Sextilis blues

16 Ago

Agosto veniva chiamato sextilis nel calendario romano essendo il sesto mese, visto che l’anno iniziava col mese di Martius, ma fu poi rinominato augustus 2032 anni fa in onore dell’imperatore Augusto; è un mese che, anche se sono in ferie, amo passare a casa, nella quiete delle città svuotate, nel brusio serale delle feste dell’Unità che in questa fetta d’Emilia hanno ancora un senso, nel lento scorrere di giornate che negli altri mesi dell’anno scappano tra le dita con una velocità impressionante, nel verde della campagna stremata da questo caxxo di anticiclone africano. Grazie a questi giorni di pausa ho ripreso a frequentare il blog, l’impulso di scrivere è tornato potente, in questa pace agostana ritrovo me stesso, la vibrazione vitale torna potente, addirittura si presenta di nuovo lo spirito battagliero del giovane uomo che ero quando, insieme al mio grande amico di allora, il povero Pop, ci si sentiva titanici dinnanzi al futuro.

Torno al presente, osservo gli ippocastani che dalla finestra dello studiolo filtrano la pianura campagnola in cui vivo,

Ippocastano dalla finestra – Domus Saura agosto 2025 – foto Tim Tirelli

mentre ascolto Songs for the Beginners di Graham Nash, Wounde Bird è sempre da brividi … una canzoncina in RE semplice semplice, tre accordi, tre strofe, niente ritornello, eppure tocca il mio cuore e il mio spirito blues:

Offri al tuo angelo una serenata, cantata con lo sguardo.
Cresci e diventa un po’ più alto,
anche se gli anni dicono il contrario.
Sentiti un po’ più piccolo,
e così in statura ti eleverai.
Sia il vagabondo che il poeta
devono affrontare draghi per conquistare una sposa.
E la torta dell’umiltà ( espressione idiomatica inglese che sta per “ammettere di aver sbagliato”, ndTim)
è sempre amara da ingoiare quando c’è di mezzo l’orgoglio.

A quel tempo, 1971, Nash stava passando dolori sentimentali, lui e Joni Mitchell si erano appena lasciati, molte canzoni ovviamente parlano di lei, ma non Wounded Bird, che pare sia stata scritta per Stephen Stills, anch’egli alla prese con profondi blues amorosi dovuti alla fine della sua relazione con Judy Collins. Per la cronaca, l’album Songs For Beginners arrivò al n.15 della classifica USA e diventò disco d’oro (500.000 copie vendute).

In queste due settimane cerco di mettere da parte le mie paturnie, lavoro di buona lena al mattino nella fetta di verde intorno alla Domus Saurea, la house of blues dove vivo insomma, mi faccio delle belle nuotate e nella tarda mattinata mi rifugio in casa visto il gran caldo, seguito dai gatti;

Honecker agosto 2025 – foto Tim Tirelli

esco solo la sera come faceva Edgar Winter ( … sì, lo so, questa non è per tutti).

Mi dedico alla musica, alla chitarra, alla lettura di quotidiani e riviste. Rimango basito quando vedo che esistono riviste tipo “La Metallurgia Italiana”, questo perché mi chiedo se vi sia un pubblico che davvero acquista pubblicazioni sul complesso dei trattamenti che devono essere eseguiti sui minerali dopo l’estrazione dalle miniere fino alla preparazione dei metalli e delle leghe che hanno interesse nelle diverse applicazioni (Treccani), evidentemente sì. Il mio stupore diventa prossimo allo sgomento quando poi mi cade l’occhio sulla rivista  “Il Mio Angelo” dove in copertina vi appare la scritta “Chiedi assistenza all’arcangelo Michele, lui risponde alle tue richieste di aiuto! Mi astengo da ogni commento, sebbene Ittod (uno dei dei tre uomini che sono) si agiti parecchio, laggiù nelle segrete dove lo tengo a bada.

Giunta la sera mi ritrovo alla grande Festa dell’Unità di Villalunga, quasi adagiata nel letto del fiume Secchia, di nuovo a cena di nuovo col mio amico Lorenz; questa estate festeggiamo i 23 anni di amicizia virile, Blues, Rock, nel nome di Johnny Winter, uno dei grandi Dei che preghiamo. 

Johnny Winter

Lorenz è una della rarissime vere Rock Star emiliane secondo me, oltre ad essere, come dico sempre, un chitarrista extraordinaire.

