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Television “Marquee Moon” (1977-2024 Rhino High Fidelity) – TTTTT

9 Mar

La Rhino ha fatto uscire ad inizio gennaio la versione high fidelity del vinile del primo album dei Television, è dunque cosa buona e giusta riprendere in mano questo disco straordinario, rivangare il passato e scrivere qualche riflessione.

Television Marquee Moon - Rhino High Fidelity 2024

Seconda metà degli anni settanta, sono un ragazzino che ha scoperto la musica Rock e che oramai ne è completamente irretito. Vivo di Rock, respiro di Rock, sogno di Rock. I dischi che si sono fusi col mio DNA sono usciti l’altro ieri e io son certo di vivere la contemporaneità, fino a che dalla perfida Albione arriva un movimento che vuol spazzare via tutto quello che io ho appena iniziate ad amare, quel Rock in technicolor che si sta fondendo con la mia stessa vita. Rimango dapprima perplesso, il nuovo Rock che arriva dalla Britannia è una scarica potente ma persino al giovane Tim pare musicalmente modesto (e in bianco e nero) rispetto ai capolavori dell’umanità che uno dopo l’altro mi sto procurando (spendendo tutti i risparmi messi da parte), ma in un secondo momento mi adeguo alla nuova ondata, d’altra parte sono figlio del mio tempo. Amoreggio col Punk (Ramones/Sex Pistols/Clash/Damned/Dead Kennedys), meno con la New Wave (Police, Blondie, Joe Jackson, Devo, Nina Hagen e poco altro) fino a quando non scopro Marquee Moon, primo album di un gruppo di New York che propone un Rock che non riesco a definire ma che entra tra le pieghe della mia anima, i Television.

Television Marquee Moon - Rhino High Fidelity 2024 inner

Nel 1972 Thomas Joseph Miller (Tom Verlaine) e Richard Lester Meyers (Richard Hell) dopo essersi trasferiti a New York dal Delaware formano i Neon Boys insieme al batterista Billy Ficca; attivi dal 1972 al 1973 si sciolgono per ricostituirsi nel giro di 24 ore con nome di Television aggiungendo alla formazione un altro chitarrista, Richard Lloyd . Tra il 1974 e il 1975 riescono a suonare in locali di NY poi diventati leggendari, il CBGB e il Max’s Kansas City costruendosi così una nomea che cattura l’interessa di alcune etichette. In quegli anni registrano un demo tape prodotto da Brian Eno, ma Verlaine non è soddisfatto della produzione. Nel 1975 dissidi interni portano Richard Hell a lasciare il gruppo, viene sostituito dal più regolare Fred Smith (basso). Nel 1976 vengono messi sotto contratto dalla Elektra e Verlaine, che non vuole sottostare al volere di un produttore, chiede loro di essere affiancato da un ingegnere del suono, la scelta cade sul grande Andy Johns perché a Tom piaceva molto il lavoro fatto da Andy per l’album Goats Head Soup dei Rolling Stones.

Television Marquee Moon - Rhino High Fidelity 2024 inner 2

Il disco esce nel febbraio del 1977, già il titolo suggerisce suggestioni, cosa si riesce a vedere al di sopra delle insegne luminose di New York? Qualcuno scrisse che “più che la luna sono dunque le insegne al neon a definire l’atmosfera del disco.”

Television Marquee Moon - Rhino High Fidelity 2024 studio

Tutto l’album è una meraviglia, atmosfere lunari … nuovi territori chitarristici … testi pastorali e al contempo metropolitani che attingono alla vita divisa in scenette di Lower Manhattan. Grande risalto al lavoro delle due chitarre, eccentriche, sperimentali, fredde e calde allo stesso tempo e comunque sempre Rock, anche nei momenti più glaciali.

See No Evil è un (nuovo) Rock deciso, accordi ostinati, fraseggi ripetuti, cantato che definisce il periodo. Ottimo l’assolo di chitarra di Richard Lloyd. Bel momento d’apertura. 

Television Marquee Moon - Rhino High Fidelity 2024 studio 2

Venus è stupenda, una sorta di tango ballato nelle strade illuminate dalle insegne di Lower Manhattan.  Lavoro di chitarre intrigante. L’assolo di Verlaine è fatto di ricami.

Television Marquee Moon - Rhino High Fidelity 2024 photos

Ho sempre pensato che da Friction il nostro indimenticato Ivan Graziani abbia preso idee per la sua Monna Lisa. Ad ogni modo anche questo brano convince. Efficace l’assolo di chitarra di Tom Verlaine fatto di suggestioni sonore. Di nuovo viluppo di chitarre sublime.

Television Marquee Moon - Rhino High Fidelity 2024 notes

Marquee Moon è semplicemente magnifica, oltre 10 minuti di musica colta, elegante, razionale e al contempo piena di vigore. Riuscite le aperture tra un capoverso e l’altro del pezzo. Nel cantato Verlaine ricorda Jagger. Bella prova di Billy Ficca alla batteria (che sembra sempre arrivare tardi a certe mosse ritmiche) ben assistito da Fred Sonic Smith al basso. L’assolo di Verlaine (dopo il terzo ritornello) sembra trasportarci lungo sentieri lunari immaginari … brividi. L’intervallo subito dopo il lungo assolo di Tom e prima della ripresa finale è stupefacente. Questo brano è un capolavoro assoluto della musica Rock.

Television Marquee Moon - Rhino High Fidelity 2024 disc

Anche in Elevation Ivan Graziani deve aver preso una decisa ispirazione dato che l’arpeggio ricorda parecchio quello di Fuoco Sulla Collina; il brano è magnetico, immaginate i Pink Floyd di Animals in versione newyorkese e con l’approccio punk/cerebrale.

In Guiding Light la voce di Verlain mi ricorda ancora quella di Mick Jagger. Questa è una ninna nanna elettrica arricchita da un bel pianino. Assolo di chitarra di LIoyd. Un altro piccolo gioiello.

Television Marquee Moon - Rhino High Fidelity 2024 disc b

Prove It era uno dei brani del disco che ascoltavo più spesso. E’ basato su un giro melodico comune (tipo quello di Stand By Me) che ben presto però viene rinnegato dal resto della canzone. I Television sapevano sorprendere, sempre.

L’ottava e ultima canzone dei Marquee Moon è Torn Curtain, la tenda strappata che viene tirata, il sipario piuttosto angosciante che chiude lo spettacolo. Lacrime, il ritorno agli anni passati, chitarre lancinanti, la fine del disco ci lascia con l’animo in subbuglio.

Television Marquee Moon - Rhino High Fidelity 2024 back

Marquee Moon uscì l’8 febbraio 1977 negli Stati Uniti e il 4 marzo nel Regno Unito, dove ebbe un successo inaspettato e raggiunse il numero 28 nella classifica degli album. Nella Top 30 britannica finirono i due singoli del disco, parte di questo successo fu anche instillato da quanto il grande giornalista Nick Kent scrisse per il New Musical Express.

Mentre era in vacanza a Londra dopo il completamento di Marquee Moon, Verlaine si accorse il gruppo guadagnò appunto la copertina del New Musical Express, informò l’ufficio stampa di Elektra e questa organizzò un  tour nel Regno Unito per capitalizzare quel successo. In maggio fecero il tour nei grandi teatri in UK, per Verlaine fu un sollievo esibirsi in quegli spazi molto più grandi rispetto ai piccoli club in cui era abituato a suonare. Il gruppo di supporto era quello dei Blondie e ciò creò qualche malumore, Verlaine pensava non fosse una buona scelta causa la diversità artistica, in generale i rapporti furono freddi, i Television sembravano poco accomodanti nei confronti del gruppo spalla.

In Usa suonarono come supporto a Peter Gabriel, ma il tour fu poco gratificante visto che il pubblico medio dell’ex Genesis non accolse positivamente i Television. L’Elektra inoltre non pubblicizzò a dovere Marque Moon che arrivò a vendere solo 80.000 e dunque non entrò nemmeno nella Top 200. Nel 1978 uscì il secondo album Adventure, buon successo di critica ma ancora vendite irrisorie. Malumori, poco successo commerciale, l’uso di droghe da parte di LIoyd … è così che il gruppo si sciolse.

Rimane un mistero per me il perché questo album non compaia in tutte le discoteche degli amanti della musica Rock, perché sia chiaro: questo disco è un’opera eccezionale.

Elenco tracce

A1 See No Evil

Guitar [Guitar Solo] – Richard*
3:56
A2 Venus

Guitar [Guitar Solo] – Tom*
3:48
A3 Friction

Guitar [Guitar Solo] – Tom*
4:43
A4 Marquee Moon

Guitar [Guitar Solo After Second Chorus] – Richard*
Guitar [Guitar Solo After Third Chorus] – Tom*
10:43
B1 Elevation

Guitar [Guitar Solo] – Richard*
5:08
B2 Guiding Light

Guitar [Guitar Solo] – Richard*
Written-By – Lloyd*Verlaine*
5:36
B3 Prove It

Guitar [Guitar Solo] – Tom*
5:04
B4 Torn Curtain

Guitar [Guitar Solo] – Tom*
7:00

Crediti

  • Art Direction – Tony Lane (2)
  • Art Direction [Rhino Hi-Fi], Design [Rhino Hi-Fi] – Rachel Gutek
  • Artwork [Back Cover Art] – Billy Lobo
  • Bass, Vocals – Fred Smith (7)
  • Booklet Editor [Rhino Hi-Fi Editorial] – Sheryl Farber
  • Drums – Billy Ficca
  • Engineer – Andy Johns
  • Engineer [Assisted By] – Jim Boyer
  • Guitar, Vocals – Richard Lloyd
  • Keyboards – Tom*
  • Lacquer Cut By – Kevin Gray
  • Lead Vocals, Guitar – Tom Verlaine
  • Liner Notes – David Fricke
  • Logo [Rhino Hi-Fi] – Lisa Glines
  • Lyrics By – Verlaine*
  • Management – The Wartoke Concern, Inc.*
  • Management [Rhino Hi-Fi] – John Telfer (2)
  • Mastered By – Greg CalbiLee Hulko
  • Mixed By – Andy Johns
  • Mixed By [Assisted By] – Jimmy DouglassRandy Mason
  • Photography By – Robert Mapplethorpe
  • Photography By [Rhino Hi-Fi Photo Editor] – Amelia Halverson
  • Producer – Andy JohnsTom Verlaine
  • Production Manager [Rhino Hi-Fi Packaging Manager] – Kristin Attaway
  • Project Manager [Rhino Hi-Fi Project Assistance] – Jutta KoetherLauren GoldbergMike WilsonSteve WoolardSusanne SavageTruman Lusson
  • Songwriter [Booklet Credit] – Billy FiccaFred Smith (7)Richard LloydTom Verlaine
  • Songwriter [Label Credit] – Verlaine* (tracce: A1 to B1, B3, B4)
  • Supervised By [Rhino Hi-Fi Project Supervision] – Patrick Milligan
Marquee Moon track use the full-length version, which times out at 10:43 although the label says 9:58.
AAA cut from the original stereo master tapes by Kevin Gray.
Pressed on 180-gram heavyweight vinyl at Optimal.
Heavyweight glossy, tip-on gatefold jacket.
Features an exclusive insert with notes by David Fricke, featuring commentary from band members Richard Lloyd, Fred Smith, and Billy Fica.
Limited numbered edition of 5,000.Runouts are etched, =1 and +1 are mirrored.Recorded at A & R Studios, New York City
Mixed at Atlantic Studios…
Mastered… at Sterling Sound Inc.
All songs published by Double Exposure Music, Ltd.℗ & © 2024, 1977 Elektra Entertainment, a Warner Music Group Company.
Manufactured for & Marketed by Rhino Entertainment Company, a Warner Music Group Company, 777 S. Santa Fe Avenue, Los Angeles, CA 90021. Made in U.S.A.©1977 Double Exposure Music, Ltd. ASCAPOn the labels: Made in Germany. GEMA/BIEMBooklet: All songs… published by Rocking Gorillas Music.

UFO “Lights Out” deluxe edition (1977/2024 Chrysalis) – TTTTT

21 Feb

Come scrissi nell’articolo relativo alla recensione di Force It (1975) (vedi link in fondo all’articolo), gli Ufo mi arrivano nella seconda metà degli anni settanta. Dopo Force It scoprire Lights Out fu un momento memorabile per il giovane Tim. Lights Out è infatti l’album della consacrazione internazionale (raggiunge il 23esimo posta nella classifica USA), ha una produzione di livello e contiene un (Hard) Rock di stampo britannico di gran lignaggio. Nel 1982 (direi) Giancarlo Trombetti ne scrisse (mi pare) sulla rivista Tuttifrutti inserendolo tra i migliori 25 album di Hard Rock, io ne fui estasiato, erano anni duri per il Rock e l’Hard Rock degli anni settanta, la new wave, il post punk e la musica elettronica cercavano di schiacciare in un angolo quel tipo di musica, così poterne leggere su di un giornale musicale generalista fu una grande emozione per il ragazzo che ero (Trombetti incluse anche altri album facenti parte del mio DNA, tipo Rocks degli Aerosmith, e così diventò definitivamente uno dei giornalisti musicali a cui facevo riferimento …lui, Riva, Federico Ballanti, Manuel Insolera e qualche altro).

Circa un anno fa, il nostro Michigan boy mi scrisse questo su whatsapp:

Polbi: what can I say….giornate di sconforto profondo, ma sono giunto alla conclusione che – grazie alla chiavetta che mi hai inviato – gli UFO periodo Lights Out sono la più grande band della storia del rock.

Ora, io e Polbino ogni tanto amiamo fare gli asini, lanciare boutade e andare sopra le righe, però però … se anche un amante un po’ cagacaxxo del Rock e sempre diffidente del mainstream come il mio amico si lascia travolgere dagli oggetti volanti non identificati, beh, allora ci siamo.

Esce oggi la nuova edizione rimasterizzata di questo grande disco con in più la versione rimixata di un concerto del 1977 appunto. Non potevamo perdercela.

CD 1 Lights Out – 2024 Remaster – TTTTT

“Too Hot to Handle” (Way, Mogg) apre le danze con un bel riff anni settanta, ritmica quadrata, approccio pieno di cazzimma, bell’assolo di Schenker e grande prova di Mogg. Classico Hard Rock britannico del periodo. Sul finale Michele Tavernari (vabbe’, Michael Schenker) si scatena. Limpida la produzione.

