipnotico – fa di questa canzone uno dei momenti migliori del gruppo. La chitarra ritmica di Paul Rodgers costruisce la base su cui si fonda il pezzo e gli arabeschi di Page lo rendono a tratti magnifico. L’assolo di slide guitar è lineare, forse troppo, ma sul finale l’altro assolo di chitarra, che non è proprio ortodosso, risplende.

Quello di Satisfaction Guaranteed è il mio video musicale preferito in assoluto: Les Paul che funge da Bar tender, il gruppo sul palco di un locale tipo Juke Joint del Mississippi, il temporale che sta per scoppiare, il caldo opprimente che rende le donne all’interno del locale seducenti e luccicanti. Nota personale: curioso che in questo video faccia una fugace apparizione, giusto un cameo, una mia amica. Chi l’avrebbe immaginato.

Midnight Moonlight (Page-Rodgers) non è altro che il brano “Swan Song” scritto da Page nel 1973 e registrato professionalmente (solo) con l’aiuto di John Bonham per l’abum Physical Graffiti del Led Zeppelin, ma mai finito e dunque mai pubblicato; qui Rodgers aggiunge melodia e testo. MM fu presentato per la prima volta nel tour americano del progetto benefico ARMS a fine 1983.

E un pezzo in accordatura aperta dadgad (quella di Kashmir insomma) ed è in pratica l’unico serio avvicinamento dei Firm alla legacy dei Led Zeppelin. Paul deve essere stato sospinto dalla epica intrinseca del pezzo, il testo infatti è articolato e per niente scontato.

Nove minuti di musica vera, con tanto intermezzo di sola chitarra, tra arpeggi, chitarre acustiche elettriche, ritmiche e soliste che entrano ed escono dalla scena; Rodgers di nuovo superbo.

Unici appunti: I cori femminili potevano essere tranquillamente essere evitati, così come il basso fretless .

The Firm venne registrato nello studio The Sol di Jimmy Page nel 1984, uscì appunto nel febbraio 1985 e arrivò al 17esimo post in USA (disco d’oro) e 15esimo in UK. Seguì una tournèe in USA (con qualche data in UK) soddisfacente (ma con Page talvolta inconsistente). Copertina dalla grafica massiccia atta a lasciar presagire qualcosa di solido. Il nome The Firm proviene dallo slang inglese e si riferisce (più o meno) alle uscite con gli amici.

Recensione di THE FIRM 1985 a firma Mick Wall di Kerrang

The Firm

  • Paul Rodgers – lead vocals, acoustic and electric guitars, production
  • Jimmy Page – acoustic and electric guitars, production
  • Tony Franklin – fretless bass, keyboards, synthesizer, backing vocals
  • Chris Slade – drums and percussion[

Additional musicians

  • Steve Dawson – trumpet on “Closer”
  • Paul “Shilts” Weimar – baritone saxophone on “Closer”
  • Willie Garnett – tenor saxophone on “Closer”
  • Don Weller – tenor saxophone solo on “Closer”
  • Sam Brown, Helen Chappelle & Joy Yates – backing vocals on “You’ve Lost That Lovin’ Feeling” & “Midnight Moonlight”

Production personnel

  • Stuart Epps – engineering
  • Gordon Vicary – mastering
  • Steve Maher – cover artwork
  • Steve Privett – tape operation; supplier of tea, gin and tonics

* LA FUSTINELLA:

Fustinella: essere in fustinella): locuzione sempre più rara, quasi del tutto sconosciuta presso le giovani generazioni, che esplica il trovarsi in una peculiare condizione di piacevole agitazione causata da una nuova passioncella o hobby. Ad esempio, appassionarsi ad ameno passatempo da mancanza di attività coitale, tipo la fotografia, e iniziare a fissarsi psichicamente 24/7 sui molteplici aspetti della questione, obiettivi, stampa, bianco&nero, colore, treppiedi eccetera, progettando acquisti scriteriati, leggendo manualistica, recensendo sul web maestri dello scatto e scassando la minchia a chiunque si trovi nel raggio di azione.

Altri ambiti a rischio fustinella: l’audiofilia (progettazione di acquisti di piatti giradischi a valvole in legno norvegese da 4000 euro, cambio continuo con esborso mostruoso di cuffie, insensati ritorni revivalistici a costosi 33 giri in vinile eccetera), pesca sportiva (vendita dei denti d’oro della madre per pagare esose canne al carbonio, o guadini di Hermés, o progettazione di allevamenti casalinghi di begatini), bicicletta (continue visite a negozi di bici per estorcere info su accessori e parti meccaniche di pregio con il conseguente prolasso gonadico del babista del negozio), informatica in genere (soprattutto se si finisce nel baratro Apple Macintosh).

La fustinella viene spesso accostata alla ‘sbrùsia’ anche se quest’ultima è più ansiogena mentre la fustinella ha contorni più sfumati e più meditativi. La fustinella si rivela però molto utile nei casi di depressione fungendo da piacevole diversivo, in grado come è di riempire la scatola cranica di elettrizzanti propositi ludici per il futuro, e da vero toccasana per lenire le stigmate da sopportazione della coniuge. Molte fustinelle infatti vengono vissute da omarini nella segretezza di garage e solai, all’oscuro delle mogli che li credono al bar a giocare a goriziana o a vagabondare per seguire lavori stradali. Nei sempre più diffusi negozi ‘vintage’ di svuotagarage è possibile imbattersi in tristi fustinelle finite malissimo.

di Stefano Piccagliani (da La Gazzetta di Modena ottobre 2016)

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THE FIRM – “The Firm” (Atlantic 1985) – TTT¾

Febbraio 1986, sabato pomeriggio. E’ passato un anno, sono ancora in giro per Modena sempre con la mia tipa di allora. Passo da Fangareggi 2 (il negozio di dischi di fianco a Piazza Grande in cui sono solito servirmi) e acquisto Mean Business, il secondo album dei Firm. Verso sera torniamo a casa della mia morosa, fa freddo, cerco di riscaldarmi mettendo sul suo vecchio giradischi il disco. Sulle prime rimango deluso, Cadillac è quel tipo di pezzo che non mi colpisce e vedere la riproposizione di Live In Peace mi fa incazzare. Il resto non mi dà scosse particolari. Come vedremo, dopo qualche ascolto il disco inizierà a piacermi parecchio.

Fortune Hunter (Page-Rodgers-Chris Squire uncredited) apre l’album con fermezza, brano veloce e degno di attenzione. Buona parte della musica proviene dalle sessions del 1981 che Page fece con Chris Squire e Ala White degli Yes. Rodgers canta alla grande sul riff di chitarra la storia di un giocatore d’azzardo. Ritornello per nulla banale. Assolo suonato con lo stringbender seguendo la prassi di quegli anni. L’intermezzo lento al minuto 03:19 è incantevole: chitarre meravigliosamente suggestive e voce che dà i brividi, il basso senza tasti che per una volta sembra adattarsi bene al momento riflessivo e infine il rientro della batteria che porta di nuovo al ritornello ma col tempo dimezzato. Per quanto mi riguarda pollice in su.

Cadillac (Page-Rodgers) si insinua con insistenza tra i solchi del lato A. Chitarra molto effettata, buona prova di Rodgers … a me ha sempre dato l’impressione di un pezzo “vuoto”, d’accordo l’approccio da “fàmolo strano” ma non risulta un pezzo ben definito, ha le caratteristiche di una traccia di pre-produzione o in versione demo.

