Februare blues

21 Feb

E’ ormai giunta l’ultima decade del mese, fino a qualche giorno fa c’era un freddo becco, come diciamo qui in Emilia, la settimana scorsa  è caduta persino la neve, ma ora le temperature verso mezzogiorno si fanno più miti, il Generale Inverno sembra ormai ritirarsi dietro la collina dove ci sta la notte crucca e assassina, possiamo pensare di riporre i maglioni più pesanti, indossare i nostri cappottini, mettere il naso fuori la porta e cercare di catturare i primi segnali di primavera. Con la nuova stagione dietro l’angolo cercheremo di scrollarci di dosso il Delta Blues anni venti e trenta del secolo scorso che ci ha tenuto compagnia durante l’inverno, l’Hard Rock, il Jazz Rock e il Rock in generale sapranno richiamarci alla vita e iniziare così la nuova stagione concretamente.

Febbraio proviene dal latino februare, purificar, espiare o rimediare agli errori, nel calendario romano infatti questo era il periodo dei rituali della purificazione, in onore della dea Romana Febris e del dio etrusco Februus, in origine derivato dal sabino februm ovvero purificazione, appunto.

Cerco dunque di purificarmi, di mondare i miei blues, immergendo la mano nell’acquasantiera della Domus Saurea, invocando colui che fa scivolarello su ringhiere di scale rinascimentali,

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e richiamando col theremin i flussi cosmici provenienti dalle profondità dell’animo umano

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in modo da far uscire i vecchi blues dalla maruga ed essere vestito di nuova energia in vista, come detto, della springtime of my loving, the second season I am to know

DOWNTOWN TALES

Congiuntivo blues

In pausa pranzo in giro per Mutina. Mi dirigo verso Altero per il paio di (squisite) pizzette calde settimanali.

Passo sostenuto, scarponcini adidas blu, pantaloni rocciatore di velluto blu, maglione blu, calze blu, maglietta blu, boxer blu, giaccone Superdry blu, zainetto blu (già, ho finito per portare lo zainetto anche io …an s’è mai vest Johnny Winter con lo zainetto), come sempre  I’m walking in the shadow of the blue.

Son lì che zampetto in piazza Mazzini, circumnavigando la sinagoga quando – proveniente dalla direzione opposta – incontro una donna su 35/40 anni, parla al telefono, anch’ella come se stesse varando il piano quinquennale dell’ex Unione Sovietica. Una frase mi arriva all’orecchio: “ … allora quante vuoi che ne prendo?”.

Mi viene un mancamento, mi piego su me stesso pronto a precipitare sul marciapiede, ma mi riprendo in fretta, le corro dietro e sto per dirle: “signorina, signorina, mi scusi, ma in questo caso è necessario usare il congiuntivo, deve dire quante vuoi che ne prenda, dio bonino …” ma poi desisto, Francesco Sabatini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca, nel libro Lezioni di italiano dice che forse “non è il caso di farne un dramma”, gli psicodrammi della lingua italiana parlata sono quattro e tra questi ovviamente c’è il congiuntivo, casi che infiammano gli animi e che a molti tolgono il sonno, ma invitando però a una “minore schizzinosità”.

Sarà, ma io so che nel mio intimo stanotte non riuscirò a prendere sonno e che se fosse per me quella gente andrebbe portata nei campi di rieducazione.

Sinodi improvvisati

Uno degli aspetti positivi del lavorare a ridosso del centro di Mutina è avere un paio di confratelli a portata di mano, Lollo Stevens infatti abita poco distante e Pike qualche viale più in là, è quasi fisiologico dunque organizzare in pausa pranzo dei mini sinodi con i miei confratelli più prossimi. Questo venerdì si aggiunge anche il pontefice del blues, aka Livin’ Lovin’ Jaypee, che pur di stare con la confraternita di cui fa parte parte arriva dalla lontana Sulêra .

L’anfratto in cui è sito il ristorante è piuttosto inner city, ma la pizza è squisita, i locali molto spaziosi e la distanza di sicurezza garantita.

In attesa dell’arrivo di Pike e di Livin’ Lovin’ io e Lollo osserviamo un gothic dandy col ciuffo biondo platino sfrecciarci davanti a bordo di un monopattino elettrico un paio di volte, scuotiamo la testa, an s’è mai vest Frank Marino andèr su un monopattino.

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Una volta arrivati anche gli altri entriamo. Pike mi chiede come va col mio nuovo impiego e aggiunge “tra l’altro sei nella zona dell’ex Manifattura Tabacchi, complesso che fa molto zona industriale di Londra inizi secolo scorso…”, “Già, molto Battersea Power Station…” rispondo io.

Battersea, Power Station, London.

Manifattura Tabacchi – Mutina . foto TT

Manifattura Tabacchi – Mutina . foto TT

Poi torniamo ai nostri argomenti prediletti, poco più di un ora per spararci una pizza a La Smorfia 2 (la sorella de La Smorfia, rinomata pizzeria del centro di Nonatown) e per ubriacarci di nuovo di Rock e di Blues, così tanto per non morire (come canterebbe la Mannoia). Friends will be friends.

