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Muschi e licheni (schoolboy blues)

12 Set

Settembre, mese in cui riaprono le scuole, non che me importi una cippa ma quest’anno mi sale un rigurgito blues relativo alle elementari. Chissà come mai. Ieri poi, tornato a Regium Lepidi dopo una settimanina di ferie, vado in  direzione Coop per fare provviste. Il reparto scuola è affollatissimo, genitori accompagnati da bambini che lottano per accaparrarsi zaini, astucci, quaderni, pennarelli, etc etc, tanto che la speaker della Coop deve intervenire annunciando dagli altoparlanti dell’Ipermercato di non accalcarsi e che solo un componente per famiglia può sostare nelle file tra gli scaffali dedicati. Guardo nello specchietto retrovisore e vedo – laggiù negli anni sessanta – mia madre con due bambini per mano prendere la corriera da Nonatown per Mutina, destinazione Standa. Già anche noi in settembre andavamo a comprare tutto il necessario per il nuovo anno scolastico, ma il mio scopo di quelle capatine alla Standa era salire sulla scala mobile

Mi chiedo cosa mi sia rimasto di quei cinque anni.

Vediamo un po’:

_La netta sensazione che siano stati l’unico periodo di tempo proficuo dedicato all’istruzione scolastica; l’esame di quinta passato brillantemente, la pagella finale con quasi tutti otto. Ricordo che la maestra si complimentò con mia madre, dopo di che il nulla. Non voglio dare colpe ai professori (o forse sì) ma alle medie e alle superiori noia assoluta e completo disinteresse. Qualche brivido nelle lezioni di italiano su Italo Svevo, la consapevolezza di non essere un idiota quando – rimandato a settembre in matematica in terza superiore – i miei mi mandarono a lezione da una brava professoressa e per la prima capii (e amai) la matematica. Già, le medie, con il professor Muffoletto, insegnante di matematica uscito dritto dritto da Il Gattopardo. Dopo due anni andò in pensione e prontamente suo figlio prese il suo posto (ah, l’Italia!). E le superiori, con la professoressa di scienze che negava la teoria dell’evoluzione a favore del creazionismo, e il professore di matematica – feroce anticomunista – che prendeva per il culo gli allievi balbuzienti.

Ma torniamo alle elementari …

Italo Svevo

_la rotazione continua di supplenti in prima elementare, i collant di una di queste (e avevo appena sei anni!).

_che prima della P e della B la N diventa M

_una ricerca fatta su Albert Einstein che alla maestra era piaciuta moltissimo (ma mi diede solo 7 perché non credeva fosse farina del mio sacco … e invece lo era completamente).

_muschi e licheni sempre associati, una parola pareva non poter vivere senza l’altra.

Muschi e licheni

_litantrace e antracite sempre associate, anche in questo caso una parola pareva non poter vivere senza l’altra.

_il prof della classe maschile accanto che il lunedì dopo parla con noi bambini della meravigliosa rete in rovesciata di Bonimba (1971 circa)

La rovesciata di Bonimba

_i vecchi banchi a postazione fissa con ancora l’alloggiamento per la boccetta d’inchiostro, il calamaio.

_il refettorio, l’ampio locale con colonne quadre dove si consumavano i pasti.

_le differenziali, classi per bambini con problemi

_le visite con cui a ogni bambino veniva sottoposto ad una ispezione anti pidocchi

-Disegni di campi di grano contenuti nell’abecedario.

_i grembiuli neri e i fiocchi colorati che distinguevano gli alunni per classi.

E ora che sono professore anche io (professore di Blues, naturalmente), e che tengo con una certa regolarità le mie lezioncine alla TT’s School Of Rock, mi chiedo cosa possano pensar di me i miei “alunni”. Meglio non pensarci, va, anche perché a me maestri e professori erano indifferenti, quello che mi interessava realmente era capire se potevo accompagnare a casa la scolaretta che mi piaceva …

Good morning little school girl
Good morning little school girl
Can I go home with
Can I go home with you?

I lettori del blog attenti ai dettagli e gli ekranoplani di Roberto Bartini

16 Nov

Giacobazzi, attento lettore e colonna portante della piccola comunità nata intorno al blog, in un commento alla recensione del nuovo album degli AC/DC chiede:

“Che differenza c’è tra TTT¼ e TTT+?”

Evidentemente deve aver notato che nelle mie bislacche recensioni il voto che do a volte è un TTT+, altre un TTT¼.

Io sorrido compiaciuto, avere lettori così è una meraviglia. Ammetto di essermi chiesto se qualcuno si sarebbe posto il quesito, se qualcuno si fosse dimostrato vigile sui dettagli come di solito lo sono io. Per questo Jacob è entrato di diritto nella Hall Of Fame dei lettori del blog. E a proposito, non vi sono differenze, il voto – in entrambi i casi – è uguale a 6,25. Invito tutti a bere il Souther Comfort di oggi alla salute del nostro Jacob: for those about details, we salute you!

◊ ◊ ◊

Sulla versione online di La Repubblica del 14 novembre è’ apparso un bell’articolo su Roberto Bartini, italiano d’Istria dalla vita incredibilmente avventurosa e genio assoluto. Scienziato e ingegnere di livello altissimo, collaborò con l’Unione Sovietica alla realizzazioni di aeroplani sensazionali. Convinto comunista pagò con la Siberia la sua schiettezza, ma non arretrò di un millimetro dalle sue convinzioni politiche malgrado le grandi sofferenze inferte da un regime che non riusciva a gestire e sopportare le critiche.

Invito coloro potenzialmente interessati a questo tipo di storie di prendersi dieci minuti e approfondire la conoscenza di questa immenso personaggio del secolo scorso.

https://rep.repubblica.it/ws/detail/generale/2020/11/14/news/il_genio_dei_mostri_volanti-273859299/?ref=RHTP-BH-I274053163-P11-S2-T1

https://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Oros_di_Bartini

ekranoplano di Bartini

il mostro del caspio

ekranoplano

Roberto Bartini da giovane

PAROLE AL VENTO: la fine dell’aggettivo “distrutto” (e l’avvento del termine “devastato”)

5 Ott

Sono ormai molti mesi che l’aggettivo distrutto (e il verbo distruggere) è scomparso, al suo posto ormai si usa esclusivamente devastato (e il verbo devastare), ed è una cosa che non riesco a sopportare.

E’ vero che in qualche modo l’uno è sinonimo dell’altro, ma quando sento dire “sono devastato” mi si rizzano i peli, mi sale il vomito, mi si capovolge l’umore.

Perché dobbiamo sempre umiliare la lingua italiana, perché siamo sempre così pigri e stolti da soccombere irrimediabilmente all’inglese-americano e all’uso delle iperbole? Questo cambiamento infatti è dovuto alla sudditanza dall’inglese-americano (lingua che ci sembra ormai famigliare ma è esclusivamente per l’uso continuo che se ne fa, in realtà è lingua nordica gutturale impoverita ulteriormente dalle varie pronunce americane) – proviene – è ovvio – da “devastated” appunto e dalla uso immondo delle iperbole … non si è più distrutti, bensì devastati.

Un paese è devastato (da un terremoto, da un maremoto, da una alluvione), un uomo è distrutto (dalla fatica, da un lutto, da un evento negativo), per dio *!

Sia chiaro, su questo blog non siamo puristi, pure noi usiamo termini inglesi (sebbene sia stato specificato più volte che spesso l’uso è ironico e relativo al tema che stiamo trattando oggi), ma a tutto c’è un limite.

Non credo ci sia più speranza, persino Andrea Scanzi nelle sue dirette sui social usa devastato, termine che compare anche nella traduzione dell’ultimo libro di Greg Iles recensito su questo blog poco tempo fa.

Io sono distrutto dall’uso dell’aggettivo devastato.