All The King’s Horses (Rodgers) si apre con le tastiere, ennesimo pezzo in minore nel collaudatissimo stile Paul Rodgers, questo però ha il suo perché. Niente di travolgente ma il tutto funziona, buona prova d’insieme, Slade e Franklin sono coesi, Jimmy Page aggiunge drappeggi di pregio. Peccato non vi sia l’assolo di chitarra. Ovviamente ottima la prova di Paul Rodgers.

Live In Peace (Rodgers) proviene dall’album Cut Loose di Paul Rodgers del 1983 e dal maxi single Radioactive del 1985 dei Firm, versione live all’Hammersmith Odeon 9/12/1985 con uno degli assoli migliori di Page post Zeppelin. Capisco che fossero gli anni della guerra fredda, ma avrei preferito un brano nuovo; Rodgers evidentemente puntava sul valore della canzone e ad avere una versione da studio suonata dai vari musicisti (l’originale del 1983 è incluso in un album dove Paul suona ogni strumento). L’assolo in Mi minore di Jimmy Page è ottimo anche nella versione da studio.

Tear Down The Walls (Page-Rodgers) vive di un riffo

di Page eseguito con una chitarra molto effettata (ma ricordiamoci che erano gli anni ottanta); per certi versi la formula Led Zeppelin fa capolino: anticipi, ritardi, stacchi tipici del modo di scrivere del Dark Lord. Nonostante Rodgers sia un cantante più soul la sua voce ben si adatta a questo hard rock grintoso e colorato. Assolo di chitarra suonato con l’onnipresente stringbender che a questo punto tende a farli sembrare tutti uguali. Qui un assolo come Page comanda ci sarebbe stato bene. Sul finale il momento batteria-basso-voce funziona assai bene.

Dreaming (Franklin) – ricalca quasi fedelmente il demo tape inizio anni 80 di Tony Franlkin. Brano che si discosta dai precedenti ma che porta freschezza all’album. Scrittura convincente, arrangiamento felice, prova d’insieme ottima. Rodgers si rivela il grandissimo cantante che è sempre stato. Chitarre stupende e assolo all’altezza.

Free To Live (Page-Rodgers) riff basato sull’intermezzo di chitarra di Live For The Music (Mick Ralphs) dei Bad Company (1976) e mi chiedo come sia stato possibile per Rodgers non vergognarsi. La sua chitarra ritmica viene rinforzata da quella di Jimmy. Strofe mediocri, salvate dal lavoro di chitarra di Page sempre pronto a metterci del suo. Testo risibile … ma quando entra finalmente in scena il Dark Lord (minuto 02:02) con un intermezzo strumentale su cui ricama un assolino risolve la giornata a tutti.

Spirit Of love (Rodgers) chiude in maniera perfetta il disco, un tocco di grandeur, un testo un po’ hippie, sviluppo articolato, canzone di ampio respiro; l’assolo di Page raggiunge livelli alti, avesse suonato la Gibson Les Paul senza stringbender avrebbe toccato i suoi standard solitamente divini. Nella parte finale entra in scena anche la chitarra sintetizzatore, peccato il coro femminile altrimenti sarebbe stato un finale epico. Bravi Slade e Franklin, bravissimo Rodgers, ispirato Page. Degna chiusura di un album ben al di sopra della sufficienza.

Registrato nel 1985 uscì nel febbraio del 1986. 22esimo nella classica americana (disco d’oro), 46esimo in quella inglese. Il titolo intendeva far capire come i Firm facessero sul serio, sebbene non fosse del tutto vero (sin dall’inizio si intuiva fosse un progetto a termine). Copertina mediocre che rincorre lo stile americano di quegli anni.

  • Paul Rodgers – vocals, acoustic and electric guitars, piano, producer
  • Jimmy Page – acoustic and electric guitars, producer
  • Tony Franklin – fretless bass, keyboards, synthesizer, rhythm guitar on Dreaming, back vocals
  • Chris Slade – drums and percussion
  • Julian Mendelsohn – producer
  • Aubrey Powell Productions – cover design
  • Barry Diament – mastering

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Non capirò mai come fecero gli amici che si dichiaravano fan dei LZ a non aver nessun interesse per questi dischi, che ascoltati oggi, nella mediocrità musicale degli ultimi tre decenni, hanno di sicuro qualcosa da dire, soprattutto ai fan di Page e Rodgers.

Benché abbia cercato di mantenere un profilo critico nel parlare di questi due album è bene chiarire che sì, sono album obliqui, ma sono dischi che ho amato moltissimo … non avranno valore in senso stretto per la storia della musica Rock ma rimangono capitoli importanti della mia vita.

Ittod direbbe: “The Firm, best band ever”!

THE FIRM 1986

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i FIRM sul blog:

I Firm, i loro fratelli e il depotenziamento del rock – di Paolo Barone

BOOTLEGS: The Firm – Kongreßhalle, Frankfurt, Germany, December 3rd 1984

RITAGLI DAL PASSATO:Recensione dell’epoca (1985) di Giancarlo Trombetti del primo album dei FIRM

a NEW ROSE for OZONE BABY

7 Gen

La fascinazione di Jimmy Page per il movimento punk, o perlomeno per alcuni gruppi, è nota da decenni, in quel fermento musicale il Dark Lord trovava le radici del rock and roll, l’impeto rivoluzionario e giovanilista di quella musica degli anni 50 che infiammò lui e la sua generazione. Ricordo che in quel tempo mi colpì molto leggere il suo apprezzamento per i Damned, io ero solo un ragazzino pelle e ossa in preda al fervore per l’aria sonora che oggi viene chiamata Classic Rock e per il Blues ma che ovviamente viveva anche la musica che usciva in quegli anni. Sul mio giubbotto vi erano le spille di Jimmy Page e dei Ramones, ma se ne avessi trovata una vi sarebbe stata certamente quella dei Damned. Sì, certo, anche Sex Pistols e Clash, ma erano i Damned i miei preferiti.

Le cronache riportano che Page li andò a vedere all’opera al Roxy di Londra nel 1977. Attivo tra il 1976 e il 1978 e sito a Convent Garden 41-43 Neal Street London WC2 H9PJ, il Roxy disco club in quegli anni appariva più o meno così:

ROXY CLUB - London Convent Garden

ROXY CLUB – London Convent Garden

ROXY CLUB - London Convent Garden 1977

ROXY CLUB – London Convent Garden

Tra la fine del 1976 e l’inizio del 1977 i Led Zeppelin erano rinchiusi ai Manticore Studios di Londra (locali di proprietà degli Emerson Lake & Palmer) per preparare il tour americano del 1977.