“Just Another Suicide” (Raymond, Mogg) è un gustoso Rock elettroacustico, si sente la mano di Paul Raymond nel songwriting. Immacolata la solista. Le tastiere sostengono e caratterizzano il pezzo senza risultare irritanti. Il basso di Way è efficace nonostante la sua eterna semplicità. Parker rockeggia bene, Schenker e Mogg di nuovo grandissimi.

“Try Me” (Schenker, Mogg) è di difficile collocazione nel mio cuore, mi piace o l’arrangiamento melenso mi impedisce di farla mia? Piano troppo solenne e sezione d’archi che per quanto idonea in alcune parti risulta un po’ pacchiana. Assolo di chitarra melodico, forse troppo, ma comunque piacevole, assolo su cui fu costruita questa canzone da Mogg e Raymond. Quando entra la sezione ritmica la solista si fa Rock.

La canzone “Lights Out” (Schenker, Parker, Mogg, Way) sembra rifarsi agli scontri del 1976 tra i partecipanti del Notting Hill Carnival e la polizia (sempre poco tenera con immigranti e gente di colore), lo stesso evento ispirò i Clash per (il loro singolo) White Riot. Nata da un riff di Pete Way è chiaramente ispirata a Achilles Last Stand dei Led Zeppelin. Bella prova di tutta la band. Schenker semplicemente stupendo.

Ufo Lights Out 1977 - 2024 Edition

“Gettin’ Ready” (Schenker, Mogg) è un Rock elettro-acustico. Pesante, pungente, appagante. Il break lento riporta a galla lo space-Rock degli UFO degli esordi.

“Alone Again Or” (Bryan MacLean) è la cover del brano dei Love, bel momento del periodo hippie del Rock.

Ufo Lights Out 1977 - 2024 Edition b

“Electric Phase” (Way, Mogg, Schenker) è un Hard Rock senza compromessi aiutato dalla slide guitar, sfumature orientaleggianti riecheggiano qua e là. Magari niente di memorabile ma assolutamente fruibile. La solista di Michel sempre ispirata.

Ufo Lights Out 1977 - 2024 Edition c

“Love to Love” (Schenker, Mogg) … eccolo qui uno dei super classici del gruppo e al contempo deep cut, Rock elaborato, linee melodiche bellissime, testo emozionante che tratta il profondo desiderio e la devozione che l’amore può ispirare, l’ardore di sperimentare e abbracciare le complessità di quel sentimento, nonostante il potenziale di angoscia. Siamo di fronte ad un grandissimo pezzo Rock a tutto tondo.

Ricamo pianistico d’effetto, interludio Hard Rock, strofa soave, passaggi strumentali, chitarre soliste armoniose, finale con crescendo impetuoso. Una meraviglia

Misty green and blue
Love to love to love you

Tre bonus track, Too Hot To Handle (Edit), Try Me (7” Version) e Alone Again Or (Acoustic Rough Studio Version) ovvero Phil Mogg e due chitarre acustiche.

Copertina a cura di Higpnosis con foto scattate all’interno della Centrale Elettrica di Battersea. In primo piano Phil Mogg, in secondo piano Michael Schenker. Il nuovo remaster è convincente.

CD 2 Live At The Roundhouse, London 2nd April 1977 – 2024 Remix – TTTT+

Il concerto presente in questa deluxe edition (il primo del Lights Out tour) è stato rimixato e questo rende la resa sonora dell’esibizione live frizzante.

UFO 1977

UFO 1977

Nel 1977 gli UFO erano una band che non faceva prigionieri, nonostante l’approccio blues’n’booze e alcuni screzi la coesione era notevole e le esibizioni entusiasmanti. E’ sufficiente ascoltare il brano Lights Out per rendersene conto. Gettin’ Ready è più granitica e ovviamente con meno fronzoli …

Love To Love soffre un poco il suono delle tastiere, poco esaltante dal vivo. On With The Action proviene dall’album precedente (No Heavy petting del 1976) mentre il primo mega classico Doctor Doctor dal primo disco con Schenker (Phenomenon del 1974). In Try Me le tastiere che cercano di replicare gli archi mi rendono un po’ nervoso, ma d’altra parte rendere dal vivo certo brani non è semplice. Too Hot To Handle è hard rock bollente.

UFO-Lights-Out-CD 2024 edition

L’ultima parte del concerto è dedicata quasi interamente all’album Force It del 1975, Out In The Street e This Kid’s sono durissime, Shoot Shoot e Let It Roll lo sono ancor di più … che bel gruppo di rockettari che erano gli Ufo in quel periodo. Schenker scatenato.

Rock Bottom (da Phenomen 1974) contribuisce a mantenere alta la temperatura.

Di solito tendo a non sopportare i pezzi rock and roll anni 50 suonati dalle Hard Rock band (tantomeno da quelle Heavy Metal), manca quasi sempre lo swing e le finezze chitarristiche, tuttavia C’mon Everybody – benché sia in versione “centurionica” – non è malaccio, dai.

Ad ogni modo ottimo cd live questo.

UFO-Lights-Out-Vinyl-LP 2024 edition

Concludendo questa deluxe edition è davvero ben fatta seppur sia concepita in versione, diciamo così, economica (25 euro). La grande bellezza della musica Rock è avere nella propria discoteca album come questo.

◊ ◊ ◊

  • CD 1: Lights Out (2024 Remaster)
    1. Too Hot To Handle
    2. Just Another Suicide
    3. Try Me
    4. Lights Out
    5. Gettin’ Ready
    6. Alone Again Or
    7. Electric Phase
    8. Love To Love
    Bonus tracks
    1. Too Hot To Handle (Edit)
    2. Alone Again Or (Acoustic Rough Studio Version)
    3. Try Me (7” Version)
  • CD 2: Live at the Roundhouse, London, 2nd April 1977
    1. Lights Out
    2. Gettin’ Ready
    3. Love To Love
    4. On With The Action
    5. Doctor Doctor
    6. Try Me
    7. Too Hot To Handle
    8. Out In The Street
    9. This Kid’s
    10. Shoot Shoot
    11. Rock Bottom
    12. Let It Roll
    13. C’mon Everybody
  • Artwork – Higpnosis
  • Artwork By – Hugh Gilmour
  • Bass – Pete Way 
  • Drums – Andy Parker 
  • Lead Guitar – Michael Schenker
  • Lead Vocals – Phil Mogg
  • Liner Notes – Michael Hann 
  • Producer – Ron Nevison
  • Project Manager – James Batsford
  • Remastered By – Andy Pearce (tracce: 1.1 to 1.11), Matt Wortham (tracce: 1.1 to 1.11)
  • Remix – Richard Whittaker (tracce: 2.1 to 2.13)
  • Rhythm Guitar, Keyboards, Backing Vocals – Paul Raymond 

Note

CD 1 Lights Out – 2024 Remaster
CD 2 Live At The Roundhouse, London 2nd April 1977 – 2024 Remix
All Recordings originally: ℗ 1977 Chrysalis Records Limited
CRVX1531, The copyright in this compilation is owned by Chrysalis Records Limited.
℗ 2024 Chrysalis Records Limited. © 2024 Chrysalis Records Limited.

♦ ♦ ♦

GLI UFO SUL BLOG:

UFO “No Heavy Petting” deluxe edition (1976/2023 Chrysalis) – TTT ¾

UFO – High Stakes & Dangerous Men/Lights Out in Tokyo (2022 Cherry Red Records) – TTT½

UFO “Force It” (Deluxe Edition) (2021 Chrysalis Records) – TTTTT

UFO – Milano, Legend Club 1 nov 2015 – TTTT

Anthony Gomes – Peace, Love & Loud Guitars (2024 Remix) (2024) – TTT½

27 Gen

Anthony Gomes, chitarrista nato in Canada nel 1970 da padre portoghese e madre franco-canadese, vincitore di diversi blues awards e mattatore negli ultimi anni nelle classifiche di vendita per la categoria blues di Billboard. Quest’anno è uscito il rimissaggio del suo album del 2018.

Rispetto agli altri “nuovi” chitarristi blues Gomes prende sentieri (leggermente) diversi, non si serve solamente delle classiche 12 battute, il suo songwriting dalle tinte blues attinge dal Rock, dal soul e dai generi che ben si mischiano al blues. Questo è l’aspetto positivo, composizioni in tema blues che si discostano dall’eterno formato del I, IV e V grado.

Gli aspetti che mi convincono meno sono i clichè in cui pesca Gomes e l’approccio piuttosto centurionico, come diciamo qui sul blog. Troppa enfasi nel cantato (ricorda Coverdale) e atteggiamento sempre sopra le righe.

Detto questo esploriamo questo remix del suo terz’ultimo album.

Anthony Gomes - Peace, Love & Loud Guitars (2024 Remix) (2024) a

Come Down è una sorta di preghiera dove si chiede a BB King di tornare dal paradiso perché il regno non ha più un re. In altri tempi questo mi sarebbe stato sufficiente per accantonare il disco (Ittod lo avrebbe gettato dalla finestra). L’incerta età mi porta però ad essere più cauto (a volte) e dunque ad ascoltare questo album per intero. L’Intro vocale è una specie di voodoo gospel, il resto sono accordi distorti su cui ogni tanto fa capolino una solista che fraseggia di blues. Il ponte è davvero molto Coverdale, epoca primi Whitesnake. L’assolo di chitarra è pieno dei cliché del genere con qualche spruzzata più contemporanea. Tutto sommato vi sono momenti in cui rimango incollato alla canzone. Il nuovo missaggio del 2024 esaspera l’atteggiamento, nell’originale del 2018 sicuramente più pacato.

White Trash Princess ovviamente parla di una principessa, di una bella ragazza della comunità bianca e povera nel sud degli States. Inizia come altre mille canzoni hard rock americane basate sui sapori Blues. Assolo di chitarra sul finale.

Blues in the First Degree, bluesaccio senza particolarità di sorta eppure eccomi ad ascoltarlo sino alla fine. Nell’assolo Anthony fa sfoggio del tapping.

Nasty Good continua sulla stessa strada, approccio deciso, accordoni di chitarra elettrica, vociona che enfatizza la portata del Blues. Roba sentita altre volte. Che dire del blues The Whiskey Made Me Do It condito dalla chitarra slide? Niente di nuovo? E certo, ma che ci posso fare se quando arriva la corrente del blues vengo trascinato via? Se poi nel video Anthony usa la Gibson Firebird chi è che sa resistere? Io e il mio amico Jaypee certamente no.

Arriva poi la ballatona You Are Amazing e l’uomo che sono non può che apprezzare. Echi degli Aerosmith, melodia niente male, chitarrina elegante, voce intrigante. D’effetto l’intermezzo che in allungo arriva sino al finale, con la chitarra che piange dolcemente. Mi commuovo, ma è una faccenda personale, non penso ad una donna, bensì ad un esserino sorprendente che avevo come amico e che ho perso.

Peace, Love & Loud Guitars nel ritornello sembra una canzone dei Motley Crue, nella strofa pare la canzone standard Rock, io e Picca sapremmo scriverne di questo tenore almeno due o tre al giorno. Con Stealin’ from the Devil si torna al blues, o perlomeno con un inizio del genere, uno di quelli che sembrano usciti dalla colonna del film Crossoroads (in Italia “Mississippi Adventure”) a firma Ry Cooder. Il testo stavolta parla di …tutti in piedi… Robert Johnson (il nostro padre putativo). Assolo suonato con la slide,

Il già sentito è la base compositiva di Your Mama Wants to Do Me (and Your Daddy Wants to Do Me in), niente da segnalare.

The Only Woman I’ve Ever Loved è un blues dozzinale, uno di quei lavori (come diciamo qui in Emilia) che si suonano nelle sale prove per carburare. Niente da segnalare parte 2.

Succede poi qualcosa di sorprendente: con Hard Road Easy arriva Kashmir dei Led Zeppelin. Cosa c’entri una scopiazzatura del genere non è chiaro. Aver scritto qualcosa che si discosti dal solito songwriting basato sul blues può essere salutare, ma mettere in campo riferimenti così netti non credo sia utile al progetto senza contare che si rischia di perdere credibilità.

Take Me Back Home è la seconda ballata del disco, sapori gospel, accenti soul, tempi in 3/4. Bella canzoncina.

A fine album ci sono versioni acustiche delle due canzoni lente e il Radio Edit di una di esse. Devo ammettere che la versione acustica di You’re Amazing mi tocca, mi arriva, mi prende. Il motivo sarà forse quello che ho spiegato sopra, ma per me funziona.

Anthony Gomes - Peace, Love & Loud Guitars (2024 Remix) (2024) b

Album dunque capace di irretirmi, non vi è musica magistrale in esso, ma al di là della propensione alla centuria, riesco a scovare qualcosa di genuino, che poi è la qualità intrinseca del Blues.

◊ ◊ ◊

1 Come Down
2 White Trash Princess
3 Blues in the First Degree
4 Nasty Good
5 The Whiskey Made Me Do It
6 You Are Amazing
7 Peace, Love & Loud Guitars
8 Stealin’ from the Devil
9 Your Mama Wants to Do Me (and Your Daddy Wants to Do Me in)
10 The Only Woman I’ve Ever Loved
11 Hard Road Easy
12 Take Me Back Home
13 You Are Amazing (Acoustic)
14 Take Me Back Home (Acoustic)
15 You Are Amazing (Radio Edit)

  • Acoustic Guitar – Chris Leuzinger
  • Backing Vocals – Angela PrimmDevonne FowlkesGale Mayes-Stuart
  • Bass Guitar – Mike Brignardello
  • Drums – Greg Morrow
  • Mixed By, Mastered By – Chris Collier
  • Producer – Peter Carson
  • Vocals, Guitar, Producer, Backing Vocals – Anthony Gomes

Rolling Stones “Hackney Diamonds” (2023 Polydor Geffen) – TTT¾

3 Dic

Ho lasciato passare un po’ di tempo prima di parlare di questo nuovo album dei Rolling affinché si placasse un po’ la fustinella* dovuta alla sua uscita; sì perché un nuovo album di Mick & Keith non è certo robetta da poco per uomini di blues di un (in)certa età come noi.  Evito di impantanarmi, qui nelle righe introduttive, nelle considerazioni che hanno fatto un po’ tutti e prendo l’album per quello che è, cercando di non farmi condizionare dalle inevitabili sovrastrutture riguardo i grandi gruppi Rock che amo. Detto questo, faccio una eccezione solo per citare un commento di David Browne, il critico di Rolling Stone dove ha scritto che il disco vale molteplici ascolti, che il drumming di Steve Jordan è di valore e soprattutto che la band ha scritto testi rilevanti senza the late-in-life introspection heard on recent records by some of the Stones’ peers” … “l’introspezione in età avanzata ascoltata nei dischi recenti da alcuni dei colleghi degli Stones”.