Sì, lo so, John McLaughlin & The One Truth Band non c’entrano nulla con questo post, ma adesso occorre un po’ di pulizia dell’animo

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Una domenica alla Fiera del Disco di Modena blues

12 Gen

I quattro dell’apocalisse si presentano puntuali al punto di ritrovo, due vengono da Regium Lepidi (Elton Tim Puma Tirelli e Riff Cole Gilioli) e due da Mutina (Dr Jeckill Mr Pike e Sir Lyson). Già, siamo più forti della drowse domenicale, per gente come noi tira più un long playing che un carro di buoi, parafrasando un detto vernacolare delle lowlands emiliane.

La fiera del Disco di Modena è inglobata dentro a quella dell’Elettronica e come recita il flyer pubblicitario “la manifestazione fa leva sulle passioni e, accanto all’elettronica, presenta altre sezioni tematiche: Mo-Del modellismo statico e dinamico; mostra del disco usato e da collezione; Mo.Ma una panoramica sul mondo dei makers con una delle tappe delle Olimpiadi Robotiche e CosmoComix la fiera dei fumetti, giochi e multimedia. News 2020: Games Village e-sports event, tutto da scoprire! Un’area di oltre 1000 metri quadrati interamente dedicata al gaming con spettacolo, ospiti e tanto intrattenimento!

Ogni anno gli stand e lo spazio dedicato ai dischi sembrano diminuire, l’interesse verso la musica rock o altro che sia in formato LP o CD sembra scemare costantemente, malgrado si dica il contrario circa le vendite di long playing.

Riff è dentro al tunnel dei 45 giri italiani dei Beatles e passa il tempo vagliando, scegliendo, acquistando quei piccoli reperti dei “favolosi Beatles”, come recitano le copertine. Io drago gli stand che si occupano di nuove edizioni in vinile. Gli stand che fanno per me perciò sono pressoché due, non mi aspetto grandi cose ma inaspettatamente riesco a trovare la limited edition del primo 33 giri di John Miles, gaudium magnum! Questa versione mi circola nei pensieri da quando la mia amica Manuela Iaquinta – anche lei grande fan del golden boy della contea di Durham – pubblicò su facebook un paio di anni fa la foto del suo prezioso acquisto. Finalmente potrò dormire sonni un po’ più tranquilli.

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Finisco poi per acquistare anche una bella edizione della colonna sonora de LA CHIESA di Dario Argento, creata in parte da Keith Emerson, una delle mie luci guida.

In coda al bar, insieme ai miei tre pard, commentiamo il fatto che negli stand di dischi la percentuale del gentil sesso è pari allo 0%, nello spazio dedicato all’elettronica al 2% e in quello dedicato a fumetti o cosmo comix o come diavolo si chiamano, sia almeno del 50%.

Analizziamo poi la nostra condizione: quattro uomini di una incerta età alla ricerca di sensazioni passate, di quella scintilla che da giovani scoccava ad ogni acquisto di LP. Siamo pressoché certi che ci vede debba pensare “mo guarda quei quattro vecchi sfigati che comprano quei quadrati di cartone con dentro chissà che cosa!”.

Sinceramente però non sappiamo chi stia peggio, noi che compriamo gli stessi dischi di 45 anni fa o quelli che nel padiglione dell’Elettronica sono intorno al banchetto del tipo che vende vecchi manuali Windows, Dos e simili. Inoltre ci sembra che la faccenda Cosplay sia sfuggita di mano. Finché sono i giovanissimi anche anche (magari anche io a 13 anni avrei voluto vestirmi da Sandokan o da Jack London) ma qui ci sono anche uomini e donne ben oltre i 30 e i 40 versione cosplay. Mi prometto di non fare foto (tutti vogliono essere fotografati) ma poi ne scatto due cercando di non farmi vedere da nessuno. Gente vestita da Predator, da Rocky Balboa, da La Casa De Papel, da Sherlok Holmes, addirittura uno da Transformer (almeno credo) accompagnato da moglie e figlia.

Fiera di Modena 11/1/2020 – foto TT

Fiera di Modena 11/1/2020 – foto TT

C’è una stanza dedicata a combattimenti con le spade laser di Star Wars. Non più giovanissimi che si sfidano in jeans e maglietta. Molte le alunne di Hogwarts, le osservo con attenzione per vedere se tra di esse si cela anche la pollastrella, nota seguace di Harry Potter. Con Pike filosofeggiamo sulla realtà alternativa che ognuno di noi si crea, noi lo facciamo con Mick Ralphs, Richard Cole, Paul McCartney e Bob Dylan, questa gente qui con personaggi di manga, di serie tv e del cinema fantasy. Chissà, il poveretto vestito da Predator domani al lavoro sarà vessato dal suo capo ma potrà rifarsi pensando “che mi frega, tanto sono Predator! ” Tra l’altro ogni tanto questi costumi da cosplay sono anche utili: il culo della Wonder Woman che ci passa davanti un paio di volte non è davvero niente male.

Mentre usciamo Pike lancia l’idea “il prossimo anno ci vestiamo anche noi, da Led Zeppelin! Io faccio il John Paul Jones con la parrucca e la giacca con le cipolle, tu Elton Tim Puma fai Jimmy Poige … tanto il costumino ce l’hai (intende il vestito del tour del 1977 ndt) Liso fa Robert Plant perché è il più alto e Riff fa Richard Cole”. Che ridere, sarebbe un successone.

Tim – primi anni duemila- Corallo, Scandiano (RE) – foto Palmieri.

Ci diciamo che c’è comunque di peggio, invece di infervorarci ancora con i dischi avremmo potuto finire per darci alla pesca e andare al sabato mattina alle 6 a pescare carpe sul Mincio,

Paesaggio sul fiume MIncio – foto Internet

oppure darci alla fotografia, girare per le città con macchine fotografiche con obiettivi lunghi mezzo metro a fotografare cardini di portoni, viali alberati, scorci con comignoli, riflessi di luce e poi – incalza Pike – “pubblicare le foto su facebook con quei titoli tipo attimi, sensazioni, alberi.” Rido a crepapelle, tant’è che andando a casa scatto delle foto a caso e nella mia maruga le ribattezzo seguendo le battute di Pike.

Attimi – foto Elton Tirelli

Lampioni – foto Elton Tirelli

Campagne – foto Reginaldo Tirelli

Massì, chi se ne frega, il Rock è la mia vita … let it be me! Chi se ne importa se ancora vado in combustione e mi esalto come un ragazzino, se mi è sufficiente guardare il bel film autobiografico su Reginald Kenneth Dwight, risentire i suoi grandi vecchi album e fare le mossette al ritmo del suo rock e passare alla Puma dopo anni di ossessione Adidas solo per aver visto la magnifica tuta indossata dall’attore che lo impersona.

Puma Jacket worn by Taron Egerton as Elton John in Brightburn.

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Torno a casa che sono carico come uno schioppo e mi aspetto di trovare la pollastrella ad attendermi trepidante

Pollastrella – Avatar Gif by TT

e invece vedo che si è appisolata sul divano sotto la solita pila di libri.

Non mi resta che chiudermi nello studiolo e ballare insieme alla Stricchi al ritmo di Desolation Angels dei Bad Company.

Tim, la Stricchi e Desolatiuon Angels dei Bad Company- autoscatto 11/01/2020

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Rock fever, roll easy, let me save my soul

Rock fever, roll easy, let the good times roll.

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The Dark Lord … non c’entra un cazzo con questo articolo ma mi piace chiudere in bellezza.

IL BLOG DEL GATTO PALMIRO: la chiamano Minnie, ma chissà quale era il suo nome

20 Ott

“Oggi sullo spazio che ogni tanto Tyrrell mi concede, lascio alla nuova arrivata raccontare la sua storia. Prima o poi ritornerò a scrivere qualcosa anche io, ma è che fuori si sta ancora bene e dal mattino alla sera sono in giro per le campagne intorno alla Domus Saurea a pattugliare i miei territori e alla sera, quando torno, sono cotto. Saluto felinamente gli umani che seguono il blog di Tyrrell e che di riflesso leggono delle mie peripezie. Miao miao dal vostro Palmiro”.