ELP Manticore Studios in the 70s

Led Zeppelin manticore Studios 1976-77

Led Zeppelin Manticore Studios 1976-77

Led Zeppelin manticore Studios 1976-77 b

Led Zeppelin manticore Studios 1976-77

Led Zeppelin Manticore Studios 1976-77

I Damned suonarono al Roxy le seguenti sere: 17/01/1977, 30/1/77, 31/01/77, 14/02/77, 21/02/77, 31/03/77, si presuppone che Page li andò a vedere in gennaio visto che in febbraio sarebbe partito il tour americano dei LZ (ma poi posticipato ad aprile per i problemi alla gola di Plant). E’ tuttavia solo una supposizione. Ad ogni modo vi andò una sera con Robert Plant e vi tornarono  con Bonham (il quale, come sempre succedeva quando era sotto gli influssi dell’alcol, si comportò malissimo con il gruppo). Fino all’inizio del 1977 Page era attento alle nuove uscite discografiche e ai nuovi gruppi, benché vivesse ormai da tempo nella “bolla” che il management del gruppo aveva creato per lui e per gli altri tre membri dei LZ, era in qualche modo ancorato alla realtà; purtroppo una volta iniziato il lungo tour del 1977, tour di successo inimmaginabile per i tempi, Jimmy Page si estraniò dal mondo, consolidò il rapporto con sostanze chimiche pesanti e si rinchiuse nella torre d’avorio. Tanto per far capire la situazione, basti pensare che solo nel 1983 scoprì Edward Van Halen, il chitarrista olandese di Pasadena (CA) che con l’uscita del primo disco dei Van Halen nel 1978 rivoluzionò la chitarra elettrica …se ci pensate questa è la cartina di tornasole.

Torniamo a noi. Mi è sempre interessata moltissimo la genesi dell’ultimo album in studio dei Led Zeppelin, In Through The Out Door (pubblicato nell’agosto del 1979) e dunque anche decifrare le influenze che i Damned e il movimento punk ebbero in alcuni pezzi di quelle session. Influenze ovviamente non riscontrabili nell’album in sé, ma certamente presenti in un paio di outtakes poi pubblicate postume su Coda (uscito nel novembre 1982).

Dopo la tragica scomparsa del figlio di Plant nel luglio del 1977 e la conseguente interruzione del tour americano, il gruppo lasciò al proprio cantante il tempo necessario per elaborare il lutto. Si ritrovarono insieme nel maggio 1978 al Clearwater Castle per alcune prime informali session.A quanto si sa, ancora oggi le sale del Clearwell Castle che negli anni settanta fungevano da sale prove e studio di registrazione sono rimaste tali e quali a quelle di un tempo visto che sono spazi non più utilizzati (oggigiorno buona parte del Clearwell Castle è adibito ad ospitare soprattutto matrimoni, ma in altre parti del castello), e siccom che non ci sono foto del gruppo in quel contesto possiamo dunque immaginare una ambientazione del tutto simile a quella di cinque anni prima quando furono i Deep Purple ad usare quella location.

Deep Purple al Clearwell Castle – settembre 1973

In ottobre del 1978 i Led Zeppelin si raggrupparono agli studi Ezy Hire Studio di Londra per le sessioni di preparazione vere e proprie. Per la prima volta John Paul Jones presentò non solo idee musicali come fatto in passato, ma anche pezzi completi. Il 6/11/1978 il gruppo quindi volò al Polar Studio di Stoccolma visto che Björn Ulvaeus e Benny Andersson degli Abba, proprietari dello studio, offrirono l’uso gratuito della facility ai Led Zeppelin in modo da promuovere il Polar a livello internazionale. 

Benchè i Led Zeppelin stessero vivendo una fase interlocutoria e Jimmy Page non fosse più il chitarrista dell’immaginario collettivo, le session furono assai produttive; nonostante quello che erroneamente si è sempre letto, il gruppo fu efficiente e risoluto. Solo Page perse un paio di giorni a causa di problemi gastrointestinali. Parecchie furono le canzoni registrate: le 7 che finirono nell’album,

led zep in through the out door

le 3 che furono pubblicate anni dopo su Coda (Ozone Baby, Darlene e Wearing And Tearing)

e almeno un’altra che a tutt’oggi Page tiene chiusa in un cassetto e di cui è reperibile su bootleg e su youtube solo la traccia di batteria.

Visto che stiamo parlando delle influenze punk nella musica dei Led Zeppelin mi soffermo esclusivamente su Ozone Baby e Wearing And Tearing.

Ozone Baby fu la prima canzone registrata al Polar Studio, composta da Page e Plant fu dunque una delle poche canzoni di quelle session scritta musicalmente per intero da Page. E’ un bel rock sostenuto che personalmente ho sempre amato e che penso sia stato ispirata dal primo singolo dei Damned, New Rose uscito nell’ottobre del 1976 (nello specifico, dal ritornello)

Naturalmente Ozone Baby non è un canzone punk, ma credo di essere nel giusto quando dico che New Rose dei Damned influenzò Page nell’intenzione e nella stesura di qualche accordo.

Wearing And Tearing ha un impeto sicuramente più affine al punk ed inoltre è un brano molto veloce; certo, l’anima hard rock è presente ma l’approccio del gruppo (e del cantato di Robert Plant) lascia poco spazio ai dubbi.

Personalmente sono orgoglioso del fatto che la band Rock che più amo in quel periodo fosse attenta a quello che succedeva intorno ad essa, e che forse i LZ erano davvero meno dinosauri (e più punk) di tanti altri. Come già scritto qui sul blog se solo si fosse deciso di rendere In Through The Out Door un po’ meno Little Feat (e dunque togliendo South Boud Saurez e Hot Dog) e più attuale (aggiungendo appunto Ozone Baby e Wearing And Tearing) forse l’album oggi avrebbe una valenza maggiore.

Segnalo inoltre che nell’ellepì del 1982 Strawberries, i Damned inserirono il pezzo Bad Time For Bonzo. Certo, si gioca sul titolo del filmetto del 1951 Bedtime For Bonzo (featuring Ronald Regan) e si critica aspramente lo stesso Regan allora presidente degli USA ma … teniamo presente che John Bonham (detto Bonzo appunto) conosceva il gruppo e votò Rat Scabies come miglior batterista nel referendum dei lettori del 1979 del Melody Maker.

Concludo questa riflessione sugli influssi punk che ebbero i Led Zeppelin sottolineando che nel tour europeo del 1980 la band ebbe di certo un approccio punk. Alla faccia di chi li accosta ancora all’heavy metal.

 

Led Zeppelin Performing At Bath Blues Festival 1970, 16mm footage

3 Ott

Per un fan in senso stretto dei Led Zeppelin le parole Bath Festival sono sempre state magiche, hanno sempre evocato gesta epiche visto che era risaputo nei circoli degli appassionati che l’esibizione dei LZ all’edizione del 1970 fu un qualcosa di sensazionale. In effetti fu proprio così, il loro concerto in quel festival fu uno spartiacque, da quel momento in poi anche in UK il gruppo diventò leggendario. Siamo nel giugno del 1970 e i LZ sono previsti come top act della seconda serata. L’anno prima avevano suonano allo stesso festival – ma in una location diversa, la Recreation Ground a Bath – per 12.000 persone, ma nel 1970 avrebbero suonato per più di 150.000 persone al Bath & West Showground, località Shepton Mallet, circa 20 km a sud della cittadina di Bath.

Bath on UK Map

Bath Blues Festival

Bath fu eretta dai Romani, approssimativamente nel 60 avanti cristo, il nome latino che le fu dato era Aquae Sulis, i nostri progenitori costruirono templi e terme visto le sorgenti di acqua calda presenti in quella zona, la valle del fiume Avon.