Lorenz Mocali 2025-08-14 Villalunga (RE)

Sì perché in questa serata ferragostana lo rivedo in concerto con i Cuore Nero Blues Band e sentirlo suonare è sempre un grande, grande piacere per me.

GOLDEN AGE OF ROCK AND ROLL

_Fleetwood Mac – Capital Center, Largo, MD, 1975

Versione di qualità superiore e senza watermark, davvero stupefacente. I FM del 1975 mi sono sempre piaciuti molto. E poi, c’è la mia preferita: Station Man.

_Santana Day On The Green, Oakland, CA, 2 luglio 1977

Pur amando da matti il periodo Jazz/Rock del gruppo (1972/74) i Santana che da ragazzino ho vissuto in diretta erano questi del 1977, che spettacolo, che gruppo, che formazione superlativa: Carlos Santana (chitarra, percussioni, voce), David Margen (basso), Graham Lear (batteria), Eddie Colon (percussioni), Raul Rekow (percussioni, voce), Tom Coster (tastiera, voce) e Greg Walker (voce)

Quella Yamaha poi …

FILM

_Kodachrome (2017 USA) – TTT¾ – pellicola con il grande Ed Harris il cui personaggio in questo film dice tra le altre cose “siamo tutti degli stronzi infelici!”. Già!  Ad ogni modo, bel film tratto da un articolo apparso sul New York Times che raccontava un fatto realmente accaduto, ovvero “il clamoroso pellegrinaggio di numerosi appassionati della gloriosa pellicola Kodachrome verso l’ultimo centro Kodak ancora in grado di svilupparla e che chiuderà definitivamente.”

Al boomer che sono, questo malinconico omaggio al mondo analogico è piaciuto.

_Soshana (2023 GB/Italia) – TTT¾

Film che parla della Palestina, tra thriller politico, archivi originali e love story. Parecchio intrigante e ben fatto.

PLAYLIST

Kenny Wayne Shepherd 1998

Wes Montgomery 1960

Buddy, il più grande.

Alphonso Johnson

FINALE

In questi giorni che ho tutti per me sono arrivato a pensare che, come per Italo Svevo, uno dei miei padri putativi, scrivere è una pratica igienica o comunque salvifica nei confronti della malattia mortale della vita, o perlomeno contro il logorio della stessa.

Ma sai che c’è, lasa cla vaga, come diciamo qui, lascia che sia, let it be baby e Keep On Playing that Rock And Roll.

Il tic toc dell’orologio nelle vecchie case di campagna in estate

9 Ago

Entrare nelle case di campagna di una volta, in estate, era l’equivalente di infilarsi in una dimensione di quiete e di ombra; nel meriggio assolato e caldo potevi facilmente trovare le tue esatte coordinate in quelle cucine silenziose, dove solo il tic toc di grosse sveglie in metallo poste sulla mensola del camino sapevano come irretire il tuo stato d’animo. Gli uomini e le donne se ne stavano in campagna a lavorare o tutt’al più nell’aia a sistemare chissà cosa, mentre le nonne sbucciavano piselli sotto al portico all’ombra. Presto saresti diventato un giovane uomo, ma in quella incerta età tra la adolescenza e la giovinezza, quando ti capitava di entrare in quella cucina, credevi di trovare le risposte alle domande che ben presto ti saresti posto.

il giovane Tim – Villa Bagno (RE) 1978

Avanti veloce (va beh fast forward) di alcuni decenni, ti ritrovi uomo di una (in)certa età alle prese con quelle risposte che non arrivano e allora ti senti preda dei principi della dinamica e saltelli tra le posizioni di Galileo e di Isacco Cittanova, ti senti dunque come una biglia che rotola su una superficie piana orizzontale molto estesa con gli attriti che diminuiscono fino a rendersi nulli, e dunque tu, la biglia, non rallenti mai e dunque non ti fermi. In certi giorni il tuo moto inerziale assume una direzione circolare, come riteneva Galileo, altri invece assume la direzione rettilinea come prevedeva Isacco.

