Tra tutte le autobiografie di rockstar che ho letto questa è probabilmente la migliore. TOWNSHEND intraprende con molto coraggio un viaggio dentro alla sua anima nell’intento di dipanarne i lati oscuri, di esorcizzarne le paure e le angosce. Dal bambino lasciato nelle mani di una perfida nonna dove ha sfiorato abusi sessuali al giovane adolescente pieno di insicurezze, dalla meravigliosa rockstar degli anni settanta ai tempi degli WHO al tormentato artista solista dei decenni successivi.
TONWSHEND è uno dei pochi grandi personaggi del Rock a capire appieno il valore sociale e culturale della musica Rock, a sostenerne l’integrità, ad elevarne i contenuti. La purezza della scrittura (seppur rabbiosa e oscura) di TOMMY, WHO’S NEXT e QUADROPHENIA lo indica chiaramente. Il songwriter degli WHO incarna alla perfezione la figura del chitarrista compositore dilaniato da un’anima tormentata e prigioniero della sua arte, del chitarrista al tempo stesso intellettuale e istintivo intrappolato sul confine tra tenebra e sole.
TOWNSHEND parla senza troppi giri di parole delle pulsione che lo hanno portato a toccare i territori della bisessualità, delle droghe e dell’alcol, del matrimonio e delle infedeltà, dell’essere iperattivo e schiavo del superlavoro. PETE si mette a nudo, con coraggio e con tanta umanità.
Indicativo poi capire come si rapportano personaggi del genere con il loro status, il loro sentirsi creativi sempre e comunque e riferirsi ad ognuno dei loro progetti con enfasi e ridondanza, anche a quelli che magari pubblicano solo perché si chiamano in un certo hanno modo e non per il valore della cosa in sé.
Da citare il continuo impegno nel sociale, il pensiero politico, l’umanità intrinseca in un tessuto spirituale molto complicato.
Leggere questa bella autobiografia è stata anche una occasione per riascoltare gli WHO. Il mio PETE TOWNSHEND è quello con la Gibson Les Paul e comunque quello degli anni 1969/1978. Da TOMMY a WHO ARE YOU dunque. Risentire in sequenza la loro discografia fine sessanta e anni settanta, mi ha fatto ricordare quanto io faccia fatica -negli ultimi anni – ad ascoltare KEITH MOON. Il drumming a tratti è esaltante, ma troppo, troppo, troppo spesso monocorde. MOON esegue la stessa figura in continuazione, non chiude mai sul charlie (l’hi hat insomma), non tiene quasi mai un tempo, è sempre lì che fa un casino d’inferno. Mi si potrà obbiettare che questo è il bello degli WHO, beh… forse… e comunque fino ad un certo punto. Essendo cresciuto con JOHN BONHAM o comunque con quei batteristi che usavano solo un tom e 2/3 timpani, non è facile per me ascoltare un pazzo che usava 7 tom e 7 timpani.
L’ edizione di cui parlo è quella italiana del 2013, dunque leggermente aggiornata rispetto alla prima del 2012. Bella confezione con foto (anche a colori) all’interno e copertina su carta soft-touch che dà quell’effetto di morbidezza al tocco.
Verso la fine TOWNSHEND scrive : ” E pur facendo parte della classe riocca e privilegiata, il mio cuore e le mie azioni sono ancora quelli di un socialista militante, pronto a stare dalla parte dei perdenti, degli sconfitti e farli divertire nei limiti delle mie possibilità.”
Che uomo di blues meraviglioso. WE LOVE YOU, PETE!
Ho letto il libro un paio di mesi fa (ero in fase WHO) , l’ho acquistato senza pensarci tanto pur non essendo assolutamente un fan sfegatato della band e dello stesso Townshend . Volevo saperne di più sui meccanismi di questo famoso gruppo e così via , invece il libro è un ritratto molto intimo del suo autore , a tratti anche troppo , senza dubbio una biografia di grande valore . Non sono mai stato molto preso dal personaggio di PT , ma la lettura di questo libro me lo ha fatto apprezzare tanto . Mi piacciono le persone fragili che ammettono di esserlo senza inutili vittimismi . Certo se poi uno è alla ricerca di dettagli sulla band e via dicendo , questo bel librone (che ha subito un drastico taglio del 50% dai editori) non è tanto indicato .
Certi aneddoti sulla sua famiglia mi ricordano LIFE di Keith Richards , ma la sensibilità di Pete è differente , i traumi irrisolti e le sue angosce vengono comunicati in modo molto sentito .
Gli Who che preferisco sono quelli di Who’s Next e Quadrophenia , il resto fatico a sentirlo tutto d’un fiato e devo dire che mi sono sorpreso ad apprezzare anche i due album solisti (acquistati immediatamente dopo la lettura) , Empty Glass e White City , devo dire che la sua voce è notevole .
Certi aneddoti su John Entwistle mi hanno incuriosito parecchio , dato che si tratta del componente che ho sempre preferito . Il suo carattere schivo ma dotato di una macabra ironia e soprattutto il suo modo di suonare il basso UNICO , hanno creato attorno a lui un certo fascino a quale non ho potuto resistere nonostante la band non sia mai stata tra le mie favorite . Più insostituibile dello stesso Keith Moon .
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Leggere il libro e leggere parole belle su Pete é un doppio piacere.
L’uomo che ha sostituito moon ed entwistle, l’uomo che al bisogno,
e sul libro lo ricorda, canta al posto di daltrey che soffre di noie alle
corde vocali,ha lasciato al sottoscritto un ricordo indelebile della
unica volta che ha potuto vederlo dal vivo.
Un’ emozione indescrivibile che ti fa capire quanto puo’ essere
grande la musica rock con chitarristi nasuti e volanti come il buon
vecchio Pete.
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Who e led zeppelin sfondano negli usa nel 1969.
I led zeppelin prima degli who.
I loro primissimi tour li rendono subito famosi in america.
Gli who devono attendere l’esibizione di agosto a woodstock.
L’album tommy uscito a maggio, raggiunge poi grandi vendite.
Ma all’inizio del 1969 Townshend invidia il successo dei Cream,
del Jeff Beck Group e dei nuovi arrivati Led Zeppelin.
Il 25 maggio 1969, domenica, al Merriweather post pavillon,
Columbia, Maryland, i 2 gruppi suonano sullo stesso palco.
L’UNICA OCCASIONE di vederli assieme.
Non si incroceranno piu’.
Gli zeppelin suonano prima e non vogliono smettere.
Lo staff degli who si arrabbia perche’ i led suonano
OVER TIME e staccano loro la corrente.
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