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Percival Everett “James”(2025 La Nave di Teseo) – TTTT

23 Set

James, l’ultimo romanzo di Percival Everett, è una rivisitazione potente e coraggiosa del classico Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain. Ma questa volta, a raccontare la storia non è il giovane Huck, bensì il suo compagno di viaggio: Jim, lo schiavo fuggitivo.

Non si tratta di un semplice cambio di prospettiva: Everett trasforma profondamente la narrazione originale, restituendo dignità, voce e complessità a un personaggio che nell’opera di Twain rimaneva spesso ai margini.

Il romanzo ha ricevuto un’eccezionale accoglienza dalla critica internazionale, conquistando tre dei più prestigiosi premi letterari americani: il Kirkus Prize 2024, il National Book Award per la narrativa e il Premio Pulitzer per la narrativa 2025. Riconoscimenti che testimoniano il suo valore letterario e il suo impatto culturale.

Più che una riscrittura fedele, James è una reinterpretazione libera e consapevole. Molte scene dell’originale sono rielaborate o condotte verso esiti del tutto diversi. I due protagonisti, Jim e Huck, restano insieme per buona parte del viaggio, ma nel momento in cui si separano, è la voce di Jim a guidarci, con i suoi pensieri, i suoi ricordi, le sue paure — al contrario di Twain, che seguiva solo il punto di vista di Huck.

Anche i personaggi secondari vengono rivisitati, spesso con tratti più sfaccettati, complessi o addirittura ribaltati rispetto alla versione classica. Everett non ha paura di prendersi libertà creative, e in questo risiede gran parte della forza narrativa del libro.

James è un romanzo che non fa sconti. Affronta con lucidità e schiettezza la storia della schiavitù, la brutalità del razzismo e le contraddizioni profonde dell’America delle origini. È una lettura intensa, talvolta cruda, ma necessaria. Nonostante la durezza di alcuni passaggi, il romanzo riesce anche a intrattenere e a coinvolgere profondamente, alternando momenti di azione, riflessione e lirismo.

Il finale è particolarmente toccante: rapido, umano, quasi epico nella sua semplicità, d’altronde quando “i fiumi raggiungono il mare” si avverte un senso di compiutezza.

Un elemento che potrebbe sollevare qualche dubbio è la notevole cultura che James dimostra: conosce filosofia, legge, discute temi morali con consapevolezza e profondità. Il testo non chiarisce mai del tutto dove o come abbia acquisito questa istruzione — un aspetto che può apparire poco realistico, almeno in termini storici.

Tuttavia, Everett sembra suggerire che anche uno schiavo — figura tradizionalmente privata di voce e sapere — possa essere portatore di intelligenza, dignità e pensiero. È un’operazione simbolica e politica, che colpisce nel segno.

James è molto più di un omaggio a Twain: è un atto di riscrittura storica, un racconto alternativo che restituisce centralità a chi, nella letteratura e nella storia, è stato troppo a lungo marginalizzato. Un romanzo potente, urgente, e pienamente meritevole dei premi ricevuti.

Se amate la grande narrativa americana, il blues e siete pronti a vedere un classico con occhi nuovi, James è una lettura da non perdere.

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https://lanavediteseo.eu/portfolio/james/

Hannibal, una cittadina lungo il fiume Mississippi, lo schiavo Jim scopre che a breve verrà venduto a un uomo di New Orleans, finendo per essere separato per sempre dalla moglie e dalla figlia. Decide, quindi, di scappare e nascondersi nella vicina Jackson Island per guadagnare tempo e ideare un piano che gli permetta di salvare la sua famiglia. Nel frattempo, Huckleberry Finn ha simulato la propria morte per sfuggire al padre violento recentemente tornato in città, e anche lui si rifugia nella stessa isola. Come tutti i lettori delle Avventure di Huckleberry Finn sanno, inizia così il pericoloso viaggio – in zattera, lungo il fiume Mississippi – di questi due indimenticabili personaggi della letteratura americana verso l’inafferrabile, e troppo spesso inaffidabile, promessa di un paese libero. Percival Everett parte dal capolavoro di Mark Twain per raccontare la storia da un punto di vista diverso, quello di James, ma per tutti Jim, mostrando tutta l’intelligenza, l’amore, la dedizione, il coraggio e l’umanità di quello che diventa, finalmente, il vero protagonista del romanzo. Un uomo disposto a tutto pur di sopravvivere e salvare la propria famiglia, un uomo che da Jim – il nomignolo usato in senso spregiativo dai bianchi per indicare un nero qualsiasi, indegno anche di avere un nome proprio – sceglie di diventare James, e sceglie la libertà, a ogni costo.

Percival Everett con l’umorismo, l’arguzia, lo stile e l’intelligenza che lo contraddistinguono e che l’hanno reso uno degli scrittori più importanti della sua generazione, ci regala un romanzo che cattura il lettore dalla prima all’ultima pagina e che diventerà un punto fermo nella storia della letteratura americana. James è un grande libro che non ha paura di raccontare la vera storia d’America, e dei soprusi e violenze che l’hanno costellata.

