Ritorno al vinile

24 Gen

La Fiera Del Disco di Mutina è da anni inglobata in quella dell’Elettronica e dei Fumetti. Lontani sono i tempi quando l’intero vecchio palasport di via Molza era ad essa interamente dedicato, ora la mostra mercato si sviluppa in meno della metà di uno dei padiglioni della fiera. Chi la fa da padrone è la fiera dell’elettronica visto che ha a disposizione interi capannoni e un flusso costante di gente, a seguire ci sono i fumetti e gadget ad essi collegati che portano tutta la fauna dei cosplayer e infine noi, gli amanti della musica e dei dischi, relegati in sole cinque/sei file di stand. Quest’anno mi si dice che vada meglio delle ultime due edizioni, ma non c’è da rallegrarsene più di tanto, la situazione non è comunque granché.

Son qui col mio amico Paul Lyson e tutti e due abbiamo come scopo comprare dei vinili, o meglio comprare recenti ristampe di album in vinile che probabilmente già abbiamo. Riflettiamo sul fatto che entrambi ormai non acquistiamo più cd, se lo facciamo è solo per cofanetti o deluxe edition. Dico al mio amico che aspetto con ansia la pubblicazione (prevista per febbraio) di due box set di Edgar Winter ma che per il resto sto concentrandomi solo sui vinili. Curioso, non credo di essere mai stato un feticista del vinile, li ho comprati fino al 1988 e poi sono passato ai cd senza tanta fatica, anzi. Eppure sono ormai alcuni mesi che compro e ascolto essenzialmente solo vinili, che poi quando ero giovane non li chiamavano mica vinili, ma dischi o ellepì.

Compro solo (o quasi) nuove ristampe, a differenza del mio amico Polbi, anche se rifletto spesso su un suo recente commento:

Paolo Barone: “Non ho mai smesso di comprare vinili, anche se negli anni novanta era diventata una cosa episodica. Ora come tutti sappiamo le cose si sono ribaltate, e i cd non li compra più nessuno, ne abbiamo già parlato. Tranne in poche occasioni pero’, non sono attratto dalle ristampe.
Non lo so…non mi prendono…adoro invece trovare i dischi originali, sempre che la spesa sia contenuta più o meno entro i costi del vinile nuovo. Non ho quindi molti album di valore collezionistico particolare. Un eccezione mi e’ arrivata invece con un regalo a novembre, The Piper at the Gates of Dawn del 1967 seconda stampa stereo inglese. Un disco che vale fra i 250 e i 500 euro, probabilmente il disco più costoso che ho mai avuto.
Al di la’ del puro piacere di ascolto, immenso, tenere fra le mani quel disco che ha la mia eta’ e’ stata un esperienza particolare. Lo guardo ancora, e penso a mille cose. Chissa’ come cazzo e’ arrivato a San Francisco nel negozio (Amoeba, il più grande che ho visto in vita mia) dove mi e’ stato comprato. Avra’ avuto altre case, altri momentanei padroni/custodi, oppure uno solo e poi il negozio? 50 anni sono tanti per me e per lui, quante cose sono successe per fare arrivare quel disco a me, dal momento che e’ stato stampato nella Inghilterra psichedelica del magico 1967…E dopo di me dove andrà? Non possediamo veramente nulla, siamo solo nel migliore dei casi dei compagni di strada delle cose che amiamo. Avevo fatto questa riflessione proprio con Tim alcuni anni fa pensando alle case se non ricordo male.
E poi un vinile originale e’ anche una piccola macchina del tempo, che ci restituisce l’illusione di un ascolto così come era stato pensato al momento della creazione artistica. Siamo fortunati in questo senso, un vinile tenuto decentemente praticamente rimane inalterato nel tempo, credo più di un dipinto o una fotografia”

Punta di vista profondo quello di Polbi, ma per me è diverso. In primis alcuni degli originali che avevo e che ho non sono un granché dunque prediligo nuove versioni confezionate meglio, masterizzate meglio e su un vinile migliore. Non sono mai stato un collezionista, le versioni originali non mi attraggono più di tanto … Julia diceva che a me interessa “il bello”, che ricerco “la perfezione” dunque è naturale per me orientarmi sulle nuove ristampe fatte in un certo modo. Che ci che ci posso fare, son fatto così. Qualche bell’originale stampato un Usa, in UK o in Giappone oppure qualche bella edizione del tempo che fu piacerebbe anche a me, ma in generale non sono il tipo che va alla ricerca di queste cose.

