Penultimo giorno di gennaio, interno ufficio, primo pomeriggio. La neve inizia a cadere su Stonecity, dapprima in modo incerto poi sempre più decisa. Nel tardo pomeriggio, le strade, le siepi e i tetti iniziano ad imbiancarsi. Poco dopo mi decido ad uscire dall’ufficio. Salgo in macchina, la neve ora scende che è una bellezza; Stonecity è già tutta bianca, nel buio della sera le colline a ridosso della cittadina paiono incombere in modo minaccioso sui poveri umani che vanno alla deriva circumnavigando rotonde, attraversando ponti e svincoli. Le fabbriche si preparano per la notte silente che le attende, la luce dei lampioni amplifica il soave sentimento che la neve infonde negli uomini di blues come me.
Uscito da Stonecity, mi immetto sullo stradone che porta a nord, poco prima di arrivare a Herberia svolto a destra, il mio solito percorso fatto di blue highway (di strade basse insomma) che mi permette di evitare il traffico delle arterie principali e di immergermi in un atmosfera da pastorale emiliana. Stradine strette, piccole frazioni, chiesette, vecchie case da contadini, stralci dell’Emilia di un tempo.
La sera sembra scendere lentamente, è come trovarsi sospesi in uno spazio temporale dove spazio e tempo sono sostituiti da anima e intelletto. In quel momento il car stereo passa in modalità random alcuni brani che paiono la colonna sonora ideale per serate come questa.
L’aria sonora invade l’abitacolo della Sigismonda, la blues mobile insomma. Mi sento vivo e molto fortunato di essere un amante della musica, un privilegiato nel poter immergermi tra le pieghe di brani musicali dal respiro universale. Avanzo nella notte cullato da Onward degli Yes, seguo l‘incessante carovana delle stelle filanti di neve che mi precedono scortato da Eternal Caravan of Reincarnation dei Santana, ambisco ad attraversare la notte buia e nevosa per arrivare ad un nuovo mattino al suono di Dawn della Mahavishnu Orchestra. Ringrazio il padre dei quattro venti che ha fatto di me un grandissimo appassionato della scienza e dell’arte della organizzazione dei suoni, senza questo sconfinato amore per questa musa definitiva, la mia vita sarebbe certamente meno vissuta.
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Hai ragione, la musica come noi la viviamo e ne assorbiamo ogni sfumatura è l’unica panacea che riesce a tenere a distanza i nostri blues. Ieri sera guardando una trasmissione su rai5 (o 4) chiamata I miei vinili era ospite Carlo Verdone (l’unico motivo che mi ha spinto a guardarla).Verdone, oltre che bravissimo attore/regista, come tanti sanno è anche un intenditore di musica. Tirando fuori i suoi vecchi vinili e guardando le sue espressioni ho assaporato perfettamente quel mood e il piacere derivato da questa passione. Anche se privilegiato, Carlo Verdone è un uomo di blues, come noi.
Ha fatto ascoltare, Little Wing (Axis di Hendrix), darkness dei Police (Ghost..) David Sylvian e Sakamoto, Led Zeppelin 2 (Whole lotta love) e udite udite… Coverdale Page con Don’t leave me this Way. Ha segnalato questo disco come “il ritorno di Jimmy Page chitarrista dai tempi dei Led Zeppelin”. Per quanto lo riguarda l’assolo del pezzo è il migliore di Page dopo STH. Personalmente avrei citato Achilles, I’m Gonna… e Live in Peace. Comunque, grande Verdone!
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Una cosa che apprezzo dei blues di questo blog è che respirano con il ritmo delle stagioni.
Invece di relegare il tempo solo ad un intralcio alle nostre attività, invocando un “bel tempo” che ci faccia fare le cose senza impicci, ne scrivi sempre con rispetto.
E mai come in questo periodo è importante stare attenti ai “cambi di stagione”, ne va della nostra esistenza su questo pianeta.
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Che commento magnifico Bodhran…
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Sentire un vip del mondo dello spettacolo che in trasmissione Rai cita con assoluta naturalezza i Deep Purple e gli Whitesnake mi ha fatto una certa piacevole impressione!
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Questo Driving home in the snowy…..mi ha fatto venire in mente una canzone
che ascolto spesso in questi giorni.
Il titolo TIME OF THE SEASON puo’ sembrare pertinente con le vibrazioni di
Tim, in realta’ il testo non lo é.
Comunque proprio per l’amore per la musica lo scorso ottobre sono andato
al teatro antoniano di bologna ( quello dello zecchino d’oro ) al concerto di
THE ZOMBIES.
Rod argent e colin blunstone hanno suonato quella sera TIME OF THE SEASON.
51 anni dopo l’uscita del disco.
E questo é il segno che il tempo della stagione della musica é ancora adesso
come allora ( 1967 ) .
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