Palmiro, foto TT

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Io non so come sono arrivata da queste parti, non ricordo nulla della mia vite precedente e ogni tanto faccio congetture … mi è successo un incidente per cui ho ricevuto una botta in testa e mi si è mozzata la coda? Avevo il mio posto in una casa di altri umani e mi sono persa? Qualcuno che si voleva sbarazzare di me mi ha mollata alla guazza, come dicono da queste parti gli umani? Ero una semplice gattina randagia? Vallo a sapere; fatto sta che qualche settimana fa errando per le campagne, affamata, infreddolita e spaventata mi sono avvicinata ad una abitazione di umani e siccome sono molto agile, ho fatto un balzo e sono salita su una finestrella e mi sono trovata in un ambiente riparato, con acqua e una ciotola di crocchette, mi ci voleva. Mi sono sfamata, dissetata e riposata una notte intera ed ho iniziato a riprendere le forze. Il problema è che c’erano degli altri gatti in giro, quasi tutti si sono limitati a guardarmi storto e poco più, ho fatto loro capire che ero l’ultima arrivata e che avrei saputo stare al mio posto, ma un’altra gattina mi ha preso in antipatia e ogni volta che mi vedeva avrebbe voluto saltarmi al collo e sbranarmi, per fortuna non è mai riuscita a saltare sulla finestrella di cui sopra ed entrare nel mio rifugio, una di quelle costruzioni che gli umano chiamano garage.

L’altra preoccupazione era data dagli umani che abitavano nella costruzione più grande. Ogni tanto mi vedevano di sfuggita, io me ne scappavo via in un battibaleno, tenendo la pancia così bassa che in un primo momento il maschio umano non pensava nemmeno fossi un gatto. E’ andata avanti così per qualche giorno, ma poi pensando al fatto che se avevano altri gatti non dovevano essere umani malvagi e che mi lasciavano ogni mattina ed ogni sera ciotole piene di prelibatezze, ho iniziato a fidarmi. Ci sono voluti altri giorni prima che mi facessi toccare, ma avevo una gran voglia di un contatto fisico, così un bel giorno, un po’ titubante mi sono lasciata baciare dall’umano maschio, che gli altri gatti chiamano Tyrrell.

Nuovi arrivi alla Domus – foto TT

Minnie, nuovo arrivo alla Domus – foto TT

Minnie, nuovo arrivo alla Domus – foto TT

Minnie, nuovo arrivo alla Domus – foto TT

Alcuni umani potrebbero pensare che l’ho fatto per opportunismo, forse è così, sono una gatta dopotutto, ma noi felini siamo più affettuosi e pronti ad un forte legame con gli umani di quanto la gente possa pensare.  A dire la verità, ho poi saputo che Tyrrell ha pubblicato un annuncio su un social network (che come gatta fatico a comprendere cosa sia) in un gruppo creato da altri umani dedicato agli animali che si perdono qui nella zona in cui siamo, ma nessuno si è fatto avanti per reclamarmi. Ho poi capito che lo ha fatto a fin di bene, ma io qui mi trovo alla grande e adesso non vorrei davvero più andare via.

Tyrrell e la Saura hanno poi iniziato a portarmi nella loro cuccia, sì insomma, la loro casa e io ho imparato a riconoscere quella mura e ad abituarmi a vivere con loro. Dapprima ero un po’ titubante e confusa …

Minnie, nuovo arrivo alla Domus – foto TT

Minnie, nuovo arrivo alla Domus – foto TT

Tim & Minnie – autunno 2019 – foto TT

… ma ora sono felicissima, anche perché mi sono innamorata dei miei due nuovi umani e sto vivendo un sogno. Ho scoperto che le coccole, come le chiamano loro, mi sono indispensabili, ne vorrei sempre e mi rendo conto che forse esagero, perché quando sono in casa Tyrrell non riesce più a fare niente, gli sono sempre addosso. Salto sulla scrivania quando si mette davanti a quel coso, il computer, a scrivere e cerco ogni occasione per stargli in braccio.

Minnie – autunno 2019 – foto TT

Minnie – autunno 2019 – foto TT

Minnie – autunno 2019 – foto TT

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Insomma sono una gattina fortunata; gli altri gatti mi sopportano sempre più e Palmiro, che è il capo della colonia, proprio stamattina ha smesso di soffiarmi e mi ha leccato il muso. L’unico problema è la Stricchi, che nei miei confronti ha l’istinto del killer, Tyrrell si frappone tra noi quando mi attacca, ma è un bel problema questo, spero che prima o poi capisca che non le porto via nulla, che Tyrrell e la Pollastrella (come la chiama lui) vogliono bene anche a lei. Cerco di portare pazienza perché mi hanno riferito che ha avuto una infanzia molto difficile e che anche lei ha trovato riparo qui alla Domus Saurea tempo fa.

Ad ogni modo mi sto integrando alla grande e sto imparando la lingua degli umani, ma è Tyrrell che non capisce la nostra … a volte lo chiamo col suo vero nome, Stefano, e lui mi chiede cosa c’è, perché sente che è un miagolio diverso ma non capisce che lo sto chiamando in forma ufficiale, poi non distingue “Tim” da “Ciao”, però gli umani sono così, sono tutti concentrati su loro stessi, hanno una visione antropocentrica che temo porterà il pianeta su cui viviamo alla rovina, anche se devo dire che questo è un concetto che ho rubato a Tyrrell stesso e che quindi almeno lui ne è cosciente.

Gli voglio così bene che ho iniziato a guardare l’Inter insieme a lui. Se ho ben capito questi bipedi per distrarsi hanno creato dei piccoli gruppetti di umani che corrono dietro ad una palla, io non assimilo granché le dinamiche ma quando lui esulta lo faccio anche io, così poi mi dà un po’ di crocchette speciali. Sto anche capendo che esiste l’aria sonora, strani suoni di frequenze bislacche che gli umani creano per il loro divertimento. A Stefano, cioè a Tim, insomma a Tyrrell piace un gruppo di creatori di questi suoni organizzati che si chiamano Led Zeppelin e pian piano sto iniziando ad apprezzarli anche io, sono una gattina che può anche sembrare indifesa, ma stranamente mi piace quella che gli umani chiamano musica Rock.

Bene, per il momento è tutto. Ah, mi chiamano Minnie perché sono arrivata a cavallo della loro vacanza a Maiorca, ma dato che ero magrina e piccolina per il nome hanno virato su Minorca.

Va beh, vi lascio. Magari ci sentiamo prossimamente, W i gatti, W l’Inter, W i Led Zeppelin.

Tim & Minnie – autunno 2019 – foto TT

 

CALMA MANOLO, CALMA! (Islas Baleares Blues)

13 Ott

Quando cambi lavoro a ridosso dell’estate dai per scontato che per l’anno in questione salterai le vacanze, e quando poi ti comunicano a fine settembre che se vuoi puoi farti una settimanina rimani un po’ spiazzato. Avverti subito la pollastrella che, in due e due quattro, riesce ad organizzare in un quarto d’ora, durante la pausa pranzo, una vacanzina fuori dall’Italia. In men che non si dica infatti prenota aereo, parking e albergo per una località della Baleari, Magaluf, vicino a Palma di Maiorca. La prima cosa che ti viene in mente è che a Palma di Maiorca Brian, tuo padre, avrebbe voluto portarci tutta la famiglia, dunque la cosa ti fa piacere, ma è tutto così improvviso che non ti aspetti granché, non sai nemmeno che tempo farà a Maiorca tra fine settembre e inizio ottobre. Avendo prenotato all’ultimo ci si deve adattare: volo per Palma alle 6,25 da Orio al Serio (Bergamo), il che significa alzarsi alle 1,30 di un giovedì mattina. La sera prima c’è Inter- Lazio (vittoria dei ragazzi), non puoi perderla. A letto alle 23, ma alla mezza sei ancora sveglio, non riesci ad addormentarti. Chiudi gli occhi e suona la sveglia. Blues a balùs! Alle 2 in macchina, alle 4 al Ciao Parking di Orio Al Serio. In fila al check in a malapena ti reggi in piedi. Sali sull’aereo e crolli, senti appena il decollo, ti svegli durante l’atterraggio…

Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

L’aeroporto di Palma è assai organizzato, arriviamo al ritiro bagagli che le nostre valige sono già sul rullo. Usciamo fuori, fa caldo sebbene siano appena le 8,30. Cerchiamo l’autobus che porta a Magaluf. Chiediamo informazioni e quindi ci incamminiamo verso la pensilina preposta. Arriva l’autobus. Prima di aprire le porte l’autista controlla e pulisce i sedili. Scende, gli vado incontro e gli dico “Magaluf”, mi guarda e mi dice una cosa tipo “Calma, Manolo, calma”, intendendo che per prime vanno caricate le valige di chi scenderà per ultimo, poi per penultimo e così via. L’autista è una comica, canta e scherza… mi diverte molto il fatto che mi abbia chiamato Manolo, quello sarà il nome con cui mi presenterò a turisti del nord ed est europa che mi scambiano per un ispanico (“Please to meet you, my name is Manolo Ramon Guevara De La Serna”). In autobus rifletto su quello che devo aspettarmi da Magaluf, enclave britannica dove la movida si dice sia fuori controllo, zona franca per sesso, alcol e droghe.