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PEOPLE

Redneck in Springfield.

L’altro ieri di prima mattina, diretto alla stazione Mediopadana. Esco da Borgo Massenzio, mi inoltro nella campagna desolata che porta a Springfield (Pratofontana, insomma).

Springfield – Regium Lepidi

Un paio di curve e dal parabrezza della Sigismonda inquadro un tipo che cammina a bordo strada (naturalmente sul lato errato). Sembra uscito da una porcilaia dell’Arkansas: salopette di jeans, camicia giallastra, fazzolettone al collo, stivali di gomma, stelo d’erba in bocca, baffi pronunciati e cappello di paglia simil cowboy. Lo guardo stupito temendo di essere preda di una delle mie solite allucinazioni temporali, quelle che mi catapultano spesso in Mississippi e talvolta in Louisiana e Arkansas appunto. Elijah Zachry, come lo ribattezzo all’istante, mi guarda fisso negli occhi, e in quei due secondi in cui incrociamo lo sguardo mi sfida dall’alto del suo redneckismo, ostenta infatti la sua mise da farmer statunitense, da orgoglioso membro di un mondo immaginario che si è creato in testa. Mi piacerebbe fermarmi e scattargli una foto, ma sono pavido, sotto quella salopette potrebbe avere un fucile e star andando ad un incontro segreto con altri proud boys come lui per pianificare un assalto a Montecitorio. Via via, meglio stare lontani da Springfield.

Old Man Peter.

Ieri mattina visita a Nonatown, essendo l’ultimo giorno in zona gialla – prima dell’ennesimo ritorno in zona arancione – mi regalo un colazione nel mio amato paese natale. Incontro amici, colori, sapori e profumi del mio passato. Come sempre due passi in via Maestra del Castello, in piazza Liberazione, in piazza Caduti Partigiani. Sbrigo le mie commissioni, mi godo il tepore di una giornata di quasi primavera e quindi torno nel piazzale dove ho parcheggiato la macchina. Dalla farmacia vedo uscire un vecchio, lo guardo al di sopra della mascherina, lui fa lo stesso, mi riconosce immediatamente e mi fa “Veh, Tirelli, ciao!”.

E’ Pirèn (Peter insomma, come l’ho sempre chiamato io) uno dei grandi amici di Brian. Lo guardo con ammirazione, 89 anni e in giro da solo per il paese, che spettacolo. Gli chiedo aggiornamenti sulla famiglia e su suo suo figlio (mio amico) e poi finiamo come sempre a parlare di politica essendo lui stato una figura di spicco in quel campo a Nonatown.

“Allora Peter, il governo Draghi?” gli faccio, lui mi risponde in dialetto stretto … “cosa vuoi che ti dica, si fa fatica a stare insieme a … e … , quello là fino a due giorni prima andava a dire peste e corna dell’Europa, adesso sembra ne sia diventato il primo cultore … mo’ che razza di politici … sai cosa ti dico, non ci sono più personaggi come De Gasperi e Moro …” mi parla come se fossi uno che la pensa esattamente come lui e come Brian, non ho cuore di spiegargli che in verità pendo decisamente verso altri colori e che sono refrattario ad ogni sfumatura religiosa, così sto al gioco e aggiungo “e Zaccagnini e Mino Martinazzoli”. Il suo viso si illumina, mi abbraccia virtualmente e mi saluta. Faccio lo stesso, con affetto e rimpianto … in lui ho rivisto Brian, sarebbe bello averlo ancora con me e portarlo a Nonatown a bere un caffè come facevamo qualche anno fa. Mi giro un’ultima volta e vedo Peter andare per i fatti suoi. Sorrido e gli mando un bacio, anche perché, dopotutto, mi sa che ha ragione.

Old Friend

Dopo quasi un decennio mi ritrovo con Dennis, un piacere immenso. Gli ultimi anni li ha passati per lavoro in giro per il mondo a supervisionare cantieri, per poi ritirarsi a fare l’eremita tra i picchi più solitari dell’appennino. Welcome back my friend to the blues that never ends.

Tim & Dennis – Regium Lepidi febbraio 2020 – foto Saura T.

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Nastassja Kinski a Borgo Massenzio

Sabato scorso, diretto alla Coop per la spesa settimanale. Il Burian soffia, l’aria è freddissima, la neve caduta nella notte è un velo di ghiaccio steso sulla campagna.

