Alba rossa qui nell’Emilia centrale, ma è inutile sperare, non è il Sol dell’Avvenire quello che sta sorgendo e dunque faccio un respiro profondo e torno in casa.
Accendo la TV, RAI 5, i consueti documentari che passano di prima mattina. Succo d’arancia, fette biscottate con burro e marmellata, il caffè, qualche mandarino. Mi lavo i denti, alzo gli occhi, non riconosco colui che mi guarda dallo specchio. Piove forte, i gatti oggi stanno in casa, con i loro sguardi attoniti mi guardano uscire. Li saluto uno ad una: ciao Spaventina, ciao Ragnatela, ciao Minnie, ciao Raissa, ciao Honecker, fate a modo.
Prima di entrare in garage do un’occhiata sotto ai frassini che danno a sud, sussurro un “ciao Palmir …” non c’è più ma ogni volta mi pare di vederlo e puntualmente mi va l’anima in pena …
Salgo sulla blues mobile. Il tempo ostinato che tiene il tergicristallo sembra un tic toc dell’orologio che vibra di una metrica blues cupa e tenebrosa. Sono diretto in stazione, piove a dirotto, fa freddo senza far freddo. La chiavetta passa No Place Like Home di Betta Cervi (va beh, Beth Hart).
Sul binario attendo il Regionale che mi porta verso Est, ho con me la mia solita valigia piena di sogni, ogni volta che la apro qualcuno di essi vola via, è sempre più leggera, finirò per lasciarla da qualche parte in un parco, magari servirà a qualcuno più giovane capace di riempirla di nuovo.

Passa la mattina, mi ritrovo al Café Noir, dalla vetrata che dà su Viale Vittorio Emanuele II vedo una giovane donna che risoluta cammina verso il centro storico, la conosco, chissà che pensieri sta facendo, chissà cosa sta programmando nella sua testa … squilla il telefono, è Liso, non ci sentiamo da qualche settimana, ci aggiorniamo circa le nostre vite e imbastiamo i temi da discutere nel prossimo sinodo primaverile … su whatsapp Polbi mi manda l’ultimo video di Keith Richards alle prese con un pezzo di Lou Reed.
Gheri mi manda la Rosea, lui lassù tra le Alpi io quaggiù in pianura, con la scusa dell’amore per la nostra squadra del cuore ci teniamo in contatto anche dopo tutti questi anni e dopo tutti questi blues … l’estate del 1981 passata in Val di Non insieme ad una sacco di amici (tra cui Pigi e Biccio) ed amiche non la scorderemo mai.
Mi scrive Mr Beppe Riva, che ne penso degli Stone Roasis? Beh, mica male davvero, e sì John Squire è un chitarrista da non perdere di vista.
La musica mi permette di sopravvivere ad un altra giornata di blues. Di nuovo sulla strada ferrata verso il posto in riva al mondo. Esco dalla stazione di Regium Lepidi, la pioggia cade pesante nella sera color pece, rientro nella blues mobile che sono spolto, fradicio, come diciamo da queste parti. Metto la macchina in garage, salgo le scale sotto l’acqua, giro la chiave, apro la porta e trovo Honecker ad aspettarmi. Giornata risolta.
Addio a Ernesto Assante
Se ne va all’improvviso il giornalista musicale (e mille altre cose) Ernesto Assante (66 anni). La sua scomparsa mi colpisce molto, sono amico di una persona a lui vicinissima e dunque senza mai averlo conosciuto in questi ultimi anni l’ho vissuto di riflesso. Lo seguo sin da ragazzino, alla fine degli anni settanta iniziò a scrivere di Rock sul Manifesto e su La Repubblica, i miei due quotidiani di riferimento.
https://it.wikipedia.org/wiki/Ernesto_Assante
https://ilmanifesto.it/addio-ernesto-assante-maestro-appassionato
Negli ultimi due tre anni l’ho ripensato, l’ho riletto e lo ho seguito con maggiore attenzione, non sempre concordavo con quanto scriveva, ma ovviamente ciò non toglie il fatto che fosse una penna straordinaria, con una competenza che in pochi possono vantare. So per certo che era anche una persona magnifica, con un approccio molto democratico e con un entusiasmo senza pari. Il mondo musicale italiano perde tantissimo con la sua morte. Questo misero blog è vicino alla moglie, alle due figlie, alla persona di cui sono amico e a quanti sono stati illuminati dalla sua presenza. Rock on, Ernesto, Rock on.