Scendiamo alla fermata di Magaluf, per arrivare all’hotel dobbiamo scarpinare non poco. Poi colazione, sistemazione e subito in spiaggia. Con piacere noto che tra l’hotel e il mare non c’è nemmeno una strada, solo una promenade piena di ristorantini, e con altrettanto piacere vedo che ci sono molte spiagge libere e che gli spazi serviti sono gestiti dal comune, chi prima arriva sceglie il posto che preferisce, paga 13,5 euro al custode della spiaggia (che rilascia una ricevuta per due lettini e un ombrellone). Gli spazi tra gli ombrelloni sono larghi e il mare sembra un incanto. Ottima impressione.

Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

La prima sera esploriamo i dintorni, un paio di selfie da innamorati sulla spiaggia e quindi a letto.

Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Fare colazione di prima mattina davanti ad un panorama come quello è rilassante, sento le tossine del blues lasciare il mio corpo.

Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

In spiaggia mi ritrovo meditabondo dinnanzi al riflesso argenteo del sole sull’acqua. Leggo, sonnecchio, ascolto la Mahavishnu Orchestra…

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Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Arriva la sera in cui decidiamo di andare a Palma. 45 minuti di autobus durante i quali seguo sul cellulino l’andamento della partita dell’Inter con la Sampdoria scambiando messaggi con Mario, mio pard nerazzurro e amico di lunga data. Visita di rito davanti all’imponente cattedrale, passeggiata tra le stradine del centro storico, pizza sulla Rambla principale e quindi ritorno su un autobus snodato. L’autista è sgrauso, indisponente con i passeggeri rompicoglioni, spericolato durante tutto il tragitto e ossessionato dall’aria condizionata che tiene sui 20 gradi centigradi, quando fuori ce ne sono 28. Ci sembra di essere a Yakutsk in Siberia.

Palma de Mallorca – cattedrale Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Palma de Mallorca – cattedrale Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

L’indomani, dopo un’altra splendida mattina in spiaggia e bagno in un’acqua cristallina, pranzetto su un ristorantino sulla spiaggia. L’Ibizza è una meraviglia, una casetta tra il verde di palme e pini marittimi a cinque metri dalla spiaggia. Per la prima volta in vita mia penso che – avendo le possibilità – mi piacerebbe trasferirmi in un posto e in una casetta così. Lasciare la mia Emilia mi costerebbe, certo, ma sono in fase acuta di innamoramento… Mallorca te amo.

Ibizza Restaurant- Magaluf -Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Ibizza Restaurant- Magaluf -Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Ibizza Restaurant- Magaluf -Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Scopro una baracchina vicino al nostro hotel e alla nostra spiaggia che prepara cocktail a prezzi accessibili, dopo ogni pranzo mi concedo qualcosa, oggi è il turno di una Pina Colada che contribuisce a soffiare lontano i miei blues.

Pina Colada blows the blues away – Magaluf -Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

La sera ci concediamo giretti romantici nella vicina Palmanova o nei dintorni di Magaluf. Cerchiamo di evitare l’isolato della perdizione, come lo chiamiamo noi, pieno di locali lap dance, night club, pub. Non c’è tantissima gente, ma è chiaro che a luglio ed agosto Magaluf deve essere improponibile per chi non si vuole rovinare di alcol e di altre sostanze. I resoconti di giovani britannici che dalle stanze degli alberghi si lanciano nelle piscine (ogni tanto lasciandoci la pelle) sono parecchi, così come quelli di ragazze disinibite che per un giro di birre offrono fellatio a chiunque. Molti i pub dove trasmettono partite della Premier League o di rugby. Sembra di essere in Britannia e mi accorgo una volta di più che la lingua inglese sganciata dalla musica rock non è altro che una sequenza di suoni gutturali tutt’altro che piacevoli. Che differenza con il respiro melodico dell’italiano e dello spagnolo!

Magaluf – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Il Pub Mulligan’s è pieno di inglesi in chiara (in bibita insomma) che in coro si esibiscono al karaoke su una versione remix dance di Don’t Stop Believin’ dei Journey. Sembrano i nuovi barbari.

Magaluf – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Non ci sono solo inglesi, parecchi vengono dall’est, in molti sembrano russi, sono freddi come la Siberia, nessuna empatia e hanno facce da galera. Si è sempre detto che sono gli italiani a farsi riconoscere quando sono all’estero… non ne sono più tanto sicuro.

Ci spingiamo sino ai Magaluf City Limits, la pollastrella ha scoperto una pista da Go-Kart e non vuol perdere l’occasione di far vedere le sue doti di pilota agli stranieri. Purtroppo per lei (e fortuna per me) il kartodromo chiude alle 20, così la speed queen deve rinunciare a sfogare il suo istinto killer per la velocità.

Magaluf racetrack – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Mi guardo intorno e osservo i grandi alberghi delle vicinanze, alveari pieni di turisti…

Magaluf – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Nel tornare in hotel mi rendo conto che ho sempre i Led Zeppelin in testa…

Zeppelin on my mind – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Zeppelin on my mind – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

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Altre stupende giornata passate in spiaggia, in acqua e in pace con me stesso. Mallorca stempera le mie paturnie, le vele bianche all’orizzonte sono un balsamo per il mio animo tormentato, così come un piatto di cozze, una Corona gelata e un ottimo mojito dopo pasto.

Magaluf – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Mojito always win over the blues – Magaluf – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Il cibo a Magaluf però non è un granché, i ristorantini propongono menù tutti uguali, dove la carne è un imperativo categorico. Non è sempre facile trovare un posto dove anche la pollastrella (vegetariana) possa pranzare dignitosamente e anche io che sono carnivoro (però attento all’etica alimentare) non amo questa cucina fatta di hamburger, hot dog, carne grigliata, pizze cotte col forno elettrico e non-specialità gastronomiche simili. Ovviamente anche l’alcol la fa da padrone. Ai tavoli vedo padre, madre e due figlie sui vent’anni (tutti sovrappeso) mangiare patate fritte, carne e  pasteggiare con cocktail alcolici.

Nel ristorantino Boatyard, gestito da inglesi, mentre mi bevo una Corona ghiacciata sul retro menù leggo che “se durante il weekend ordini e bevi 20 birre hai una maglietta in omaggio e se arrivi a 40 il tuo nome verrà inciso sul muro dei bevitori”, capisco che Magaluf sia un posto particolare, ma questi sono pazzi!

Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Magaluf – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Faccio il parallelo con i gruppi inglesi in tour in America negli anni settanta, che quando si trovavano in California o in Texas nei giorni liberi oltrepassavano il confine con il Messico dove pensavano tutto fosse permesso (e puntualmente finivano in galera, come successo più volte a Mick Ralphs ad esempio).

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Ogni tanto la sera ci avventuriamo così sino ai limiti di Palmanova ed è così che troviamo un ristorante italiano dove finalmente possiamo cenare come si conviene.

Palmanova – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Palmanova – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

C’è da dire che Mallorca sembra Reggaeton-free, niente musica latino americana commerciale, e questo è un gran sollievo. Certo, ogni tanto si sentono inezie musicali, ma è anche vero che dai locali arrivano anche Black Dog dei Led Zeppelin, Music di John Miles e (udite udite) Can’t You See della Marshall Tucker Band, mica male… colonna sonora ideale per le nostre passeggiate al chiaro di luna.