Ecco, questo punto mi piace molto, intendiamoci, io sono il primo a scivolare nella introspezione di cui si parla, ma che a ottant’anni i Rolling rimangano immuni da questo aspetto mi fa ha molto piacere. A fine articolo vi sono i dati tecnici relativi al disco, mi concentro dunque subito sulle canzoni, aggiungo solo che Hackney Diamonds è arrivato al terzo posto negli USA, al primo in UK (100.000 copie vendute), in Germania (100.000 copie vendute) e in Francia (50.000 copie vendute), quinto in Giappone, secondo in Italia e nei primissimi posti delle classifiche di moltissimi altri paesi.

Rolling Stones Hackney DiamondsDi Angry (Jagger–Richards, Andrew Watt) ne avevo già parlato qui sul blog il 14 settembre poco dopo l’uscita del singolo, copio-incollo quello scritto a suo tempo:

“Nuovo singolo dei Rolling, che devo dire … non mi dispiace nemmeno un po’. Meno banale di quel che mi aspettassi e la melodia nella sezione con gli accordi (diciamo così) mi pare carina. Per gente che scrive pezzi da 60 anni e che ha 80 anni Angry è un bel prodottino, chapeau! Godibilissimo l’assolo centrale di chitarra, minimal ma con un senso Rock mica da ridere.  Mi piace anche il video, certo … vi è la bella pheega vestita di Rock che fa le mossettina su una decapottabile che attraversa la città assolata, ma il gioco con i video nei billboard dell’epoca è vincente. Ragazzi, che fighi i Rolling!”

Get Close” (Jagger–Richards, Watt) è un altro buon momento, nessuna rivoluzione musicale ma neppure odore di stantio, fresco e dinamico. Bene Steve Jordan alla batteria (di questo mi preoccupavo molto), bene Jagger, buono il basso di Andrew Watt.

Depending On You (Jagger–Richards, Watt) mi piace, un sorta di ballata mid tempo, nulla di nuovo, ma molto piacevole; belle chitarre, uno di quei testi amari ma lontani dall’auto indulgenza, schietto, semplice, diretto. Cazzo, che grandi.

Bite My Head Off (Jagger–Richards) è un roccaccio affrontato con spirito punk. Curioso avere Macca al basso in un brano così. Testo riuscito, diretto, cattivo e credibile … e sì, ai meno svegli sembrerà inadeguato che un ottantenne canti cose del genere, ma siamo qui con i Rolling Stones baby, con loro tutto è possibile.

Whole Wide World (Jagger–Richards) ha un ritornello ruffiano che crea una dicotomia con la strofa dalla foggia new wave, ma accidenti tutto sembra funzionare comunque. I testi mi piaccio molto, con questo poi mi ritrovo nella mia comfort zone obliqua:

Well, the dreary streets of London
They never promised much
A dead-end job to nowhere
And all your dreams are crushed

When the whole wide world’s against you
And you’re standing in the rain
When all your friends have let you down
And treat you with disdain
And you think the party’s over
But it’s only just begun
Let’s raise a glass, get up and dance
‘Cause life’s just hit and, hit and, hit and run

Dreamy Skies (Jagger–Richards) ha il classico andamento country tanto caro al gruppo, chitarra slide, chitarra acustica, qualche zampata elettrica di Keith Richards, tutto già sentito, eppure è una meraviglia, vi è come una patina nuova che rende frizzante il tutto, e poi di nuovo Jagger e un testo che funziona. Indomiti Rolling Stones .

Mess It Up (Jagger–Richards) ha alla batteria Charlie Watts il che mi fa scappare qualche sospiro. Rock alla Rolling Stones con ritornello efficace che a me ricorda gli umori del primo album solista di Mick Jagger (She’s The Boss 1985).

Rolling Stones

In Live By The Sword (Jagger–Richards) si risente al basso Bill Wyman, alla batteria vi è ancora Charlie Watts. Strofa banalotta, ponte passabile, sviluppo seguente che ha il suo perché. Elton John al piano. Assolo di chitarra convincente.

Driving Me Too Hard (Jagger–Richards) è figlia di Tumbling Dice, è carina, soffice eppur decisa; belle chitarre, Steve Jordan porta rispetto a Charlie Watts. La formula del songwriting può apparire consunta ma in realtà vi è una freschezza intrinseca che aiuta a respirare a pieni polmoni questa gradevole aria sonora.

Tell Me Straight (Jagger–Richards) la canta Keith Richards … è uno di quei pezzi medio lenti, un po’ obliqui tipici di Keef, di solito ne vado matto, ma questo non mi colpisce granché.

Sweet Sounds Of Heaven (Jagger–Richards) vede la partecipazione di Lady Gaga e Stevie Wonder, sento dire in giro che è un pezzo geniale che mischia gospel, etc etc … sì ci sono accenti gospel che si sposano ad una matrice soul/doo woop ma non ho nessun timore a dire che non è un pezzo geniale; l’intermezzo (20 secondi dal minuto 3:10) funziona ed è bello, ma il resto è imbastito su aspetti compositivi piuttosto logori.

L’ultimo pezzo è Rolling Stone Blues (Muddy Waters), il brano di McKinley Morganfield da cui il gruppo prese il nome. E’ così che si chiude il cerchio, un blues fangoso, al contempo luminoso e tenebroso. Chitarra, voce e armonica. Keith e Mick così come avevano cominciato. Un Blues senza compromessi, schietto, dissoluto, autentico. Lo sapevamo già, ma che cazzo di band quella dei Rolling Stones!

The-Rolling-Stones

All songs written by Jagger–Richards, except where noted.

  1. “Angry” (Jagger–Richards, Andrew Watt) – 3:46
  2. “Get Close” (Jagger–Richards, Watt) – 4:10
  3. “Depending On You” (Jagger–Richards, Watt) – 4:03
  4. “Bite My Head Off” – 3:31
  5. “Whole Wide World” – 3:58
  6. “Dreamy Skies” – 4:38
  7. “Mess It Up” – 4:03
  8. “Live by the Sword” – 3:59
  9. “Driving Me Too Hard” – 3:16
  10. “Tell Me Straight” – 2:56
  11. “Sweet Sounds of Heaven” – 7:22
  12. “Rolling Stone Blues” (Muddy Waters) – 2:41

The Rolling Stones

  • Mick Jagger – lead and backing vocals, guitar, percussion, harmonica on “Dreamy Skies” and “Rolling Stone Blues”
  • Keith Richards – guitar, bass guitar, backing vocals, lead vocals on “Tell Me Straight”[100]
  • Ronnie Wood – guitar, bass guitar, backing vocals

Additional personnel

  • Paulina Almira – illustration
  • Ron Blake – trumpet on “Get Close” and “Sweet Sounds of Heaven”.
  • David Campbell – string arrangement
  • Matt Clifford – keyboards, piano, Wurlitzer[
  • Matt Colton – mastering at Metropolis Studios
  • Karlos Edwards – percussion
  • Serban Ghenea – mixing at MixMaster Studios, Virginia Beach, Virginia, United States (except “Rolling Stone Blues”)
  • Elton John – piano on “Get Close” and “Live by the Sword”
  • Steve Jordan – drums
  • James King – saxophone on “Get Close” and “Sweet Sounds of Heaven”.
  • Lady Gaga – vocals on “Sweet Sounds of Heaven”
  • Paul Lamalfa – mixing on “Rolling Stone Blues”
  • Paul McCartney – bass guitar on “Bite My Head Off”
  • Studio Fury – art direction and design
  • Benmont Tench – keyboards and organ on “Depending On You” and “Dreamy Skies”
  • Marc VanGool – Technician, Guitar Technician [Studio Assistant]
  • Don Was – additional production on “Live by the Sword”
  • Andrew Watt – bass guitar, guitar, percussion, keyboards, backing vocals, string arrangement, mixing on “Rolling Stone Blues”, production
  • Charlie Watts – drums on “Mess It Up” and “Live by the Sword”
  • Stevie Wonder – keyboards and piano on “Sweet Sounds of Heaven”
  • Bill Wyman – bass guitar on “Live by the Sword”

1 Angry

Backing Vocals, Percussion – Andrew Watt (3)
Drums – Steve Jordan
Engineer [Recording Engineer] – Marco SonziniPaul LaMalfa
Engineer [Recording Engineers Assisted By] – Joe Dougherty (3)Kelsey Porter (2)Tommy Turner (7)
Mixed By – Serban Ghenea
Mixed By [Assistant] – Bryce Bordone
Piano – Matt Clifford
Technician [Studio Assistant] – Marc Van Gool*Pierre De Beauport
Written-By – Andrew Watt (3)Keith RichardsMick Jagger
3:47
2 Get Close

Bass, Backing Vocals – Andrew Watt (3)
Drums – Steve Jordan
Electric Piano [Wurlitzer Piano] – Matt Clifford
Engineer [Recording Engineer] – Marco SonziniPaul LaMalfaPierre De Beauport
Engineer [Recording Engineers Assisted By] – Ali TamposiBarnabas PoffleyJoe BriceJoe Dougherty (3)Kelsey Porter (2)Rich EvattTommy Turner (7)
Featuring, Piano – Elton John
Mixed By – Serban Ghenea
Mixed By [Assistant] – Bryce Bordone
Percussion – Karlos Edwards
Saxophone – James King
Technician [Studio Assistant] – Brendan MorawskiJoe Dougherty (3)Marc Van Gool*Pierre De Beauport
Trumpet – Ron Blake (4)
Written-By – Andrew Watt (3)Keith RichardsMick Jagger
4:11
3 Depending On You

Arranged By [String Arrangement], Conductor [String Conductor] – David Campbell
Bass, Guitar, Backing Vocals, Percussion, Arranged By [String Arrangement] – Andrew Watt (3)
Cello – Jacob BraunPaula Hochhalter
Contractor [String Contractor] – Suzie Katayama
Copyist [Music Prep] – Bettie RossCaryn Rasmussen
Drums – Steve Jordan
Electric Organ [Hammond Organ] – Benmont Tench
Engineer [Recording Engineer] – Marco SonziniPaul LaMalfa
Engineer [Recording Engineers Assisted By] – Ali TamposiJoe Dougherty (3)Kelsey Porter (2)Tommy Turner (7)
Mixed By – Serban Ghenea
Mixed By [Assistant] – Bryce Bordone
Piano – Matt Clifford
Technician [Studio Assistant] – Marc Van Gool*Pierre De Beauport
Viola – Luke MaurerTom Lea
Violin – Alyssa ParkCharlie BisharatJennifer Takamatsu*Michele RichardsPhilip VaimanSara ParkinsSonga LeeTereza Stanislav
Written-By – Andrew Watt (3)Keith RichardsMick Jagger
4:03
4 Bite My Head Off

Drums – Steve Jordan
Engineer [Recording Engineer] – Marco SonziniPaul LaMalfa
Engineer [Recording Engineers Assisted By] – Barnabas PoffleyJoe BriceJoe Dougherty (3)Kelsey Porter (2)Rich EvattTommy Turner (7)
Featuring, Bass – Paul McCartney
Mixed By – Serban Ghenea
Mixed By [Assistant] – Bryce Bordone
Piano – Matt Clifford
Technician [Studio Assistant] – Brendan MorawskiMarc Van Gool*Pierre De Beauport
Written-By – Mick Jagger / Keith Richards*
3:31
5 Whole Wide World

Bass, Backing Vocals, Percussion – Andrew Watt (3)
Drums – Steve Jordan
Engineer [Recording Engineer] – Lars FoxMarco SonziniPaul LaMalfa
Engineer [Recording Engineers Assisted By] – Barnabas PoffleyJoe BriceJoe Dougherty (3)Kelsey Porter (2)Rich EvattTommy Turner (7)
Mixed By – Serban Ghenea
Mixed By [Assistant] – Bryce Bordone
Piano, Electric Piano [Rhodes], Keyboards – Matt Clifford
Technician [Studio Assistant] – Brendan MorawskiMarc Van Gool*Pierre De Beauport
Written-By – Mick Jagger / Keith Richards*
3:58
6 Dreamy Skies

Drums – Steve Jordan
Electric Organ [Hammond Organ] – Benmont Tench
Engineer [Recording Engineer] – Dave O’DonnellLars FoxMarco SonziniPaul LaMalfa
Engineer [Recording Engineers Assisted By] – Carl BespolkaDani Perez (4)Joe Dougherty (3)John Rooney (10)Kelsey Porter (2)Lee Foster (3)Tommy Turner (7)
Mixed By – Serban Ghenea
Mixed By [Assistant] – Bryce Bordone
Piano, Electric Piano [Rhodes] – Matt Clifford
Technician [Studio Assistant] – Marc Van Gool*Pierre De Beauport
Written-By – Mick Jagger / Keith Richards*
4:38
7 Mess It Up

Bass, Guitar, Keyboards [Keys] – Andrew Watt (3)
Drums – Charlie Watts
Engineer [Recording Engineer] – Krish SharmaLars FoxMarco SonziniPaul LaMalfa
Engineer [Recording Engineers Assisted By] – Barnabas PoffleyCheno WangJoe BriceJoe Dougherty (3)John Costello (7)Kelsey Porter (2)Rich EvattTommy Turner (7)
Mixed By – Serban Ghenea
Mixed By [Assistant] – Bryce Bordone
Percussion – Karlos Edwards
Piano, Keyboards [Keys], Electric Piano [Wurlitzer Piano] – Matt Clifford
Technician [Studio Assistant] – Brendan MorawskiMarc Van Gool*Pierre De Beauport
Written-By – Mick Jagger / Keith Richards*
4:04
8 Live By The Sword

