Mauro Repetto con Massimo Cotto “Non ho ucciso l’Uomo Ragno. Gli 883 e la ricerca della felicità” (Mondadori 2023) – GGG+ (di Giacobazzi)

30 Ott

Jackob (Giacobazzi insomma) da lettore è diventato una delle colonne di questo blog, io e lui ci sentiamo via email e sono sempre scambi degni di uomini di blues che si rispettino. L’altro giorno mi diceva en passant che aveva letto il libro che troverete recensito qui sotto, mi riportava le sue impressioni che ho trovato subito profonde tanto da chiedergli di scrivere due righe per il blog. Cosa ci fanno gli 883 qui sopra vi chiederete, nulla ci fanno, non è roba che ci appartiene, ma il libro narra di una storia di provincia e di figure secondarie che in realtà sono quelle principali (un po’ come si evince dal docufilm di Netflix sugli Wham) che penso sia interessante. La prosa di Jackob poi è una di quelle che piacciono a me, dunque eccolo qua. Nella email, con la sua tipica asciutta ironia aggiunge:

“Avevo scritto un lungo preambolo ma ho deciso di cassarlo; pareva il vecchio(?) rocker che si deve giustificare, anzitutto a suoi stessi occhi, per aver letto un libro sulla metà scema dei dioscuri di Pavia… mah! Evidenziato con asterisco il luogo per inserimento di un eventuale tirellismo.”
Ladies and gentlemen, please welcome, per la prima volta sul blog, Mr Jackob.

 


“Sono solo un Jack Sparrow sul Ticino” (pag.8)

Un lungo yarn in prima persona, un monologo senza soluzione di continuità nel quale Mauro Repetto, metà degli 883, racconta i suoi primi 55 anni dando del tu al lettore … 165 pagine, di cui un centinaio dedicate al periodo in cui ha fatto coppia con Max Pezzali. Due ragazzi di provincia senza alcuna nozione musicale e con pochi e confusi punti di riferimento (Kiss, Public Enemy, Janet Jackson, Richie Sambora…), che riescono ad arrivare a quel successo che tutti ricordiamo.

Leggendo si scopre che l’ideatore del progetto, colui che mette in moto tutto, è proprio Repetto, generalmente considerato -anche dal suo stesso pubblico- una figura di secondo piano, quello che balla dietro al cantante. Invece è lui il volitivo, lui che persegue con tenacia ammirevole e una buona dose di faccia tosta l’evento che, dopo una mole di tentativi a vuoto e delusioni, si rivelerà pivotale nella loro carriera, l’incontro con Claudio Cecchetto. Inciso: per il guru di Ceggia il nostro ha una sorta di venerazione: “carisma da vendere”, “il Walt Disney italiano”, perfino un imbarazzante “in quel momento, era come Gesù Cristo”.

Raggiunto il successo però qualcosa si rompe. Sentendo che quanto ottenuto non corrisponde a ciò che tanto desiderava, Repetto opta per un taglio netto: “Devo fuggire. Via da tutto”. Personale impressione è che in questo frangente egli sia vittima di quel burnout e disorientamento da fama improvvisa che hanno colpito tante star, e che la spiegazione che dà a se* stesso e ai lettori, non è più il mio sogno, sia una razionalizzazione ex post. Mi confortano in quest’idea le (dis)avventure successive. Abbandonato il sodale Pezzali, Repetto parte per gli USA. Prima a Miami, con l’obbiettivo di conoscere una modella intravista a una sfilata milanese e più in generale di vivere il sogno a stelle e strisce (pursuit of happiness della Dichiarazione d’indipendenza, richiamato non a caso nel titolo del libro). Poi a NY, dove ai Power Station imbastisce assieme a Russell Simmons della Def Jam un disco che non vedrà la luce, almeno nella sua concezione originaria. Vola allora ad LA, e costituisce una società di produzione cinematografica per realizzare un film di cui però non girerà un metro di pellicola.