Moonlught In Magaluf- Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

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I sei giorni di mare terminano, martedì primo ottobre restiamo in spiaggia fino a tardi e salutiamo con un po’ di rammarico questa nostra love beach (ogni riferimento agli ELP è espressamente voluto) certi che prima o poi alle Baleari torneremo.

Magaluf – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Magaluf – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

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Martedì 2 ottobre sveglia alle 5, alle 5,45 siamo sul taxi che ci porta all’aeroporto; mentre usciamo dal cortile dell’Hotel notiamo due inglesi rovinati dall’alcol: uno è sdraiato sul marciapiede in stato di incoscienza con una bottiglia di birra ancora in mano, l’altro barcolla vistosamente, ha un ghigno da beota dipinto sulla faccia, urla qualcosa all’autista del taxi, il quale gli mostra il dito medio. Ripeto, questi sono pazzi.

Colazione all’aeroporto, check in, imbarco.

Magaluf – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Dalla cresta bionda della pollastrella osservo l’aeromobile Ryan Air che ci riporterà a casa.

Magaluf – Baleari blues – sett/ott 2019- foto TT

Atterriamo a Bergamo, ripenso al maestro Beppe Riva.

Raccolta bagagli, breve tragitto al Ciao Parking, poi macchina, autostrada e di nuovo in Emilia.

A casa, si disfano le valige, ci si fa una doccia, si fanno lavatrici e si cerca di ritrovare un appiglio grazie ai dischi a noi cari. Domani si torna al lavoro, c’è un po’ di tristezza nel cuore, la vacanza è stata bellissima forse anche perché non credevo di poter fare ferie e non avevo grandi aspettative, ma Mallorca mi ha stregato. Domani si riparte col solito blues, ma non mi importa, sono stato a Palma di Maiorca, Brian sarebbe fiero di me.

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Mostra Fotografica “Famiglie – Un mondo di relazioni” Reggio Emilia 2019 (Mother Mary blues)

22 Giu

Vengo a sapere che alla biblioteca Panizzi di Regium Lepidi si tiene una mostra fotografica relativa a vecchi scatti di famiglie del territorio.

Ci arrivo col fiato corto il penultimo giorno, venendo poi a sapere che la mostra è prorogata sino a fine settembre.

Entro nella sala …

Mostra fotografica “Famiglie – Un mondo di relazioni”” – Reggio Emilia 2019 – Foto TT

e mi metto a soppesare le foto e il passato delle genti che prima di me hanno abitato queste strade, queste piazze, queste campagne.

Mostra fotografica “Famiglie – Un mondo di relazioni”” – Reggio Emilia 2019 – Foto TT

Guardo con attenzione la foto di una vecchia famiglia contadina intenta a consumare un pasto …

Mostra fotografica “Famiglie – Un mondo di relazioni”” – Reggio Emilia 2019 – Foto TT

quella di un paio di donne e di una bambina al lavoro nei campi …

Mostra fotografica “Famiglie – Un mondo di relazioni”” – Reggio Emilia 2019 – Foto TT

quella di un edificio così blues che nemmeno in Mississippi …

Mostra fotografica “Famiglie – Un mondo di relazioni”” – Reggio Emilia 2019 – Foto TT

L’ambiente invita alla meditazione, alla riflessione sul ciclo della vita, sul fatto che chissà magari tra cento anni ci saremo noi su quei muri.

Mostra fotografica “Famiglie – Un mondo di relazioni”” – Reggio Emilia 2019 – Foto TT

Contemplo ogni foto, ogni particolare …

Mostra fotografica “Famiglie – Un mondo di relazioni”” – Reggio Emilia 2019 – Foto TT

la pollastrella sembra fare lo stesso …

Mostra fotografica “Famiglie – Un mondo di relazioni”” – Reggio Emilia 2019 – Foto TT

termino il giro e mi soffermo su di una delle ultime foto.

Mostra fotografica “Famiglie – Un mondo di relazioni”” – Reggio Emilia 2019 – Foto TT

Ne valuto ogni dettaglio, ogni personaggio in essa ritratto. Cerco di carpirne i pensieri, le aspettative, i sogni.

Mostra fotografica “Famiglie – Un mondo di relazioni”” – Reggio Emilia 2019 – Foto Saura T.

Nei fogli esplicativi a disposizione del pubblico leggo la didascalia: “Studio Vaiani – Gruppo Di Famiglia circa 1935 – ristampa da negativo”. 

Correggo la datazione, siamo nel 1937 (se non addirittura nel 1938) e rimango a fissare la foto, pensando a quanto io sia legato a questa città, a questa terra, a quei visi che mi sono tanto familiari. Fatico a staccarmi da quella famiglia, commosso do un’ultima occhiata alla biondina sulla destra, incrocio il suo sguardo, vedo me stesso. Che bimbetta che eri, Mother Mary.

Famiglia Fernando Imovilli  – Mostra fotografica “Famiglie – Un mondo di relazioni”” – Reggio Emilia 2019 – Foto TT

 

 

Cenni d’intesa tra uomini alla Coop

18 Apr

Sabato mattina d’aprile. Spesa settimanale alla Coop. Ho amici che si chiedono come mai c’è ancora gente che va a fare la spesa in quel tipo di supermercati, sono quelli che riescono ad andare nei negozietti di alimentari un po’ alternativi o al mercato coperto della loro città. Non dispiacerebbe nemmeno a me, ma chi ha il tempo di spezzettare la spesa in quel modo? E’ vero che in primavera e in estate amo andare da un contadino non troppo distante da me a comprare frutta e ortaggi che produce direttamente, ma per il resto mi affido alla cooperativa, anche perché mi fido dei prodotti a marchio Coop e dopo tutto ho ancora una romantica visione di quel tipo di supermercati.

Ipercoop di Regium Lepidi

Sono insieme ad una pollastrella con la cresta bionda. Colazione nel solito baretto, krapfen e cappuccino per me, cornetto alla crema e succo di frutta alla pera fuori frigo per lei. Una veloce occhiata alla rosea e via a seguire la sbilenca scia del carrello.

Ipercoop di Regium Lepidi

Preleviamo il lettore per la spesa fai da te e salpiamo. Costeggiamo le varie isole, navighiamo a velocità ridotta attraverso le corsie. Scegliamo con attenzione i prodotti, tralasciamo quelli con un packaging troppo appariscente e dunque inquinante, valutiamo i prezzi mentre a me torna in mente una gran bella canzone di Battisti …

In un grande magazzino una volta al mese

Spingere un carrello pieno sotto braccio a te

e parlar di surgelati rincarati

far la coda mentre sento che ti appoggi a me

Ipercoop di Regium Lepidi

Iniziamo l’ultima tratta, come sempre ci fermiamo nella corsia del cibo per gatti (ne abbiamo 6, la scorta settimanale è dunque impegnativa).

Son lì che medito su che scatolette e buste comprare (devo variare spesso marche e gusti altrimenti i componenti pelosi della famiglia rifiutano di cibarsi, e questo temo sia un altro segno della decadenza della società occidentale … come avremmo detto io e Brian in dialetto stretto “desdòt vac da mònzer e sèe mèes ed Siberia ed vedrèe che la s’ cambia per tot”diciotto vacche da mungere tutte le mattine – come faceva mio nonno – e sei mesi di Siberia e vedrai che la storia cambia per tutti …), quando una coppia di persone avanti in età s’ infila nella stessa corsia.