Ti senti così, un biglia spinta dalla forza d’inerzia, in questa estate stramba che passa da settimane di caldo infermale a decadi molto più fresche, e non ti resta così che ammirare le rondini che si riposano nei pressi della house of blues dove vivi,

Rondini emiliane – estate 2025 – foto Tim Tirelli

ritornare nella tua comfort zone emiliana e guardare la signora Ganassi fare i tortelli di zucca,

L’Emilia d’estate – tortelli di zucca fatti in casa da Lucia Ganassi – foto Tim Tirelli

e a rimirare le nuvole che passano lente su quella fetta d’Emilia centrale in cui vivi.

L’Emilia d’estate – foto Tim Tirelli

Poi certo, continui con la tua vita, vai a vedere il tuo amico Lorenz chitarrista extraordinaire che suona al Morrison Hotel di Arceto (RE) con una delle sue formazioni, quella più blues, quella che passa da Robert Leroy Johnson/Elmore James con Dust My Broom, a Curtis Mayfield riletto da El Becko ovvero People Get Ready, fino a Stefanino Meraviglia con Living For The City. Qualche giorno dopo vai poi a pranzo da lui e ne approfitti per provare alcune delle sue splendide chitarre. Ora usa anche le Fender, ma Lorenz rimane il tuo Gibson twin.

Lorenz & Cuore N. Blues Band – Morrison Hotel, Arceto, estate 2025.

Insieme a Yesterday Frig, l’uomo di Belo Horizonte e Frignano Belle te ne vai a cena nella bassa alla Foresteria Cavicchioli dove di nuovo l’Emilia ritorna protagonista, un vecchio casale di una volta e la cucina della nostra terra, quella che il New York Times descrive come la migliore al mondo.

Nonantola Slim, O homem de Belo Horizonte, Frignano Belle & Yesterday Frig – San Prôsper agosto 2025.

Insomma Obladi oblada life goes on bra, Lala how the life goes on … la vita continua: le prime amichevoli della tua squadra del cuore, il calciomercato, i libri che stai leggendo, i film che guardi, la musica che suoni. La lettura dei quotidiani ogni mattina ti fa sentire prostrato, non riesci a credere che il mondo vada come va, che la società sia ridotta a quello che è oggi. Tu cerchi di metterci del tuo, di fare il possibile nel tuo piccolo ma in certe giornate gli sforzi appaiono inutili. Tuttavia hai un modo per ritrovare un minimo di fiducia, per capire che non sei solo, per non arrenderti mai: la musica!

SERIE TV

_Untamed (USA 2025) – TTT½

Bel thriller drammatico ambientato nello Yosemite Park. Con il grande Eric Bana.

_The Undoing (USA 2020) – TTT+

Con Hugh Grant e Nicople Kidman, thriller discreto.

FILM

_The Homesman (USA/F 2014) – TTT¾

Tratto dal libro “L’accompagnatore” recensito su questo blog pochi giorni fa. Trasposizione cinematografica riuscita.

FINALE

Tardo pomeriggio di mezza estate, lo stereo passa Jeff Beck alle prese con Angel (Footsteps), giorni di calma pur velati di irrequietudine dunque qui alla Domus, ma questa è una costante del “Blog per l’uomo di Blues”. Tra poco sarà tempo di vendemmia, l’uva è quasi matura nei campi qui intorno …

Vigne emiliane

Noi, io e voi, intanto continuiamo ad andare avanti appunto, insieme a questo blog miserello … da 14 anni ormai … pare incredibile. Chissà se vinceremo mai, ma perlomeno siamo in campo e ce la giochiamo. Buona estate donne e uomini di blues, dal vostro Blues boy.

Uomo di Blues – Tim Tirelli estate 2025

JOHN MILES, Music Hall, Boston Mass, 02 april 1977 – TTTT½

7 Ago

Questa è la prima registrazione live relativa agli anni settanta di John Miles che trovo, ne sono davvero felice visto che quello del biondo di Jarrow non è un nome di cui ci sia tanto materiale in giro. Nell’aprile del 1977 John e la sua band erano in tour negli Stati Uniti, il secondo album era appena uscito e Miles cercava di farsi strada anche nel Nord America.

In aprile e maggio apriva i concerti dei Boston (a volte insieme ai Journey), oppure di Manfred Mann’s Earth Band (a volte da solo a volte insieme ai Lake e ai Genesis), o anche dei Supertramp. Come si può capire dalla recensione che allego qui sotto del concerto del 5 aprile, la John Miles Band in quel periodo faceva una gran bella figura, il gruppo era rodato, preparato, pronto …cosa avrei dato per poter assister ad un concerto di quel tour.