Traduzione di Andrea Silvestri.

Vincitore del Premio Pulitzer 2025

Percival Everett

Percival Everett insegna alla University of Southern California. Ha scritto numerosi libri, tra i quali: Deserto americano (2004), Ferito (2005), La cura dell’acqua (2007), Non sono Sidney Poitier (2009), Percival Everett di Virgil Russel (2013), Quanto blu (La nave di Teseo, 2020), Telefono (La nave di Teseo, 2021), Gli alberi (La nave di Teseo, 2023; finalista al Booker Prize e vincitore dell’Anisfield-Wolf Book Award). Per i suoi lavori Everett ha ricevuto lo Hurston/Wright Legacy Award e il PEN Center USA Award for Fiction. Vive a Los Angeles. Da questo romanzo Cord Jefferson ha tratto il film American Fiction, con Jeffrey Wright e Tracee Ellis Ross, candidato a 5 premi Oscar e 2 Golden Globe, vincitore del BAFTA per la migliore sceneggiatura non originale.

Philip Roth “Portnoy” (1969 – Adelphi 2025) TTTTT+

14 Set

Philip Roth è stato, ed è tuttora, un gigante della letteratura nordamericana. Lo scoprii nella seconda metà degli anni Ottanta, quando ero ancora solo un ragazzo. Ma già allora sentivo una fame profonda di sapere, di ideali, di letteratura e, naturalmente, anche di musica rock di qualità.

Avevo un bisogno quasi viscerale di figure adulte a cui guardare, di mentori ideali. Roth lo divenne immediatamente, appena conclusi la lettura de Il professore di desiderio (1977). Quel libro accese qualcosa in me. Da lì fu un’immersione totale: Il lamento di Portnoy (1969), La mia vita di uomo (1974), e L’orgia di Praga (1985) si susseguirono rapidamente. Mi legarono a Roth in modo definitivo. E poi, ovviamente, venne tutto il resto, in particolare Pastorale americana (1997) e Nemesi (2010), due capolavori che confermarono la sua statura di scrittore epocale.

Il critico James Wood, con lucidità rara, scrisse:

“Più di ogni altro scrittore americano del dopoguerra, Roth ha scritto il sé — il sé è stato analizzato, blandito, deriso, romanzato, reso fantasma, esaltato, disonorato, ma soprattutto costituito dalla e nella scrittura.”

Un ritratto, a mio avviso, definitivo.
I romanzi di Roth sono infatti celebri per il loro tono intensamente autobiografico, per la capacità di dissolvere i confini tra realtà e finzione, e per l’audacia con cui interrogano — spesso provocatoriamente — le nozioni di identità, ebraica e americana.

Il lamento di Portnoy (ripubblicato da Adelphi con il titolo Portnoy) resta, a distanza di 56 anni, un’opera potentissima. Un romanzo che conserva una forza dirompente, capace di colpire ancora oggi con la stessa veemenza.

Lo lessi per la prima volta negli anni Ottanta, nell’edizione dei Tascabili Bompiani del 1988, tradotta da Letizia Ciotti Miller. Fu una rivelazione, un’esperienza letteraria che segnò per sempre il mio rapporto con la scrittura — e con l’identità stessa.

P. Roth Lamento Di Portnoy edizione 1988 Bompiani – foto Tim Tirelli

A tanti anni di distanza, il romanzo mi ha di nuovo impressionato — e travolto — con la stessa forza di allora.
La nuova edizione pubblicata da Adelphi, a cura di Matteo Codignola, è stata per me una rilettura sorprendente. Non è stato immediato abituarmi alla nuova traduzione: è certamente più aderente al mondo di oggi, con un linguaggio più diretto, spoglio di filtri e mediazioni.

Benché io non sia tipo da eufemismi — l’uomo di blues che sono preferisce parlare chiaro — ammetto che, in fatto di traduzioni, tendo a rimanere affezionato a quelle “del tempo che fu”. Tuttavia, riconosco al nuovo traduttore (che sia chiaro: ha fatto uno splendido lavoro) un approccio brillante, spigliato, e soprattutto fedele allo spirito dell’originale.

Un esempio emblematico: il titolo del capitolo IV.
In inglese, si intitola Cunt Crazy.
Nella traduzione italiana del 1988, divenne La fissazione.
Oggi, finalmente, si ha il coraggio di restituire il tono e la forza dell’originale: Pazzo per la figa.
Una scelta forse spiazzante, ma indubbiamente centrata.

La sinossi della nuova edizione riassume alla perfezione lo spirito del libro:
un monologo travolgente del protagonista, Alexander Portnoy, sospeso tra una seduta psicoanalitica senza censure e la più scatenata stand-up comedy mai trascritta su pagina. Un flusso inarrestabile, brillante, grottesco e irresistibile, da cui si esce barcollando.

Sì, Portnoy è ancora oggi capace di provocare vertigini.
Di piacere letterario — e non solo.