La signora sta salmodiando (in un miscuglio di italiano e dialetto) una litania di certo non nuova al marito, ne carpisco qualche brandello: “ no perché se avessi fatto quello che ti avevo detto … quante volte devo spiegarti questa cosa … possibile che ogni volta è la stessa storia … ” l’uomo mi guarda negli occhi con quell’espressione un po’ così che abbiamo noi quando guardiamo la nostra vita andare a ramengo, continua a fissarmi tra il serio e il faceto, sbuffando di nascosto alle spalle della sua signora. Gli stringo l’occhio e con la testa accenno alla mia di pollastrella, come a dire … vecchio mio, tocca anche a me, così è la vita. Compiaciuto mi rimanda un mezzo sorriso e un cenno d’intesa che vi lascio immaginare. In realtà la groupie che ho qui con me oggi non si comporta (almeno per ora) da maestrina come la signora appena passata, ma sentivo che dovevo stare al gioco per regalare al mio vecchio compare almeno un momento di cameratismo e di fratellanza.

Li seguo con lo sguardo, the teacher in prima fila e lo scolaretto duro di comprendonio dietro.

cenni d’intesa tra uomini alla Coop – foto TT

Mi soffermo a riflettere, farò la stessa fine? La pollastrella, che si era attardata davanti ad uno scaffale qualche metro più in là, si avvicina al carrello, dà una occhiata alle bustine che ho scelto ed esclama “No, queste al patato non piacciono … nemmeno queste vanno bene perché le mangia solo Artemio … riemettile al loro posto adesso ci penso io … “.

La risposta alla mia domanda mi arriva chiara e forte.

cenni d’intesa tra uomini alla Coop – foto TT

Lavori* da metrosexual: matching colors blues

11 Ott

*L’accezione di “lavori” nel titolo è quella emiliana, traducibile dunque con “cose”. Noi qui nelle low lands della Valpadana usiamo espressioni come ” mo’ che lavoro!”, “è una lavoro da matti”, “basta far quei lavori lì”. Quando ci succede qualcosa di spiacevole usiamo “che brutto lavoro!”, insomma avete capito il senso.

Mattina, in ufficio. Davanti al dispositivo programmato per immagazzinare dati, elaborarli e trasmettere i risultati in forma opportuna (al computer insomma) con fertile e sollecita attività lavoro, fin quando non sento qualcosa muoversi all’interno dei pantaloni che indosso (qualcuno in un primo momento avrà forse pensato che si muovesse qualcosa d’altro altro, ma quello succede quando Maurito la mette in buca).

Nemmeno il tempo di elaborare il pensiero che mi sono già calato le braghe. Di fronte agli insetti divento pavido, millepiedi e cavallette mi gettano nella disperazione ma anche il resto degli artropodi mi mette a disagio. Spaventato ma in modalità razionale constato che trattasi di cimice. Vivo in campagna, ed è dal 2012 che la Halyomorpha halys ovvero la “cimice asiatica” o “cimice marmorata marrone” infesta le nostre terre. In autunno penetra in casa nonostante zanzariere e porte chiuse, si infila dappertutto e ogni sera ne catturiamo almeno una decina. E’ fisiologico dunque che possano infilarsi nei vestiti, ma nonostante la rassegnazione trovarsene una nei pantaloni non è per nulla piacevole.

Ho un ufficio tutto per me, posso dunque stare a cul busòn, come diciamo noi a da queste parti, il tempo necessario per togliere la cimice e assicurarmi che non ci siano animaletti d’altro genere nei miei jeans. Scampato il pericolo, faccio per ricompormi quando mi accorgo di un altro fatto angosciante: ho i boxer del colore sbagliato.

Sono uno di quei fighetti da brodo attentissimi al tono su tono. Anche quando sono in casa e mi accomodo in tute e felpe per godermi il comfort casalingo, tutto deve avere  rigore cromatico. Controllo i miei vestiti: camicia blu carta zucchero, gilet blu, jeans blu, maglietta blu, calze blue, foulard blu … che c’entrano dei boxer verdi?

Devo essermi sbagliato stamane mentre mi vestivo. Nel cassetto i boxer sono diligentemente divisi per tonalità: a sinistra quelli blu (il mio colore preferito), centro sinistra quelli grigi e neri, e tra centro destra e destra quelli verdi, quelli marroni e quelli di vari colori. Evidentemente un paio di boxer verdi deve essere finito tra quelli blu.

Mi dico che non è importante, che per un giorno che vuoi che sia, che non devo essere schiavo delle mie ossessioni. Mi rimetto a lavorare, ma poi mi torna in mentre Julia, personaggio di punta di questo blog nei suoi primi anni. Per lavoro e per diletto la incontravo anni fa quasi ogni settimana. Confrontarmi con lei era assai piacevole e il nostro rapporto mi ha arricchito non poco. Ricordo che un giorno mi disse: “sono ormai alcuni anni che ci vediamo con frequenza e mai una volta ti ho visto vestire con tonalità sbagliate”. La sua constatazione mi colpì, perché per me era (ed è) una faccenda di semplice buon gusto, di rispetto per sé stessi e per gli altri, una cosa ovvia da seguire, ma quel suo rilievo mi fece pensare che forse poteva anche essere vista da un punto di vista meno nobile. Che stesse valutando il confine tra stile (sempre che di stile si possa parlare) e piccole ossessioni? D’altra parte rammento che una mattina, mentre prendevamo un thé a casa sua, osservai i volumi di una enciclopedia posizionati in un mobile. Erano tutti rivestiti con la stessa carta tranne uno, avvolto in carta da giornale e le dissi “io non riuscirei a tenere un volume incartato in modo diverso dagli altri”. Mi guardò con uno sguardo interlocutorio, mentre i suoi lunghi capelli neri seguivano l’onda della sua curiosità, poi si sciolse in un sorriso riservato e dolce (e forse di compatimento).

Cerco di rimanere concentrato sul lavoro, ma il pensiero del boxer verde diventa un tarlo nel cervello. E se mi capita qualcosa? Se mi devono portare al pronto soccorso per un attacco di blues, cosa potrà dire la dottoressa che mi visita? “Poveretto, guarda come stan male quei boxer verdi su tutto quel blu!”

E se per caso succedesse che una bella ragazza rimanesse folgorata dal mio incedere blues e decidesse di lanciarsi in un ballo da strappamutande con me, una volta accortasi dell’inghippo, cosa esclamerebbe? “Mo’ cos’è quel lavoro qui? Hai dei boxer verdi su dei capi blu, lasciamo stare dai, mi è passata la garra charrua”.

Ed è così che decido di recarmi in un negozio di intimo, di comprare un completo in tonalità blu (ma ancora sigillato nel collophane), di tornare in ufficio, di chiudermi in bagno e correggere finalmente quella vergogna cromatica.

Torno al mio posto, inizio di nuovo a lavorare e fischietto una delle mie canzoni, quella intitolata “BLU”:

“La casa è blu, il giardino è blu, le rose che ti porto blu / Che cosa mai significa questa realtà cromatica

 Mi vesto in blu, io penso in blu, la musica che ascolto è blu / Che cosa mai significa questa realtà cromatica

Mi vedo blu, mi sento blu e a volte sono proprio giù / Ma già lo sai se stai con me l’inferno è preferibile”

 

Solstitium blues (aestas version)

18 Giu

Il solstizio si avvicina ma l’estate sembra non arrivare, dopo un aprile caldissimo, ecco un maggio e un giugno piovosi e freschi, piove quasi ogni giorno, sembra più la Britannia che l’Emilia.

Maya-Summer-Solstice-300x300

Intrappolato ormai da mesi nel future blues, mi affaccio a questa nuova estate con le solita domanda a tema esistenziale (nel senso che è cruciale per la mia esistenza): “che giocatori comprerà l’Inter?” Eccomi dunque ogni sera incollato a Sky Sport 24 per la mezz’oretta dedicata al calcio mercato. Quando poi in studio c’è Luca Marchetti, nulla per me è più sacro di quei trenta minuti. Se ho già cenato, mi piazzo sul divano della Domus Saurea con in mano un calippo alla cola o un semplice bif (un ghiacciolo insomma) rosso. Questo è uno dei momenti topici della mia vita, tanto per far capire come son messo! La pollastrella è partita per Londinium insieme ad una altra pazza come lei (la Patty). Ci sono già state in maggio (sempre per un concerto e per una visita agli Studios dove hanno girato i film di Harry Potter), ci tornano oggi per lo Stone Free Festival alla O2 Arena (gli headliner sono gli Yes di Anderson, Rabin & Wakeman, naturalmente).

