Le giornate soleggiate di ottobre sono per me una meraviglia. Mi fermo ad osservare i riflessi del sole sulle foglie gialle e rosse che la campagna regala in questi giorni, persino il mio piccolo cactus assume una sfumatura poetica …
ma è un po’ tutto il giardino della Domus Saurea a sembrarmi idilliaco…
Ottobre lo attraverso sempre con piacere sebbene mi porti alla riflessione profonda, cosa di cui invece farei bene a dimenticarmi.
Rifletto quando vado a trovare Brian, quando lo vedo ben disposto benché imprigionato nel pantano dell’alzheimer. Martedì vado da lui in pausa pranzo, lo copro bene e lo porto fuori sulla veranda a prendere un po’ d’aria. Tra le tante difficoltà che trova nel relazionarsi col mondo, col tempo e con lo spazio, ha ancora sprazzi di lucidità. Ad un certo punto mi dice: “il mondo va avanti, caro Tim”. E’ una frasetta da niente, ma trovo in essa tanto sentimento, e tutta la filosofia di cui un vecchio che sta per essere inghiottito dalla demenza senile è capace. Lo stringo a me il vecchio Brian.
Sabato mi dice “Il tempo passa e la candela brucia”… e mi sorprendo una volta di più di come tutto sommato Brian sia ancora con noi. Sono ormai quattro/cinque anni che soffre di quella terribile malattia, eppure non cede del tutto, si appiglia a tutto quel che può per tenersi a galla. Quando lo vedo un po’ girato è perché si trova spaesato, mi dice “An capès più gninto Tim” …non capisco più niente, Tim… ha ancora coscienza di sé ed è bello essere in grado di interloquire con lui. Gli stringo la mano, lo guardo nel profondo degli occhi, gli chiedo per la milionesima volta se mi vuole bene e lui “Sa t’in voi? Pfu!” …se te ne voglio? Pfu…come a dire te ne voglio tantissimo…
Osservo poi altri ospiti; c’è una signora in un angolo che ormai è completamente andata, parla ad alta voce, si lamenta in continuazione, prende tutti a male parole. Ne guardo un’altra, è lì con sua figlia… come spesso capita mi chiedo che ne sarà di me quando sarò vecchio e non avrò nessuno che si prenderà cura di me. E’ un pensiero razionale, freddo, che cerco di tenere lontano dalla retorica, ma è un pensiero che faccio, con cui devo venire a patti. Si fa presto a dire non pensarci ma è quasi impossibile a questa età, soprattutto se non hai una famiglia tradizionale e se frequenti una struttura per anziani. Riporto Brian nel salone, lo metto a sedere vicino ai suoi amici, gli sistemo la cintura che lo tiene legato alla sedia in modo che non possa alzarsi da solo e gli spiego che da lì a poco tornerò. E’ uno stratagemma che devo sempre mettere in scena, Brian vorrebbe venire via con me.“Brian adesso devo tornare a lavorare, tu mi aspetti qui, tra un paio d’ore torno da te. Non ti preoccupare che ho pensato a tutto io. E’ tutto organizzato”. Glielo devo ripetere almeno quattro volte prima che qualcosa rimanga nei 56k di Ram che ha. Finalmente si convince “Va bene, allora io ti aspetto qui. Ciao Piròn”. Mi da la mano, io gli do un bacio. Mi infilo i Ray ban.
Prima di uscire saluto alcuni altri ospiti che mi rispondono con il loro sorriso triste. Cerco di essere il più solare possibile, senza esagerare. Chissà come mi vedono, se il mio comportamento con loro è quello giusto oppure no…
Risalgo in macchina. Ripenso alla frase di Brian, faccio un respiro profondo, e mentre il mondo va avanti io mi ascolto WHOA MULE dei BLACK CROWES e mi sento al contempo perduto e ritrovato dentro questo pianeta…
Sometimes a road is rocky and hard
Full of dangers unrelenting
Just take great care to follow your stars
Let the good times come a plenty
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spingo dolcemente sull’acceleratore, la blues mobile decolla, di nuovo seguo il volo ardito dei CORVI NERI…
And I’m out of my mind
And it ain’t no fun
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Ritorno alla Domus Saurea. E’ sabato, mezzogiorno passato. Mi fermo di nuovo a contemplare la campagna d’ottobre… mi viene in mente quando alle elementari mettevo le foglie gialle tra le pagine di un libro o di un quaderno, mi avvolgo nel tabarro della malinconia, quanti anni sono passati? Talmente tanti che mi dico che non può essere vero. Con i pensieri procedo su viale delle rimembranze, rivedo i posti della mia infanzia e della mia adolescenza, li idealizzo, non credo siano così belli come me li immagino adesso, eppure sempre cara mi fu quell’erma torre, tanto cara che ogni volta il naufragar m’è dolce in questo mare di pianura.