Certo è che questo ritorno del vinile, questa moda, questa mania è singolare, in un’epoca dove la veloce fruizione di qualsiasi cosa è l’imperativo, si rallenta e si torna ad impegnare tempo e gestualità nell’ascolto della musica.

Se da una parte è naturale per quelli della mia generazione dall’altra è un vezzo singolare per i ragazzi d’oggi. Noi diversamente giovani cerchiamo di ricatturare le sensazioni della nostra giovinezza, quando passavamo i sabato pomeriggio nei negozi di dischi a scuriosare tra gli scaffali e a spendere migliaia di lire in long playing e i sabato sera ad ascoltarli  in religiosa condivisione con gli amici. Tutti intorno all’altare su cui era posizionato il piatto a fissare il disco che girava o le lucine dell’equalizzatore e a fantasticare sull’artwork e sulle note di copertina. Quando sentivamo uno slego di chitarra o una figura di batteria particolare, ci guardavamo beati e soddisfatti, con l’espressione un po’ così che abbiamo noi quando ascoltiamo musica rock, ammiccando l’uno nello sguardo dell’altro. Tutto questo mentre fuori, il sabato sera, c’era da divertirsi con le ragazzine. Ah.

I giovani d’oggi, o almeno alcuni di loro, forse cercano di carpire il gusto di un epoca che probabilmente hanno idealizzato, forse provano a ritrovare un po’ di umanità analogica, a rifiatare da un società che li vuole e li chiama nativi digitali.

Rimane il fatto che acquistare vinili è molto soddisfacente. Alla fiera di cui sopra riesco a trovare ad un prezzo finalmente decente (24 euro) la ristampa di Harvest di Neil Young (che avevo visto in vendita anche a 39 euro), la ristampa di Autobahn dei Kraftwerk (sono in un buraccione mica indifferente, non ascolto altro che non sia il gruppo di Ralf & Florian, sto pensando di trasferirmi a Düsseldorf), la ristampa di News Of The World dei Queen (uno dei “miei” album), la ristampa di Tales From Topographic Oceans  degli Yes (da regalare alla pollastrella con cui vivo) e la stampa originale italiana del 1979 di In Concert (live 1977) degli Emerson Lake & Palmer, la cui copertina mi ha sempre emozionato.

Mi rendo conto che sto spendendo buona parte delle mie entrate in vinili di dischi che avevo o che ho o che posseggo in altri formati, ma fatico a frenarmi. Evidentemente ho dei vuoti esistenziali che devo riempire, o magari lo faccio solo per contrastare i blues della vita, o infine solo per amor della musica. Non riesco a capire, è tutto un disfarsi di vecchi LP e CD e ricomprarli in altra edizione, gettare zavorra e riprenderne a bordo altra merce con la speranza che sia in edizione definitiva. E’ un blues ossessivo compulsivo, ahimè, lo so, ma quando sono al lavoro e mi arriva un pacchetto con due nuove ristampe mi sento meglio, mi si risolve la giornata.

Il fatto è che è gratificante svegliarsi al mattino di domenica, mettere sul piatto Caravanserai e lasciarsi trasportare dal moto ondulatorio della puntina che dà voce al jazz rock cosmico del gruppo mentre si contempla la campagna e si sorseggia una spremuta …

… oppure la sera, dopo l’ennesima giornata di lavoro tipica della società capitalista occidentale, richiusi nella propria stanzetta, mettere su i Kraftwerk, lasciarsi andare alla “ostalgie” (nostalgia dell’est), sognare di essere a Berlino Est e che l’Assenzio che si staa bevendo altro non sia che un liquore che si beveva all’epoca in quei posti.

