Dalla mia postazione lavorativa osservo le mura che formano il perimetro visivo del posto in cui da cinque mesi lavoro, sono mura che hanno 410 anni, piene di storia e di sacralità, mura che inducono a riflessioni, come non fossero già sufficienti quelle in cui mi perdo ogni cavolo di giorno della mia vita blues. Rifletto sull’equilibrio che dopo tutto riesco a mantenere, un delicato gioco di contrappesi tra l’eccitazione data dal mio approccio Rock e il tenebroso esistenzialismo della mia propensione Blues. Già, la problematicità dell’esistenza del singolo individuo capitato chissà come su un pianeta posto nel buco del culo dell’universo e l’effimera eppur gioiosa forte vibrazione spirituale data dalla musica Rock.
Essendo dotato (almeno così pare) di empatia, di solito riesco ad entrare in sintonia con le persone, perlomeno con quelle che non hanno infilato un manico di scopa su per il sedere, quando questo accade è sempre uno spettacolo farlo con tipetti che magari hanno menti scientifiche brillantissime e che, non contenti del loro talento verticale, cercano in tutti i modi di avere anche la più completa visione orizzontale. Interagire con questi giovani uomini è una goduria. Poco dopo le nove del mattino si ferma da me Mr Miller, sbrigate le faccende lavorative spendiamo un paio di minuti a interpretare a nostro modo il vivere quotidiano, il suo giocoso e molto emiliano atteggiamento scientifico rimane per un attimo spiazzato quando, dopo aver parlato per lavoro di cloud architect, gli dico “beh, in fondo sono anche io un cloud architect, nel senso che costruisco strutture con le nuvole che poi si dissolvono alla prima raffica di vento”. “Cavolo, Tim, non avrei mai fatto questa associazione … questa deve finire sul blog!” mi dice il mio amico e collega.
Poco dopo entra un altro giovane uomo, anch’egli dotatissimo, uno dei più promettenti under 30 italiani (secondo una nota rivista di settore). Il Tuscany boy, con la cadenza tipica della sua terra, mi informa di certe faccende lavorative e poi mi chiede un po’ di cosette su di me. Gli spiego in due e due quattro che fino ad una paio di anni fa avevo una aziendina mia che ho dovuto lasciare causa visioni e rapporti mutati e quindi professionalmente reinventarmi e riiniziare da capo, faccenda non semplice alla mia età. Pur sottolineando il fatto di aver avuto una buona stella che mi ha condotto nel posto in cui ora mi trovo, il mio collega – attento com’è – coglie le sfumature blues che percorsi accidentati di quel tipo comportano per uomini di una (in)certa età, così se ne esce con un ” Beh, Tim, allora siamo stati fortunati noi ad averti qui”.
Colpito e lusingato da questo istintivo apprezzamento, invece di bearmici sopra, inizio subito ad interrogarmi sulla percezione di me che hanno alcuni colleghi, percezione che ritengo eccessiva, ça va sans dire. Ho l’impressione che l’individuo che sono, il mio presunto umanesimo, le eventuali doti attitudinali e la conoscenza in campo musicale siano caratteristiche che vengano amplificate. Ho perennemente dubbi riguardo le mie capacità, dubbi che invece gli altri sembrano non avere, è tutto un fiorire di “grandissimo Tim!”, “spaziale Tim!”, “mitico Tim!”.
Quello che mi scoraggia un po’ e che non sono nemmeno capace di godermi queste piccole soddisfazioni che dovrebbero risolvermi la giornata. Ah, essere uomini di blues è un bel tormento.
PS: nel tardo pomeriggio Mr Miller sulla chat aziendale mi scrive:
DOMENICA SCLEROTICA
Domenica scorsa non ce n’era per nessuno, Ittod (uno dei tre uomini che sono) aveva preso il sopravvento e ho rischiato davvero, in senso lato of course, di andare a dissolvermi in cometa. Non m’importava più di nulla, non mi andava più bene niente, progettavo di scappare, fuggire, cambiare vita, trovare “una stella che sia tutta mia“.
Come non sapessi che il nido di stelle di cui l’uomo di blues è sempre alla ricerca non esiste.
Ma niente da fare, salgo in macchina, non saluto nessuno, fuggo, punto il muso della Sigismonda (la blues mobile insomma) verso le blue highway, come le chiamano gli americani, le stradine basse che portano almeno spiritualmente verso spazi infiniti, verso la libertà d’animo, verso altri orizzonti, sapori, odori.
L’estate emiliana è in piena sbocciatura, campagne assolate, umidità, balle di fieno nei campi, mari dorati di spighe di grano. Dallo stereo della macchina il Golden God canta versi che ho incisi sull’animo … Il mio amore è in combutta con l’autostrada, le luci posteriori si dissolvono con l’arrivo della notte, e le domande a migliaia prendono il volo.