Bass – Bill Wyman
Drums – Charlie Watts
Engineer [Recording Engineer] – Krish SharmaLars FoxMarco Sonzini
Engineer [Recording Engineers Assisted By] – Barnabas PoffleyJoe BriceJoe Dougherty (3)John Costello (7)Kelsey Porter (2)Rich EvattTommy Turner (7)
Engineer [Vocals Engineered By], Recorded By [Vocals Recorded By] – Matt Clifford
Featuring, Piano – Elton John
Mixed By – Serban Ghenea
Mixed By [Assistant] – Bryce Bordone
Recorded By [Drums Recorded By], Producer [Drums Produced By] – Don Was
Technician [Studio Assistant] – Brendan MorawskiMarc Van Gool*Pierre De Beauport
Written-By – Mick Jagger / Keith Richards*
3:59
9 Driving Me Too Hard

Backing Vocals, Percussion – Andrew Watt (3)
Drums – Steve Jordan
Engineer [Recording Engineer] – Lars FoxMarco SonziniPaul LaMalfa
Engineer [Recording Engineers Assisted By] – Barnabas PoffleyJoe BriceJoe Dougherty (3)Kelsey Porter (2)Rich EvattTommy Turner (7)
Mixed By – Serban Ghenea
Mixed By [Assistant] – Bryce Bordone
Piano, Organ, Electric Piano [Rhodes] – Matt Clifford
Technician [Studio Assistant] – Brendan MorawskiMarc Van Gool*Pierre De Beauport
Written-By – Mick Jagger / Keith Richards*
3:16
10 Tell Me Straight

Drums – Steve Jordan
Electric Piano [Rhodes] – Matt Clifford
Engineer [Recording Engineer] – Lars FoxMarco SonziniPaul LaMalfa
Engineer [Recording Engineers Assisted By] – Barnabas PoffleyJoe BriceJoe Dougherty (3)Kelsey Porter (2)Rich EvattTommy Turner (7)
Mixed By – Serban Ghenea
Mixed By [Assistant] – Bryce Bordone
Technician [Studio Assistant] – Brendan MorawskiMarc Van Gool*Pierre De Beauport
Written-By – Mick Jagger / Keith Richards*
2:57
11 Sweet Sounds Of Heaven

Bass, Backing Vocals – Andrew Watt (3)
Drums – Steve Jordan
Electric Organ [B3 Organ] – Matt Clifford
Engineer [Recording Engineer] – Lars FoxMarco SonziniPaul LaMalfa
Engineer [Recording Engineers Assisted By] – Barnabas PoffleyJoe BriceJoe Dougherty (3)Kelsey Porter (2)Rich EvattTommy Turner (7)
Featuring, Piano, Electric Piano [Rhodes], Synthesizer [Moog] – Stevie Wonder
Featuring, Vocals – Lady Gaga
Keyboards – Stevie Wonder
Mixed By – Serban Ghenea
Mixed By [Assistant] – Bryce Bordone
Saxophone – James King
Technician [Studio Assistant] – Brendan MorawskiMarc Van Gool*Pierre De Beauport
Trumpet – Ron Blake (4)
Written-By – Mick Jagger / Keith Richards*
7:23
12 Rolling Stone Blues

Engineer [Recording Engineer Assisted By] – Joe Dougherty (3)Kelsey Porter (2)Tommy Turner (7)
Engineer [Recording Engineer] – Paul LaMalfa
Mixed By – Andrew Watt (3)Paul Lamalfa
Technician [Studio Assistant] – Marc Van Gool*Pierre De Beauport
Written-By – Muddy Waters
2:45
* LA FUSTINELLA:Fustinellaessere in fustinella): locuzione sempre più rara, quasi del tutto sconosciuta presso le giovani generazioni, che esplica il trovarsi in una peculiare condizione di piacevole agitazione causata da una nuova passioncella o hobby. Ad esempio, appassionarsi ad ameno passatempo da mancanza di attività coitale, tipo la fotografia, e iniziare a fissarsi psichicamente 24/7 sui molteplici aspetti della questione, obiettivi, stampa, bianco&nero, colore, treppiedi eccetera, progettando acquisti scriteriati, leggendo manualistica, recensendo sul web maestri dello scatto e scassando la minchia a chiunque si trovi nel raggio di azione.Altri ambiti a rischio fustinella: l’audiofilia (progettazione di acquisti di piatti giradischi a valvole in legno norvegese da 4000 euro, cambio continuo con esborso mostruoso di cuffie, insensati ritorni revivalistici a costosi 33 giri in vinile eccetera), pesca sportiva (vendita dei denti d’oro della madre per pagare esose canne al carbonio, o guadini di Hermés, o progettazione di allevamenti casalinghi di begatini), bicicletta (continue visite a negozi di bici per estorcere info su accessori e parti meccaniche di pregio con il conseguente prolasso gonadico del babista del negozio), informatica in genere (soprattutto se si finisce nel baratro Apple Macintosh).La fustinella viene spesso accostata alla ‘sbrùsia’ anche se quest’ultima è più ansiogena mentre la fustinella ha contorni più sfumati e più meditativi. La fustinella si rivela però molto utile nei casi di depressione fungendo da piacevole diversivo, in grado come è di riempire la scatola cranica di elettrizzanti propositi ludici per il futuro, e da vero toccasana per lenire le stigmate da sopportazione della coniuge. Molte fustinelle infatti vengono vissute da omarini nella segretezza di garage e solai, all’oscuro delle mogli che li credono al bar a giocare a goriziana o a vagabondare per seguire lavori stradali. Nei sempre più diffusi negozi ‘vintage’ di svuotagarage è possibile imbattersi in tristi fustinelle finite malissimo.

di Stefano Piccagliani (da La Gazzetta di Modena ottobre 2016)

BECK, BOGERT & APPICE “Live in Japan 1973/Live in London 1974″(2023 Rhino Records) – TTT½

8 Nov

Vediamo un po’, facciamo mente locale … nell’estate del 1969 Jeff Beck fa qualche session con Appice e Bogert, due musicisti americani con cui da un paio d’anni ha voglia di lavorare; verso fine anno i manager iniziano a stilare contratti ma poco dopo Jeff è vittima di un incidente in macchina e tutto salta. Jeff si riprende lentamente e solo ad inizio 1971 mette insieme il Jeff Beck Group II (ma senza Carmine e Tim). Il gruppo però si scioglie nell’estate del 1972, al che Jeff lo rinnova, tenendo il grandissimo Max Middleton al piano e aggiungendo Appice, Bogert e il cantante Kim Milford, poco dopo sostituito dal rientrante Bobby Tend. Esistono alcuni bootleg audience di quel breve tour, personalmente avrei preferito che Jeff avesse continuato con quella formazione (Jeff Beck Group III), Ma Middleton e Tench a fine tour lasciano la band e Beck decide di formare un power trio con Appice e Bogert (col sottinteso intento di dare al pubblico americano quello che vuole, ovvero musica più dura sulla falsariga dei Led Zeppelin che in quegli anni stanno spopolando). A fine 1972 i tre iniziano a lavorare sul loro album da studio che esce a fine marzo 1973. Arriva al n.12 della classifica USA, diventa disco d’oro ma non va più in là … è chiaro fin da subito che al gruppo mancano i pezzi (e un cantante vero e proprio), non ci sono compositori naturali nel gruppo, manca il songwriter dal tocco magico. Il progetto BBA è dunque un mezzo successo, gente che sa suonare, che si mette nella scia dei LZ ma che non raggiunge nulla di propriamente leggendario. Appice e Bogert a tratti suonano troppo, non hanno il senso dell’eleganza che hanno Jones e Bonham per dire, e soprattutto non hanno un produttore/leader che li tenga a bada. I BBA passano il 1973 in tour, dalle date in Giappone viene tratto un doppio live previsto solo per il mercato del sol levante, il tour prosegue tra Usa, Europa e UK, iniziano le prime tensioni. Nel gennaio 1974 cominciano le sedute in studio di registrazione per il secondo album, il 26 dello stesso mese suonano al Rainbow Theatre di Londra (lo show viene registrato) … è il loro ultimo concerto dal vivo, in maggio il gruppo annuncia lo scioglimento.

Nel 2021 muore Tim Bogert, nei mesi successivi Beck e Appice iniziano a lavorare sul box set di cui stiamo parlando, rispolverando i vecchi nastri dal vivo di Live In Japan e del concerto di Londra, ripulendoli, rimixandoli, aggiungendo qualche overdub (di chitarra) e dunque preparandoli per un box set come si deve. Nel gennaio di quest’anno se ne va anche Jeff Beck, perdita molto dolorosa per questo blog … non ci resta che riascoltarlo in versione Hard Rock Blues.

BECK, BOGERT & APPICE "Live In Japan 1973 & Live In London 1974" (2023 Rhino Records) - TTT½

Live In Japan 1973

Stevie Wonder scrisse Superstition mentre cazzeggiava in studio con Jeff Beck (il quale aveva iniziato a suonare un tempo di batteria), il pezzo doveva essere per Jeff Beck appunto ma poi Stevie decise di registrare anche la sua versione. Superstition è un superclassico dei BBA, ne danno una interpretazione pesante, un hard rock blues senza compromessi. Vale un po’ per tutto il materiale dei BBA: ci fosse stato un cantante vero e proprio il risultato sarebbe stato più eclatante. L’uso del piatto China (sempre che non sia un crash) da parte di Appice per me è insopportabile.

Lose Myself With You (Carmine AppiceJeff BeckPeter FrenchTim Bogert) pare un brano nato da una jam non certo indimenticabile, melodia inesistente, sviluppo compositivo nullo. E’ sempre bello ascoltare Jeff Beck alla chitarra ma il pezzo non decolla. Il suono del basso è piuttosto lofi (come diciamo qui). Il lungo intermezzo di basso e batteria contiene momenti di rilievo, ma nella parti dure il basso con quel suonaccio non si può sentire.

Jeff’s Boogie (Jeff Beck) è uno strumentale che proviene dai tempi degli Yardbirds, qui è ovviamente un esercizio più muscolare; il lavoro di Beck alla chitarra è superlativo. Uno dei pezzi memorabile del trio in questione.

Going Down (Don Nix) era un classico del Jeff Beck Group II (brano ripreso dal vivo anche da Led Zeppelin e Who). I BBA ne danno una versione ovviamente più pesante che personalmente non mi fa impazzire.

Boogie Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert) è vicina come concetto all’intermezzo boogie woogie (Boogie Mama/Boogie Chillum) che mettevano in scena i Led Zeppelin nel 1970/71 all’interno di How Many More Times e nel 1972/73 in Whole Lotta Love). Mentre è bello ascoltare Beck alla chitarra alla prese con questo genere, Carmine e Bogert risultano più centurioni (grossolani poi gli incitamenti al pubblico). Sarà che a me Bogert non piace ma ritengo il brano in questione una occasione sprecata. 

La bellissima Morning Dew (Bonnie DobsonTim Rose) proveniente dal disco di debutto (1968) del primo Jeff Beck Group e affrontata con nuova verve e in maniera assai dilatata. Peccato per il cantato. 14 minuti di un gran Jeff Beck con annesso buon assolo di batteria.

Lady (Carmine AppiceDuane HitchingsJeff BeckTim Bogert) in qualche modo funziona, seguire la chitarra di Jeff è facilissimo; Jeff Beck sfodera l’effetto Talk Box per Black Cat Moan (Don Nix), hard rock blues potente che di solito piace ai gatti neri (infatti Palmiro si diverte quando gliela faccio sentire). Include Blues De Luxe e You Shook Me.

I limiti dei cantati in Why Should I Care (Ray Kennedy) sono evidenti, il pezzo poi non è indimenticabile, ma come sappiamo c’è Jeff Beck alla chitarra. Plynth / Shotgun ([Plynth] – Nicky HopkinsRod StewartRon Wood [Shotgun] – Autry DeWalt) è il doppio brano con cui chiudono gli show del tour del 1973, niente di particolare.

Live In London 1974

Rispetto a Live In Japan 1973 cambia il suono della batteria, lo si percepisce subito in Satisfied (Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert), un hard rock funk mica da ridere.

Livin’ Alone (Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert) confronto al live in Japan sembra più efficace, probabilmente il missaggio è più equilibrato. Beck scatenato alla slide (e non).

Laughin’ Lady (Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert) è un brano più che discreto, uno di quei pezzi lenti in qualche modo influenzato dalla musica soul ma trattato con lo spirito del trio in questione. Assolo di chitarra emozionante.

Lady (Carmine AppiceDuane HitchingsJeff BeckTim Bogert) non si discosta troppo dalla versione di Live In Japan. Solid Lifter (Jeff Beck) è uno strumentale, preludio a quello che verrà dal 1975 in poi e in qualche modo si può dire lo stesso per Jizz Whizz (Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert).

Name The Missing Word (Prayin’) (Bettye CrutcherHomer BanksRaymond Jackson) è una cover dell’omonimo brano degli Staple Singers, qui ovviamente in versione rock duro.

Torna l’andamento boogie/blues (Get Ready) Your Lovemaker’s Coming Home (Unknown), l’approccio non è elegantissimo, la formula BBA non regge due album live di seguito (in verità nemmeno uno soltanto).

Superstition (Stevie Wonder) ha l’introduzione col Talk Box, all’epoca magari questa manfrina funzionava ed era una novità, oggi appare consunta. Rispetto alla versione del live precedente questa appare meno caotica.

Blues De Luxe / You Shook Me ([Blues De Luxe] – Jeffery Rod [You Shoook Me] – JB Lenoir*Willie Dixon) rappresentano il momento blues e quando Jeff Beck si immerge in quel mood non ce n’è per nessuno o quasi. Anche in questo caso sembra tutto più chiaro rispetto alla versione live del 1973.

Per (Rainbow) Boogie (Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert) vale un po’ quello scritto per la versione dal vivo in Giappone, ma questa sembra riuscita meglio, sarà per il calore del pubblico o appunto per il missaggio.

Un cofanetto dunque preparato con cura e dovuto ma anche la conferma che ai BBA mancava qualcosa per arrivare all’Olimpo del Rock.

