TT’s SCHOOL OF ROCK XIII: Van Halen

9 Nov

Tredicesima School of Rock quella dell’equinozio d’autunno del 2025 e dunque – qui faccio il solito  copia incolla – nuovo ritrovo modello “Dopolavoro” nei locali della azienda per cui lavoro. Sospinto dalla volontà del nostro dirigente GLB eccomi di nuovo davanti al gruppo dei fedelissimi e affezionati colleghi che con dedizione e passione si assiepano – dopo l’orario di lavoro – nella (mia amatissima) Sala Blues (where the dreams come blue), la grande sala informale dell’azienda dotata di un vero e proprio impianto hi-fi. Avendo saltato la puntata estiva per motivi logistici, staserà c’è il sold out, anzi siamo in sovra prenotazione (vabbeh, over booking), non tanto per i Van Halen in sé, quanto per la voglia di stare di nuovo insieme ad ascoltare un po’ di buona musica.

Mi prendo una mezz’oretta prima dell’inizio per raccogliere i pensieri, immergermi nella silenziosa sala vuota e preparare ellepì e cd.

Sala Blues – settembre 2025 foto Tim Tirelli

 

Sala Blues VH – settembre 2025 foto Tim Tirelli

 

Sala Blues VH – settembre 2025 foto Tim Tirelli

Verso le 18 arrivano i primi colleghi, alcune groupie voglio farsi una foto, accontentiamole …

Groupies – Sala Blues – settembre 2025 foto Siuvio do Brazil

spiego ai colleghi che questa puntata della School Of Rock ha preso corpo dopo che qualcuno di loro mi ha inviato un messaggio, di cui riporto solo un paio di frasi (la prima e l’ultima), molto lusinghiero per la School Of Rock tutta:

“Ho riletto alcuni articoli del tuo blog in questi giorni, tra cui quelli delle prime School of Rock e ho sentito un senso di malinconia, anche se non le ho vissute … Ho scoperto che la potenza di un istante puro può cambiare profondamente l’identità di qualcuno.”

Parto quindi con la School Of Rock vera è propria introducendo la puntata di questa sera:

Io rompo sempre le scatole con la musica, con il Rock “contenutistico”, quello che deve dire qualcosa di profondo.
Eppure, se parliamo dei Van Halen, bisogna riconoscere che la loro è una musica da intrattenimento puro: il sole della California, le belle ragazze, il Rock duro ma pieno di melodie accattivanti, testi frizzanti e mai banali, anche se semplici e votati principalmente al divertimento.

E allora, perché parlare dei Van Halen, potrebbe chiedersi qualcuno di voi …
Beh, perché Eddie Van Halen (EVH) è stato uno dei chitarristi Rock più influenti e importanti della musica che tanto amo.
Prima di lui, i quattro cavalieri dell’apocalisse della chitarra erano Eric Clapton, Jeff Beck, Jimi Hendrix e Jimmy Page.
Quando arrivò lui, i quattro appena citati entrarono di colpo nella categoria della “vecchia scuola” (anche se, per Jeff Beck, qualche distinzione andrebbe fatta).

EVH ha modernizzato la chitarra Rock, portandola a un livello superiore con il suo stile, fatto di hammer-on e tapping.
Come raccontava lui stesso, durante un concerto dei Led Zeppelin al Los Angeles Forum, (direi nel marzo 1975 o più probabilmente nel giugno del 1977), vide Page eseguire l’assolo di Heartbreaker tenendo la mano destra sollevata. Van Halen si chiese: “E se, mentre faccio quello, aggiungessi le dita della mano destra sulla tastiera?”

Quella tecnica esisteva già — ci sono perfino video di chitarristi italiani che nel 1965 la usavano su chitarre classiche — ma è stato Eddie Van Halen a portarla a un livello cosmico.

Sfortunatamente, il suo genio ha anche aperto la strada a una marea di segaioli: migliaia di chitarristi tecnicamente impressionanti ma che, troppo spesso, sono diventati giocolieri della sei corde. Straordinari nelle dita, sì, ma poveri nella musica vera, quella che arriva al cuore.

Tim Tirelli’s School Of Rock VH sett 2025 – foto Marcella Tin

Racconto in breve la storia del padre di due fratelli Alex e Edward, ovvero Jan Van Halen: il musicista che mise le basi per una leggenda del rock.

Prima ancora dei Van Halen che hanno fatto la storia del rock, c’era infatti Jan Van Halen, il padre di Alex ed Eddie, un uomo la cui vita fu segnata dalla musica, dal sacrificio e da un’instancabile passione.