Aquae Sulis - Bath UK

Tornando a noi, dicevo che si è sempre teso a mitizzare quel concerto, per una volta però i fan erano nel giusto, la esibizione dei LZ del 28/06/1970 fu davvero speciale. All’epoca erano usciti solo i primi due album, il terzo sarebbe stato pubblicato da lì a 4 mesi ma tre dei pezzi che avrebbe contenuto erano già in scaletta.

Immigrant Song, Heartbreaker, Dazed and Confused, Bring It On Home, Since I’ve Been Loving You, Organ solo / Thank You, That’s Way (then titled: The Boy Next Door), What Is and What Should Never Be, Moby Dick, How Many More Times (medley incl. Down by the River, Long Distance Call, Honey Bee, Need Your Love Tonight, That’s Alright Mama), Whole Lotta Love, Communication Breakdown (incl. Tallahassee Women), Long Tall Sally ~ Say Mama ~ Johnny B. Goode ~ That’s Alright Mama.

Per molto tempo è circolata una registrazione amatoriale dalla qualità davvero pessima, ma circa 12 anni fa è apparso un notevole upgrade della stessa presa da un copia vicina al master (second generation tape). Il suono è ancora assai amatoriale, ma di sicuro è quantomeno ascoltabile (è l’audio usato per la sincronizzazione con gli spezzoni video postati qui sotto).

Led Zeppelin At Bath Blues Festival 1970

Led Zeppelin At Bath Blues Festival 1970

Bath Blues Festival d

Che negli ultimi giorni siano apparsi appunto su youtube degli spezzoni video di qualità praticamente eccezionale è – per i LZ fan – una cosa pazzesca. Si sapeva che gli promotori del festival avevano organizzato la videoripresa in bianco e nero dell’evento, ma da quel che si sa Peter Grant, il possente manager del gruppo, non  autorizzò la cosa, e a sua volta assunse una equipe per filmare i Led Zeppelin, e certamente quello che è apparso proviene da quelle riprese. Peccato che chi fu incaricato di tenere in mano la cinepresa non la usò certo in maniera professionale. Certo, si era nei primissimi anni della musica rock intesa come fenomeno di massa, ma maggiore professionalità sarebbe stata la benvenuta. Ad ogni modo sono minuti preziosissimi, con la band in quel meraviglioso mood potente e selvaggio, nessuno suonava Rock in quel modo in quel periodo, nessuno. I filmati apparsi sono senza audio, ma in quello relativo al gruppo onstage come detto, qualcuno ha sincronizzato il video con l’audio della registrazione bootleg.

Molto carini anche gli spezzoni back stage, Jimmy e Charlotte Martin sono davvero teneri …

Robert e John Bonham poi sono molto fighi, insieme a loro appaiono Maureen Plant, Peter Grant, Richard Cole e Mick Bonham, fratello di John.

Meglio specificare che il filmato a colori del concerto completo non esiste, da quel che ci si sa, solo mezz’ora al massimo di girato esiste, ma noi siamo già contenti così, perché anche questi pochi minuti sono una scoperta davvero incredibile, una testimonianza preziosa dei Led Zeppelin nelle vesti, per una volta indiscutibile, del martello degli dei. Best band ever!

Led Zeppelin At Bath Blues Festival 1970 c

Bath Blues Festival e

Led Zeppelin Bath Blues Festival 1970

Led Zeppelin At Bath Blues Festival 1970

Annie’s back in town (La prima volta: LED ZEPPELIN “The Song Remains The Same”…il film)

23 Giu

Nel 2013 qui sul blog pubblicai un articolo relativo alle sensazione ricevute da alcuni di noi (io, Pike, Polbi, Giancarlino Trombetti) la prima volta che vedemmo il film concerto The Song Remains The Same

https://timtirelli.com/2013/04/29/la-prima-volta-led-zeppelin-the-song-remains-the-same-il-film/

Tempo fa si aggirava qui sul blog una lettrice che si firmava Annie, che poi in qualche modo sparì. Ora Annie si è rifatta viva, mi scrive che “per una serie di vicissitudini molto blues della vita, non sono stata in grado di commentare ancora. Tuttavia, essendo un’appassionata di musica, ho sempre letto con piacere i nuovi articoli. Durante la prima ondata della pandemia riguardai per l’ennesima volta The Song Remains The Same, e mi venne in mente di scrivere un testo, di getto, in cui riversare le impressioni avute alla prima visione del film. Mesi dopo, scartabellando tra le pagine del blog, mi imbattei in un articolo in cui voi, uomini di blues, ricordavate la vostra “prima visione” del film. E così, dopo due anni, mi sono detta: “Perché non mandare il mio testo? ” E hai fatto bene cara Annie, anche perché come dici tu sarà bello leggere un opinione di una giovane donna nata alla fine degli anni novanta a proposito di un vecchio filmato musicale che ci ha cambiato la vita. E Annie …welcome back.

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“New York, goodnight!” Il semplice, spensierato saluto con cui Robert Plant chiude lo spettacolo è talmente incisivo da togliere il fiato. New York. Gli anni ’70. Una serie di concerti entrati nella storia del rock. Un’epoca scintillante e cupa al tempo stesso, effimera, eppure ancora presente. Il tempo sembra sospeso all’interno di una dimensione surreale. La telecamera segue i quattro musicisti mentre scendono dal palco e attraversano il backstage del Madison Square Garden, grigio e disadorno, con i pilastri di cemento e le fredde luci al neon — un contrasto con la meraviglia del concerto. Jimmy Page si passa una mano sulla fronte e sul petto, madido di sudore, esausto ma felice, le labbra increspate da un sorriso soddisfatto e a tratti incredulo. Robert Plant lo segue, con la camicia azzurro cielo e i lunghi capelli dorati a incorniciargli il volto, quasi fosse un eroe epico creato dalla fantasia di Tolkien. John Paul Jones e John Bonham procedono accanto a loro. Le limousines li attendono, pronte a immergersi nella notte newyorkese, accompagnate dalla versione di studio di “Stairway To Heaven”. Ed ecco di nuovo i quattro musicisti davanti al celebre Starship, con il vento tra i capelli, pronti a partire per una nuova città. Come marinai erranti di tempi lontani.