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https://www.adelphi.it/libro/9788845940118

SINOSSI

«Questo libro rischia di provocare un secondo Olocausto» scrisse all’uscita di Portnoy uno studioso generalmente posato come Gershom Scholem. La profezia fortunatamente non era fatta per avverarsi, ma è difficile negare che da allora il monologo di Alexander Portnoy abbia investito, e travolto, tutto quanto ha incontrato sul suo cammino. A cominciare dalle abitudini dei lettori, e dalla loro percezione di cosa possa, e soprattutto non possa, raccontare un libro. Poi, gran parte delle idee ricevute sui cosiddetti rapporti fra maschi e femmine, su noialtri quaggiù e le varie forme che diamo all’entità lassù. La vertigine comincia subito, quando chi legge pensa di affrontare il resoconto senza censure di una seduta analitica – cosa che, molto più di quanto si pensi, è vera – e si ritrova in mano un tipo diverso, e almeno altrettanto scabroso, di materiale: quello della standup più divertente e irrefrenabile mai messa sulla pagina; da cui si esce barcollando, e senza essere certi di volerne veramente uscire. Dopo molti anni, e infinite repliche, lo spettacolo aveva però bisogno di un nuovo allestimento, che qui presentiamo invitandovi alla prima.

Prima di assumere la sua forma attuale, il materiale di Portnoy è stato varie altre cose – fra cui un commento parlato alle diapositive di zone erogene illustri, che Kenneth Tynan avrebbe voluto inserire nel suo celeberrimo e allora sacrilego musical Oh, Calcutta! Solo dopo lunghi ripensamenti il monologo ha finito per diventare, nel 1969, il quarto libro di Philip Roth (1933- 2018). Quello della sua consacrazione (o sconsacrazione): e anche quello da cui, inevitabilmente, Adelphi comincia la pubblicazione di tutte le sue opere.

Philip Roth 1967 – Foto di Bernard Gotfryd
 Fonte: Library of Congress Prints & Photographs Division
“No known restrictions on publication”.

Glendon Swarthout “L’accompagnatore” (2025 Jimenez Edizioni) – TTTT½

6 Ago

Questo romanzo, titolo originale: “The Homesman”, uscì nel 1988 in USA, ebbe ottime critiche ed un buon successo di vendita. Nel 2014 ne uscì la versione cinematografica (The Homesman,diretto e interpretato da Tommy Lee Jones, con Hilary Swank e Meryl Streep) che ebbe anch’essa critiche assai positive. Jimenez Edizioni pubblica adesso il libro per la prima volta in Italia. Essendo un appassionato della grande epopea del western di frontiera, quella più sincera e veritiera, quella che narra le storie meno conosciute, quella senza la retorica insopportabile degli USA, non potevo non comprare questo libro.

Ai più il tema Western potrà sembrare anacronistico oggigiorno, per me rimane invece attuale e affascinante, l’epica della storia recente (parliamo a grandi linee di quasi due secoli fa) disegnata in quei territori ostili del Nord America (in particolare del Nebraska e dello Iowa) dove i colori aspri e violenti delimitavano il confine tra civiltà e barbarie e arretratezza, la si può scorgere chiaramente anche nello sciagurato mondo odierno.

Il romanzo è uno spaccato perfetto deli territori che descrive, uomini donne e bambini che entrano in una terra che lascia senza fiato, sia in senso positivo che negativo, meravigliosa certo ma anche nemica, brutale e senza pietà, il tutto incastonato in una cornice dove la competizione con gli elementi diventa così maligna da sconvolgere ogni possibilità di ragionamento e sopravvivenza.

Un romanzo che racconta storie di donne catapultate in una abisso, donne che cercano di resistere e rischiano quotidianamente di restare avviluppate ad un destino tragico.

Romanzo davvero potente.

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Sinossi

https://www.jimenezedizioni.it/laccompagnatore-glendon-swarthout/

“L’accompagnatore” è un romanzo western, classico e atipico, di Glendon Swarthout, pluripremiato alla sua pubblicazione negli Stati Uniti nel 1988 e diventato un film nel 2014 (The Homesman, diretto e interpretato da Tommy Lee Jones, con Hilary Swank e Meryl Streep). Attraverso una narrazione serrata e coinvolgente, Swarthout racconta una storia di frontiera che mette al centro le donne, offrendo un ritratto realistico e duro della vita brutale, e dell’affanno della sopravvivenza, dell’epoca della colonizzazione. La vicenda si svolge nel 1850, nelle terre desolate del Nebraska. Mary Bee Cuddy, insegnante, donna sola e apparentemente granitica, si assume un incarico disperato: scortare fino a Hebron, in Iowa, quattro donne traumatizzate dalla vita di frontiera e uscite di senno. Per compiere questa missione, Mary Bee si allea con George Briggs, un inaffidabile vagabondo che lei stessa ha salvato da morte certa. Briggs è un uomo ai margini della società, così come lo sono le donne che accompagnano: anime ferite e sfiancate, segnate da anni di isolamento e fatica, ingabbiate in un territorio che le ha logorate lentamente. Insieme, Mary Bee e Briggs risalgono controcorrente la marea della colonizzazione, attraversando tempeste di neve, territori selvaggi e minacce costanti. Il loro viaggio è una lotta contro la solitudine, un tentativo di resistere e, forse, di trovare un nuovo inizio. L’accompagnatore è una storia trascinante e piena di umanità, di aspettative e sconfitte, di bellezza e ferocia, che ci parla delle vite dimenticate di chi non è sopravvissuto al fragile sogno del vecchio West. Il volume contiene anche una postfazione di Miles Swarthout, figlio dell’autore, che racconta la genesi del romanzo e il lavoro di ricerca svolto dal padre Glendon.