Dalle radici olandesi al jazz europeo

Nato ad Amsterdam nel 1920, Jan mostrò fin da giovane un grande talento musicale. Suonava clarinetto, sassofono e pianoforte, esibendosi in orchestre jazz e swing in tutta Europa, fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

La guerra e il destino in Indonesia

Nel 1939 si arruolò nella Forza Aerea Olandese, ma il suo talento musicale lo tenne lontano dal fronte: fu infatti destinato a esibirsi nelle bande militari anche durante l’occupazione tedesca.
Dopo il conflitto si trasferì in Indonesia, allora colonia olandese, dove conobbe Eugenia van Beers. I due si sposarono nel 1950 a Giacarta, prima di rientrare nei Paesi Bassi.

Una nuova vita in America

Dal loro matrimonio nacquero Alex (1953) ed Eddie (1955). Nel 1962 la famiglia decise di emigrare negli Stati Uniti, stabilendosi a Pasadena, California.
Jan continuò a suonare in piccoli locali come il Continental Club e il La Miranda Country Club, ma per mantenere la famiglia dovette svolgere lavori umili: faceva il lavapiatti, addetto alle pulizie e guardiano notturno.
Nonostante le difficoltà, trasmise ai figli un profondo rispetto per la disciplina e la musica. Eddie ricordava spesso:

“Sapevo cosa significava la musica fin dal mio primo ricordo di mio padre che teneva una nota sul clarinetto più a lungo possibile.”

Dalla tragedia alla nascita di una band

Nel 1972, un grave incidente gli costò un dito, ponendo fine alla sua carriera musicale. Ma proprio in quell’anno, Alex ed Eddie formarono la loro prima band, i Mammoth, che poco dopo sarebbe diventata Van Halen.

L’ultimo riconoscimento

Nel 1982, Jan ebbe la sua rivincita personale: partecipò come ospite all’incisione del brano “Big Bad Bill (Is Sweet William Now)”, contenuto nell’album Diver Down dei Van Halen.

Gli ultimi anni

Jan Van Halen morì nel 1986, a 66 anni, in California. È sepolto al Forest Lawn Memorial Park di Glendale.
La sua influenza — tra talento, rigore e anche momenti difficili legati all’alcol — lasciò un segno profondo nella vita e nella musica dei suoi figli, che ne raccolsero l’eredità trasformandola in leggenda.

Tim Tirelli’s School Of Rock VH sett 2025 – foto Marcella Tin 2

Proseguo entrando nel merito. Tutto comincia negli anni ’60, quando Alex ed Eddie Van Halen iniziano a suonare insieme da ragazzini. Curiosamente, all’inizio i ruoli erano invertiti: Eddie era alla batteria e Alex alla chitarra — finché, per puro istinto, decisero di scambiarsi gli strumenti, trovando così la combinazione perfetta. Eddie, oltre a chitarrista, era anche un eccellente pianista, talento che lo accompagnerà per tutta la carriera.

La loro prima band, i Broken Combs, nacque nel 1964, seguita da diversi progetti fino ai Genesis (1972) e poi ai Mammoth. Fu solo con l’arrivo del carismatico David Lee Roth che arrivò anche l’idea del nome definitivo:

Dovremmo chiamarci Van Halen!

Da lì cominciò la scalata. Suonando instancabilmente nei locali di Pasadena e dell’area di Los Angeles — come il mitico Gazzarri’s — il gruppo si costruì una solida reputazione. Un demo prodotto da Gene Simmons dei Kiss attirò l’attenzione di addetti ai lavori come Doug Messenger, chitarrista di Van Morrison, che segnalò la band al produttore Ted Templeman della Warner Records.

Nel 1978 uscì il primo, leggendario album: “Van Halen”.
Il disco ha venduto oltre 10 milioni di copie solo negli Stati Uniti e conteneva brani entrati nella storia del rock come “Runnin’ with the Devil”, “Ain’t Talkin’ ’bout Love”, “Jamie’s Cryin’”, la cover dei Kinks “You Really Got Me”, e soprattutto “Eruption” — l’assolo strumentale di Eddie Van Halen che rivoluzionò la chitarra elettrica e rese celebre la tecnica del tapping a due mani.

Da quel momento, la band non fu più solo un gruppo locale: i Van Halen divennero un simbolo del rock moderno, aprendo una nuova era di virtuosismo, energia e spettacolo.

School of Rock VH settembre 2025 e – foto Siuviu

Accelero, il tempo stringe e rendo partecipi i cari colleghi che dopo l’esordio travolgente del 1978, i Van Halen non si fermarono più. Iniziò difatti un periodo di attività frenetica, fatto di pubblicazioni a ritmo serrato e lunghissimi tour che li consacrarono come una delle band più potenti del rock americano.

