Serie TV tratta dal romanzo del 2016 di Colson Whitehead (con cui vinse un Pulitzer per la narrativa) che racconta le vicende di una schiava in fuga dalla Georgia in un passato in qualche modo alternativo, e per questo il termine ucronico è legato a doppio filo a questo titolo. Su Prime Video la serie ha una valutazione di tre stelle su cinque, ma io arrivo fino al massimo perché è vero che è molto lenta, a volte al limite dell’apatia narrativa, ma è una scelta consapevole: per raccontare storie così drammatiche e profonde è necessario creare disparità d’animo e indolenza emotiva per reggere la rappresentazione di tutto l’orrore patito dai neri negli Stati Uniti del sud.
La Georgia del 1800 è raffigurata in maniera magistrale, i colori sono quelli della copertina di Brothers And Sisters degli Allman Brothers, e dunque per noi è facile ritrovarsi in quelle sfumature. Cora, la protagonista, è intrepretata da Thuso Mbedu, attrice straordinaria, capace di rendere la storia straziante raccontata lungo i dieci episodi con grande realismo.
Come sempre cerco di non svelare nulla, ma è palese che la ferrovia sotterranea che permetteva agli schiavi fuggiaschi di provare a raggiungere il Canada non è mai esistita o meglio quel nome era usato per descrivere la serie di sentieri e rifugi che a volte permetteva loro di raggiungere il grande nord.
Serie di grande spessore e di immenso impatto emotivo. Da vedere.
Se non l’hai ancora vista mi permetto di consigliare When They See Us , una miniserie Netflix in quattro episodi ambientata alla fine degli anni ’80 e tratta da un fatto di cronaca. Offre un ritratto poco lusinghiero della società americana. Con la seconda puntata prende il volo.
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