La fine di “The Song Remains the Same” mi colpì molto, fin dalla prima volta. Quattro giovani stelle in cima al mondo, sempre in viaggio da un luogo all’altro. Mi fece subito pensare a un’intervista che Jimmy Page fece nel 1976. Parlando dell’album “Presence”, disse: “It was recorded while the group was on the move, technological gypsies. No base, no home. All you could relate to was a new horizon and a suitcase.” Un nuovo orizzonte e una valigia. Ecco tutto. In fondo non erano altro che quattro ragazzi con una sfrenata passione per la musica. Musica e vita, intrecciate in maniera indissolubile. Per una ragazza come me, nata troppo tardi per vedere i Led Zeppelin suonare dal vivo, “The Song Remains the Same” è più di un semplice film concerto. È un dono straordinario. Non dimenticherò mai la prima volta che lo vidi. Era una fredda sera di dicembre ed ero seduta a gambe incrociate sul divano. Come per incanto, le scene di apertura e la pacata melodia acustica di “Bron-Yr-Aur” mi riportarono indietro nel tempo. E così pensai: È l’estate del 1973. Sei A New York. Sei al Madison Square Garden. Lo spettacolo sta per cominciare. E in un’istante mi ritrovo nell’arena, immersa nell’;atmosfera inebriante che precede il concerto. Mi sembra quasi di essere accanto agli amplificatori, giornalista e groupie devota al tempo
stesso. Riesco a sentire il pubblico delirante immerso buio, posso vedere i flash delle macchine fotografiche brillare come migliaia di lucciole. Improvvisamente la band esplode sul palco. Sono sufficienti poche battute e mi ritrovo stregata dalla bellezza della musica, conquistata dal seducente fascino della band. Loro sono lì, davanti a me. I miei Led Zeppelin, con gli abiti scintillanti e le luci soffuse a creare un’aura di magia. Jimmy Page, di una straordinaria bellezza preraffaellita, con il vestito di velluto nero cosparso di stelle e lustrini, la testa sensualmente inclinata all’indietro in completo abbandono. E il suono inarrivabile delle sue chitarre, così naturale, così perfettamente imperfetto. Robert Plant, con la camicia sbottonata, i jeans pericolosamente attillati e una voce unicamente duttile — a volte bassa, quasi un morbido sussurro, altre volte forte e aspra. John Paul Jones, con la sua iconica giacca in stile elisabettiano, avvolto da una luce fioca, suona ora le tastiere ora il basso, ma resta sempre inequivocabilmente riconoscibile. E John Bonham, con la fascia luccicante stretta attorno alla fronte, è capace di creare un ritmo potente e perfettamente amalgamato, un tappeto sonoro geniale e inconfondibile. La cascata di musica si snoda attraverso i riflessi di un mondo in cui le eteree atmosfere celtiche incontrano la visceralità del blues. Un flusso continuo di suoni e immagini: la poesia di “Stairway to Heaven” e di “The Rain Song”, il blues psichedelico di “Dazed and Confused”, la misteriosa, quasi inquietante “No Quarter”, il provocante medley di “Whole Lotta Love”…

Sembra quasi una lotta tra opposti. E forse, dopotutto, è proprio così. Light and shade, luce e ombra, diceva Page. Una dicotomia, la vera forza motrice della loro musica. “The Song Remains the Same” è un’esperienza travolgente, totalizzante. E mentre il concerto volge al termine, mi sento lentamente ritornare al tempo presente. I titoli di coda scorrono, e lo schermo diventa nero. The end.
Le immagini di quei momenti magici non svaniranno mai. Vivranno nella mia mente. Per sempre. La passione. Il talento. La leggenda. E la musica. Dopotutto, è semplicemente una questione di musica, non è vero? La musica non cambierà mai. The song remains the same.

[N.d.A. L’articolo a cui si fa riferimento è “Technological Gypsy” di John Ingham, tratto da “Sounds”, 13 marzo 1976]
© Annalisa Mucchi 2022

 

Bob Spitz “LED ZEPPELIN – THE BIOGRAPHY” (2021 – Penguin Press) – TTT½

5 Mag

Di libri sui Led Zeppelin ormai non se ne può più, tuttavia quando escono grosse produzioni come questa io sono sempre sull’attenti, perché un certo budget significa avere la possibilità di intervistare direttamente personaggi che hanno fatto parte, anche solo marginalmente, della grande saga dei Led Zeppelin. Oltre a ciò libri come questo vengono affidati a giornalisti di nome, che spesso hanno alle loro spalle altre biografie di successo, gente che in qualche modo sa scrivere in maniera scorrevole e piacevole. Certo, sono libri per il grande pubblico, libri a cui quasi sempre manca l’aggancio tecnico e cronologico, libri pieni di imprecisioni, ma – per un fan dei Led Zeppelin come me – libri da leggere, perché comunque gettano nuova luce su episodi magari poco importanti per il pubblico generico, ma  essenziali per me. Ecco, sta qui il punto: non avendo più interesse per la storia del gruppo in sé, quello che mi interessa tremendamente è scoprire piccole nuove cose a proposito di episodi della saga ancora poco chiari o comunque trattati superficialmente in passato.

Come accennato poc’anzi mancano le pietre miliari di cui abbiamo parlato anche in altre occasioni, ovvero i punti cronologici di riferimento che guidino il cammino del lettore fan. Qui non c’è nessun riferimento approfondito a tour, scalette, strumentazione, etc etc, d’altra parte Spitz è uno che – intervistato da una radio statunitense a proposito di questo libro – non è riuscito a ricordare se nella discografia del gruppo venisse prima Houses Of The Holy (1973) o Physical Graffiti (1975). Quando un ascoltatore gli ha fatto presente la cosa la sua risposta è stata “fatti una vita“. L’atteggiamento è sbagliato, perché se da una parte la pignoleria di alcuni fan è inopportuna e alcuni errori in un libro sono fisiologici, l’accuratezza è comunque fondamentale – soprattutto su macrotemi.

Bob Sptitz "LED ZEPPELIN - THE BIOGRAPHY" (2021 - Penguin Press)

Bob Sptitz “LED ZEPPELIN – THE BIOGRAPHY” (2021 – Penguin Press)

Il libro contiene piccole nuove cose, e queste sono i momenti che mi hanno dato i brividi, perché il resto è il resoconto di una storia che conosciamo già fin troppo bene; va aggiunto che anche questo libro descrive il mondo dei Led Zeppelin dal 1975 in poi alla stessa stregua degli ultimi tomi usciti sull’argomento e per quanto fossi già ben al corrente scontrarsi con la dura realtà non è entusiasmante. Page, Bonham, Cole e Grant negli ultimi 6 anni furono davvero fuori controllo …Grant diventò un pessimo manager, Bonham una persona insopportabile (ma, ahimè, lo era sempre stato) e Page (almeno dal vivo) l’ombra del magnifico chitarrista che era. L’inner circle del gruppo si trasformò in un mondo a parte, alimentato da violenza, nefandezze e paranoia. La Swan Song una casa discografica inutile, ripiegata su stessa, senza nessuna guida, che rovinò la carriera agli artisti coinvolti (eccetto LZ e Bad Company), Detective e Maggie Bell in primis, e senza mai avere una direzione. Tutto era allo sbando, la terribile nomea del gruppo un dato di fatto e il caos l’unico orizzonte possibile. Certo, c’era anche la musica, superba, cosmica, totalizzante, ma – spiace dirlo – gli uomini che la creavano erano tutt’altro che creature divine.

Come anticipato, diverse sono le piccole novità che questo libro porta alla luce:

_approfondimenti mai letti prima su Epson, il paese in cui Page visse dal 1952 in poi (pag 25) / la carriera solista di Page tra la fine degli anni 50 e l’inizio dei 60.

_le Art School inglesi, frequentate da chi non intendeva né andare all’università, né fare apprendistato per diventare operaio e il fatto che Jimmy non avesse nessuna particolare dote attitudinale per il disegno artistico.

_il rapporto con Bert Berns (pagina 60)

_La richiesta fatta a Page di entrare negli Yardbirds già nel 1965 perché Clapton aveva stufato il loro manager (pag 73) / L’effettiva entrata di Page negli Yardbirds nel 1966 (pag 78) / I tempi difficili con Beck nel gruppo.

_approfondimenti sui manager degli Yardbirds: Simon Napier-Bell e Mickie Most / sui pezzi di Little Games degli Yardbirs  pag 99) / sul fatto che una volta sciolti gli Yardbirds Page ebbe i diritti solo per terminare il tour scandinavo di settembre 1968.