Nel 1979 uscì “Van Halen II”, il secondo album in studio, pubblicato dalla Warner Bros Records. Il disco raggiunse il sesto posto nella classifica Billboard e conteneva brani di successo come “Dance the Night Away” e “Beautiful Girls”quasi sei milioni di copie solo negli Stati Uniti. La critica lo accolse positivamente: la Rolling Stone Album Guide ne lodò “l’atmosfera piacevole e festaiola”, perfettamente in linea con lo spirito della band.

Negli anni successivi, i Van Halen mantennero un ritmo impressionante:

  • “Women and Children First” (1980) – oltre 3 milioni di copie vendute in USA

  • “Fair Warning” (1981) – circa 2 milioni di copie

  • “Diver Down” (1982) – più di 4 milioni di copie

Ma fu con “1984”, pubblicato proprio in quell’anno, che la band toccò l’apice del successo: oltre 10 milioni di copie vendute, trainate da hit come “Jump”, “Panama” e “Hot for Teacher”.

Quella fase storica, caratterizzata dal carisma di David Lee Roth alla voce e dal genio di Eddie Van Halen alla chitarra, si concluse nel 1985, chiudendo il primo capitolo leggendario della band.

School of Rock VH settembre 2025 f- foto Siuviu

Ovviamente faccio ascoltare al gentile pubblico i momenti più significativi degli album del gruppo, compresi i primi due con Sammy Hagar, difatti annuncio che dopo il trionfale tour del 1984, i Van Halen attraversarono un momento di svolta: David Lee Roth lasciò la band per dedicarsi alla carriera solista, mentre Eddie Van Halen cercava un nuovo equilibrio musicale.

Roth, nel frattempo, stava vivendo un grande successo con il suo EP “Crazy from the Heat”, trainato da cover come “California Girls” e “Just a Gigolo”. Ma le divergenze artistiche e il desiderio di maggiore controllo creativo portarono inevitabilmente alla separazione.

Dopo vari tentativi di trovare un nuovo cantante — tra i nomi contattati anche Patty Smyth e Daryl Hall — Eddie conobbe Sammy Hagar, ex voce dei Montrose e autore del successo “I Can’t Drive 55”. La chimica fu immediata.

Nel 1986 nacque così l’album “5150”, registrato nei nuovi 5150 Studios di Eddie a Los Angeles. Il disco segnò l’inizio della “fase Hagar” e un nuovo stile più melodico e radiofonico, senza perdere la potenza del rock Van Halen.
Trainato dal singolo “Why Can’t This Be Love”, 5150 raggiunse il numero 1 della Billboard 200 e vendette oltre 6 milioni di copie solo negli Stati Uniti.

Due anni dopo, nel 1988, uscì “OU812” (da leggere “Oh You Ate One Too”), secondo capitolo con Hagar alla voce. L’album replicò il successo del precedente, debuttando anch’esso al primo posto in classifica e vendendo più di 4 milioni di copie.
Brani come “When It’s Love”, “Finish What Ya Started” e “Black and Blue” consolidarono la nuova identità della band: un rock più maturo e raffinato, ma sempre energico e trascinante.

Con 5150 e OU812, i Van Halen dimostrarono di poter rinascere anche dopo un cambiamento radicale, inaugurando una nuova era di successi che li avrebbe portati a dominare le classifiche per tutto il decennio.

Il tempo stringe, ma vale la pena accennare agli ultimi capitoli della storia dei Van Halen con Sammy Hagar alla voce.
Dopo il successo di 5150 (1986, oltre 6 milioni di copie vendute in USA) e OU812 (1988, più di 4 milioni), la band pubblicò nel 1991 “For Unlawful Carnal Knowledge”, spinto dal singolo “Right Now” e vincitore di un Grammy Award come miglior album hard rock. Anche questo lavoro raggiunse il numero 1 della Billboard 200 e vendette oltre 3 milioni di copie negli Stati Uniti.

Nel 1995 arrivò “Balance”, l’ultimo album con Hagar alla voce: un disco più cupo e introspettivo, ma comunque di grande successo, capace di toccare ancora una volta la prima posizione in classifica e di vendere circa 3 milioni di copie negli USA.

https://timtirelli.com/2025/09/03/van-halen-balance-expanded-edition-warner-rhino-records-2025-ttt%c2%be/

Dopo un periodo di tensioni interne, David Lee Roth fece temporaneamente ritorno nel 1996, aprendo la strada a una lunga fase di cambiamenti e reunion intermittenti. La band tornò stabilmente con lui nel 2012, pubblicando “A Different Kind of Truth”, ultimo album in studio, accolto positivamente dai fan storici.