Neve alla Domus – febbraio 2020 – foto TT

Prima di imboccare la strada che ci porta in città mi fermo nel parcheggio della chiesa, devo gettare pile e farmaci scaduti negli appositi contenitori di raccolta posizionati lì vicino. Dal bar lì accanto esce una giovane donna, da lontano pare una tipa alla Nastassja Kinski, magari non lo è, ma se la tira come se lo fosse. E’ vestita in modo accurato: pantalone simil zuava, maglioncino lilla, cappottino appoggiato alle spalle come le dive di certi film anni cinquanta / sessanta. Esce con enfasi, si accende una sigaretta e spavalda si appresta a fare due passi nel piazzale; nemmeno il tempo di fare tre / quattro metri che si rifugia di nuovo sotto al piccolo portico nell’antro più riparato. Siamo a -4 gradi, il Burian sferza il viso senza pietà, c’è poco da fare le star. Ma ormai Nastassja ha fatto la sua entrata, non può certo tirarsi indietro e rientrare nel bar, il pubblico (quei due o tre disperati – sottoscritto compreso  – che stanno guardando il suo spettacolo non vanno delusi). Stoica rimane al vento col cappotto sulle spalle a fumare più in fretta possibile la sigaretta che si è accesa. Mi verrebbe da andarle incontro e dirle “Signorina, venga, entriamo, le offro una China calda”, ma quei tempi sono passati, la lascio lì fuori al freddo e al gelo come una povera fiammiferaia qualunque e me ne vado alla Coop.

Nastassja Kinski a Borgo Massenzio – febbraio 2020 – foto TT

CHARTS

Ehi, niente male vedere due album dei LZ nella Top 20 dei vinili più venduti oggi in Italia.

Italian Top 20 vinyl chart week jan 29 / feb 4 2021 LZ IV at n.11 and LZ I at number 20. (FIMI official charts)

GATTI ALLA DOMUS

Ancora oggi mi soffermo ad osservare le espressioni dei gatti che vivono con me alla Domus, a volte la Stricchi sembra essere cosciente del suo fascino e lo usa per farmi fare tutto quello che vuole… che smorfiosa.

Stricchi – Domus Saurea febbraio 2020

Palmir invece fa lo spiritoso, sulla sua pagina di facebook pubblica una sua foto con il seguente commento: “L’altra sera la squadra di Tyrrell non è riuscita a qualificarsi per la finale di Coppa Italia, stamattina Tyrrell ha una faccia tipo questa.”

Palmiro – Domus Saurea febbraio 2020

SUL PIATTO DELLA DOMUS

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OUTRO

E va bene dunque, finiamo pure di purificarci e prepariamoci alla primavera, ritiriamo fuori i buoni propositi, le Gibson dalle custodie, i dischi dallo scaffale. Lasciamo che i bei tempi scorrano, che la musica sia la nostra padrona, che Mister Tamburino suoni una canzone, che il treno continui a rollare tutta la notte.

Sono già stanco al solo pensiero. Che la forza sia con me.

7 Risposte to “Februare blues”

  1. Giacobazzi 22/02/2021 a 06:01 #

    Sul piatto della Domus impazza il Perigeo! Mai amati particolarmente, forse per via di GT, ma riconosco che Old Vienna è un grande pezzo…

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    • Giacobazzi 24/02/2021 a 11:02 #

      A proposito di jazz-rock: è la funzione search che mi gira malamente o davvero sul blog non è mai comparso il nome di Allan Holdsworth?

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      • timtirelli 24/02/2021 a 11:17 #

        Non credo di averne mai parlato. Nel 1985comprai Metal Fatigue, mi piacque anche ma alla fin fine non è mai scattato la scintilla (UK compresi). Questione di reazione chimiche suppongo. Ciao Jackob.

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  2. Annie 22/02/2021 a 08:48 #

    Concordo sull’uso del congiuntivo. Sarò drastica, ma non appena sento qualcuno sostituirlo con l’indicativo divento davvero molto critica, una specie di Lester Bangs in versione grammaticale.
    Il blues di febbraio mi ha portato ad ascoltare “After the Gold Rush” di Neil Young e, immediatamente dopo, “The Yes Album” degli Yes… per poi ritornare a “Whole Lotta Love” in versione live al Madison Square Garden, con la frase di chiusura di Robert, “New York, goodnight!”… Mitico!

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  3. mikebravo 26/02/2021 a 09:38 #

    Copiato da internet :

    UNO SCRIVE :

    Credo che Marta è andata a casa.
    Credo che Marta sia andata a casa.

    Non riesco a trovare significative differenze tra queste due frasi.
    Non considero una grave perdita la graduale estinzione del congiuntivo (o della lingua italiana).

    Secondo la tesi, chi usa correttamente il congiuntivo si presume quindi che sia in grado di distinguere con assolutezza il certo dall’incerto.

    UN ALTRO RISPONDE:

    Io invece una differenza ce la trovo: nel primo esempio, “perchè lo credo, è”, nel secondo si insinua una domanda:”ma, quel che credo, è?”

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  4. Giacobazzi 13/03/2022 a 17:33 #

    Magister T., un giudizio da chitarrista su Tony Sidney?

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    • timtirelli 16/03/2022 a 10:31 #

      Jackob, non posso dire di conoscerlo benissimo, ho i dischi dei Perigeo sì, ma non mi sento di poter dare giudizi profondi. Di sicuro mi piace, in acustico e in elettrico. Devo aver sentito anche un suo disco solista…jazz rock di livello. Senza saperne troppo, un grande.

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