◊ ◊ ◊

Live In Japan 1973
1-1 Superstition

Written-By – Stevie Wonder
5:17
1-2 Lose Myself With You

Written-By – Carmine AppiceJeff BeckPeter FrenchTim Bogert
10:50
1-3 Jeff’s Boogie

Written-By – Jeff Beck
3:34
1-4 Going Down

Written-By – Don Nix
3:33
1-5 Boogie

Written-By – Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert
4:58
1-6 Morning Dew

Written-By – Bonnie DobsonTim Rose
14:12
2-1 Sweet Sweet Surrender

Written-By – Don Nix
4:43
2-2 Livin’ Alone

Written-By – Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert
6:11
2-3 I’m So Proud

Written-By – Curtis Mayfield
5:43
2-4 Lady

Written-By – Carmine AppiceDuane HitchingsJeff BeckTim Bogert
6:17
2-5 Black Cat Moan

Written-By – Don Nix
9:14
2-6 Why Should I Care

Written-By – Ray Kennedy
7:21
2-7 Plynth / Shotgun (Medley)

Written-By [Plynth] – Nicky HopkinsRod StewartRon Wood
Written-By [Shotgun] – Autry DeWalt
Live In London 1974
3-1 Satisfied

Written-By – Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert
4:54
3-2 Livin’ Alone

Written-By – Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert
6:06
3-3 Laughin’ Lady

Written-By – Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert
5:36
3-4 Lady

Written-By – Carmine AppiceDuane HitchingsJeff BeckTim Bogert
7:10
3-5 Solid Lifter

Written-By – Jeff Beck
3:37
3-6 Jizz Whizz

Written-By – Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert
8:27
4-1 Name The Missing Word (Prayin’)

Written-By – Bettye CrutcherHomer BanksRaymond Jackson
6:41
4-2 (Get Ready) Your Lovemaker’s Coming Home

Written-By – Unknown*
5:39
4-3 Superstition

Written-By – Stevie Wonder
5:40
4-4 Blues De Luxe / You Shook Me

Written-By [Blues De Luxe] – Jeffery Rod
Written-By [You Shoook Me] – JB Lenoir*Willie Dixon
5:30
4-5 (Rainbow) Boogie

Written-By – Carmine AppiceJeff BeckTim Bogert
  • Warner Music Group / Rhino Entertainment Company
  • Copyright fonografico ℗ – Deuce Music, Ltd.
  • Studio di registrazione – Koseinenkin Hall, Osaka
  • Studio di registrazione – Rainbow Theatre London
  • Studio di registrazione – Rogers Boat Studios
  • Progetto grafico – Gilmour Design
  • Rimasterizzato presso – Air Lyndhurst Hall
  • Bass, Vocals – Tim Bogert
  • Coordinator [Mix Coordination] – Carmine Appice (tracce: 3-1 to 4-5), Jeff Beck (tracce: 3-1 to 4-5)
  • Coordinator [Project Coordination] – Bruce Pilato
  • Design – Hugh Gilmour
  • Directed By [Production Director] – Yuji Takahashi (tracce: 1-1 to 2-7)
  • Drums, Vocals – Carmine Appice
  • Engineer [Recording & Remix Engineer] – Kenichi Handa (tracce: 1-1 to 2-7), Tomoo Suzuki (tracce: 1-1 to 2-7)
  • Guitar, Talkbox, Vocals – Jeff Beck
  • Liner Notes – Bruce Pilato
  • Mixed By – Ben Findlay (tracce: 3-1 to 4-5)
  • Overdubbed By [Additional Guitar Overdubs By] – Jeff Beck (tracce: 3-1 to 4-5)
  • Photography By – Barry Plummer (tracce: 3-1 to 4-5), David Warner EllisRik Walton (2)Todd GraySam Emerson
  • Photography By [Inside Photos] – Hirohisa Ohkawa (tracce: 1-1 to 2-7), Kenji Miura (tracce: 1-1 to 2-7)
  • Producer [Produced By] – Beck, Bogert & Appice
  • Product Manager – Mike Engstrom
  • Production Manager – Kristin Attaway
  • Project Manager [Business Project Management] – Colin Newman 
  • Recorded By [Additional Guitar Overdubs Recorded By] – Ben Findon (tracce: 3-1 to 4-5)
  • Recorded By [Additional Vocal Overdubs Recorded By] – Jorgen Carlsson (tracce: 3-1 to 4-5)
  • Remastered By [2023 Remaster] – Barry Grint (tracce: 1-1 to 2-7)
  • Research [Photo Research] – Amelia Halverson (tracce: 3-1 to 4-5)

Box includes:
• Live in Japan 1973, packaged in a 4-panel digisleeve
• Live in London 1974, packaged in a 4-panel digisleeve
• 60-page hardbound book with liner notes and photos
• Replica tour book
• Poster

Live in Japan 1973 recorded live at Koseinenkin Hall, Osaka, Japan, May 18 & 19, 1973. Originally released in Japan as “Beck Bogert & Appice Live.”

Live in London 1974 recorded live at the Rainbow Theatre, London, January 26, 1974. Previously unreleased.
Additional vocal overdubs recorded at Rogers Boat Studios.

Carmine Appice published by Bianic Music.
Tim Bogert published by Tim Bogert Music.
Jeff Beck published by Deuce Music Limited.
Publishing information for other songwriters is not specified.

The back cover of Live in Japan contains the following typographical errors:
• Kenichi Handa is credited as Kenichi Pando. The correct credit is on the inner sleeve and is the one used on this submission.
• Yuji Takahashi is credited as Yogi Takahashi. The correct credit is on the inner sleeve and is the one used on this submission.

Dedicated to the memories of Jeff Beck (1944-2023) & Tim Bogert (1944-2021).

EXTREME “Six” (earMusic 2023) – TTT¾

11 Ott

Pornograffiti nel 1990 era uno di quegli album che dovevi più o meno avere, il successo del grunge era dietro alla porta, l’hair metal pareva più maturo sebbene stesse per soccombere e i guitar hero post Van Halen godevano ancora di gran considerazione. Nuno Bettencourt era uno dei pochi che non mi annoiava e certo, era uno shredder ma aveva il suo perché. Bettencourt tra l’altro è un musicista a tutto tondo: chitarra, tastiere, persino batteria…me lo ricordo infatti in Guitar Wars (concerto tenuto in Giappone nel 2003 con in scaletta Paul Gilbert, Nuno Bettencourt, Steve Hackett, John Paul Jones and Gary Cherone ) suonare (bene) la batteria durante Communication Breakdowm…

Pornograffiti fu il loro momento di maggior successo diventando doppio disco di platino negli USA, poi tutto scemò pian piano; Nuno e gli Extreme sono tornati quest’anno con l’album SIX anticipato da alcuni singoli e proprio su un paio di questi vi sono assoli di chitarra che mi hanno lasciato con la bocca aperta. Ora, lo sapete, io sono uno che guarda più che altro alle canzoni, alle composizioni, alla scrittura articolata (e al senso del Rock), ma dentro di me vi è anche l’anima da chitarrista e dunque mi è venuto naturale esplorare questo nuovo loro album.

Six si presenta con una copertina orribile

EXTREME Six (earMusic 2023) front

e inizia con Rise (Gary Cherone Jordan Ferreira Nuno Bettencourt). Un heavy Rock nella tradizione Extreme con un approccio forse più moderno, niente di incredibile ma nemmeno male, qualche passaggio è interessante. Il centro di tutto è l’assolo, uno di quelli che lasciano di stucco, inizio folgorante, parte centrale più classica e parte finale superba …a causa di questo assolo andrò a vederli a Milano il 16 dicembre all’Alcatraz.

#Rebel (Gary Cherone Jordan Ferreira Matthew James McGuire-Denis Nuno Bettencourt) … davvero ci si sono messi in quattro per scrivere questo pezzo?  Riffone heavy piuttosto trito e malgrado un intermezzo vocale originale, sviluppo modesto.

Banshee (Gary Cherone Nuno Bettencourt Pat Badger) è frizzante, ricorda gli Aerosmith e mette un po’ di pepe nell’heavy rock del gruppo. Il testo cita vecchi blues (Jesus make my dying bed). L’assolo di chitarra è davvero riuscito, tra classicismo Rock (in alcuni momenti ci sento il Brian May di It’s Late) e shredding fatto con la testa giusta. Bel momento.

EXTREME Six (earMusic 2023) back

L’intro del video di Other Side of the Rainbow (Gary Cherone Nuno Bettencourt) è piuttosto consunta: discussioni in casa, la figlia che chiama il suo ragazzo, questi la viene a prendere e partono in macchina … una marea di video di metal americano anni ottanta aveva questo incipit, ma qui poi arriva la musica e salva la situazione. Sulla chitarra dodici corde la band costruisce un bel pezzo, probabilmente non originalissimo ma scorrevole. Sezione ritmica semplice ma efficace, bel giro di basso, come sempre ottimi Cherone e Nuno. Bello il ponte che porta al momento elettrico. Altro assolo magnifico.

Small Town Beautiful (Brian Maher Gary Cherone Nuno Bettencourt) è un altro momento acustico, questa voglia di gamma espressiva ampia va sottolineata, bella scrittura, un tocco di psichedelia, a tratti il format ballata che fa capolino; assolo di chitarra anche in questo caso perfetto.

In The Mask (Andy Healy Nuno Bettencourt) il cantato è suddiviso tra Nuno e Gary, trattasi di heavy rock moderno senza particolari sbuffi melodici e con quel ritmo ostinato usatissimo. Qualche apertura è di rilievo, l’assolo di chitarra convince ma per quanto mi riguarda non è quel tipo di pezzo che mi esalta. Thicker Than Blood (Gary Cherone Kevin Antunes Nuno Bettencourt) mette in campo la modernità (sempre riferita al genere in questione), ed è da apprezzare il desiderio di uscire da formule consunte. Questo è un momento duro creato anche col sostegno con tastiere che di solito nel Rock non sono usatissime. Assolo di chitarra sempre da rimarcare. L’aggiungere partner al team compositivo dà freschezza e  questo lo si percepisce pure in Save Me (Gary Cherone Jordan Ferreira Nuno Bettencourt), al di là che il brano possa piacere o meno in questo album si intuisce il volere del gruppo: esplorare.

Chitarra acustica arpeggiata per Hurricane (Eric Warfield Nuno Bettencourt), un bel quadretto color pastello che personalmente gradisco parecchio.

In X Out (Eric Warfield Gary Cherone Jordan Ferreira Nuno Bettencourt) le tastiere fanno il verso alla musica elettronica e a certe cose dei Van Halen, l’alternanza di situazioni comunque dà valore al pezzo (e all’album).

Beautiful Girls (Carl Restivo Gary Cherone J. Plotsky Nuno Bettencourt) è un reggae bislacco e leggero … a furia di cercare nuovi sentieri può capitare di trovarsi fuori strada, sebbene arrivare a spiagge soleggiate possa alla fine essere piacevole. 4 minuti però sono troppi. Il bacio alla fine è un omaggio al canzone con lo stesso titolo dei Van Halen (da VH II 1979).

Here’s to the Losers (Gary Cherone Nuno Bettencourt) arriva all’ultimo, momento acustico, qualche riflesso beatlesiano e qualche “considerazione blues”, e sì, mi associo…brindiamo ai perdenti.

71esimo in Italia, 22esimo in UK, 67esimo in USA … in un’epoca in cui non si vendono più dischi, mica male. Buon ritorno quindi questo, con gli Extreme che provano a spostare i confini dell’Heavy Rock.

◊ ◊ ◊

  • Gary Cherone – lead vocals
  • Nuno Bettencourt – guitars, keyboards, backing vocals, co-lead vocals on “Smalltown Beautiful”, “The Mask”, “Hurricane”, “X Out” & “Beautiful Girls”
  • Pat Badger – bass, backing vocals
  • Kevin Figueiredo – drums, percussion

https://extreme-band.com/music/

GRETA VAN FLEET “Starcatcher” (Lava/Republic 2023) – TT¾

29 Ago

Due anni fa parlando del penultimo album dei GVF iniziai con queste parole:

Qui sul blog parliamo dei GVF dal 2017, quattro anni fa ci colpì l’aria sbarazzina con cui quattro monelli del Michigan portavano in giro il loro amore per i Led Zeppelin, ma già l’anno successivo iniziammo a ricrederci. Quest’anno mi sa che il giudizio continui a non essere proprio positivo. Non è per supponenza, invidia o chissà che, ma solo constatazioni circa lo stato della musica Rock al giorno d’oggi e la non riuscita maturazione del gruppo.

Le mie impressioni non sono cambiate, anche quest’ultimo lavoro uscito a luglio mi lascia perplesso; sarà che sono un grandissimo fan dei Led Zeppelin e, se da una parte capisco (benissimo!) le influenze giovanili, dall’altro non mi capacito della rinuncia a scrivere qualcosa che non provenga in parte dal gruppo di riferimento, i LZ appunto. E dire che i GVF sono arrivati ormai al 5° album (se consideriamo anche i primi due extended play), esistono da 11 anni, sono giovanissimi certo ma nemmeno più tanto (vanno dai 24 ai 27 anni) e comunque a furia di stare on the road e in studio si matura in fretta.

A mio modo di vedere il loro Rock non cresce, anzi tende a deperire all’ombra di un gigante da cui non vogliono allontanarsi. Forse sono io, ma rimango sempre sorpreso quando amici e conoscenti ne tessono lodi più o meno sperticate. Di recente ho letto un commento su FB di un mio amico – noto giornalista musicale – che definisce la band uno dei nomi più grandi del classic rock odierno, l’album grandioso e i costumi indossati dalla band bellissimi. Gulp … rimango di sasso. Capito in un locale della zona a buona gradazione Rock, posto dove ero solito suonare col mio gruppo, e il titolare mostra un entusiasmo senza confini quando salta fuori il nome dei Greta Van Fleet, sgorgo reazioni simili quando mi reco in una realtà di Correggio che commercia in prodotti per la agricoltura e il giardinaggio e parlo col titolare rockettaro.