Purtroppo, la storia dei Van Halen si è chiusa con una nota dolorosa: il 6 ottobre 2020, Eddie Van Halen è scomparso dopo una lunga battaglia contro il cancro. Con lui se ne è andato non solo un chitarrista rivoluzionario, ma uno dei più grandi innovatori della musica rock e per quel che può valere, uno dei miei musicisti Rock preferiti.


Il tempo è scaduto, ringrazio di cuore tutti gli amici intervenuti e chi ha condiviso per la 13esima volta questa passione per la  School of Rock di Tim Tirelli.

Chiudo come sempre, con la mia solita frase di congedo:

New York, goodnight! 🎸

Video filmato da Siuviu Zanzi e Marcy Tin

◊ ◊ ◊

RP New York Goodnight

◊ ◊ ◊

 

la School Of Rock sul blog:

XII

TT’s SCHOOL OF ROCK XII: The Who

XI

TT’s SCHOOL OF ROCK XI: Queen

X

TT’s SCHOOL OF ROCK X: Santana

IX

TT’s School Of Rock Episodio IX PFM è contenuta all’interno di:

When the blues is in league with the freeway

VIII

TT’s SCHOOL OF ROCK VIII: Free & Bad Co

VII

TT’s SCHOOL OF ROCK VII: Led Zeppelin

VI

TT’s SCHOOL OF ROCK VI: DEEP PURPLE

V

TT’s SCHOOL OF ROCK V: Eric Clapton

IV

TT’s SCHOOL OF ROCK: Emerson Lake & Palmer

III

– TT’s School Of Rock Episodio 3 GENESIS è contenuta all’interno di:

https://timtirelli.com/2022/07/29/il-terrore-del-sabato-mattina-e-altri-blues-assortiti/

II

Tim Tirelli’s School Of Rock – episode 2

I

Tim Tirelli’s School Of Rock

3 Risposte to “TT’s SCHOOL OF ROCK XIII: Van Halen”

  1. Avatar di Giacobazzi
    Giacobazzi 09/11/2025 a 21:30 #

    Pur riconoscendo la prowess stratosferica di Eddie, a proposito del quale ricordo un tuo articolo su Metal Shock, e l’importanza storica del gruppo, non li apprezzavo più di tanto: troppo solari, californiani… anche portatori di un umorismo poco o punto in linea con la mia idea di rock… Riascoltati da adulto ho capito poi che probabilmente erano troppo elastici, swinganti per il giovane Jackob con l’orecchio ancora infettato dal virus del rock duro più quadrato, però ormai avevo già scoperto altre musiche e era tardi per recuperarli.
    Unico album posseduto in originale “Women and Children First”.

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    • Avatar di Giacobazzi
      Giacobazzi 13/11/2025 a 20:35 #

      A proposito di Women and Children First, un ricordo venuto a galla in un secondo momento.
      Nel ‘96 si esibirono a Mestre gli Area (formazione Fariselli Tavolazzi Capiozzo). Durante la pausa di metà concerto, Tavolazzi seduto al banco beveva una birra e nel frattempo annotava qualcosa su pentagramma… dagli speaker del locale partì And the Cradle Will Rock e il grande Ares non riuscì a trattenere una smorfia di disappunto (bleh!)

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  2. Avatar di timtirelli
    timtirelli 13/11/2025 a 22:55 #

    Ciao Jackob, come sempre grazie del commento e dell’aneddoto su Tavolazzi. I Van Halen li sento in qualche modo miei perché li ho vissuti in diretta, dal primo all’ultimo, li amo dunque ma capisco benissimo il tuo discorso. Ti confesso che anche per me erano troppo californiani, troppo statunitensi, troppo “musica da intrattenimento”. David Lee Roth mi è sempre piaciuto, anche come cantante, e credo che le sue trovate swing e simili abbiano evitato al gruppo di essere semplicemente un gruppo hard rock con un gran chitarrista. Tuttavia i suoi sproloqui e la sua logorrea dal vivo spegnevano la sacralità del concerto Rock, almeno qui in Europa … il pubblico statunitense essendo in buona parte di bocca buona magari era più propenso a ritrovarsi in quell’atteggiamento. Altro punto per me non attrattivo era Michael Anthony, troppo sopra le righe e con un suono e un modo di suonare il basso che non mi si addiceva. Poi però vi era Eddie, guitar Player extraordinaire, che spazzava via tutti i dubbi. Mi spiace tu abbia il loro album meno brillante dell’era 1978-1984.

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