Per questioni lavorative quest’anno non ho potuto programmare con necessario anticipo assenze e dunque accompagnarla, così per i 4 giorni in cui lei non ci sarà – complici anche i giorni di ferie che alla fine mi sono preso – ho preparato un piano ben preciso: non fare niente. O meglio fare ciò che un uomo di blues nelle mie condizioni attuali deve fare: recuperare il sonno perduto, rilassarsi nella verandina leggendo la Gazzetta Dello Sport, mangiare calippi e ghiaccioli guardando lo speciale calciomercato, i mondiali e qualche buon film su Sky, mettersi in tiro chitarristicamente parlando per i prossimi due concerti degli Equinox (14 luglio Milly Bar, Parco Ferrari Modena e 2 agosto Area24 Rock Station, Rio Saliceto,RE), dedicare un po’ di tempo a questo blog un po’ troppo trascurato e pregare il padre dei quattro venti (il Dark Lord insomma) affinché riempia le vele, nella speranza che le stelle tornino a riempire i sogni.

FILM: “Frantz” (di François Ozon – Francia/Germania 2016) – TTTT

Una storia tra le tante messa in piedi per raccontare la storia, in questo caso quella della Germania subito dopo la prima guerra mondiale. Il senso di lutto nazionale, la tristezza che alberga in quasi tutte le case, un giovane francese afflitto ed angosciato che arriva improvvisamente nel focolare di una di queste. Film (melo)drammartico ma al contempo leggiadro e poetico. Colpe, ricerca del perdono, amori che non sbocciano. Buon film davvero. Visto su Sky.

Da http://www.cineforum.it 

Nel 1919, in una cittadina della Germania, Anna si reca tutti i giorni alla tomba del suo fidanzato, caduto al fronte in Francia. Un giorno giunge un ragazzo francese, anche lui porta i fiori sulla stessa tomba, quella del suo amico tedesco, compagno nei momenti più tristi, che Pierre cerca di dimenticare. L’incontro scuote le vite dei due giovani, risollevando dubbi e paure, e costringe ciascuno a fare i conti con i propri sentimenti.

 

SERIE TV: Homeland (stagione 7 – 2018)

La nuova stagione di Homeland segna il passo, non nego che in queste ultime puntate si stia in parte riprendendo, ma l’inizio è stato piuttosto sconfortante.

SERIE TV: The Americans (stagione 6 – 2018)

Questa sarà la stagione finale, dai primi episodi mi pare che la qualità sia come sempre alta. Vedremo come si dipanerà e come finirà.

QUALCOSA E’ CAMBIATO – Apolitical Blues

Il mood del paese è decisamente cambiato: astio, risentimento, razzismo e odio fanno parte ormai della vibrazione quotidiana che accompagna la vita degli Italiani. Vent’anni di governi di un certo tipo sembrano aver spazzato via ogni idea di comunità, di senso del dovere, di uso dell’intelletto, di rispetto per le capacità e competenze altrui, di tenerezza, di amore per la cultura. Le ultime elezioni hanno portato al governo compagini xenofobe e sovraniste che stanno fagocitando movimenti che forse avevano visioni un tantino diverse. Un centro sinistra incapace, litigioso e illeggibile ha contribuito alla deriva. La perdita di umanità e di pietà, il nazionalismo come unico scudo contro le difficoltà dei tempi moderni, stanno riducendo lo stivale ad un immondezzaio.

Mi accorgo che anche qui in Emilia qualcosa è cambiato. Qualche sera fa ero a cena con i ragazzi, solito sinodo pre-estivo. Siamo in una delle trattorie a noi care, lì nelle campagne di Bath. Il sole che tramonta dietro i fienili, la pianura che si prepara per la notte, quel cielo e quei colori che potrebbero essere gli stessi di Macon, Georgia, ci mettono di buon umore. Mi basta uno sguardo con il Riff per capire che entrambi stiamo pensando a Laid Back di Gregg Allman.

Parliamo di musica, di calcio e di politica. Di fianco ho uno dei miei amici del cuore, uno che di solito è parco di parole e che sopporta il mio sproloquio blues ormai da un quarto di secolo. Apre bocca per informarci che “anche mia madre ha cambiato bandiera, ha sempre votato per i comunisti, stavolta ha votato lega”.

Sul momento mi soffermo sull’uso curioso di certe forme usate dal mio amico, quel “ha sempre votato per i comunisti” nasconde al contempo un modo di dire e di porsi tipico del passato (remoto), quando i “comunisti” era una realtà assai tangibile in questi territori, e finanche una certa distanza da quel mondo che il mio amico deve aver frequentato – almeno nelle urne – assai poco.

A forza di parlare alla pancia degli italiani, a forza di scardinare le piccole conquiste sociali, a forza di insultare chi ha capacità di pensiero e di intelletto, a forza di capitalismo sfrenato capace di farci annusare una possibile povertà che avvertiamo ormai non più così lontana, eccoci tutti ripiegati sul nostro pianerottolo.

Sempre più spesso fatico a riconoscere l’Emilia, la mia terra, quella che amo con tutto il cuore, ma che vivo come porzione d’Italia, d’Europa, del Mondo.

Cimitero di San Martin On The River, un paio di domeniche fa. Porto i fiori a Brian e a Mother Mary. Parcheggio, scendo, chiudo la macchina. Faccio per incamminarmi, ma torno sui miei passi. Sul sedile posteriore della (mildly) blues mobile ho due quotidiani in bella vista: La Repubblica e il Manifesto. Riapro la macchina, prendo i giornali e li rovescio in modo che non si legga la testata. Chiudo la macchina e vado a salutare i miei vecchi. Non vorrei mai che con i tempi che corrono qualche simpaticone mi giocasse qualche brutto scherzo.

Tornando a casa rifletto sul mio gesto. Se non mi sento politicamente al sicuro più nemmeno in Emilia, mi chiedo con che spirito potrò affrontare il futuro, già di per sé concetto piuttosto impegnativo. Non c’è dubbio, qualcosa è cambiato.

CAT TALES: alfa pussy

Strichetto è ormai un presenza più o meno fissa su questo blog. Si tratta, come ho raccontato più volte, della gattina di alcuni vicini che si è accasata da noi. Lo ha fatto per togliersi da umani che considerano gli animali solo come giochi per le figlie piccole, umani che andrebbero segnalati all’ENPA, cosa che farò dovessi scoprire in futuro comportamenti non consoni. La ho chiamata Strichetto perché la prima volta che si è infilata in casa mi è sembrata uno strichetto (tipica pasta emiliana) appunto. Gattina isterica e iperattiva visti i primi mesi passati in ambiente non certo ideale, ora sembra lentamente trovare un certo equilibrio. Non sta volentieri in braccio alle persone, da piccola è stata sballottata in continuazione, ma inizia a ribellarsi meno se lo facciamo noi, comincia ad essere selettiva con le persone e a capire definitivamente che siamo io e la pollastrella i suoi umani di riferimento.

Sta maturando dunque, ormai ha un anno e inizia a formulare istinti con più esperienza. Mi diverto molto ad osservare questi cambiamenti e a come interagisce con gli altri gatti della Domus Saurea e con noi umani. Di me ormai si fida, come di Palmiro e come lui anche lei adesso mi chiama Tyrrell. Stricchi è una gattina che ama stare in casa durante il giorno e a uscire la notte. Di sera si trasforma in un diavoletto beige della Tasmania. Sfreccia a velocità folle da una stanza all’altra, un missilino supersonico beige che ti sfiora i garretti, fino a quando non si ha altra scelta che farla uscire.

Durante il giorno sonnecchia e fa la gatta. E di taglia molto piccola, ed è molto femmina, una smorfiosetta, e quindi irresistibile. Quando si sveglia, o quando mi vede dopo un po’ di tempo di assenza, si sdraia e mi offre la sua pancia che gratto con piacere. Posso dire che ormai si fida di me a tal punto che ogni tanto mi si addormenta in braccio, casca dal sonno e si lascia andare certa di essere al sicuro tra le braccia del suo umano blues.