Recensione concerto 1977 BOSTON- JOURNEY-JOHN MILES

Ho scritto più volte su questo blog come il singolo Music uscito nel 1976 mi catturò completamente, per me e per il mio amico per le palle Biccio (pianista extraordinaire) diventò il manifesto programmatico della nostra adolescenza. Al primo della classifica olandese e belga, al 2° in Italia, al 3° in UK, al 10° in Germania e 88° in USA, Music nel 1976 fu un gran successo in Europa; Biccio lo portò ad uno dei saggi di pianoforte a cui partecipava regolarmente (insieme a mia sorella che – siamo nella seconda metà degli anni settanta – pianista anch’ella in quella occasione portò Maple Leaf Rag versione di Keith Emerson). Miles partecipò anche al Festivalbar del 1976.

Ritorniamo a noi, il tour del 1977 fu una meraviglia, la caparbietà giovanile, i primi due album da promuovere (Rebel del 1976 e Stranger In The City del 1977), la cazzimma (pur di stampo inglese) … la John Miles Band era un nome su cui puntare.

La splendida registrazione audience in questione si apre con House on the Hill, B-side del singolo “Remember Yesterday”, scelta coraggiosa ma forse un tantino azzardata, ma quelli erano anni in cui la musica era una cosa seria, il rigore dell’essere artista non andava confutato. Il brano è un buon Hard Rock elaborato con un ottimo assolo di John alla chitarra; Pull the Damm Thing Down dal primo album mette in circolo l’ottima musicalità prodotta dalla John Miles Band, il pezzo, molto bello, è costruito con l’alternarsi del tight but loose, luci e ombre, forza e tenerezza. John lo canta con la sua voce STRAORDINARIA con passione e anima. Certi passaggi delle tastiere sono un po’ dozzinali, ma la metà degli anni settanta è tipica per questo uso molto discutibile delle stesse. Elegante l’assolo di chitarra. Sette minuti di bellezza Rock. Grande apprezzamento da parte del pubblico, evidentemente colpito dal savoir faire del gruppo.

Stand Up (and Give Me a Reason) dal secondo album e un altro gran pezzo, chitarre Rock, ritornelli spensierati e la solita classe ineguagliabile. Difficile non ripetersi e non perorare la causa di Miles, un musicista completo, voce magnifica e abilità straordinarie alla chitarra e al piano. Finale denso di improvvisazioni tra chitarra e voce. Altri sette minuti di leggiadria. 

1977 tour BOSTON – JOURNEY-JOHN MILES

Music è presentata come quarto pezzo pezzo e con quell’inizio delicato e melodico riempie la Music Hall di Boston di magia, peccato solo per le tastiere ordinarie. Parte quindi la sezione Rock e il conseguente assolo di chitarra. John ritorna poi al piano e il pubblico si emoziona tanto; certo non è facile sostituire l’orchestra della versione in studio con una tastiera, ma il risultato regge. Di nuovo il tempo Rock ed ostinato su cui le tastiere cercano di riprodurre gli archi dell’orchestra, John torna a cantare … e quell’ultima doppia strofa riesce a darmi i brividi anche adesso, dopo tutti questi decenni

Music was my first love
And it will be my last
Music of the future
And music of the past
To live without my music
Would be impossible to do
In this world of troubles
My music pulls me through

Il pubblico gradisce tantissimo e tributa alla band un applauso a tutto tondo, l’emozioni riempiono l’aria. Highfly fu il primo singolo dell’era che conta di Miles, pubblicato nel 1975 arrivò al 17° posto delle classifiche UK e al 68° di quelle USA, posizioni davvero niente male per un artista sconosciuto, e infatti quando John lo introduce il pubblico sottolinea il gradimento. High Flyer è un gran pezzo che colpisce nel vico, è brillante, per certi versi molto inglese: un sfumatura rococò, una glam, una decisamente Rock. John la canta con il piglio giusto, la band lo segue con la consueta abilità. Tre minuti e mezzo tirati, lucidi, assolutamente convincenti. Il pubblico esplode … è gratificante sentire il pubblico così caldo per un artista che alla fine dei conti non riuscì mai a sfondare del tutto nel mercato statunitense. Chiude il concerto Slow Down, quello che all’epoca era l’ultimo 45 giri uscito e che arrivò 10° in UK e 34° in USA, un ottimo successo per John Miles. Slow Down ha un ritmo ballabile su cui si innestano chitarre Rock, il clavinet e una grinta mica da ridere. Il pubblico a questo punto è tutto dalla sua parte, batte le mani a ritmo e accompagna il brano. John canta benissimo, spingendo la voce con passione scatenata. Buono l’assolo di tastiere, molto anni settanta. John si lancia quindi nell’assolo di chitarra trattata con l’effetto Talk Box (Peter Frampton, Jeff Beck e Joe Perry anyone?). John Miles qui è travolgente, la vibrazione della musica nera è evidente, il funk e il rock che si accoppiano con foga, il gruppo e il pubblico in perfetta e sfrenata sintonia … baby won’t you please slow down … finale da pelle d’oca. Thank you, goodnite, God bless you. la John Miles Band lascia il posto ai Journey e ai Boston.