Poi certo, ne discuto con i miei amici più stretti e i giudizi sono in linea con il mio, ma resta il fatto che attorno ai GVF vi è un clamore che mi lascia stupito visto il peso specifico della proposta. Al di là dei nuovi costumi pacchiani e il non riuscire a trovare una strada in qualche modo meno legata al dirigibile di piombo, uno dei motivi che me li rende a tratti insopportabili è la voce del cantante: è una continua iperbole di toni alti e di sovraesposizione, un po’ come se Robert Plant avesse sempre cantato col registro e l’intenzione del primo album del 1969; così rischiano di non essere più nemmeno una copia dei Led Zeppelin bensì dei Kingdome Come (intendo il gruppo americano/tedesco che con l’album di debutto del 1988 fece un gran botto ispirandosi pesantemente ai Led Zeppelin). Quel modo di cantare riporta anche a Geddy Lee.

greta van fleet starcatcher

Starcatcher si apre con Fate of the Faithful e sin dal primi accordi di piano e i relativi ricami non si può che pensare a No Quarter dei LZ. In alcuni momenti si rasenta il plagio. Al grande classico del gruppo di Page si aggiungono chiare influenze di Like I’ve Never Been Gone, dal primo album solista di Plant. I momenti precedenti all’avvento della chitarra solista e l’assolo stesso, sono imbarazzanti … provengono dritto dritto dalle versioni live di No Quarter. Il batterista usa gli stessi disegni di Bonham. Voce insopportabile.

In Waited All Your Life i movimenti della chitarra relativi alla strofa ricordano All My Love e soprattutto You’re Time Is Gonna Come (Led Zeppelin); dopo un minuto vanno a dissolversi in un uso degli accordi simile a quello di Hey Hey What Can I Do (Led Zeppelin). La voce è di nuovo indisponente. Pezzo di certo non memorabile.

The Falling Sky è un rock anonimo, giunto a metà ti sorprendi che non ci siano riferimenti diretti, nemmeno il tempo di formulare il pensiero che entra in scena un’armonica effettata presa pari pari da When The Levee Breaks (Led Zeppelin). I GVF sono senza speranza. Cantato noioso.

Sacred the Thread comincia con il tempo di batteria di When The Levee Breaks (Led Zeppelin). Questo gruppo è troppo ossessionato dalla creatura di Page. 

Runway Blues …un minuto e 17 secondi inutili e incomprensibili.

The Indigo Streak porta a galla qualche coro alla Yes, il carattere progressive è evidente. In alcuni passaggi non è nemmeno male. Certo, il cantato non lo reggo, ma …

Il riff di Frozen Light ricalca quello della strofa di In The Light (Led Zeppelin), quando entra la voce il riferimento è ancora più evidente, stesso andamento e arrangiamento. Le aperture vagamente psichedeliche sono gradevoli ma quando si ritorna all’hard rock il cantante non si sopporta. Buono l’assolo di chitarra.

Una chitarra acustica di maniera apre The Archer, tuttavia la furia elettrica arriva poco dopo. Ogni tanto si insinua un giro acustico molto bello, mi sembra la cosa migliore del brano.

Meeting the Master è il primo singolo tratto dall’album ed è costruito intorno ad una chitarra acustica suonata con lo stile di Jimmy Page. Se proprio si vuole approfondire non è complicato rintracciare reminiscenze di Thank e Over The Hills And Far Away (Led Zeppelin), ma resta il fatto che il tutto risulta di buona fattura. Vi sono di nuovo aperture psichedeliche gustose. Il video con loro 4 in costume sfiora il ridicolo.

Si continua sulla stessa gamma espressiva anche con Farewell for Now, il che contribuisce a bilanciare gli aspetti elettrici ed acustici dell’intero disco. Vorrei evitare di ripetere che sotto ci sento sempre qualcosa di zeppeliniano ma non riesco. L’intenzione dell’assolo di chitarra ricalca quella usata da Page in Bye Bye Black Bird sul primo album di Joe Cocker. Il finale del brano è un omaggio (chiamiamolo così) a The Rain Song (Led Zeppelin).

greta van fleet starcatcher band

Starcatcher è arrivato al N.8 in UK e in USA, n.18 in Italia. Con questo album i GVF provano la carta del progressive e del rock psichedelico, oltre al solito hard rock bona fide. Led Zeppelin, un po’ di Rush e una spruzzata di psichedelia.

Io penso che buona parte del successo del gruppo sia dovuto alla riproposizione di temi musicali famigliari a buona parte del pubblico che ancora brama il rock classico degli anni settanta. Sia chiaro, buon per loro e se il pubblico li segue e li ama che vadano in pace. Io non riesco ad apprezzarli.

I Greta Van Fleet sul blog:

GRETA VAN FLEET

Riletture – THE FIRM: i Led Zeppelin in modalità DDR.

8 Ago

E’ il tardo pomeriggio del 16 luglio 1984, insieme ad alcuni amici mi avvicino a Piazza Duomo, stasera qui al Blues Festival di Pistoia suonerà un ensemble di storici musicisti inglesi, sarà poco più di una jam session dedicata al ricordo di Alexis Korner, una delle figure di riferimento del British Blues anni sessanta del secolo scorso; tra i nomi, giganteggia (come scrisse il Resto Del Carlino) quello di Jimmy Page. Sto dunque per vedere il mio musicista preferito, quello a cui, di lì a qualche mese, avrei dedicato una fanzine che sarebbe andata avanti sino al 2003 e di lì a qualche anno una biografia edita da Gammalibri/Kaos edizioni. Ai cancelli mi aspetta una mia amica, esteticamente versione femminile di Robert Plant. anche lei amante dell’ex chitarrista dei Led Zeppelin. Si entra, ci affrettiamo, corriamo verso il palco, mi ritrovo in prima fila e mi accorgo che i musicisti hanno appena finito il soundcheck, qualcuno si è attardato sul palco, uno è appunto Jimmy Page, ed è così che vedo per la prima volta quella che al tempo era la mia rockstar preferita in assoluto.

Jimmy Page Pistoia 1984 – photo Luciano Viti

Jimmy Page – Pistoia 1984 – photo Luciano Viti

Cala la sera, inizia il concerto, Page torna on stage prima che tocchi a lui, mentre suonano altri musicisti si siede nel zona esterna, alla mia sinistra, del palco; è insieme ad una ragazza, non so perché penso che lei abbia 29 anni, sembra una tipa risoluta e in completo dominio della situazione ma in realtà è molto più giovane di quel che sembra. Sono a pochi metri da loro, guardo questo quarantenne fighissimo che a fatica sta cercando di tornare in pista dopo la tragica fine dei Led Zeppelin. Io non mi aspetto nulla dal concerto, so in che condizioni è Page, ma molti intorno a me rimangono delusi dalla sua performance.

Jimmy Page – Pistoia 1984 – foto Luciano Viti

Vi sono già indiscrezioni sul nuovo progetto che ha in mente, non vi sono ancora internet e la telefonia mobile, ma qualcosa sui giornali esteri trapela. Ciao 2011, il settimanale di riferimento della mia generazione, poco dopo Pistoia parlerà di un gruppo con Cozy Powell e Paul Rodgers. Sono nomi facili da citare, Powell in qualche modo ha un drumming riconducibile a quello di Bonham e Paul Rodgers, oltre ad essere stato l’indimenticabile cantante di Free e Bad Company (questi ultimi incidevano per la casa discografica dei LZ, la Swan Song), ha accompagnato Page nei concerti americani dell’ARMS Tour giusto lo scorso dicembre. Insieme stanno segretamente lavorando al loro progetto già da mesi, l’anno precedente i capi dell’etichetta Atlantic chiesero a Rodgers di aiutare Page a rialzarsi, l’unione tra i due sembrava inevitabile. Dapprima Page prova il batterista dei Damned Rat Scabies (visto che piaceva molto allo scomparso John Bonham), poi lui e Rodgers chiedono a Bill Brudford e Pino Palladino di unirsi alla loro nuova band. Palladino rifiuta per i troppi impegni che già ha, Bruford – un cagacaxxo fissato coi tempi dispari – probabilmente capisce che non sarebbe stata musica per lui. Vengono così assunti Tony Franklin, bassista di Roy Harper con cui Page aveva già suonato e Chris Slade, veterano del Rock britannico.

Prima che l’album esca, i Firm fanno una mini tournée europea, gli ultimi due concerti si svolgono al bellissimo Hammersmith Odeon l’8 e il 9 dicembre 1984, il secondo verrà filmato e verrà trasmesso più volte Italia nel 1985 dalla appena nata Video Music.

LucaTod, colonna di questo blog, tempo fa scrisse in un commento:

Di questa registrazione ho la versione cdr con la cover rossa (2016) ma tendo a preferire soundboard come L.A, Oakland e Wembley arena. Ovviamente lo spettacolo filmato all’Hammersmith Odeon è il loro The Song Remains The Same. Assolo finale su Live Peace epico.
In un epoca dove Van Halen e Police si contendevano il pubblico rock e pop, i Firm sono stati un progetto in bilico tra coraggio e sciatteria, volendo avrebbero potuto essere un affare più grande. Probabilmente mi piacciono proprio per questo. LED ZEPPELIN modalità DDR. Più interessanti di qualsiasi altra cosa abbia prodotto Robert Plant.”

Ecco, i Led Zeppelin in modalità DDR, la frase di LucaTod descrive benissimo il progetto THE FIRM. Progetto destinato ad essere apprezzato solo dai fan (dei LZ) che al contempo siano donne e uomini di blues. Recentemente il giornalista musicale (e amico) Gianni Della Cioppa sui social ha parlato dell’album che Page fece con David Coverdale nel 1993, il luminare del metal ne ha tessuto lodi, aggiungendo giudizi assai meno lusinghieri per il progetto FIRM. Capisco ovviamente il suo punto di vista, da una accoppiata come Rodgers e Page il grande pubblico si aspettava ben altro, ma d’altra parte eravamo nel bel mezzo degli anni ottanta, molti dei grandi nomi del Rock anni settanta in quel periodo facevano dischi tutt’altro che memorabili, a volte pessimi. Qualche esempio? I Rolling di Dirty Work (1986) … Stephen Stills con Right By You (1984), i Genesis, gli Yes, i Black Sabbath, i Deep Purple, Paul McCartney, e tanti, tanti altri.

La fanzine Oh Jimmy coincise più o meno con l’uscita del primo album. Ricordo la curiosità, l’eccitazione (pur essendo ben conscio che gli anni settanta erano finiti, che il “mio” Rock non sarebbe più stato lo stesso) e la fustinella* che avevo per le nuove uscite come questa dei miei artisti preferiti.

THE FIRM – “The Firm” (Atlantic 1985) – TTT½

Febbraio 1985, venerdì sera. Sono in giro per Modena con la mia ragazza di allora. Dopo il cinema e una pizza torniamo verso casa sua, sita nel centro storico della città. Attraversiamo Piazza Grande (the heart of the city), prima di incamminarci per Via Dei Servi mi fermo davanti al negozio di dischi di cui sono un avido cliente: in vetrina troneggia la copertina dell’album dei Firm. Sbam! Sono gli anni più caldi della mia inesauribile passione Rock e a fatica mi trattengo dal rompere la vetrina e rubare il disco in questione. L’indomani, sabato, finalmente acquisto l’ellepì che penso sia il definitivo ritorno al Rock di Jimmy Page. Non che mi aspettassi Physical Graffiti, erano gli anni ottanta, ma quanta trepidazione per il primo album dei Firm.

Closer (Page – Rodgers) parte con decisione, buon riff con cui Page gioca sul tempo e sul cambio degli accenti. Occorre abituarsi al basso fretless, non certo lo strumento più azzeccato per fare del Rock di un certo tipo. Produzione compressa, suoni che cercano di essere in qualche modo al passo con i tempi pur restando ai margini del trend di quegli anni. Bella prova di Rodgers, testo piuttosto semplice. L’utilizzo dei fiati pare forzato ma è il suono del basso la cosa più fastidiosa. L’assolo di chitarra è suonato utilizzando la Telecaster con lo Stringbender, la chitarra di riferimento di Page negli anni ottanta.

Make Or Break (Rodgers) è il classico brano che Paul Rodgers scrive quando non è esattamente ispirato. Esposizione quadrata, senza nessun sussulto. Testo banalissimo. L’assolo di chitarra ha parti piuttosto scontate (anche qui Page inserisce la stessa frase usata tante volte in passato), ma a tratti la zampata del fuori classe echeggia qui e là (ad es. al minuto 2:35 quando Rodgers torna a cantare).

Someone To Love (Page – Rodgers) è uno due pezzi dell’album che non mi hanno mai entusiasmato (l’altro è – lo avrete capito – Make Or Break). Scrittura ancora mediocre, poco swing, gli unici brividi arrivano quando Page cerca di rendere tutto meno rigido, meno Rockpalast. Il basso è insopportabile. L’assolo di chitarra comunque dice qualcosa.

Together (Page – Rodgers) pur essendo solo una canzoncina tocca le corde giuste. L’acustica di Page, la melodia di Rodgers, l’atmosfera bucolica … al di là del testo scritto da un bambino dell’asilo, il pezzo funziona, è gradevole e i ricami di Jimmy sulla elettrica sono efficaci. Nell’assolo il Dark Lord ci dà di Stringbender.

Radioactive (Rodgers) fu il primo singolo e ricordo l’impatto che ebbe su di me il video relativo … era l’inizio di febbraio 1985, lo trasmise Italia 1 verso le 13:30 di una domenica, i video musicali stavano arrivando anche in Italia e alcune emittenti TV provavano a dedicare spazi a questa nuova moda televisiva.

Radioactive è un pezzo in minore in puro stile Rodgers, uno stomp che si lascia ascoltare. Curioso che il riff di chitarra eccentrico e quasi sfasato sia di Rodgers e non di Page. Fu bellissimo rivedere due dei miei eroi in video sebbene trovai stucchevole che Page per farsi riconoscere meglio pensò bene di usare la doppiomanico, di infilare i pantaloni dentro agli stivali usati nel tour del 1977 dei LZ e fare mossettine “alla Page” poco spontanee.