Sleepy Stricchi – autoscatto TT

Sleepy Stricchi – autoscatto TT

Sleepy Stricchi – autoscatto TT

Sleepy Stricchi – autoscatto TT

E’ stata una sorpresa scoprire che la piccola Stricchi, la gattina dolce e graziosa, è in realtà una femmina alfa che mette le altre gatte e gli altri gatti (Palmiro escluso) in riga. Noi abbiamo 4 gatte (lei inclusa), Palmiro e Artemio, un vecchio gatto randagio che si è accasato da noi alcuni anni fa. Tra le gatte, la più selvatica è la Spavve, gatta che dà poche confidenze e che ho sempre pensato fosse la amazzone felina della Domus Saurea. Niente da fare, Stricchi (che è la metà o addirittura un terzo di lei) la mette in riga con una sicurezza e una caparbietà invidiabili. E come fa con lei, fa con tutte. Insomma, si sente regina, e a chi non vuole intendere glielo fa capire senza tanti complimenti.

Little Queenie sul dondolo – foto TT

Mi ha sorpreso anche Palmiro, il gatto nero che vive con noi già da sei anni. Chi è interessato al primo capitolo della storia clicchi sul seguente link:

https://timtirelli.com/2012/06/28/il-gatto-palmiro/

Si, mi ha sorpreso e mi continua a sorprendere perché si è rivelato anche lui un gatto alfa. Lo ho ripetuto più volte, pensavo fosse un gatto bonaccione, paziente, docile, e infatti lo è ma credo lo sia perché particolarmente intelligente. Ha capito che io e la pollastrella siamo i suoi umani di riferimento, che lo adoriamo e che non gli faremmo mai nulla di male. Paziente riceve le nostre coccole e il nostro amore, tollera tutte queste effusioni con superiorità felina, in cuor suo sa che gli umani che amano i gatti non sanno resistere, e che danno baci e abbracci anche quando il gatto preferirebbe starsene per i fatti suoi. Dorme con noi, guarda le partite partite dell’Inter e le corse di Valentino con noi, ascolta i dischi con noi. Ha compreso che l’aria sonora che esce dalle casse dello stereo è piacevole per i suoi umani e che tanto a lui non danno fastidio, da felino vive su altre frequenze. Ha capito quando è il momento di rincasare e il modo di interagire con i mammiferi di specie diverse con cui vive.

Ma è anche sempre all’erta e pronto a far capire a chicchessia che il capo del branco, del gruppo, della colonia, della famiglia di gatti della Domus Saurea e territori limitrofi è indiscutibilmente lui, benché sia stato l’ultimo ad arrivare. Dapprima ha valutato la situazione, ha giocato a fare il gattino sperduto, si è guadagnato la fiducia di tutti e poi, una volta maturato, è diventato il fiero gattone nero che è, ha preso possesso del branco. Le femmine lo vivono come riferimento, il povero gatto Patuzzo (vedi https://timtirelli.com/2016/01/12/il-gatto-e-la-volpe-storia-di-vita-e-di-morte/  ) capì il suo status e gli diventò braccio destro, e Artemio gli ha mostrato riverenza sin da subito, in modo da farsi accettare nel gruppo, riverenza che però non concede mai agli altri gatti maschi del vicinato.

Palmiro controlla il territorio, non gli sfugge niente, quando un gatto maschio forestiero oltrepassa i suoi possedimenti, Palmiro non gli dà tregua. Lo punta, lo tiene in scacco con lo sguardo, rimangono immobili per mezzore intere e quando l’invasore tenta la fuga Palmiro lo rincorre con una foga e un impeto che mi colpiscono ogni volta.

Gli serve perlomeno un’ora per calmarsi, per togliersi di dosso il richiamo della foresta e ridiventare, nella parole della pollastrella, il nostro patato, quello che fa il contorsionista sulla tavola,

Palmir il contorsionista – foto TT

quello che si addormenta spaparanzato nella cesta dei panni lavati,

Palmir il contorsionista – foto TT

o sulle pedane del bagno.

Palmir giugno 2018 – fotoBOTTEGHE OSCURE

 

BOTTEGHE OSCURE:

Tanto tempo fa esisteva un quotidiano chiamato l’Unità che aveva un inserto satirico – Cuore- fenomenale. Una delle rubriche si chiamava Botteghe Oscure, ed era dedicata ai nomi improbabili di esercizi commerciali. Dato che ogni tanto mi ci imbatto la prendo in prestito.

 

Stone City: negozio di parrucchieri Edward Mani Di Forbice:

Stonecity hairdresser – foto TT

Stone City rosticceria Mizzica!! con due punti esclamativi

Stonecity pizza makers – foto TT

RACCORDO ANULARE BLUES

L’anulare sinistro per un chitarrista è un dito fondamentale. Ha iniziato a darmi problemi mesi fa ed oggi mi sono deciso a fare qualche terapia. Quisquilia personale che non interessa a nessun ovviamente, ma quello che mi colpisce e su cui dunque vorrei soffermarmi è come i pazienti occupano il tempo in cui sono chiusi nei loculi fisioterapici, loculi che sono spazi senza soffitto e delineati da divisorie non certo insonorizzate. C’è chi attacca pezze pesantissime al fisioterapista raccontando cose così futili da sembrare assurde, chi parla al telefono a voce alta e impartisce ordini al proprio sottoposto con malcelato godimento per far capire agli altri che è uno che conta, chi si addormenta e russa, chi fischietta, chi guarda video sul cellulino. Sarà anche solo una mia impressione, ma nessuno sembra più in grado di rimanere solo con se stesso per più di pochissimi minuti.

Fisioterapia blues – foto TT

PINK NIGHT IN BORGO MASSENZIO – Abba Show

Per la notte rosa a Borgo Massenzio si fanno le cose in grande, nonostante sia solo una frazione. La strada principale addobbata a dovere con lunga tavolata in cui i residenti cenano tutti insieme, stand, bancarelle e spettacolo degli Abba Show.

Essendo un amante degli Abba (il miglior easy listening di sempre) accorro a vedere il concerto. Sono ormai anni che seguo il gruppo. Quest’anno lo trovo meno entusiasmante, il chitarrista fondatore non c’è più, la cantante mora è cambiata e c’è un aria da gruppo unicamente orientato al business. E’ sempre piacevole ascoltare e vedere Debora, la bionda che fa Agneta, ma c’è qualcosa che non mi convince più.

Abba Show – note rosa di Borgo Massenzio – foto TT

Abba Show – note rosa di Borgo Massenzio – foto TT

Abba Show – note rosa di Borgo Massenzio – foto TT

Abba Show – note rosa di Borgo Massenzio – foto TT

Abba Show – note rosa di Borgo Massenzio – foto TT

Seguendo una moda ormai consolidata il gruppo suona senza amplificatori, cioè attraverso l’impianto (PA) e le spie. Indubbiamente è una bella comodità, io e la pollastrella sappiamo benissimo cosa significa rompersi la schiena portando in giro amplificatori e tutto il resto, ma a me sembra che il suono sia artificiale e finto. Certo, il pubblico non si accorge di nulla, ma i cagacazzi come noi sempre all’erta e (quasi) sempre insoddisfatti sono sensibili ai particolari. Probabilmente sono io che invecchio, ma dei suoni artificiali non ne posso più (preferisco un brutto suono che provenga da un ampli vero), dei “su le maniiii” gridati dai cantanti non ne posso più, del coinvolgere il pubblico ad ogni costo non ne posso più, di proposte professionali piatte e prevedibili non ne posso più. Non mi resta che ritirarmi su un eremo e perdermi a contemplare le nebbie.

 

Dopo il concerto torniamo verso casa a piedi. Prendiamo la stradina lunga e tortuosa e ci inoltriamo nella campagna in un buio assoluto. La pollastrella smanetta sul cellular, e cerca qualcosa da ascoltare su youtube. Fosse per me farei partire Robert Johnson, ma conoscendola già immagino la colonna sonora che ci accompagnerà in questo ultimo chilometro. Signore Oscuro i tuoi discepoli riverenti son sempre qua.