DDR-Tradition

Il cupo sferragliare elettronico dei Kraftwerk del 1977 mi sembra la brillante (?) colonna sonora di una società, la DDR, che – chissà perché – mi son messo a studiare.

Sì, ascoltare gli ellepì mi permette ancora di costruirmi castelli, di saltare col cuore e con la mente in epoche e situazioni differenti, cosa che non riesco più a fare con i cd.

E allora, come detto, eccomi di nuovo a comprare vinili sebbene cerchi di limitarmi, le possibilità sono quelle che sono, il futuro non pare gran cosa, occorre trovare giocoforza un equilibrio, anche se a volte è proprio impossibile: ho provato a resistere tre anni, ma quando ho visto su di un sito Straight Shooter della Bad Company (che possiedo già sia in vinile e in diverse edizioni di cd ) in versione deluxe ad un buon prezzo, non sono stato capace di resistere. Quella copertina per me è come droga.

Ieri sera la groupie mi ha detto “va là che sei fortunato ad avermi trovata, ti lascio comprare tutto quello che vuoi“, beh, non proprio tutto a dir la verità, l’abbonamento a Inter TV su Sky me lo vieta ormai da 9 anni.

 

6 Risposte to “Ritorno al vinile”

  1. lucatod 24/01/2018 a 12:03 #

    Nel 2017 ho comprato più da Feltrinelli o Amazon che nell’usato , ma come Paolo anche a me un vinile “originale” offre maggiore suggestione . Non trovo i nuovi remaster realizzati meglio . Dipende . Le copertine delle recenti ristampe dei PINK FLOYD sono pesantemente ritoccate al computer (vedi ANIMALS , UMMAGUMMA , WYWH , MORE AHM ..) e anche l’audio spesso è inferiore ad una qualsiasi ristampa di fine ’70 inizio ’80 (WYWH , THE WALL) . Tuttavia è un piacere avere a disposizione una vasta scelta di titoli senza dover aspettare ai mercatini o dover cercare su ebay e in alcuni casi sono rimasto molto soddisfatto , STATION TO STATION di Bowie , i primi 4 dei Talking Heads , LONDON CALLING , AFFINITa’ DIVERGENZE dei CCCP .. Anche i prezzi sono accettabili .

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  2. bodhran 24/01/2018 a 14:29 #

    Io compro un po’ quel che mi capita sotto mano: a volte in negozio trovo una ristampa che non ho e la prendo, così come al mercatino acquisto volentieri un disco originale usato; mai acquistato però un vinile che già possedevo (unica eccezione Sergeant’s Pepper in versione mono italiana originale a 10 euro, peraltro in ottime condizioni).
    Sul ritorno del vinile temo che non sia tanto la voglia dei “giovani” di gustare sapori passati quanto una temporanea moda: avere un piatto e dei vinili fa fiGo (con obbligatoria G “nordista”); ho un collega GGiovane che ha comprato un po’ vinili per arredare casa (giuro!). A me piace ascoltare gli album, dall’inizio alla fine, la cosa con il cd funzionerebbe anche meglio, ma hanno i libretti scritti troppo piccoli per i miei gusti e soprattutto ogni tanto non funzionano più. Certo, sì, li conservo bene, non alla luce diretta, non accanto ai teromsifoni….. ma ogni tanto non funzionano più. Un vinile invece, lo si sa, è per sempre…

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  3. lucatod 24/01/2018 a 15:54 #

    A ben vedere il vinile oggi non ha molto senso ma attualmente è l’unico formato in grado di valorizzare un prodotto (non solo vecchio ma anche nuovo) che puoi trovare e ascoltare anche online . Non sono sicuro si possa parlare di moda passeggera , perché le persone che non comprano la musica non la comprano e basta . Chi si duplicava le cassette o ascoltava musica solo alla radio , poi è passata a masterizzarsi i cd e ascoltarla su youtube e cellulari .
    Questo revival probabilmente ha riavvicinato un pubblico nostalgico che ha modo di ricomprare album avuti in gioventù e allo stesso tempo attirare i più giovani con un supporto decisamente sorpassato ma esteticamente molto più accattivante del cd .

