Polbi Cell.: Non sono un fan in senso stretto e lo sai. Ma uno come Beck anche solo vederlo in foto e sapere cosa e come ha rappresentato per e il nostro mondo rock, ti fa sentire meglio. Una perdita pesante ben oltre il suo essere un chitarrista straordinario
Tim Tirelli: Sì come Keith Richards. Era uno dei nostri delinquenti del rock and roll.
Polbi Cell.: Esattamente
Tim Tirelli: Come faremo senza non so.
Polbi Cell.: Smarriti. Ecco come faremo… smarriti, sempre più smarriti
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Ho lasciato passare qualche giorno per provare ad essere più lucido, dato che la sua scomparsa ha avuto un forte effetto su di me, ed inoltre per affrancarmi dalla valanga di commenti sui social, magari tutti in buona fede, ma spesso troppo enfatici, melensi e senza un vero costrutto.
Perdere Jeff Beck non è per niente facile per uomini come noi, come mi ha scritto Polbi su whatsapp, sapere che certe figure Rock ci sono, esistono, rende la nostra vita meno dura. E più sicura.
Perdere uno così, dopo che per 9 lustri ha fatto parte della mia vita, è durissima. Dispiace per lui, per la musica Rock e per noi. Per molto tempo ho pensato che quando se ne va ad esempio un musicista o un attore o qualcuno del genere che abbiamo amato occorresse – in caso si voglia tributare un omaggio – parlare di chi è scomparso, evitando la autoreferenzialità di chi scrive. Oggi sono meno rigido e tendo a pensare che parlare di ciò che ha significato uno come Jeff Beck ad esempio nella nostra vita sia un grande omaggio alla sua figura … insomma è come dirgli: guarda Jeff quanto hai contribuito alla mia crescita musicale, spirituale e universale.
In questi giorni sul web si leggono anche tante castronerie e inesattezze riguardo Jeff e il suo rapporto con Jimmy Page (figura prediletta a molti lettori di questo blog). Un mio cugino mi ha persino segnalato un articolo dove si diceva che Beck ha insegnato il mestiere a Page. Ci sarebbe da ridere se non fosse un momento così triste. Parliamo di Page non per vezzo ma per i mille collegamenti tra i due. Dal momento in cui la sorella di Jeff accompagnò suo fratello minore a casa di Jimmy con lo scopo di fargli conoscere un altro “tipo strano ossessionato dalla chitarra” che frequentava la sua stessa scuola, Page e Beck si legarono l’uno all’altro per la vita. Uno dei miei contatti mi ha confermato come Jimmy sia ovviamente distrutto dalla dipartita di Jeff, lo immagino, perdere un amico così stretto, per di più chitarrista supremo e leggendario, per il Dark Lord deve essere durissima. Credo che si aggiunga anche lo smarrimento dovuto alla caducità della vita, per Jimmy fresco 79enne riflettere su di essa deve essere automatico.