Io sono di parte, lo so, John Miles è uno dei miei artisti preferiti, ma sfido chiunque a non ammettere che, al di là dei gusti, John Miles in quei primi due anni era una forza della natura capace di unire eleganza e approccio decisamente (Hard) Rock. Qui sotto il link al concerto competo. In John Miles we trust!

◊ ◊ ◊ 

JOHN MILES
Music Hall
Boston Mass
April 2nd 1977
Hezekiahx2 Analog Master
to 1st Gen Reel to Reel at 7.5 ips
Transferred and Presented By Krw_co

LINEAGE HEZEKIAHX2 MASTER CASSETTE TO REEL TO REEL 1ST GENERATION AT 7.5 IPS >
TEAC A-7300 REEL TO REEL W/MANUAL AZIMUTH ADJUSTMENT>CREATIVE SOUNDBLASTER X-FI HD MODEL #SB1240 WAV(24/96KHZ)>MAGIX AUDIO CLEANING LAB FOR KRW TRACK MARKS VOLUME ADJUSTMENT AND EDITS>WAV(16/44.1KHZ)>TLH FLAC 8
Sony TC 153ECM-99 1 point stereo mic on a cane
Analog masters no longer exist (recycled after transfer to reel).

THE BAND
John Miles lead vocals keyboards guitar
Bob Marshall bass
Barry Black drums
Gary Moberley keyboards

SETLIST
1 Intro
2 House on the Hill
3 Pull the Damm Thing Down
4 Stand Up (and Give Me a Reason)
5 Music
6 Highfly
7 Slow Down

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John Miles sul blog:

Addio a John Miles (born John Errington; 23 April 1949 – 5 December 2021)

JOHN MILES suona “Music” nel programma omonimo di Canale 5 (11 gennaio 2017)

JOHN MILES “The Decca Albums” (Caroline-Decca-Universal 2016) – TTTTT

Bluesitudine: ALAN PARSONS PROJECT with JOHN MILES “Shadow Of A Lonely Man” 1978

JOHN MILES “Decca Singles 1975-79” (2012 7T’s Records / Cherry Red Records) – TTTTT

JOHN MILES European Tour 1979 tour program

Flashes from the Archives of Oblivion: JOHN MILES “Rebel ” (Decca 1976 – Universal /Lemon Recordings Remaster 2008) – JJJJ1/2

 

Glendon Swarthout “L’accompagnatore” (2025 Jimenez Edizioni) – TTTT½

6 Ago

Questo romanzo, titolo originale: “The Homesman”, uscì nel 1988 in USA, ebbe ottime critiche ed un buon successo di vendita. Nel 2014 ne uscì la versione cinematografica (The Homesman,diretto e interpretato da Tommy Lee Jones, con Hilary Swank e Meryl Streep) che ebbe anch’essa critiche assai positive. Jimenez Edizioni pubblica adesso il libro per la prima volta in Italia. Essendo un appassionato della grande epopea del western di frontiera, quella più sincera e veritiera, quella che narra le storie meno conosciute, quella senza la retorica insopportabile degli USA, non potevo non comprare questo libro.

Ai più il tema Western potrà sembrare anacronistico oggigiorno, per me rimane invece attuale e affascinante, l’epica della storia recente (parliamo a grandi linee di quasi due secoli fa) disegnata in quei territori ostili del Nord America (in particolare del Nebraska e dello Iowa) dove i colori aspri e violenti delimitavano il confine tra civiltà e barbarie e arretratezza, la si può scorgere chiaramente anche nello sciagurato mondo odierno.