Glendon Swarthout

Nato nel 1918 e morto nel 1992, è stato autore di sedici romanzi, molti dei quali sono diventati film. Tra questi, 7° Cavalleria (1956) con Randolph Scott e Barbara Hale; Cordura (1959) con Gary Cooper e Rita Hayworth; La spiaggia del desiderio (1960) con George Hamilton e Paula Prentiss; Il pistolero (1976) con John Wayne e Lauren Bacall. Con la moglie Kathryn ha scritto anche sei libri per bambini e ha vissuto a Scottsdale, in Arizona.

Valerio Evangelisti “Il Sol Dell’Avvenire – Volume 3 – Nella Notte Ci Guidano Le Stelle” (Mondadori 2016-edizione 2024) – TTTTT

26 Lug

Terzo ed ultimo capitolo della trilogia di Evangelisti dedicata al Sol Dell’Avvenire. Dolorosa la prima parte del libro dedicata all’avvento definitivo del fascismo e delle atrocità da esso compiute, l’Emilia Romagna che cede alla violenza e ai crimini delle camicie nere sostenute dalla borghesia, dalla chiesa, dagli agrari e dall’ordine costituito. Nell’ultima parte ci si sistema un poco l’animo grazie ai raggi del sol dell’avvenire appunto che, almeno per qualche tempo, riusciranno a spazzare via la dittatura.

Una trilogia questa molto riuscita, la storia trattata come un romanzo, una maniera per conoscere meglio la realtà della guerra civile italiana.

Sinossi:

In questo terzo e ultimo volume de Il Sole dell’Avvenire, Valerio Evangelisti continua a seguire le vicende di alcune famiglie romagnole, attraverso i grandi cambiamenti politico-economici che investono la regione e l’Italia intera.

Nel tormentato periodo che va dagli anni Venti alle soglie degli anni Cinquanta, il fascismo si afferma ed esplode, dissolvendo, tra l’altro, la compattezza dei nuclei familiari. Spartaco, “Tito”, Verardi diviene squadrista e architetto della distruzione delle conquiste del movimento operaio. Destino Minguzzi è assorbito, quasi suo malgrado, dal mondo dei clandestini e degli esuli antifascisti, e dalle sue lacerazioni a volte drammatiche. Soviettina, “Tina”, Merighi si trova a partecipare alla guerra di liberazione nella più anticonformista e “romagnola” delle formazioni partigiane. Nessuno di costoro “fa la storia”, ma tutti, a loro modo, vi partecipano. Non senza chiedersi, alla nascita di una nuova Italia, se la realtà corrisponda davvero ai loro auspici. Su questo interrogativo si chiude una grande saga popolare, un’opera unica nel panorama letterario italiano.

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Il Sol Dell’Avvenire Sul Blog:

Valerio Evangelisti “Il Sol Dell’Avvenire – Volume 1 – vivere lavorando o morire combattendo” (Mondadori 2013) – TTTTT

Qiu Xiaolong ”Il poliziotto di Shanghai”. Le inchieste dell’ispettore Chen. Vol. 10” (Feltrinelli/Marsilio 2016-2019) – TTT

29 Mag

Questo è una sorta di prequel, che però non sono riuscito a gustarmi; colpa forse del mio essere distratto in questo periodo, o forse del fatto che dopo 10 capitoli il mio rapporto con l’Ispettore Chen può considerarsi concluso.

 

Come nasce la leggenda dell’ispettore Chen? Com’è possibile che «un poliziotto soltanto di nome in mezzo a tutti gli altri poliziotti veri» diventi il tutore della legge più affascinante (e temuto) di Shanghai? Chen Cao, proprio come molti suoi coetanei, è un giovane traumatizzato dalle violenze subite durante la Rivoluzione Culturale maoista. Ma per un beffardo scherzo del destino – e della burocrazia – si ritrova assegnato al dipartimento di polizia di Shanghai. Lui, il poeta idealista e sognatore, laureato in letteratura e ammiratore fervente di T.S. Eliot, nonché inguaribile buongustaio, è ora un poliziotto riluttante, destinato a far rispettare la legge. Ma è davvero così? Oppure sono gli interessi del Partito ad avere sempre e comunque la precedenza sopra ogni altra cosa, perfino sulla giustizia? Ne “Il poliziotto di Shanghai”, Qiu Xiaolong ricostruisce i traumi di un passato ineludibile che torna continuamente a gravare su un presente carico di incertezze. Tra delizie gastronomiche e raffinate rimembranze poetiche, anche questo nuovo libro dello scrittore cinese rappresenta un indizio cruciale per decifrare quel rebus enigmatico che è la nuova superpotenza asiatica, per far luce sul volto più segreto di quel «socialismo con caratteristiche cinesi» in cui i destini individuali sono perennemente in balia dei mutamenti politici.