_Terry Reid e i relativi suggerimenti dati a Page (pag 109) / L’impossibilità di avere alla batteria B.J Wilson, Clem Cattini e Aynsley Dumbar (pag 114)

_nel 1968 Bonham ricevette offerte da i Move, Joe Cocker, Chris Farlowe oltre che naturalmente da Page e Plant.

_si legge che nel 1969 Peter Grant stanco delle follie di Bonham, pensò di sostituirlo con Carmine Appice, Aynsley Dumbar o Cozy Powell. (pag 241).

_il motivo del nomignolo Percy dato a Plant (pag 274)

_Durante il tour giapponese del 1971, Bonham defecò dentro alla valigia della ragazza nipponica di Page.

_Nuove piccole rivelazioni circa l’organizzazione delle riprese video per le ultime tre date del tour del 1973.

_Il furto dei 210.000 dollari presenti nella cassetta di sicurezza dell’Hotel Drake di New York avvenuto a fine luglio del 1973 documentato anche nel film TSRTS; pare sia stata una messa in scena per evitare di pagare le tasse su proventi in contanti (e quindi in nero) contenuti in quella cassetta.

_La rinegoziazione del contratto dei LZ e la relativa creazione della Swan Song Records.

_gli overdub di ottoni e strumenti a corda su Kashmir a cura di una orchestra pakistana residente a Londra.

_le proposte per il logo grafico della Swan Song (tra cui una macchina di Formula 1 con su la scritta Led Zeppelin)

_Roy Harper non finì nella scuderia della Swan Song perché Grant non riuscì a trovare un accordo amichevole col manager di Harper.

_I Queen che furono sul punto di avere Peter Grant come manager, ma la cosa saltò perché Peter voleva che anche loro incidessero per la Swan Song, mentre loro si rifiutarono di incidere per una etichetta così associata ad un altro gruppo.

_Alla Swan Song arrivò anche una cassetta con un demo tape degli Heart, Abe Hoch – colui che in quel momento era a capo della etichetta – fece di tutto per far approdare il gruppo nella sua scuderia, ma una volta saputo che Ann Wilson cantava come Robert, lo stesso Plant disse di non essere interessato e buttò la cassetta nel cestino.

_Hoch ebbe anche la opportunità di mettere sotto contratto i Dire Straits, ma pensò che la cassetta avuta avesse una qualità terribile e lasciò perdere.

(…pensate un po’: oltre ai LZ e Bad Company la Swan Song avrebbe potuto avere anche i Queen, gli Heart e i Dire Straits – senza contare gli Iron Maiden, di cui si parlò in un altro contesto.)

_Qualche delucidazione in più circa: la apparizione di Bonham al concerto dei Deep Purple  alla Radio City Hall di New York nel gennaio del 1976, la morte del giovane fotografo  Philip Churchill Hale e l’arresto e la detenzione di Cole a Roma nell’estate del 1980.

_Nuove delucidazione anche sulla preparazione del tour (mai avveratosi) del 1980 in America e la conseguente morte di Bonham.

Errori  

_a pagina 65 Spritz dice che Page e Jones nel 1965 erano entrambi 21enni.

_a pagina 168 dice che durante le prime date in America (1968/69) Page usava un muro di amplificatori Marshall. In realtà Page dal vivo iniziò ad usarli a fine 1970.

_a pag 188 scrive che in pratica Pat’s Delight deriva da Watch Your Step di Bobby Parker ma è un grossolano errore. Watch Your Step è stato il template per Moby Dick, non di Pat’s Delight.

_a  pag 252 si ripete l’errore riportato per decenni dove si diceva che a JPJ venne in mente il riff di Black Dog ascoltando l’album di Muddy Waters “Electric Mud”, quando già da tempo si è risaliti al fatto che fu il disco The Howlin’ Wolf Album del 1969 (in particolare la versione rifatta di Smokestack Lightning)

_a pag 348, parlando dei Bad Company primo gruppo ad essere messo sotto contratto con la Swan Song, Spitz scrive “Free’s former guitarist Paul Rodgers”.

_a pag 393 Spitz afferma che a fine 1974 durante le prove per il tour del 1975 tra le canzoni tolte dalla scaletta ci fu anche Dazed And Confused.

_a pag 542 l’autore scrive che nella seconda data di Knebworth la band suonò meglio rispetto alla prima (questa fa proprio ridere).

_a pag 559 Spitz scrive che John Bonham morì il 24 settembre 1980 quando sappiamo tutti che accadde il giorno dopo.

_a pag 568 scrive che i concerti inglesi dell’Arms si tennero nel 1982 (invece del 1983).

_come il nostro Luca Tod segnala nei commenti qui sotto, gli errori di datazione delle foto poi sono imperdonabili.

Concludendo, ricordo che la versione del libro di cui parlo è quella americana, dunque scritto in inglese e che secondo me è un libro che va comunque letto, nonostante la mancanza di accuratezza.

Al di là dei mille aspetti negativi raccontati nel libro (e avvenuti realmente) non possiamo affrancarci dalla musica Rock creata dai Led Zeppelin, uno dei picchi musicali più alti ma raggiunti su questo povero pianeta.

Un giornalista a proposito del tour del 1973 scrisse: “I Led Zeppelin non tengono concerti, bensì mettono in scena trasformazioni musicali”. Ecco, appunto.

Ma come cazzo mai DARLENE non è finita su IN THROUGH THE OUT DOOR?

16 Feb

Sabato mattina, diretto alla Coop per la solita spesa settimanale. Sul sedile di fianco al mio la pollastrella contempla la campagna, la blues mobile avanza a velocità di crociera, la chiavetta – in modalità random – inonda l’abitacolo col Rock. Ad un certo punto arriva Darlene dei Led Zeppelin e la giornata svolta: il sole diventa più lucente, la campagna proletaria in cui viviamo si trasforma in un paesaggio bucolico del sud degli States e l’impeto vitale detona in tutta la sua potenza dentro di noi. Polly esclama “Va beh, non ce n’è più per nessuno!”. Da quella musicista talentuosa che è mima perfettamente il lavoro al piano di Jones, gli stacchi di batteria di Bonham, il riff e gli accordi di Page. Quando quest’ultimo poi inizia il primo assolo Polly si mette a lavorare di stringbender facendo le stesse faccette che immaginiamo avrà fatto fatto lo stesso Page al momento di quella registrazione. Poco prima Polly, presa dal sentimental blues, mi aveva stretto a sé e detto “per me ci sei solo tu, non mi interessa nessun altro“. Lusingato e colpito dalla cosa poco dopo vedo disintegrarsi il tutto, quando – sospinta dall’assolo del nostro chitarrista preferito – mi dice: “Ti devo confessare una cosa: io amo anche Jimmy Page“.

◊ ◊ ◊

“The first name Darlene is derived from the Old English darel-ene, meaning “little dear one”.

Nel maggio del 1978 – dopo nove mesi di silenzio dovuti ai fatti che sappiamo – i Led Zeppelin si ritrovano allo Clearwell Castle, Forest Of Dean, Gloucestershire, UK, per provare nuovo materiale.

Forest Of Dean, Gloucestershire, Clearwell Castle (Nick-Murray-Photography)

Nel novembre (e dicembre) dello stesso anno si trasferiscono per alcune settimane (dal lunedì al venerdì) ai Polar Studios di Stoccolma di proprietà degli ABBA. Gli studi, aperti il 18 maggio 1978, sono situati a piano terra di un grosso edificio degli anni trenta del secolo scorso chiamato Sportpalatset (palazzo dello sport), nello spazio che fino a poco prima era occupato da un cinema.