Il romanzo è uno spaccato perfetto deli territori che descrive, uomini donne e bambini che entrano in una terra che lascia senza fiato, sia in senso positivo che negativo, meravigliosa certo ma anche nemica, brutale e senza pietà, il tutto incastonato in una cornice dove la competizione con gli elementi diventa così maligna da sconvolgere ogni possibilità di ragionamento e sopravvivenza.

Un romanzo che racconta storie di donne catapultate in una abisso, donne che cercano di resistere e rischiano quotidianamente di restare avviluppate ad un destino tragico.

Romanzo davvero potente.

◊ ◊ ◊

Sinossi

https://www.jimenezedizioni.it/laccompagnatore-glendon-swarthout/

“L’accompagnatore” è un romanzo western, classico e atipico, di Glendon Swarthout, pluripremiato alla sua pubblicazione negli Stati Uniti nel 1988 e diventato un film nel 2014 (The Homesman, diretto e interpretato da Tommy Lee Jones, con Hilary Swank e Meryl Streep). Attraverso una narrazione serrata e coinvolgente, Swarthout racconta una storia di frontiera che mette al centro le donne, offrendo un ritratto realistico e duro della vita brutale, e dell’affanno della sopravvivenza, dell’epoca della colonizzazione. La vicenda si svolge nel 1850, nelle terre desolate del Nebraska. Mary Bee Cuddy, insegnante, donna sola e apparentemente granitica, si assume un incarico disperato: scortare fino a Hebron, in Iowa, quattro donne traumatizzate dalla vita di frontiera e uscite di senno. Per compiere questa missione, Mary Bee si allea con George Briggs, un inaffidabile vagabondo che lei stessa ha salvato da morte certa. Briggs è un uomo ai margini della società, così come lo sono le donne che accompagnano: anime ferite e sfiancate, segnate da anni di isolamento e fatica, ingabbiate in un territorio che le ha logorate lentamente. Insieme, Mary Bee e Briggs risalgono controcorrente la marea della colonizzazione, attraversando tempeste di neve, territori selvaggi e minacce costanti. Il loro viaggio è una lotta contro la solitudine, un tentativo di resistere e, forse, di trovare un nuovo inizio. L’accompagnatore è una storia trascinante e piena di umanità, di aspettative e sconfitte, di bellezza e ferocia, che ci parla delle vite dimenticate di chi non è sopravvissuto al fragile sogno del vecchio West. Il volume contiene anche una postfazione di Miles Swarthout, figlio dell’autore, che racconta la genesi del romanzo e il lavoro di ricerca svolto dal padre Glendon.

Glendon Swarthout

Nato nel 1918 e morto nel 1992, è stato autore di sedici romanzi, molti dei quali sono diventati film. Tra questi, 7° Cavalleria (1956) con Randolph Scott e Barbara Hale; Cordura (1959) con Gary Cooper e Rita Hayworth; La spiaggia del desiderio (1960) con George Hamilton e Paula Prentiss; Il pistolero (1976) con John Wayne e Lauren Bacall. Con la moglie Kathryn ha scritto anche sei libri per bambini e ha vissuto a Scottsdale, in Arizona.

Valerio Evangelisti “Il Sol Dell’Avvenire – Volume 3 – Nella Notte Ci Guidano Le Stelle” (Mondadori 2016-edizione 2024) – TTTTT

26 Lug

Terzo ed ultimo capitolo della trilogia di Evangelisti dedicata al Sol Dell’Avvenire. Dolorosa la prima parte del libro dedicata all’avvento definitivo del fascismo e delle atrocità da esso compiute, l’Emilia Romagna che cede alla violenza e ai crimini delle camicie nere sostenute dalla borghesia, dalla chiesa, dagli agrari e dall’ordine costituito. Nell’ultima parte ci si sistema un poco l’animo grazie ai raggi del sol dell’avvenire appunto che, almeno per qualche tempo, riusciranno a spazzare via la dittatura.

Una trilogia questa molto riuscita, la storia trattata come un romanzo, una maniera per conoscere meglio la realtà della guerra civile italiana.

Sinossi:

In questo terzo e ultimo volume de Il Sole dell’Avvenire, Valerio Evangelisti continua a seguire le vicende di alcune famiglie romagnole, attraverso i grandi cambiamenti politico-economici che investono la regione e l’Italia intera.