QIU XIAOLONG sul blog:

https://timtirelli.com/2025/04/27/qiu-xiaolong-il-principe-rosso-feltrinelli-marsilio-2020-ttt%c2%bd/

https://timtirelli.com/2024/01/20/qiu-xiaolong-cyber-china-feltrinelli-marsilio-2017-ttt%c2%be/

https://timtirelli.com/2023/03/15/qiu-xiaolong-le-lacrime-del-lago-tai-feltrinelli-marsilio-2021-ttt%c2%be/

https://timtirelli.com/2021/03/27/qiu-xiaolongla-ragazza-che-danzava-per-maofeltrinelli-marsilio-2019-ttt%c2%be/

https://timtirelli.com/2020/09/16/qiu-xiaolong-di-seta-e-di-sangue-feltrinelli-marsilio-2019-tttt%c2%bd/

https://timtirelli.com/2020/06/03/qiu-xiaolong-ratti-rossi-feltrinelli-marsilio-2019-tttt%c2%bd/

https://timtirelli.com/2020/02/09/qiu-xiaolong-quando-il-rosso-e-il-nero-feltrinelli-marsilio-2018-tttt/

https://timtirelli.com/2019/04/08/qiu-xiaolong-visto-per-shanghai-feltrinelli-marsilio-2018-tttt/

https://timtirelli.com/2018/11/06/qiu-xiaolong-la-misteriosa-morte-della-compagna-guan-feltrinelli-2018-tttt/

Stefano Tassinari “L’amore degli insorti” (Alegre 2005/2013) – TTTT+

21 Mag

Libro appassionante, libro che uno come me legge con fervore. Come sempre nella descrizione qui sotto  c’è quello da sapere, poco da aggiungere. Una lucida disanima su un’era che in tanti descrivono genericamente come “anni di piombo”, come “terrorismo”. Un romanzo che ti prende alla gola, all’intelletto, all’animo, alla pancia. Rifarsi una vita, ripensare alle lotte giovanili, ai morti di entrambe le parti. La musica impegnata, quella di sinistra, che riecheggia tra le pagine, Stormy Six, Lolli, Guccini, Il Banco, Radio Alice.

Stralci presi dal libro:

“Ai miei tempi certe divise le indossavano solo i disperati o i fascisti”

“La strada Romea scavalca il grande canale di Porto Garibaldi”

Ma i morti sono morti, i nostri e i loro, e per di più non siamo stati noi a cominciare”

“Abbiamo sognato la rivoluzione, e dunque la rottura di tutti gli schemi definiti…”

“Lui era un alto ufficiale dell’esercito, con dichiarate simpatie golpiste e molti amici nei peggiori settori delle forze armate”

Sia chiaro, non è un pippone questo libro, bensì un romanzo che procede veloce, pieno di contenuti, eppur leggero, un libro che ripensa un certo passato con onestà intellettuale senza perdere tuttavia l’amore per un mondo migliore.

Me lo ha regalato Polbi. Non poteva essere altrimenti.

Sono trascorsi quasi venticinque anni da quando Paolo Emilio Calvesi – oggi architetto di successo, con moglie e due figli – ha abbandonato il gruppo armato di estrema sinistra di cui era membro. Il suo nome non è mai finito in alcuna inchiesta, il che gli ha consentito di ricostruirsi una vita apparentemente “normale”. È convinto che il passato non possa ritornare ma un giorno inizia a ricevere lettere, regali, telefonate, provocazioni da una certa Sonia che dimostra di conoscere tutto di lui e di quell’altra vita. Calvesi si ritrova in un incubo, precipitando in una spirale che lo costringe a rivivere il passato tra sensi di colpa e un rispolverato orgoglio, e a rimettere in discussione il suo presente e il suo futuro. Il mistero di chi sia la persona che sta mettendo in atto questa “persecuzione”, produce un’inchiesta nella memoria del protagonista, che ripercorre un tratto di storia del nostro paese per troppo tempo rimossa. Ad un anno dalla scomparsa di Stefano Tassinari, questa nuova edizione del suo romanzo più importante, ci riporta in un’epoca che coinvolge la memoria individuale e collettiva della nostra storia recente, con uno stile profondo, intenso, appassionato ma al contempo lucido nel riordinare fatti e responsabilità.