Ritorno sulla terra, la James Leopards Blues Band ha smesso di suonare, prima di salire però mi rituffo un istante nel mood ottobrino:
In questi giorni ho fondato l’INTERISTA SOCIAL CLUB (su facebook), che è anche un gruppo di whatsapp con cui interagisco con i miei amici illuminati di fede interista. In sostanza io, Bessi, Pike e Mario. Ci ritroviamo alla Domus Saurea davanti a Sky per le partite più frizzanti, tipo il derby di Milano e il derby d’Italia. Ci facciamo un aperitivo, ci mangiamo una pizza, ci beviamo una birra, due dita di Rum e tiriamo delle madonne ogni volta che non vinciamo almeno 3 a 0, cioè sempre. Lavori da maschi insomma.
Per gli interessati:https://www.facebook.com/groups/641284235974678/
La groupie fiuta i miei blues, così si mette a farmi dei regali nella speranza di mitigarne la ferocia: una paio di libri di GREG ILES ormai fuori catalogo che non riuscivo a trovare e un paio di biglietti per INTER-ROMA del 31/10/2015 a San Siro primo anello arancio. E’ brava la groupie.
La blues mobile in officina per il tagliando, giro con un’auto sostitutiva, una Panda nera. Stamattina, diretto in ufficio, all’altezza della rotonda di Saint Little Anthony incrocio lo sguardo con una donna. Sui quarant’anni, seduta su una fiammante BMW, bel tipo, né snob né in d’affanno. Mi guarda con indifferenza ma con quell’indifferenza non indifferente, cioè non sembra una di quelle fighe che si sentono superiori solo perché sono figlie o mogli di qualcuno con dei soldi (e qui a Stonecity ce ne sono a migliaia) e che non gliene frega un cazzo di nessuno se non di se stesse, eppure mi vergogno un po’ di essere su di una Fiat Panda, chissà cosa pensa di me … forse che ho il pisello piccolo, che sono un chitarrista Jazz, che sono il responsabile di un gruppo di boy scout, che commercio in toner per stampanti, addirittura che ho fatto il Corni o agraria a Castelfranco… oddio, perché noi uomini abbiamo questo bisogno di misurare il nostro essere maschi con le dimensione della nostra macchina?
Rifaccio la rotonda, le corro dietro, abbasso il finestrino e le urlo: “No senta, questa è l’auto sostitutiva, io ho una blues mobile che ha 266.000 km ma è ancora una bella macchina”… niente, non si gira, insisto: “mi piace Johnny Winter … sono un seguace del Dark Lord…il mio disco preferito è CARAVANSERAI… tengo l’INTER… la mia banda suona Hard Rock… conosco Beppe Riva…”, niente, non mi sente o è tutta roba che non le interessa, va a perdersi nelle tante zone industriali di Stonecity.
Arrivo in ufficio, parcheggio la Panda, salgo le scale, mi siedo alla scrivania, accendo il computer, apro i miei fogli excel, mi metto a lavorare, telefono ai clienti… insomma faccio la fila per tre, rispondo sempre di sì e mi comporto da persona civile! Mi sa che la Panda è la macchina che mi merito.
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Uno dei migliori blues di sempre! L’incontro con la tipa in BMW e relativo inseguimento mi ricordano certi racconti surreali del Pike Boy.
Lunga vita a Brian ed ai Corvi Neri, dunque.
A proposito dei Corvi, anche se ufficialmente si sono sciolti, per uno come Rich Robinson non deve essere il massimo esibirsi in locali come l’Off: quindi speriamo in una rimpatriata con Chris.
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