Decide di tornare in Italia e porta a compimento gli studi universitari, per poi dare l’ennesimo colpo di vela e partire ancora: “mi trasferirò a Parigi alla ricerca del nulla.” Vuole sparire, rendersi invisibile. Assunto a Disneyland Paris come operaio, diventerà executive. Steso in collaborazione con il giornalista Massimo Corto, il racconto viaggia sulle highway piane di un italiano volutamente colloquiale anche se non mancano punti in cui la lingua improvvisamente rotola folle: “E le palme continuavano a guardarmi, e io mi chiedevo cosa cazzo avessero da guardare quelle palme di merda, con la loro alterigia da dee dell’antico Egitto”.

Il lettore troverà non poca filosofia spicciola, condita qua e là da occasionali riferimenti alti che al mio orecchio suonano fuori luogo: André Breton, Socrate, Andy Warhol, la madeleine proustiana, un’improbabile “antropologia culturale”. Nell’insieme una lettura scorrevole, che può incuriosire chi abbia percorso una traiettoria di vita coincidente in qualche misura con quella del protagonista: la provincia profonda, il sogno di uscirne con la musica, i dietro le quinte dello show biz…

©Giacobazzi 2023

Mauro Repetto con Massimo Cotto Non ho ucciso l’Uomo Ragno

Una Risposta to “Mauro Repetto con Massimo Cotto “Non ho ucciso l’Uomo Ragno. Gli 883 e la ricerca della felicità” (Mondadori 2023) – GGG+ (di Giacobazzi)”

  1. Avatar di Lucatod
    lucatod 30/10/2023 a 12:32 #

    Da quando è stato pubblicato questo libro , mi sono spesso imbattuto nel redivivo Repetto che fa capolino tra video interviste su youtube o su quella porcheria della versione online di rolling stone (che mai mi sognerei di acquistare). Essendo curioso per natura mi sono letto qualcosa in merito e il tipo mi ha fatto anche simpatia. Ero un ragazzino quando sbucarono gli 883 , mai piaciuti, ma mi sono sempre chiesto quale fosse il suo ruolo all’interno del meccanismo di quel progetto. Ancora non l’ho capito. Coautore dei pezzi? La scelta del produttore di metterlo a saltellare per il palco è proprio tipica italiota. Perché non mettergli una chitarra/tastiera al collo?
    Tutto quello che viene dal passato viene rivalutato con la sindrome della nostalgia. Gli anni ’50,’60,’70,’80 e ora siamo ai ’90 (ma sto leggendo anche di un festival negli usa nel quale si celebra il pop/punk dei 2000!). Tanta spazzatura e personaggi ai quali viene data una nuova dignità. Come nel caso di Repetto. Deriso per anni , dimenticato e oggi riempito d’affetto dai quarantenni che all’epoca avevano si e no 12/13 anni.

    Il documentario sugli WHAM! l’ho trovato molto interessante. Pur non apprezzando minimamente la loro produzione. Pensavo che Andrew Ridgeley ricoprisse un ruolo più consistente (chitarra e tastiere) , invece scopro che oltre ad avere messo in moto la cosa e collaborato alle prime canzonette è passato a fare il compagno di giochi di George Michael (autore e produttore) , divenendo una figura sempre più marginale. Alcune interviste dell’epoca sono imbarazzanti (e cattivelle) , ma lui si racconta per quello che è stato evitando del tutto l’autocelebrazione.

    Ho acquistato un libro che su questo Blog troverebbe ancora meno apprezzamento di quello recensito da Jackob , ovvero il catalogo fotografico tratto dalla mostra per i 40 anni dalla fondazione dei CCCP Fedeli alla linea – Felicitazioni!

    Mi sento invece di consigliare Lonely Boy di Steve Jones (Sex Pistols) , avevo letto la versione ebook in inglese ma con la pubblicazione dell’edizione italiana ho deciso di acquistarlo cartaceo e rileggermelo.

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