Stefano Tassinari

Stefano Tassinari è stato uno scrittore, drammaturgo e sceneggiatore italiano.
Autore di testi teatrali, letture sceniche e di programmi radiofonici per Rai Radio 3, è stato ideatore e direttore artistico di varie rassegne letterarie e autore di documentari televisivi, oltre ad aver curato la messa in scena di decine di opere letterarie di scrittori italiani e stranieri.
Vicepresidente dell’Associazione Scrittori Bologna, ha scritto di letteratura su quotidiani e riviste. È stato direttore e fondatore di «Letteraria». È stato prima militante di Avanguardia operaia, poi segretario della federazione ferrarese di Democrazia Proletaria, infine è stato militante del Partito della Rifondazione comunista.
Tra le sue opere: Gli Amori degli insorti (Marco Tropea Editore, 2005), D’altri tempi (Edizioni Alegre, 2011), Il vento contro (Marco Tropea Editore, 2008), I segni sulla pelle (Marco Tropea Editore, 2003), L’ora del ritorno (Marco Tropea Editore, 2001).

L’Eternauta (la serie TV e tutto il resto) – TTTT½

18 Mag

La storia politica dell’Argentina fu spesso tribolata, colpi di stato, derive autoritarie e instabilità si susseguirono quasi senza sosta. Il periodo che ci interessa in relazione al titolo di questo post vede la transizione dai due governi peronisti a dittature militari legate ovviamente alla destra estrema. Dal 1946 al 1955 il generale Juan Domingo Peron governò il paese con un misto di populismo, patriottismo e socialismo, con l’intento di attuare un sistema politico, sociale e culturale alternativo a quelli capitalisti e comunisti. Se non altro di distinse per la vicinanza agli strati popolari della società e per aver sostenuto il distacco dell’Argentina dall’influenza degli Stati Uniti.

l’Argentina poi entrò in una lunga fase di instabilità segnata ahimè dall’autoritarismo militare. Ci furono  una serie di colpi di stato, l’ultimo dei quali, nel 1976, sfociò nel regime più repressivo della storia della nazione in oggetto. Nel 1983, infine, tornò  la democrazia.

Nel 1955 le Forze Armate, con un golpe sotto il comando del generale Eduardo Lonardi, rovesciarono Perón e stabilirono la cosiddetta Revolución Libertadora (il nome fa piuttosto ridere se non fosse che ci sarebbe ancora oggi da piangere). La Marina Militare bombardò la Casa Rosada tentando di uccidere il presidente. Il 18 giugno Perón è costretto a fuggire in esilio prima in Paraguay e poi nella Spagna di Franco.

Nel 1962 altro golpe militare, idem nel 1966

La dittatura militare più feroce ebbe inizio con il colpo di Stato militare del 24 marzo 1976, che rovesciò il governo democraticamente eletto di María Estela Martínez de Perón e tutte le autorità costituzionali, nazionali e provinciali, imponendo una giunta composta dai tre comandanti delle forze armate.

L’Argentina tra il 1976 e il 1983 fu retta da diverse giunte militari. Si caratterizzò con una forte repressione dell’opposizione e numerose violazioni di diritti umani. Il primo ad assumere la presidenza fu il generale Jorge Rafael Videla, presidente de facto tra il 1976 e 1981, a cui successe il generale Roberto Eduardo Viola.

Tutto questo per ricordare il substrato da cui nacque la grande opere de l’Eternauta. In breve:

L’Eternauta (El Eternauta) è un fumetto di fantascienza scritto da Héctor Oesterheld e disegnato da Francisco Solano López, pubblicato dal 1957 al 1959 sulla rivista Hora Cero, in Argentina, dove raggiunse una notevole fortuna, venendo ristampato più volte, un successo estesosi nel resto del mondo, che gli ha fatto raggiungere una fama tale da venire considerato un capolavoro del fumetto mondiale. La saga fu riscritta da Oesterheld nel 1969, rendendo più espliciti i riferimenti alla situazione geopolitica del Sudamerica del periodo e fu ridisegnata da Alberto Breccia in una personalissima e innovativa versione che viene considerata un capolavoro dalla critica. La trama è spesso considerata una sorta di anticipazione del golpe argentino del 1976 di Jorge Rafael Videla, del quale rimarrà vittima lo stesso Oesterheld, desaparecido nel 1978.

In Italia fu pubblicato per la prima volta a puntate sul settimanale a fumetti Lanciostory nel 1977 e per il Tim adolescente fu una scoperta incredibile, mi influenzò molto tanto che iniziai ad usare l’alias Juan Galvez (il nome italiano del protagonista, in origine Juan Salvo).

 

Quando lessi la notizia che stavano lavorando su un serie TV tratta da L’Eternauta sobbalzai sulla sedia e quando seppi che il protagonista sarebbe stato il grandissimo Ricardo Guarin entrai in modalità fustinella.

Già da un po’ la serie è disponibile su Netflix ed è stato emozionante vedere i sei episodi della prima stagione (è chiaro che ve ne saranno altre). Mi ci è voluto tutto il primo capitolo per adeguarmi all’approccio scelto, diverse le libertà prese rispetto all’originale, una su tutte l’aver ambientato il racconto ai giorni nostri, la società isterica e violenta di questi tempi è un nemico in più contro cui combattere. Non voglio svelare la trama, ma l’arrivo di qualcosa di terribile che renderà il futuro imminente distopico e paralizzante è messo in scena in maniera convincente.