Sportpalatset, Stockholm – 2010

Polar Studios Stoccolma, maggio 1978

ABBA Museum

Il gruppo registra (almeno) 11 pezzi: In the Evening, South Bound Saurez, Fool In The Rain, Hot Dog, Caroulselambra, All My Love e I’m Gonna Crawl finiscono su In Through The Out Door che esce in agosto del 1979,

Ozone Baby, Darlene e Wearing And Tearing su Coda, album compilation di inediti che esce nel novembre del 1982 a due anni dallo scioglimento del gruppo.

led zeppelin Coda a

led zeppelin Coda c

led zeppelin Coda d

led zeppelin Coda inner

Dell’undicesimo brano sappiamo che esiste ma non cosa sia né quando (e se mai) verrà pubblicato.

Il gruppo valutò l’idea di fare uscire in occasione dei due concerti di Knebworth nell’estate del 1979 anche un EP contenente Wearing And Tearing e qualcos’altro, ma la cosa non si concretizzò. Nel 2006 uscì un singolo non ufficiale di Wearing And Tearing / Darlene, ma si trattò di una contraffazione.

Led Zeppelin Special limited Edition Wearing And Tearing-Darlene

Su questo blog abbiamo già trattato il tema per cui In Through The Out Door sarebbe stato un album diverso se al posto di South Bound Saurez e Hot Dog fossero stati pubblicate due delle outtake poi messe su Coda. Proviamo a pensare a Darlene al posto di SBS e Wearing And Tearing (o Ozone Baby) al posto di HD. L’album avrebbe certamente avuto uno spessore rock più significativo. Magari certe scelte furono fatte anche per questione di spazio relativo alle due facciate del disco, ad ogni modo per quanto possa essere sembrata divertente a Page e Plant, Hot Dog non è esattamente un brano da album dei LZ. Il gruppo raggiunge lo zenit quando affronta drammaticità, quando si lascia trasportare dall’intensità, quando cerca di raggiungere le profondità cosmiche, quando si getta(va) nella carnalità suonata a regola d’arte, raramente risulta credibile quando è alle prese con motivetti scanzonati.

Certo, Darlene è good time music, ma la carica e la caratura musicale ne fanno un brano potente, vibrante, di godimento assoluto. Altro che Hot Dog!

Immagino che Plant abbia in qualche modo posto il veto, la sua prova vocale non è impeccabile (ma lo stesso potremmo dire del piano di Jones e della chitarra di Page) e il testo praticamente non esiste, ma il risultato è comunque sensazionale, un boogie rock furibondo, letteralmente irresistibile, possente e leggero al tempo stesso.

La fascinazione del gruppo (o meglio di Page e Plant) per i Little Feat, per il blues nero proveniente dal Mississippi e per certi locali di New Orleans giocarono un ruolo fondamentale nella creazione delle nuove sfumature musicali degli ultimi anni del gruppo. La musica americana proveniente dal blues in In Through The Out Door prende il sopravvento – lo stesso accade coi Bad Company di Desolation Angels (1979) e Rough Diamonds (1982), alfieri anch’essi della Swan Song Records. La copertina come sappiamo è ispirata all’Old Absinthe House, celeberrimo bar di New Orleans (che tra l’altro ho avuto la fortuna di vedere).

Old Absinthe House

Old Absinthe House

Led Zeppelin In Through The Out Door

Alcuni brani delle session di cui stiamo parlando hanno colorazioni riconducibili a New Orleans, al bayou, a quei pianini dissoluti suonati nelle calde e umide notti vicino al fiume Mississippi, naturalmente con l’aggiunta del piombo zeppelin. Darlene è ovviamente una di queste.

Una breve apertura e poi irrompe subito il riff irresistibile di chitarra, seguito dagli interventi di Robert Plant. Un po’ di piombo zeppelin, sempre accompagnato dal piano di Jones, per gli accordi SI, SIb DO e si ricomincia da capo. La prima parte dell’assolo di Page sulla Telecaster con lo Stringbender è formidabile, molto, molto Jimmy Page. La chiusura pare insicura, ma siamo nel periodo in cui Jimmy – non più supportato da una volontà, e quindi da una tecnica, superba e maschia –  fatica a tenere il passo col Jimmy Page fissato nell’immaginario collettivo e si avvicina così pericolosamente e continuamente al precipizio.

Luis Rey, autore, fan e studioso dei LZ extraordinaire fa notare come il lavoro alla solista ricordi quello di una delle primi incisioni che il Dark Lord fece come session man, ovvero Somebody Told My Girl di Carter-Lewis & The Southerners:

L’assolo di piano è delizioso, ma anche per Jones la chiusura pare al limite e non proprio pulitissima. Al minuto 2:30 il pezzo corregge il ritmo, Bonham va sul ride e Page cambia metodo per accordi e riff; il piano di Jones è meno presente nel mix. Robert ha la voce è un po’ tirata, ma ha quell’approccio sporco e blues che risolve comunque tutto. Dopo 30 secondi il ritmo si aggiusta ulteriormente fino a diventare un rock and roll boogie woogie blues scatenato; il piano di Jones torna presente, gli stacchi di batteria tra una giro e l’altro sono un cazzo di meraviglia. Nei sessanta secondi finali il pezzo veleggia veloce accompagnato da un assolo di chitarra di chiusura. Curioso come il volume della solista sia decisamente più basso rispetto all’assolo presente nella prima parte del brano. Il ritmo è irresistibile, uno di quelli da strappa mutande, e gli Zeppelin ci ricordano ancora una volta che cazzo di rock and roll band fossero. Sia chiaro, a me piace molto anche South Bound Saurez e in fondo anche Hot Dog, ma con Darlene l’album In Through The Out Door sarebbe diventato – almeno per me, amante degli album obliqui – ancora più leggendario.

“Darlene”

Oh yeahDarlene
Ooh, Darlene
Ooh Darlene
Ooh, yeah

Darlene
Oh, oh Darlene
Oh, oh, oh Darlene
Ooh, come on baby give me, me some

When I see you at that dance
With your tight dress on
What you got it sure is fine
I want to get me some

Darlene
Ooh baby baby Darlene
Ooh, be my baby Darlene
Ooh, come on baby
Come on, come on, come on my babe

Darlene
Ooh, Darlene
Hey hey, Darlene
Oh oh, come back and be my sweet little girl

When I see you on the street
It makes my heart go flitter
I see you walking with all those guys
It makes me feel so sick

Now I don’t care what people say
And I don’t care what they do
Sweet child I gotta make you mine
You’re the only thing that I want: you, yeah

And baby baby, when you walk down the block
See the people walk by
Woo child, y’know you drive me wild!
I got to do it with you, come on try

Ooh baby, I got my car
I will take you where it’s fine
I am going to take you every place
Do you wanna boogie-woogie-woogie-woogie, that’s fine

I’m going to boogie, Darlene
I’m going to make you my girl
I’m going to boogie, Darlene
I’m going to send you in another world

Cause I love you, Darlene
And I love you, Yes I do
I’ve been saving all my money
I’ve been working all day long
I gotta give it all back to you

Oh but I love you, Darlene
Cause I love you, yes I do
I’ve been working, it’s true
I’ve been working all day long
I’ve been trying to get it home for you

And I love you, Darlene
Yes I love you, yes I do
I got a pink carnation and a pickup truck
Saving it all for you
Oh I love you

Go
Go, go, go, go, go

PS: Esiste un versione più lunga di Darlene contenuta nei bootleg dedicati alle session di fine 1978. Si tratta di una alternative half-mixed version, con un finale più lungo, con ulteriori interventi di Plant e di Page. Molti di quelli eseguiti da Plant non compaiono nella versione finale.