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  4. mikebravo 24/01/2018 a 21:39 #

    Per quanto riguarda il collezionismo, penso si nasca collezionisti.
    Prima i soldatini e le figurine, poi i francobolli, i fumetti ed il salto di qualita’
    coi dischi.
    I dischi hanno tanti contenuti.
    i piu’ prediligono la musica, ma c’è anche chi compera per le copertine.
    Un mio amico grafico ha 24.000 LP ed ha collaborato ad una copertina
    di un artista famoso.
    Un altro mio amico ha 7.000 pezzi di Neil Young tra cassette, LP, 45 giri,
    stereo8, etc.
    C’é chi compera vinile per rivenderlo ed esiste da sempre un mercato che
    ora viaggia soprattutto su internet.
    Chi conosce discogs ?

    Esistono appassionati che riescono gestire negozi di dischi in italia
    da decenni.
    Chi conosce Discodoro a Bologna ?

    Ho letto giorni fa su un giornale di un pittore romano che si é specializzato
    nel restauro di copertine di dischi rari.
    Ricostruisce tratti danneggiati, toglie macchie,timbri o scritte.

    il vinile implica una certa cura nella conservazione.
    Esistono macchine lavadischi molto costose che si trovano di importazione.
    VPI é la marca piu’ famosa negli usa.
    Praticamente spargono sul vinile adagiato si un piatto un liquido che viene
    steso da una spazzola.
    Il liquido viene poi aspirato ed il disco asciugato in automatico.
    Gli ultimi modelli operano sul disco fissato in verticale.

    Io bazzico vinile da quasi 47 anni.
    Voglio ripetere ancora una volta che il vinile è la prova che i miracoli
    esistono veramente.
    Dato per morto , é risorto da anni e lo trovi ora dappertutto.
    Per non parlare dei giradischi.

    Dopo tanti anni sono tornato collezionista e provo lo stesso piacere di
    quando ero giovane.
    Inutile dire che colleziono le sessions di jimmy page.
    Non nascondo che il mio sogno é possedere tutto quanto gli viene
    attribuito.
    E mi piacerebbe scrivere qualcosa in merito.

    Non sono un audiofilo ma c’é anche chi investe in un buon impianto
    cifre da capogiro.

    Essere compulsivo nel campo della musica non é certo negativo,
    basta non ridursi sul lastrico.

    L’altro giorno ero a Conegliano.
    Ho visto 2 negozi di dischi.
    Quello che sta a Conegliano alta aveva una stupenda vetrina piena di box
    di vinile.
    Al centro in basso ho adocchiato Shapes of things Box di 7 LP + booklet
    degli Yardbirds.
    Prima di entrare su discogs ho visto il prezzo medio di vendita del box.
    Era sui 100 euro per uno stato piu’ che buono.
    il proprietario l’ha estratto a fatica per farmelo vedere.
    Era sigillato.
    Prezzo 399 euro.
    Ho ringraziato e salutato.
    Se a qualcuno interessa credo sia ancora in vetrina.

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  5. Francesco 27/01/2018 a 20:38 #

    Tim, come mai ti emoziona proprio la copertina di In Concert ? sono curioso…
    Secondo te è lo stadio di Monaco di Baviera?
    Non so perché ma l’ho sempre associata a quello stadio

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  6. timtirelli 27/01/2018 a 21:37 #

    Perché, Francesco, è la foto in notturna dello Stadio Olimpico di Montreal, dove gli ELP tennero il loro concerto più famoso, quello con l’orchestra, davanti a 73.898 spettatori. Ero un ragazzino, mi bastava vedere quella copertina e sognare. Era anche lo stadio delle Olimpiadi del 1976, e quello dove gli ELP girarono il video nella neve di fanfare For The Common Man. Insomma in quegli anni era sinonimo di grandeur, e un adolescente dedito al rock come me – fan degli ELP – non poteva non suggestionarsi.

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