La serie ha ricevuto critiche, in parte le capisco ma le trovo comunque eccessive; ho già parlato delle libertà prese ma potrebbe essere stato altrimenti? Una graphic novel così leggendaria la si traduce in immagini con enorme fatica, pur essendo una produzione argentina e la lingua originale lo spagnolo, mi pare fisiologico che l’umore originario dell’opera abbia subito variazioni, che la tensione sia diversa, che la Buenos Aires contemporanea sia lontana da quella del fumetto, che il respiro generale sia creato per un pubblico ampio abituato a correnti narrative sul grande e piccolo schermo più tradizionali. Personalmente il concetto di mainstream non mi entusiasma nemmeno un po’, questo modo di creare statunitense spesso per un pubblico di bocca buona mi urta, ma se è un sfumatura che influenza ma non snatura del tutto le trasposizioni in pellicola di capolavori letterari, grafici, musicali, bisogna pur conviverci, perché altrimenti non si vedrebbero sullo schermo certe cose.

A me pare che nonostante tutto L’Eternauta di Netflix sia una riduzione ben più che accettabile, i capisaldi del fumetto sono in qualche modo rispettati pur modificando e modernizzando il resto. Per questo blog la serie TV El Eternauta è da guardare, punto.

Qiu Xiaolong ”Il principe Rosso” (Feltrinelli/Marsilio 2020) – TTT½

27 Apr

Le inchieste dell’ispettore Chen sono letture ormai classiche qui sul blog, il genere poliziesco (o giù di lì) ambientato in Cina mi piace parecchio; sono ormai arrivato al nono episodio, letto con la spinta abituale, tuttavia a tratti l’ho trovato troppo articolato, non è stato semplice ricordarsi di tutti i rivoli della storia ogni volta che riprendevo a leggerne le pagine.

Mi è comunque piaciuto; basti questa brevissima conclusione, per tutto il resto, al solito, basta dare una occhiata qui sotto.

Per anni, Chen Cao ha cercato di mantenersi in equilibrio tra gli interessi del Partito e il suo ruolo di poliziotto alla guida di indagini politicamente sensibili. Sulle tracce di un misterioso Principe Rosso – un potente ed enigmatico membro del Partito che sembra avere il controllo dell’intera Shanghai – viene improvvisamente sollevato dai suoi incarichi ed è costretto ad abbandonare il caso di cui ha da poco iniziato a occuparsi. Qualcuno sta cercando di incastrarlo, mettendogli nel letto disinibite ragazze gatto o nascondendo le prove dell’omicidio di una nota cantante d’opera e, questione molto delicata, di un cittadino americano. Mentre il paese sembra acceso da una rinnovata nostalgia per gli anni della Rivoluzione, d’un tratto l’ex ispettore capo si ritrova completamente isolato, al centro di una diabolica macchinazione che chiaramente punta a distruggere la sua credibilità. Ispirandosi all’affare Bo Xilai, il clamoroso scandalo che di recente è arrivato a minare gli equilibri diplomatici della Cina, nella sua consueta miscela di giallo, poesia, filosofia e cibo, Qiu affronta lo spinoso tema della giustizia in un paese dove tutto ha a che fare con la politica e deve essere in linea con gli interessi delle autorità. Per un uomo d’onore come Chen, che cerca di sopravvivere in un mondo dominato dall’inganno e dal tradimento, è il caso più difficile: non si tratta più solo della carriera, ora è in pericolo la sua stessa vita.

QIU XIAOLONG sul blog:

https://timtirelli.com/2024/01/20/qiu-xiaolong-cyber-china-feltrinelli-marsilio-2017-ttt%c2%be/

https://timtirelli.com/2023/03/15/qiu-xiaolong-le-lacrime-del-lago-tai-feltrinelli-marsilio-2021-ttt%c2%be/

https://timtirelli.com/2021/03/27/qiu-xiaolongla-ragazza-che-danzava-per-maofeltrinelli-marsilio-2019-ttt%c2%be/

https://timtirelli.com/2020/09/16/qiu-xiaolong-di-seta-e-di-sangue-feltrinelli-marsilio-2019-tttt%c2%bd/

https://timtirelli.com/2020/06/03/qiu-xiaolong-ratti-rossi-feltrinelli-marsilio-2019-tttt%c2%bd/

https://timtirelli.com/2020/02/09/qiu-xiaolong-quando-il-rosso-e-il-nero-feltrinelli-marsilio-2018-tttt/

https://timtirelli.com/2019/04/08/qiu-xiaolong-visto-per-shanghai-feltrinelli-marsilio-2018-tttt/

https://timtirelli.com/2018/11/06/qiu-xiaolong-la-misteriosa-morte-della-compagna-guan-feltrinelli-2018-tttt/

Barbara Curti “La Storia Di Reggio Emilia” (2022 Typimedia Editore) – TTT½

25 Apr

Quadro sinottico riassuntivo della storia di Reggio Emilia, adatto a chi approccia l’argomento da neofita. Il libro scorre e lo definirei un buon lavoro. Dai primi terramaricoli, le prime vere teste quadre, ai liguri, poi gli etruschi e infine i romani, a cui Reggio rimarrà per sempre legata, lo si evince già dal nome (Marcus Aemilius Lepidus anyone?).