You’ve Lost That Loving Feeling è la cover del pezzo dei Righteous Brothers e oggi tendo a non sopportarla più. Ricordo che al tempo non mi dispiaceva, ma oggi l’arrangiamento pare semplicistico, il pezzo ne risente e risulta vuoto benché la band cerchi di creare una certa atmosfera. Rodgers tuttavia canta benissimo e Chris Slade in alcuni momenti sembra fare il verso al Phil Collins batterista di In The Air Tonight.

Money Can’t Buy (Rodgers) è un pezzo in La minore di nuovo nel classico stile Rodgers. Non è malaccio, ma … melodia non certo memorabile e testo nemmeno sufficiente. Il brano è salvato da Page, la sua chitarra dà in qualche modo lustro alla scrittura. L’assolo col wah wah è ispirato e questo ci fa pensare che se solo il Dark Lord fosse stato più determinato e meno schiavo dell’accidia la sua carriera post LZ sarebbe stata assai dignitosa.

Satisfaction Guaranteed (Page – Rodgers) ha finalmente un testo meno ordinario del solito o almeno così a me pare:

Mystery surrounds me and I wonder where I’m going
There’s a cloud above me and it seems to hide the way
I’m going straight ahead ‘cause it’s the only way I know
I wanna leave the past and live just for today

la scrittura del brano attinge ad acque misteriose e insieme al ritmo – al contempo suadente e ipnotico – fa di questa canzone uno dei momenti migliori del gruppo. La chitarra ritmica di Paul Rodgers costruisce la base su cui si fonda il pezzo e gli arabeschi di Page lo rendono a tratti magnifico. L’assolo di slide guitar è lineare, forse troppo, ma sul finale l’altro assolo di chitarra, che non è proprio ortodosso, risplende.

Quello di Satisfaction Guaranteed è il mio video musicale preferito in assoluto: Les Paul che funge da Bar tender, il gruppo sul palco di un locale tipo Juke Joint del Mississippi, il temporale che sta per scoppiare, il caldo opprimente che rende le donne all’interno del locale seducenti e luccicanti. Nota personale: curioso che in questo video faccia una fugace apparizione, giusto un cameo, una mia amica. Chi l’avrebbe immaginato.

Midnight Moonlight (Page-Rodgers) non è altro che il brano “Swan Song” scritto da Page nel 1973 e registrato professionalmente (solo) con l’aiuto di John Bonham per l’abum Physical Graffiti del Led Zeppelin, ma mai finito e dunque mai pubblicato; qui Rodgers aggiunge melodia e testo. MM fu presentato per la prima volta nel tour americano del progetto benefico ARMS a fine 1983.

E un pezzo in accordatura aperta dadgad (quella di Kashmir insomma) ed è in pratica l’unico serio avvicinamento dei Firm alla legacy dei Led Zeppelin. Paul deve essere stato sospinto dalla epica intrinseca del pezzo, il testo infatti è articolato e per niente scontato.

Nove minuti di musica vera, con tanto intermezzo di sola chitarra, tra arpeggi, chitarre acustiche elettriche, ritmiche e soliste che entrano ed escono dalla scena; Rodgers di nuovo superbo.

Unici appunti: I cori femminili potevano essere tranquillamente essere evitati, così come il basso fretless .

The Firm venne registrato nello studio The Sol di Jimmy Page nel 1984, uscì appunto nel febbraio 1985 e arrivò al 17esimo post in USA (disco d’oro) e 15esimo in UK. Seguì una tournèe in USA (con qualche data in UK) soddisfacente (ma con Page talvolta inconsistente). Copertina dalla grafica massiccia atta a lasciar presagire qualcosa di solido. Il nome The Firm proviene dallo slang inglese e si riferisce (più o meno) alle uscite con gli amici.

Recensione di THE FIRM 1985 a firma Mick Wall di Kerrang

The Firm

  • Paul Rodgers – lead vocals, acoustic and electric guitars, production
  • Jimmy Page – acoustic and electric guitars, production
  • Tony Franklin – fretless bass, keyboards, synthesizer, backing vocals
  • Chris Slade – drums and percussion[

Additional musicians

  • Steve Dawson – trumpet on “Closer”
  • Paul “Shilts” Weimar – baritone saxophone on “Closer”
  • Willie Garnett – tenor saxophone on “Closer”
  • Don Weller – tenor saxophone solo on “Closer”
  • Sam Brown, Helen Chappelle & Joy Yates – backing vocals on “You’ve Lost That Lovin’ Feeling” & “Midnight Moonlight”

Production personnel

  • Stuart Epps – engineering
  • Gordon Vicary – mastering
  • Steve Maher – cover artwork
  • Steve Privett – tape operation; supplier of tea, gin and tonics

* LA FUSTINELLA:

Fustinella: essere in fustinella): locuzione sempre più rara, quasi del tutto sconosciuta presso le giovani generazioni, che esplica il trovarsi in una peculiare condizione di piacevole agitazione causata da una nuova passioncella o hobby. Ad esempio, appassionarsi ad ameno passatempo da mancanza di attività coitale, tipo la fotografia, e iniziare a fissarsi psichicamente 24/7 sui molteplici aspetti della questione, obiettivi, stampa, bianco&nero, colore, treppiedi eccetera, progettando acquisti scriteriati, leggendo manualistica, recensendo sul web maestri dello scatto e scassando la minchia a chiunque si trovi nel raggio di azione.

Altri ambiti a rischio fustinella: l’audiofilia (progettazione di acquisti di piatti giradischi a valvole in legno norvegese da 4000 euro, cambio continuo con esborso mostruoso di cuffie, insensati ritorni revivalistici a costosi 33 giri in vinile eccetera), pesca sportiva (vendita dei denti d’oro della madre per pagare esose canne al carbonio, o guadini di Hermés, o progettazione di allevamenti casalinghi di begatini), bicicletta (continue visite a negozi di bici per estorcere info su accessori e parti meccaniche di pregio con il conseguente prolasso gonadico del babista del negozio), informatica in genere (soprattutto se si finisce nel baratro Apple Macintosh).

La fustinella viene spesso accostata alla ‘sbrùsia’ anche se quest’ultima è più ansiogena mentre la fustinella ha contorni più sfumati e più meditativi. La fustinella si rivela però molto utile nei casi di depressione fungendo da piacevole diversivo, in grado come è di riempire la scatola cranica di elettrizzanti propositi ludici per il futuro, e da vero toccasana per lenire le stigmate da sopportazione della coniuge. Molte fustinelle infatti vengono vissute da omarini nella segretezza di garage e solai, all’oscuro delle mogli che li credono al bar a giocare a goriziana o a vagabondare per seguire lavori stradali. Nei sempre più diffusi negozi ‘vintage’ di svuotagarage è possibile imbattersi in tristi fustinelle finite malissimo.

di Stefano Piccagliani (da La Gazzetta di Modena ottobre 2016)

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THE FIRM – “The Firm” (Atlantic 1985) – TTT¾

Febbraio 1986, sabato pomeriggio. E’ passato un anno, sono ancora in giro per Modena sempre con la mia tipa di allora. Passo da Fangareggi 2 (il negozio di dischi di fianco a Piazza Grande in cui sono solito servirmi) e acquisto Mean Business, il secondo album dei Firm. Verso sera torniamo a casa della mia morosa, fa freddo, cerco di riscaldarmi mettendo sul suo vecchio giradischi il disco. Sulle prime rimango deluso, Cadillac è quel tipo di pezzo che non mi colpisce e vedere la riproposizione di Live In Peace mi fa incazzare. Il resto non mi dà scosse particolari. Come vedremo, dopo qualche ascolto il disco inizierà a piacermi parecchio.

Fortune Hunter (Page-Rodgers-Chris Squire uncredited) apre l’album con fermezza, brano veloce e degno di attenzione. Buona parte della musica proviene dalle sessions del 1981 che Page fece con Chris Squire e Ala White degli Yes. Rodgers canta alla grande sul riff di chitarra la storia di un giocatore d’azzardo. Ritornello per nulla banale. Assolo suonato con lo stringbender seguendo la prassi di quegli anni. L’intermezzo lento al minuto 03:19 è incantevole: chitarre meravigliosamente suggestive e voce che dà i brividi, il basso senza tasti che per una volta sembra adattarsi bene al momento riflessivo e infine il rientro della batteria che porta di nuovo al ritornello ma col tempo dimezzato. Per quanto mi riguarda pollice in su.

Cadillac (Page-Rodgers) si insinua con insistenza tra i solchi del lato A. Chitarra molto effettata, buona prova di Rodgers … a me ha sempre dato l’impressione di un pezzo “vuoto”, d’accordo l’approccio da “fàmolo strano” ma non risulta un pezzo ben definito, ha le caratteristiche di una traccia di pre-produzione o in versione demo.

All The King’s Horses (Rodgers) si apre con le tastiere, ennesimo pezzo in minore nel collaudatissimo stile Paul Rodgers, questo però ha il suo perché. Niente di travolgente ma il tutto funziona, buona prova d’insieme, Slade e Franklin sono coesi, Jimmy Page aggiunge drappeggi di pregio. Peccato non vi sia l’assolo di chitarra. Ovviamente ottima la prova di Paul Rodgers.

Live In Peace (Rodgers) proviene dall’album Cut Loose di Paul Rodgers del 1983 e dal maxi single Radioactive del 1985 dei Firm, versione live all’Hammersmith Odeon 9/12/1985 con uno degli assoli migliori di Page post Zeppelin. Capisco che fossero gli anni della guerra fredda, ma avrei preferito un brano nuovo; Rodgers evidentemente puntava sul valore della canzone e ad avere una versione da studio suonata dai vari musicisti (l’originale del 1983 è incluso in un album dove Paul suona ogni strumento). L’assolo in Mi minore di Jimmy Page è ottimo anche nella versione da studio.

Tear Down The Walls (Page-Rodgers) vive di un riffo

di Page eseguito con una chitarra molto effettata (ma ricordiamoci che erano gli anni ottanta); per certi versi la formula Led Zeppelin fa capolino: anticipi, ritardi, stacchi tipici del modo di scrivere del Dark Lord. Nonostante Rodgers sia un cantante più soul la sua voce ben si adatta a questo hard rock grintoso e colorato. Assolo di chitarra suonato con l’onnipresente stringbender che a questo punto tende a farli sembrare tutti uguali. Qui un assolo come Page comanda ci sarebbe stato bene. Sul finale il momento batteria-basso-voce funziona assai bene.

Dreaming (Franklin) – ricalca quasi fedelmente il demo tape inizio anni 80 di Tony Franlkin. Brano che si discosta dai precedenti ma che porta freschezza all’album. Scrittura convincente, arrangiamento felice, prova d’insieme ottima. Rodgers si rivela il grandissimo cantante che è sempre stato. Chitarre stupende e assolo all’altezza.

Free To Live (Page-Rodgers) riff basato sull’intermezzo di chitarra di Live For The Music (Mick Ralphs) dei Bad Company (1976) e mi chiedo come sia stato possibile per Rodgers non vergognarsi. La sua chitarra ritmica viene rinforzata da quella di Jimmy. Strofe mediocri, salvate dal lavoro di chitarra di Page sempre pronto a metterci del suo. Testo risibile … ma quando entra finalmente in scena il Dark Lord (minuto 02:02) con un intermezzo strumentale su cui ricama un assolino risolve la giornata a tutti.

Spirit Of love (Rodgers) chiude in maniera perfetta il disco, un tocco di grandeur, un testo un po’ hippie, sviluppo articolato, canzone di ampio respiro; l’assolo di Page raggiunge livelli alti, avesse suonato la Gibson Les Paul senza stringbender avrebbe toccato i suoi standard solitamente divini. Nella parte finale entra in scena anche la chitarra sintetizzatore, peccato il coro femminile altrimenti sarebbe stato un finale epico. Bravi Slade e Franklin, bravissimo Rodgers, ispirato Page. Degna chiusura di un album ben al di sopra della sufficienza.

Registrato nel 1985 uscì nel febbraio del 1986. 22esimo nella classica americana (disco d’oro), 46esimo in quella inglese. Il titolo intendeva far capire come i Firm facessero sul serio, sebbene non fosse del tutto vero (sin dall’inizio si intuiva fosse un progetto a termine). Copertina mediocre che rincorre lo stile americano di quegli anni.

  • Paul Rodgers – vocals, acoustic and electric guitars, piano, producer
  • Jimmy Page – acoustic and electric guitars, producer
  • Tony Franklin – fretless bass, keyboards, synthesizer, rhythm guitar on Dreaming, back vocals
  • Chris Slade – drums and percussion
  • Julian Mendelsohn – producer
  • Aubrey Powell Productions – cover design
  • Barry Diament – mastering

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Non capirò mai come fecero gli amici che si dichiaravano fan dei LZ a non aver nessun interesse per questi dischi, che ascoltati oggi, nella mediocrità musicale degli ultimi tre decenni, hanno di sicuro qualcosa da dire, soprattutto ai fan di Page e Rodgers.

Benché abbia cercato di mantenere un profilo critico nel parlare di questi due album è bene chiarire che sì, sono album obliqui, ma sono dischi che ho amato moltissimo … non avranno valore in senso stretto per la storia della musica Rock ma rimangono capitoli importanti della mia vita.

Ittod direbbe: “The Firm, best band ever”!

THE FIRM 1986

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i FIRM sul blog:

I Firm, i loro fratelli e il depotenziamento del rock – di Paolo Barone

BOOTLEGS: The Firm – Kongreßhalle, Frankfurt, Germany, December 3rd 1984

RITAGLI DAL PASSATO:Recensione dell’epoca (1985) di Giancarlo Trombetti del primo album dei FIRM

UFO “No Heavy Petting” deluxe edition (1976/2023 Chrysalis) – TTT ¾

26 Feb

Nuova edizione per il quinto album da studio degli UFO, il terzo dell’era Schenker. No Heavy Pettinge soffre il fatto di essere schiacciato tra (quelli che considero) i migliori lavori del gruppo, ovvero Force It (1975) e Light Out (1977); non è alla loro altezza ma rimane pur sempre un buon album di hard rock britannico (o meglio europeo). Si aggiunge alla formazione classica Danny Peyronel (ex Heavy Metal Kids), tastierista argentino di educazione prettamente inglese, che rimane nel gruppo per questo disco soltanto (lascerà gli UFO nel luglio 1976), tuttavia dopo di lui la band continuerà ad avvalersi di tastieristi a tempo pieno. Registrato nel gennaio 1976 a Londra, No Heavy Petting esce nel maggio dello stesso anno, per quanto riguarda le vendite rispetto a Force It è un passo indietro, si ferma al 169esimo posto della classifica Usa, quando il precedente arriva alla casella 71; se in effetti NHP non ha freschezza compositiva di Force It, contiene comunque diverse cose pregevoli. La nuova edizione prevede 6 bonus track (ma solo una è inedita seppur sia solo un riempitivo) e il concerto del 1976 alla Roundhouse di Londra (già pubblicato nel 1996).