Jeff Beck c’è sempre stato per me, perlomeno sin da quando la musica rock mi irretì definitivamente, laggiù negli anni settanta. Se ti innamori dei Led Zeppelin, Jeff Beck viene perlomeno di conseguenza, e se sei chitarrista poi entra a far parte di te nonostante la sua discografica non sia esattamente facile. Sì, certo, TRUTH (1968) è un disco fondante per la musica Rock, ma già il secondo BECK OLA (1969) è sfilacciato (ed è comprensibile, una band costretta a sfornare un album in soli sei giorni senza poi che tra i membri ci fosse uno col chip del songwriting non può certo fare miracoli). ROUGH AND READY (1971) e JEFF BECK GROUP (1972) sono buoni album ma non è che contengano pezzi straordinariamente belli. Il periodo BECK BOGERT & APPICE (più o meno 1973/74) sulla carta doveva essere stimolante, ma il ritorno al Rock in senso stretto per provare ad emulare il successo dei LZ non si rivelò niente di maestoso benché i numeri siano stati ben più che positivi. Intendiamoci, le performance alla chitarra furono leggendarie ma mancavano i pezzi, al solito. Ecco, a mio modo di vedere fino al 1973/74 come chitarristi Page e Beck si equivalevano, poi Page decise di non applicarsi più a dovere e sdraiarsi sugli allori mentre Beck prese il volo e diventò uno dei massimi esponenti della chitarra Rock and beyond. Nella seconda metà dei settanta, affascinato dalla Mahavisnhu Orchestra, Jeff si diede al Jazz Rock, BLOW BY BLOW (1975) e WIRED (1976) sono album legati a quel genere, aggiungerei che anche THERE AND BACK del 1980 è degno di nota. Dopo il brutto disco del 1985 (che però aveva la meravigliosa cover di PEOPLE GET READY di Curtis Mayfield registrata insieme a Rod Stewart) arrivarono album più consoni alla grandezza di un musicista come lui, GUITAR SHOP (1989), WHO ELSE (1999) e nel 2010 il superlativo EMOTION AND COMMOTION (2010) che sfiorò la Top Ten americana. Furono anche gli anni di album che il mio amico statunitense Pete E. – bass player extraordinaire – definirebbe super modern sounding stuff, materiale che non mi attrae particolarmente, ma il fatto è che al di là della discografica a tratti ostica e piena di momenti di musica strumentale poco adatta al grande pubblico, Jeff si è dimostrato un chitarrista e un musicista straordinario, cosmico, ineguagliabile, con ogni probabilità il miglior chitarrista solista dei nostri tempi.
Molti anni fa il giornalista musicale Giuseppe Barbieri su Chitarre scrisse (a proposito del fatto che Beck non fosse un natural born songwriter) che Jeff Beck compone musica con i suoi assoli. Se vogliamo ogni chitarrista che suona un buon assolo compone musica, ma in senso stretto Jeff Beck lo fa in maniera più ampia, il suo genio si materializza durante quegli assoli con cui da lustri affascina il mondo. Il suo controllo delle strumento è totale, dal vivo raggiunge risultati che credo nessun altro potrà mai raggiungere, la sua tecnica, il suo bending, il suo agire sulla leva del vibrato, il lavoro magnifico delle dita della sua mano destra, il suo tocco emozionante sono un qualcosa di divino … ecco sì, da quel punto di vista Jeff Beck è stata una divinità, definirlo eroe è troppo poco.
E poi, diciamocelo, tra l’altro Jeff Beck era un figo della madonna.
Qui sotto, in ordine più o meno cronologico alcuni dei suoi momenti leggendari:
Negli anni 10 degli anni duemila l’ho visto dal vivo due volte e in entrambi i casi la sua chitarra mi è arrivata nell’anima come una lancia, soprattutto la prima volta a Lucca nel luglio 2010 mi scombussolò moltissimo. Sarà che mi trovavo in Toscana, sarà che ero sotto al palco, ma verso la fine di NESSUN DORMA di Puccini mi commossi a tal punto che piansi. Che cavolo di emozioni che riusciva a liberare …
LUCCA SUMMER FESTIVAL 2010
Il mio amico Jon H., anch’egli statunitense, chitarrista professionista, recentemente ha scritto che: “Jeff Beck was the greatest lead guitarist of all time, the ultimate interpreter of melody with a fire and beauty never equaled.” … l’ultimo interprete della melodia con un fuoco e una bellezza mai eguagliati. Come dargli torto.
Caro Jeff, con te se ne va il sublime virtuosismo al completo servizio della musica, attività umana che pochissimi sono riusciti a centrare, se ne va una figura di lignaggio musicale universale, se ne va uno dei miei pochi veri riferimenti. Lo sai che non credo nell’aldilà, dunque non scriverò le solite scempiaggini circa le jam session che potrai fare con gli altri musicisti scomparsi che ritroverai lassù, auguro solo alla scintilla di materia che ancora ti rappresenta di volare in alto nell’universo di aria sonora che tu stesso hai contribuito a creare. Addio Jeff, addio. … there’s a train a-comin’, you don’t need no baggage, you just get on board
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