La Curti disegna con un buon tratto la storia di questa città di cui parlo e mi interesso in quanto punto fermo di tutta la mia discendenza famigliare, illustrando figure storiche, avvenimenti, guerre e ogni altra sorta di peripezie a cui i popoli di Reggio nell’Emilia sono andati incontro con la loro nota resilienza e resistenza.

Leggendo parti di questo libro non ho potuto inoltre che riflettere una volta di più di quanto in Italia, soprattutto da queste parti, si sia andati vicino al creare un società più giusta e libera da gioghi di varia natura. Tra la fine dell’ottocento e il 1920, e tra il 1945 e gli anni settanta, qualcosa di diverso si era davvero ipotizzato e praticato, un fuoco di paglia diranno alcuni, ma perlomeno si è provato, lottato e sognato.

BIBLIOTECA DIGITALE REGGIANA – REGGIO EMILIA NEL 1750 CIRCA

BIBLIOTECA DIGITALE REGGIANA – Reggio nel 1750 circa

Massimo Carlotto “La Verità Dell’Alligatore” (1995/2013 e/o edizioni) – TTT¾

24 Apr

Mi avvicino solo adesso a Massimo Carlotto e lo faccio con questo noir di provincia che ben si accomuna con questo blog dato che il protagonista è uno che ascolta e vive blues, il blues che intendiamo noi. Da questi scritti qualche anno fa fu tratta una serie TV (Rai2).

Qui sotto, nella descrizione, c’è tutto quello che c’è da sapere se interessati, aggiungo dunque solo che ho letto volentieri delle peripezie dell’Alligatore e del suo approccio blues alla vita.

DESCRIZIONE

https://www.edizionieo.it/book/9788876419706/la-verita-dell-alligatore

L’Alligatore è un ex cantante di Blues. Ingiustamente condannato a sette anni di carcere, gli è rimasta addosso la fragilità degli ex dete­nuti e l’ossessione della giustizia.

Ha messo a frutto le sue «compe­tenze» e le sue conoscenze nella malavita divenendo un investigato­re molto particolare: più a suo agio nel mondo marginale ed extra legale che tra poliziotti e magistrati, ricorre volentieri all’aiuto di strani «personaggi», primo fra tutti Beniamino Rossini, un malavitoso milanese con il quale ha stretto una bella amicizia malgrado le differenze culturali e di temperamento.
I due intuiscono presto che gli omicidi di due donne, imputati a un povero tossico, sono in realtà maturati nei corrotti ambienti di una certa bor­ghesia di provincia…
Con il personaggio dell’Alligatore nasce in Italia un nuovo tipo di giallo, più vicino al noir americano per la capacità, tutta nuova nel nostro paese, di elaborare e raccontare esperienze realmente vissute nel mondo del carcere, della latitanza, dell’extralegalità.

Massimo Carlotto
Massimo Carlotto è nato a Padova nel 1956. Scoperto dalla scrittrice e critica Grazia Cherchi, ha esordito nel 1995 con il romanzo Il fuggiasco, pubblicato dalle Edizioni E/O e vincitore del Premio del Giovedì 1996. Per la stessa casa editrice ha scritto: Arrivederci amore, ciao (secondo posto al Gran Premio della Letteratura Poliziesca in Francia 2003, finalista all’Edgar Allan Poe Award nella versione inglese pubblicata da Europa Editions nel 2006), La verità dell’Alligatore, Il mistero di Mangiabarche, Le irregolari, Nessuna cortesia all’uscita (Premio Dessì 1999 e menzione speciale della giuria Premio Scerbanenco 1999), Il corriere colombiano, Il maestro di nodi (Premio Scerbanenco 2003), Niente, più niente al mondo (Premio Girulà 2008), L’oscura immensità della morte, Nordest con Marco Videtta (Premio Selezione Bancarella 2006), La terra della mia anima (Premio Grinzane Noir 2007), Cristiani di Allah, Perdas de Fogu con i Mama Sabot (Premio Noir Ecologista Jean-Claude Izzo 2009), L’amore del bandito, Alla fine di un giorno noioso, Il mondo non mi deve nulla, la fiaba La via del pepe con le illustrazioni di Alessandro Sanna, La banda degli amanti, Per tutto l’oro del mondo, Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane e La signora del martedì.
Per Einaudi Stile Libero ha pubblicato Respiro corto, Cocaina (con Gianrico Carofiglio e Giancarlo De Cataldo) e, con Marco Videtta, i quattro romanzi del ciclo Le Vendicatrici (Ksenia, Eva, Sara e Luz).
Per Rizzoli ha pubblicato Il Turista e Sbirre (con Giancarlo De Cataldo e Maurizio de Giovanni).
I suoi libri sono tradotti in molte lingue e ha vinto numerosi premi sia in Italia che all’estero.
Massimo Carlotto è anche autore teatrale, sceneggiatore e collabora con quotidiani, riviste e musicisti.