Playlist
Finale
Nessuna chiosa finale oggi, giusto una canzone strepitosa.
Bisogna tener duro e vivere quanto basta, quanto basta per la città … fino a che non capiremo che … questo posto è crudele, nessun posto potrebbe essere più freddo, se non cambiamo il mondo presto finirà, vivere quanto basta e smettere di dare quel tanto che basta per la città.
Stevie Wonder – Living for the city
A boy is born in hard time Mississippi surrounded by four walls that ain’t so pretty
His parents give him love and affection
To keep him strong moving in the right direction
Living just enough just enough for the city yeah yeah yah
His father works some days for fourteen hours
And you can bet he barely makes a dollar
His mother goes to scrub the floors for many
And you’d best believe she hardly gets a penny
Living just enough just enough for the city yeah
(Da da da da da da da da da la la la la la la da da da da da da da da da da da da)
Wooh his sister’s black but she is sho’nuff pretty
Her skirt is short but lord her legs are sturdy
To walk to school she’s got to get up early
Her clothes are old but never are they dirty
Living just enough just enough for the city yeah um hum
Her brother’s smart he’s got more sense than many
His patience’s long but soon he won’t have any
To find a job is like a haystack needle
‘Cause where he lives they don’t use colored people
Living just enough just enough for the city yeah
(Living just enough for the city) living for the city yeah
(Believing just enough for the city) ain’t nothing but a city wee
(Believing just enough for the city) living for the city yeah yeah
(Believing just enough for the city) nothing but a city weee
(Believing just enough for the city) live for the city yeah yeah
(Believing just enough for the city) the fucking crud is shitty
(Believing just enough for the city) live for the city
(Believing just enough for the city) ain’t nothing but a city
(Believing just enough for the city) everybody clap their hands together now woo
(Believing just enough for the city) hmm for the city yeah
(Believing just enough for the city) for the city yeah yeah
(Believing just enough for the city) for the city yeah
(Believing just enough for the city)
(Da da da da da da da da da la la la la la la da da da da da da da da da da da da)
(Bus for New York City)
(Hey bus driver I’m getting on that hold it thanks a lot)
(Wow New York just like I pictured it skyscrapers and everything)
(Hey hey brother hey come here slick hey you look you look hip man)
(Hey you wanna make yourself five bucks man you look hip)
(Run this across the street for me right quick)
(Okay run this across the street for me)
(What huh I didn’t know what gimme your hands up you punk)
(I’m just going across the street put that leg up shut your mouth)
(Hell no what did I do okay turn around turn around)
(Put your hands behind your back let’s go let’s go)
(A jury of your peers having found you guilty ten years)
(What come on come on get in that cell nigger god lord)
His hair is long his feet are hard and gritty
He spends his life walking the streets of New York City
He’s almost dead from breathing in air pollution
He tried to vote but to him there’s no solution
Living just enough just enough for the city yeah yeah yeah
I hope you hear inside my voice of sorrow
And that it motivates you to make a better tomorrow
This place is cruel nowhere could be much colder
If we don’t change the world will soon be over
Living just enough stop giving just enough for the city
(Da da da da da da da da da la la la la la la da da da da da da da da da da da da)
(Da da da da da da da da da la la la la la la da da da da da da da no no no no no no)




Ma quella faccia al mattino, dentro lo specchio, dimmi di chi è…
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Weekend, da Come ti va in riva alla città, miglior album della PFM (anche il più centurione)! Grande Giacobazzi e bel racconto blues di Tim. Anch’io condivido un destino parzialmente ferroviario e mi ritrovo in certe sensazioni
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Stamattina a colazione, caffè e Indians (Ehi tu, non dirmi niente…)
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