Vago per stradine desolate contando le chiuse dei fossi gonfi d’acqua pronti per l’irrigazione; in questo viaggio tra le campagne che mi hanno generato mi accompagnano il canto delle cicale e le lunghe ombre dei cipressi che segnano le coordinate di piccoli cimiteri di campagna, mi immergo in una nuova estate bianca.
Mi fermo nei pressi di una vecchia villa padronale che pare abbandonata, scendo dalla macchina, all’ombra di grandi querce contemplo il mio povero mondo e il mio stato d’animo.
Ma dove credo di andare, cosa credo di fare, troverei davvero il coraggio, la forza e la determinazione per dare una netta svolta alla mia vita? Suvvia, non scherziamo. E così, mentre Ittod si stempera in Tim e quindi in Stefano, la domenica viene declassata da Sclerotica a Lunatica. E tutto torna alla normalità. Più o meno.
BRAGHETTE CORTE & CALZINI
Con l’estate torna il grosso problema degli uomini in braghette corte, calzini e sandali o ciabatte, un argomento evergreen qui sul blog. Esemplari maschi di umani sui trent’anni che senza porsi nessun problema girano per la città con quelle mise, molti dei quali in puro zio Fedele style. Trent’anni e già conciati così, nessun bon ton estetico, nessun amor proprio, nessuna speranza di vita scintillante.
Altri raggiungono livelli di abbruttimento ancor più sorprendenti. Sono alla Coop, in giro col carrello mi imbatto in un essere surreale. Altezza circa 175 cm, peso circa 110 kg, età indefinibile (tra i 39 e i 59), maglietta bianca beige aderente, calzino corto marrone, sneakers viola e calzoncino verde smeraldo con foggia tipo squadra di calcio del 1974, dunque cortissimo.
Un abominio estetico. Mi chiedo cosa spinga gli uomini a una tale De-Evolution.
BEER FOR BREAKFAST
Sabato mattina, solita puntatina mensile a Nonatown, il paesello natio. Mi fermo a far colazione al caffè di fronte al Vox. Ordino un cappuccino e un krapfen alla crema. Mentre vado a sedermi ad un tavolino della veranda esterna, sento l’ordinazione del cliente dopo di me: “Mi porti una birra media? Che sia fredda, eh?”.
La schiuma del cappuccio mi scende lenta in gola mentre osservo quest’uomo – anch’egli dall’età indefinita (39/59 anni) – chino sul cellulare spararsi per colazione alle 10 del mattino una media chiara gelata. Braghetta corta modello cargo, calzino corto di spugna, sneakers pesanti, maglietta della salute di lana anni sessanta, cappellino da baseball in testa.
Ognuno ha il suo blues da piangere.
ARAMIS REINHARDT
Lavoro a parte, in queste settimane sono preso soprattutto dallo scrivere capitoletti delle Avventure di Aramis Reinhardt, un tipetto che qui sul blog si troverebbe bene, presumo. Ho già pubblicato in questo spazio i primi tre capitoli, ora sono alle prese con la stesura del quarto. Siccome nella mia maruga temo sempre di dovermi confrontare con giganti tipo Jack London, Franz Kafka, Philip Roth e Greg Iles, mi chiedo se sia il caso di pubblicare le mie sciocchezzuole.
Sì certo, Lollo, Jaypee e un paio di amici del blog mi hanno dato la loro benedizione, ma poi il dubbio rimane, fino a quando mi scrive il Michigan Boy su whatsapp:
“Ho appena letto il tuo ultimo pezzo sul blog” (ARA III, ndTim) “e mi sono perso in quella atmosfera dark e umanissima. Non vedo l’ora di leggere il resto… Come direbbe Rocco Schiavone, meij cojioni”.
Ecco, la vita poi riassume un senso with a little help from my friends.
SUL PIATTO DELLA DOMUS
OUTRO
Tra un paio di giorni ci sarà il solstizio d’estate, sarebbe bello passarlo tutti insieme – noi del blog – alla Boleskine House.
Non sarà possibile certo, ma almeno sogniamolo, e facciamo un brindisi tutti insieme, con un rum o un Southern Comfort … Alla nostra, donne e uomini di blues, buona estate a tutti, e che il Dark Lord ci protegga … ognuno di noi”
(Ognuno di noi © Tim Cratchit)
Però già il fatto che ad una (in)certa età uno si avvii ad una carriera in un settore lavorativo completamente diverso è comunque un bel colpo di vela.
Avanti con Aramis, che i lettori (quanti erano quelli del Manzoni?) fremono
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Jackob, lots of love.
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Sto diventando superficiale: mi era sfuggito Dickens… o forse sarà l’afa
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Io preferirei trascorrere il solstizio d’ estate a Nellcote nel sud della Francia
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