BRIAN & JIMMY PAGE

22 Mar

Nella pausa pranzo corro da Brian per fargli un po’ di compagnia e per fargli da mangiare. Fare tutto di corsa non è il massimo ma a volte è una necessità. Ascolto distrattamente gli ALLMAN agli A&R Studios di NYC il 26/8/1971 mentre rollo sui 110 sulla bretella Stonecity-Mutina. Arrivo a casa sua e lo vedo confuso e giù di morale. Gli faccio fare la barba mentre io preparo due svizzere, l’insalata e altre cosette. Pranziamo, cerco di tirarlo su, sparecchio, lavo i piatti e lo porto al bar lì vicino per un caffè. Gli dico che devo scappare in ufficio e mi fa “posso venire con te?”.

Risalgo da lui di corsa per chiudere le finestre e per prendere la medicina delle 15. Sulla bretella all’altezza di Bazvéra, mi viene in mente che non ho preso la medicina. Che testa. Faccio finta di nulla, anche con me stesso. Se lo sa mia sorella mi ammazza. Lungo il tragitto Brian riprende quota, solo il pensiero di stare in compagnia ha un effetto stupefacente. In ufficio saluta tutti, poi mia assicuro che si segga a leggere Repubblica. Dopo un po’ si alza, sgirandola per il mio ufficio…

(Brian in ufficio a Stonecity – foto di TT)

Si ferma davanti a un quadro, vede un chitarrista ritratto in una posa fighissima mentre maneggia un archetto di violino, non legge il nome, mi fa:

“Cus chè chi el?” (Questo chi è)

E io “Jimmy Page”.

Gli si illumina il viso, il nome evidentemente gli riporta a galla ricordi, sorride contento e si lascia andare ad un “Gimmi Peig, mo dio te stradora!”.

Brian è sempre un gran Brian.

(L’immagine sacra nell’ufficio a Stonecity – foto di TT)

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