FO No Heavy Petting deluxe edition (19762023 Chrysalis)

Natural Thing apre il disco in maniera perfetta, validissimo pezzo di hard rock teutonico, molto quadrato visto lo stile compositivo di Schenker ma comunque risulta una apertura vivace affrontata con il giusto approccio. Breve assolo di chitarra, melodico e corposo.

I’m A Loser per certi versi ha un inizio alla Lou Reed (Walk On The Wild Side), con quella chitarra acustica e quel disegno della solista, poi prende una strada tutta sua quando si trasforma in un gran brano Hard Rock. Buono il lavoro al piano di Danny Peyronel e assolo di Schenker assai riuscito. Una piccola meraviglia.

Lo stile percussivo di Peyronel apre Can You Roll Her, di nuovo heavy Rock ma più di maniera. Quando Schenker si butta sulla solista per l’assolo però è sempre un bell’ascoltare. Belladonna è costruita inizialmente su un arpeggio in minore che già nel 1976 era un po’ consunto, lo sviluppo in tonalità maggiore migliora le cose, le tastiere a mo’ di tappeto però non convincono così come il lavoro della chitarra sul finale. Con Reasons Love ci si impantana ancora nel rock duro manieristico, gli UFO sono capaci di aperture che risultano piacevoli ma l’ossatura del pezzo è debole, e anche l’assolo di Schenker appare meno felice del solito. L’Hard Rock di Highway Lady ha un respiro più melodico, pur non essendo un capolavoro si fa ascoltare con gusto, così come il convincente guitar solo. On With The Action è un tempo medio in tonalità minore che non lascia tracce particolari.

A Fool In Love invece induce al ritmo e con lo slancio melodico che ha contribuisce a rendere l’album più accessibile.

L’inizio di Martian Landscape ci riporta alla prima fase del gruppo, quello dello space Rock, prima di riconvertirsi al british symphonic glam rock alla John Miles e Mott the Hoople. Molto bene tutto il gruppo qui, prova davvero notevole. Deep cut perfetta per la chiusura del disco.

Bonus tracks

I bonus sono relativi ad un paio di buone cover di All Or Nothing degli Small Faces

e di Have You Seen Me Lately Joan? di Frankie Miller (versione standard e versione acoustic demo) e ad outtake proprie del gruppo: l’ariosa semplicità di French Kisses e l’andamento standard di Tonight Tonight.

All The Strings infine è un pezzo di Peyronel che intriga parecchio e mi chiedo come mai non sia stato inserito nel disco originale visto che è una di quelle riflessioni sull’essere un musicista Rock on the road davvero commovente e sincera.

L’album dunque ha i suoi numeri, la normalità di alcuni pezzi non l’aiuta a raggiungere uno status elevatissimo, ma come detto è un disco che – in campo Hard Rock – ha comunque valore.

Il concerto presente sul secondo compact disc è una buona rappresentazione del gruppo nell’epoca di cui si parla. Niente di nuovo, tutto già pubblicato precedentemente, ma ben si sposa con l’album di riferimento che sarebbe uscito pochi giorni dopo quel concerto.

No Heavy Petting – UFO – 2 CD/

    • CD 1
      1. Natural Thing
      2. I’m A Loser
      3. Can You Roll Her
      4. Belladonna
      5. Reasons Love
      6. Highway Lady
      7. On With The Action
      8. A Fool In Love
      9. Martian Landscape
      Bonus tracks
      1. All Or Nothing
      2. French Kisses
      3. Have You Seen Me Lately Joan?
      4. Tonight Tonight
      5. All The Strings
      6. Have You Seen Me Lately Joan? (Acoustic)  previously
        unreleased
    • CD 2
      1. Can You Roll Her – Live At The Roundhouse, London 1976
      2. Doctor Doctor – Live At The Roundhouse, London 1976
      3. Oh My – Live At The Roundhouse, London 1976
      4. Out In The Street – Live At The Roundhouse, London 1976
      5. Highway Lady – Live At The Roundhouse, London 1976
      6. I’m A Loser – Live At The Roundhouse, London 1976
      7. Let It Roll – Live At The Roundhouse, London 1976
      8. This Kid’s – Live At The Roundhouse, London 1976
      9. Shoot Shoot – Live At The Roundhouse, London 1976
      10. Rock Bottom – Live At The Roundhouse, London 1976
      11. C’mon Everybody – Live At The Roundhouse, London 1976
      12. Boogie For George – Live At The Roundhouse, London 1976
  • Phil Mogg – vocals
  • Andy Parker – drums
  • Pete Way – bass
  • Michael Schenker – guitar
  • Danny Peyronel – keyboards, backing vocals
Production
  • Leo Lyons – producer
  • Mike Bobak – engineer
  • Hipgnosis – cover art

UFO – High Stakes & Dangerous Men/Lights Out in Tokyo (2022 Cherry Red Records) – TTT½

14 Ott

Quando sono fuori con gli amici e si parla di musica Rock talvolta me ne esco con lodi agli UFO, e immancabilmente il Pike boy si mette a ridere, e io rido con lui. Questo perché agli UFO in parte, ripeto in parte, si può rimproverare un certo atteggiamento da “rockpalast” e da centurioni, due termini che noi amici usiamo per descrivere quella propensione al rock un poco teutonico (e dunque quadrato) e grossolano. Eppure per gli UFO ho sempre posto nel mio cuore, da quando laggiù alla fine degli anni settanta acquistai Force It (1975), album che mi stregò. Benché fossi giovane e inesperto lo sentivo che gli UFO erano una band di seconda fascia (senza nessuna accezione negativa), che Parker e Way non erano certo Bonham e Jones, che la musicalità non era cosmica, ma quell’hard rock britannico ed europeo mi scompigliò l’anima. La voce di Phil Mogg, la solista di Schenker, il songwriting convincente illuminarono la mia adolescenza. Poi arrivò Paul Champman che si riunì al gruppo sostituendo Schenker e aiutando la band a fare uscire sino al 1983 alcuni ottimi dischi, quindi seguì la sbornia hair metal con Atomic Tommy alla chitarra per un paio di album e infine – prima della reunion con Schenker e il resto della storia – il disco con Laurence Archer alla chitarra e Clive Edwards alla batteria che la Cherry Records ha ripubblicato quest’anno, insieme al live Lights Out In Tokyo registrato con la stessa formazione dell’album ovvero Mogg, Way, Archer, Edwards al Club Città di Kawasaki, locale da 1.300 posti.

Club Città – Kawasaki Japan

Laurence Archer (Grand Slam/Wild Horses/Lautrec) e Clive Edwards (Uli Jon Roth/Wild Horses/Bernie Marsden) negli anni che andarono dal 1991 al 1993 diedero la giusta scossa al gruppo, sebbene il disco non entrò in nessuna classifica può essere considerato una buon album di una storica hard rock band con un nuovo chitarrista dal tocco moderno (per quegli anni).

UFO – High Stakes & Dangerous Men/Lights Out in Tokyo (2022 Cherry Red Records)

UFO – High Stakes & Dangerous Men/Lights Out in Tokyo (2022 Cherry Red Records)

High Stakes & Dangerous Men

L’intro di Borderline è molto carina, bluesy e adatta ai temi che affronta la voce di Mogg …

Daylight’s rising across the plains
This rig is streaking like a hellbound train
I smuggle whiskey, I smuggle gin
Where there’s a need well I just truck on in

I’m a gambling man, son of a gun
I’ll take the risks now baby I’ll make the run
Wanna get home now, back in the saddle
Ain’t gonna drive this kinda grade A cattle

ma poi arriva il rock duro a spazzare via ogni malinconia. Assolo che per quanto mi riguarda cozza un poco col sapore che a tratti questo brano ha.

Primed For Time rimane sul genere hard rock. In sottofondo le tastiere di Don Airey. Assolo di chitarra troppo esibito.

She’s The One è carina. Sapore anni ottanta e andamento melodico. Arrangiamento curato ma semplice. La sezione dell’assolo fa molto Whitesnake “1987”.

Ain’t Life Sweet sembra suggerita dagli Aerosmith post 1987, ma rimane un buon brano di hard rock stradaiolo leggermente bluesato. Gli assoli di Archer a questo punto iniziano a sembrare tutti uguali.

La prima parte di Don’t Want To Lose You è sciocchina, abitino anni ottanta in pratica indossato anche nelle parti più rock. Starò forse invecchiando ma preferisco queste cosine all’hard rock dozzinale. Qui è là mi ricorda la versione di Rod Stewart di Downtown Train (con accenti alla Springsteen e Mellencamp)

Burnin’ Fire pur essendo un brano di hard rock senza particolarità e dunque tipico di quegli anni, riesce comunque a farsi ascoltare, sarà perché a me gli Ufo e Phil Mogg piacciono molto.

Running Up The Highway segue lo stesso solco, di nuovo ci sento John Mellencamp (nel ritornello). L’assolo di chitarra – seppur proposto nella stessa formula – è articolato bene.

Certo che i titoli dei brani avrebbero potuto essere un pelo più originali, detto questo Back Door Man si appoggia su di un arpeggio godibile.

Le strofe di One Of Those Nights devono moltissimo ai Def Leppard, Hysteria in particolare. Mogg canta “Lifes a bitch and then you die” … come dargli torto.

Revolution non lascia traccia, mentre Love Deadly Love ha un buon avvio, arpeggio di chitarra e piano. Lo sviluppo di chitarra ricorda Lights Out degli stessi Ufo. Con Let The Good Times Roll abbiamo di nuovo un inizio bluesato tipico di quel periodo.

Lights Out in Tokyo 

Running Up The Highway e Borderline sono proposte con la giusta convinzione, nel contesto live la solista moderna di Archer sembra meno aliena al gruppo

Too Hot Too Handle (contenuta in uno dei più bei dischi di Hard Rock britannico, Lights Out del 1977) riporta ad un passato brillantissimo. Il suono della batteria non mi fa impazzire, enfatico com’è, ma nel complesso tutto funziona. Bella la versione di She’s The One, prestazione più maschia.

Anche durante Cherry la carica della band è innegabile, qui l’assolo di chitarra c’entra davvero poco.

L’impressione che dal vivo i brani dell’album da studio si amalgamino meglio con la legacy del gruppo appare chiara, Back Door Man pare brano di maggior valore e One Of This Night perde buona parte del sapore Def Leppard. 

L’ultima parte del concerto è ovviamente dedicata all’illustre passato di questa grande band britannica.

Love To Love è sempre un gran pezzo, certo, non è la formazione originale, qualche finezza manca, ma è una versione che funziona.

Only You Can Rock Me appare un pochino centurionica ma sono sfumature della mia maruga da cagacaxxo. Lights Out, la Achilles Last Stand degli UFO, sfreccia veloce. Archer è perfettamente all’altezza della situazione, tecnicamente prontissimo a gareggiare col ricordo di Schenker. Ecco io avrei evitato certo esibizionismo, ma ripeto sono visoni personali. Immancabilmente quando Phil canta “lights out lights out in Tokyo” il pubblico risponde calorosamente. Tutto sommato grande versione.

Doctor Doctor è probabilmente l’esempio più lampante del rock teutonico del gruppo. Andamento rock molto quadrato e geometrico. La nuova introduzione è intrigante, molto anni ottanta ormai alla deriva nei novanta, ma di un certo effetto. L’intermezzo al minuto 04:30 è banalotto.
Prima di Rock Bottom Archer si diletta in qualche svisata di tapping, la grinta con cui affronta il pezzo è notevole. Da ascoltare l’assolo, quattro minuti e oltre di cose anche interessanti. Il fraseggio doppiato dalle tastiere però sarebbe da evitare.
Shoot Shoot è un classico che ho sempre amato parecchio, non sono sicuro che l’approccio ritmico metal della chitarra funzioni. C’è un intermezzo col pianino e poi il brano torna a sfociare nell’hard rock che conosciamo. 
C’mon Everybody è inascoltabile, almeno per me. Il rifacimento di brani rock and roll fatti dalle band pesanti sono solitamente un obbrobrio, perché sono dolori se non sai gestire la distorsione, inoltre devi avere moltissimo swing e non devi suonare assoli di chitarra metal, per dio!

Concludendo, tuttavia, una buona riedizione questa della Cherry Red Records. W gli UFO.

Tracklist:

CD 1

1 Borderline
2 Primed For Time
3 She’s The One
4 Ain’t Life Sweet
5 Don’t Want To Lose You
6 Burnin’ Fire
7 Running Up The Highway
8 Back Door Man
9 One Of Those Nights
10 Revolution
11 Love Deadly Love
12 Let The Good Times Roll

Phil Mogg – vocals
Laurence Archer – guitar, backing vocals
Pete Way – bass, vocals
Clive Edwards – drums
with:
Don Airey – keyboards
Terry Reid, Stevie Lange – backing vocals

CD 2

1 Running Up The Highway
2 Borderline
3 Too Hot To Handle
4 She’s The One
5 Cherry
6 Back Door Man
7 One Of Those Nights
8 Love To Love
9 Only You Can Rock Me
10 Lights Out
11 Doctor Doctor
12 Rock Bottom
13 Shoot Shoot
14 C’mon Everybody

Phil Mogg – vocals
Laurence Archer – guitar, backing vocals
Pete Way – bass, vocals
Clive Edwards – drums
with:
Jem Davis – keyboards

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Ne approfitto per fare gli auguri al grande Phil Mogg che ad inizio settembre ha avuto un infarto mentre era in tour.

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GLI UFO SUL BLOG:

UFO “Force It” (Deluxe Edition) (2021 Chrysalis Records) – TTTTT

UFO – Milano, Legend Club 1 nov 2015 – TTTT