James, l’ultimo romanzo di Percival Everett, è una rivisitazione potente e coraggiosa del classico Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain. Ma questa volta, a raccontare la storia non è il giovane Huck, bensì il suo compagno di viaggio: Jim, lo schiavo fuggitivo.
Non si tratta di un semplice cambio di prospettiva: Everett trasforma profondamente la narrazione originale, restituendo dignità, voce e complessità a un personaggio che nell’opera di Twain rimaneva spesso ai margini.
Il romanzo ha ricevuto un’eccezionale accoglienza dalla critica internazionale, conquistando tre dei più prestigiosi premi letterari americani: il Kirkus Prize 2024, il National Book Award per la narrativa e il Premio Pulitzer per la narrativa 2025. Riconoscimenti che testimoniano il suo valore letterario e il suo impatto culturale.
Più che una riscrittura fedele, James è una reinterpretazione libera e consapevole. Molte scene dell’originale sono rielaborate o condotte verso esiti del tutto diversi. I due protagonisti, Jim e Huck, restano insieme per buona parte del viaggio, ma nel momento in cui si separano, è la voce di Jim a guidarci, con i suoi pensieri, i suoi ricordi, le sue paure — al contrario di Twain, che seguiva solo il punto di vista di Huck.
Anche i personaggi secondari vengono rivisitati, spesso con tratti più sfaccettati, complessi o addirittura ribaltati rispetto alla versione classica. Everett non ha paura di prendersi libertà creative, e in questo risiede gran parte della forza narrativa del libro.
James è un romanzo che non fa sconti. Affronta con lucidità e schiettezza la storia della schiavitù, la brutalità del razzismo e le contraddizioni profonde dell’America delle origini. È una lettura intensa, talvolta cruda, ma necessaria. Nonostante la durezza di alcuni passaggi, il romanzo riesce anche a intrattenere e a coinvolgere profondamente, alternando momenti di azione, riflessione e lirismo.
Il finale è particolarmente toccante: rapido, umano, quasi epico nella sua semplicità, d’altronde quando “i fiumi raggiungono il mare” si avverte un senso di compiutezza.
Un elemento che potrebbe sollevare qualche dubbio è la notevole cultura che James dimostra: conosce filosofia, legge, discute temi morali con consapevolezza e profondità. Il testo non chiarisce mai del tutto dove o come abbia acquisito questa istruzione — un aspetto che può apparire poco realistico, almeno in termini storici.
Tuttavia, Everett sembra suggerire che anche uno schiavo — figura tradizionalmente privata di voce e sapere — possa essere portatore di intelligenza, dignità e pensiero. È un’operazione simbolica e politica, che colpisce nel segno.
James è molto più di un omaggio a Twain: è un atto di riscrittura storica, un racconto alternativo che restituisce centralità a chi, nella letteratura e nella storia, è stato troppo a lungo marginalizzato. Un romanzo potente, urgente, e pienamente meritevole dei premi ricevuti.
Se amate la grande narrativa americana, il blues e siete pronti a vedere un classico con occhi nuovi, James è una lettura da non perdere.
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Hannibal, una cittadina lungo il fiume Mississippi, lo schiavo Jim scopre che a breve verrà venduto a un uomo di New Orleans, finendo per essere separato per sempre dalla moglie e dalla figlia. Decide, quindi, di scappare e nascondersi nella vicina Jackson Island per guadagnare tempo e ideare un piano che gli permetta di salvare la sua famiglia. Nel frattempo, Huckleberry Finn ha simulato la propria morte per sfuggire al padre violento recentemente tornato in città, e anche lui si rifugia nella stessa isola. Come tutti i lettori delle Avventure di Huckleberry Finn sanno, inizia così il pericoloso viaggio – in zattera, lungo il fiume Mississippi – di questi due indimenticabili personaggi della letteratura americana verso l’inafferrabile, e troppo spesso inaffidabile, promessa di un paese libero. Percival Everett parte dal capolavoro di Mark Twain per raccontare la storia da un punto di vista diverso, quello di James, ma per tutti Jim, mostrando tutta l’intelligenza, l’amore, la dedizione, il coraggio e l’umanità di quello che diventa, finalmente, il vero protagonista del romanzo. Un uomo disposto a tutto pur di sopravvivere e salvare la propria famiglia, un uomo che da Jim – il nomignolo usato in senso spregiativo dai bianchi per indicare un nero qualsiasi, indegno anche di avere un nome proprio – sceglie di diventare James, e sceglie la libertà, a ogni costo.
Percival Everett con l’umorismo, l’arguzia, lo stile e l’intelligenza che lo contraddistinguono e che l’hanno reso uno degli scrittori più importanti della sua generazione, ci regala un romanzo che cattura il lettore dalla prima all’ultima pagina e che diventerà un punto fermo nella storia della letteratura americana. James è un grande libro che non ha paura di raccontare la vera storia d’America, e dei soprusi e violenze che l’hanno costellata.
Traduzione di Andrea Silvestri.
Vincitore del Premio Pulitzer 2025
Percival Everett
Percival Everett insegna alla University of Southern California. Ha scritto numerosi libri, tra i quali: Deserto americano (2004), Ferito (2005), La cura dell’acqua (2007), Non sono Sidney Poitier (2009), Percival Everett di Virgil Russel (2013), Quanto blu (La nave di Teseo, 2020), Telefono (La nave di Teseo, 2021), Gli alberi (La nave di Teseo, 2023; finalista al Booker Prize e vincitore dell’Anisfield-Wolf Book Award). Per i suoi lavori Everett ha ricevuto lo Hurston/Wright Legacy Award e il PEN Center USA Award for Fiction. Vive a Los Angeles. Da questo romanzo Cord Jefferson ha tratto il film American Fiction, con Jeffrey Wright e Tracee Ellis Ross, candidato a 5 premi Oscar e 2 Golden Globe, vincitore del BAFTA per la migliore sceneggiatura non originale.

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