BOOTLEGS: Led Zeppelin, Bloomington (MN) january 18th, 1975 – EVSD 2021 (soundboard) – TTT½

29 Mag

Dopo due warm up gigs in Europa, il tour nord americano del 1975 si apre a Bloomington, piccola città del nord degli Stati Uniti nello stato del Minnesota. Minneapolis è solo a 16 km e naturalmente i 15.000 posti del Metropolitan Center sono tutti esauriti.

Per anni di questo concerto non vi è stata traccia sonora poi, pochi mesi fa, la registrazione audience che fa capolino e oggi arriva addirittura anche il soundboard. Molti fan dei LZ non vedevano l’ora di poter ascoltare una registrazione (non ufficiale, ricordiamolo) di buona qualità relativa alle prime date del tour del 1975, un po’ per potersi gustare le rarissime versioni live di The Wanton Song e When The Leeve Breaks con alta qualità audio, un po’ per verificare le condizioni della voce di Plant e capire se i grossi problemi fossero davvero relativi all’influenza presa nelle date successive o cosa.

Ecco dunque che la Empress Valley Supreme Disc ci regala (si fa per dire, i cofanetti bootleg hanno prezzi stratosferici e trovarli è tutt’altro che semplice) il soundboard del primo concerto americano del tour.

“Ladies And gentleman, the American return of Led Zeppelin” dice al microfono il presentatore e poco dopo parte Rock And Roll. Il suono della chitarra lascia allibiti: non c’è praticamente distorsione, è vero che questo è il tour in cui Page sfoggia il suo suono più pulito di sempre, ma così è davvero inquietante. La voce di Robert Plant non sembra granché, è rauca, roca e in alcuni punti cede. Prende così corpo la teoria che sostiene che i grossi problemi siano dovuti alla operazione alle corde vocali del 1974. L’assolo di chitarra è suonato senza distorsore, l’effetto è comico. E’ vero che Page si è presentato negli USA con l’anulare della mano sinistra fuori uso, ma …

In Sick Again sembra andare meglio ma il primo assolo di chitarra non è all’altezza del nome Jimmy Page. In Over the Hills and Far Away la chitarra è scordata, così la parte iniziale non è godibile come dovrebbe essere. RP fatica con la voce. Il gruppo non suona davanti ad un pubblico dal luglio 1973, diciotto mesi di interruzione si sentono, il gruppo sembra essere poco rodato, i problemi alla mano sinistra di Page, alla voce di Plant e al consumo di certe sostanze poi amplificano le difficoltà.

In quelle condizioni ci vuole coraggio ad affrontare un pezzo come When the Levee Breaks, ma il gruppo ne ha sempre avuto, persino troppo. Per il fan che sono avere WTLB in qualità soundboard è una gran cosa, la versione tuttavia è slabbrata, il lavoro alla slide di Page è impreciso ma la improvvisazione finale – se vogliamo – ha un suo perché. La qualità audio sembra un poco sbilanciata verso frequenze alte.

Led Zeppelin, Bloomington (MN) january 18th, 1975 - EVSD 2021 (soundboard)

The Song Remains the Same fila via piuttosto bene, il gruppo sembra iniziare ad ingranare pur con le magagne tipiche della prima data di un tour. Nel registro basso di The Rain Song RP mostra di essere ancora un cantante molto espressivo e i LZ di essere – nonostante tutto – il più grande gruppo della storia del Rock (sì, perché poi se vi vanno ad ascoltare i bootleg soundboard degli altri gruppi non è che siano tutte rose e fiori).

Led Zeppelin - Metropolitan Sports Center, Bloomington, MN, 18 january 1975

Kashmir (anch’essa in accordatura aperta, come la precedente) procede liscia e apre la strada a The Wanton Song l’altro pezzo che noi amanti del gruppo avremmo sempre voluto sentire in buona qualità audio e lasciatemi dire che con questo pezzo tornano i LZ che conosciamo, se non altro nell’atteggiamento. Il gruppo sembra più caldo e dunque rockeggia bene, peccato che al momento in cui Page parte con l’assolo la registrazione si interrompa e riprenda con No Quarter, più a meno durante l’assolo di piano di John Paul Jones, brano questo che si sviluppa piuttosto bene.

Led Zeppelin, Bloomington (MN) january 18th, 1975

Led Zeppelin soundcheck – Metropolitan Sports Center, Bloomington, MN, 17 january 1975 – Photo Neil Preston

Anche Trampled Underfoot contribuisce a riportare il gruppo su buoni livelli, in Moby Dick Page cambia i break di chitarra, forse per il problema all’anulare.

In My Time of Dying è un altro brano in accordatura aperta e Page sembra a suo agio in questo contesto (solo in WTLB  – anch’essa in G open tuning – e sembrato in difficoltà). Durante la prima parte di Stairway To Heaven le tastiere di John Paul Jones non sono presenti e un fastidioso rumore di fondo, dovuto probabilmente a contatti vari, rovina un po’ la performance. Verso il minuto 3 il piano di Jones torna in vita. Malgrado qualche silenzio di troppo l’assolo di Page sembra sufficientemente vitale. Versione senza dubbio dignitosa, per il pubblico certamente superba vista la lunghissima ovazione.

“Questo è il primo concerto del tour, siete davvero buoni con noi, sappiamo di essere arrugginiti” dice Robert al pubblico adorante. 50 secondi del riff di Whole Lotta Love senza cantato servono da trampolino di lancio per Black Dog, ultimo pezzo della serata, suonato discretamente.

Metropolitan Sports Center, Bloomington, MN january 18 1975 b

Soundcheck – Metropolitan Sports Center, Bloomington, MN, 17 january 1975 – Photo Neil Preston

 
Bootleg dunque non certo memorabile (ma sappiamo che per quanto riguarda il tour nord americano del 1975 pochi lo sono, qualità audio a parte) ma di sicuro intrigante in quanto prima data e notevole per le versioni soundboard di The Wanton Song e When the Levee Breaks.
◊ ◊ ◊
 
LED ZEPPELIN
 
MET CENTER, BLOOMINGTON, MN, USA JANUARY 18th, 1975
 
JESUS, LIVE IN MINNEAPOLIS 1975, BOX SET EMPRESS VALLEY [EVSD-1280/1281]
 
EVSD-1280/1281 > WAV > FLAC
 
Soundboard recording:
 
CD 1:
01 Intro
02 Rock and Roll
03 Sick Again
04 Over the Hills and Far Away
05 When the Levee Breaks
06 The Song Remains the Same
07 The Rain Song
08 Kashmir
09 The Wanton Song
 
CD 2:
01 No Quarter
02 Trampled Underfoot
03 Moby Dick
04 In My Time of Dying
05 Stairway to Heaven
06 Whole Lotta Love
07 Black Dog