Nel tormentato periodo che va dagli anni Venti alle soglie degli anni Cinquanta, il fascismo si afferma ed esplode, dissolvendo, tra l’altro, la compattezza dei nuclei familiari. Spartaco, “Tito”, Verardi diviene squadrista e architetto della distruzione delle conquiste del movimento operaio. Destino Minguzzi è assorbito, quasi suo malgrado, dal mondo dei clandestini e degli esuli antifascisti, e dalle sue lacerazioni a volte drammatiche. Soviettina, “Tina”, Merighi si trova a partecipare alla guerra di liberazione nella più anticonformista e “romagnola” delle formazioni partigiane. Nessuno di costoro “fa la storia”, ma tutti, a loro modo, vi partecipano. Non senza chiedersi, alla nascita di una nuova Italia, se la realtà corrisponda davvero ai loro auspici. Su questo interrogativo si chiude una grande saga popolare, un’opera unica nel panorama letterario italiano.

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Il Sol Dell’Avvenire Sul Blog:

Valerio Evangelisti “Il Sol Dell’Avvenire – Volume 1 – vivere lavorando o morire combattendo” (Mondadori 2013) – TTTTT

Addio a Mick Ralphs

27 Giu

Dall’articolo del blog del 4 novembre 2013:

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Seconda metà degli anni settanta, sono un adolescente, ho già scoperto i LED ZEPPELIN, i FREE, gli ELP, JOHNNY WINTER, SANTANA e alcuni altri gruppi rock che mi fanno girare la testa. Non c’è internet, non c’è youtube, non c’è un caxxo, solo CIAO 2001 e poco altro. Ma sono un fan on the prowl, determinato e cocciuto, adesso che l’ho scoperto, il ROCK è tutto quello di cui m’importa; scovo notizie, ritagli di giornali, foto, qualche libro … tramite FREE, LED ZEPPELIN, SWAN SONG, arrivo ai BAD COMPANY. E’ settembre, uno di quei settembre emiliani, tiepidi, dolci, a misura d’uomo di blues. Il futuro sembra pieno di luce, le possibilità infinite, la vita gravida di sorprese. Sabato, mi fiondo al PEECKER SOUND di FORMIGINE, di fianco alla leggendaria discoteca PICCHIO ROSSO. Il PEECKER è probabilmente il negozio di dischi per eccellenza del modenese, grande, pieno di scaffali, self service, nessun commesso che ti disturbi con la frase “posso aiutarti?”. Lì dentro ci si passa pomeriggi interi. Lettera B: BAD COMPANY. La copertina con i dadi è quella che mi attira subito, …printed in USA…cazzo, l’etichetta è quella della SWAN SONG, special thanks to PETER GRANT, sleeve by HIPGNOSIS…STRAIT SCIUTER sei mio.

Bad Company Straight Shooter

Arrivo a Nontown, salgo in casa, sono tutti fuori, metto il disco sul piatto … primo pezzo GOOD LOVING GONE BAD. Bam! Una sorta di imprinting immediato, una scossa di testosterone, un marchio indelebile che mi si stampa sull’animo. Il pezzo è di un certo MICK RALPHS, ah è il chitarrista.

Hard rock di fattura pregevolissima, suoni efficacissimi, batteria meravigliosa, voce che senti vibrare nello stomaco, e MICK RALPHS giustappunto alla chitarra. Un zabaione di iperbole (vabbeh iperboli) per la mia giovane anima, per me che sono esile come un giunco ma che mi sento forte come una quercia. STRAIGHT SHOOTER significa  “persona schietta e sincera” ma c’è il gioco di parole dato dall’immagine dei dadi in copertina: to shoot craps significa difatti tirare i dadi, gettare i dadi. Ad ogni modo, mi accorgo che MICK RALPHS non è JIMMY PAGE, ma il suo chitarrismo  è appunto così schietto e sincero da essere, per me, irresistibile. Quelle note alte dell’assolo di chitarra a tutt’oggi sono incise nel mio animo. Riff granitico poi stacco lento dove RODGERS canta

I got my pride 
Don’t need no woman to hurt me inside
I need love 
Like any other
So go on and leave me
Leave me for another

Il ritmo poi riprende e sullo stacco PAUL che canta Cuz’ Baby I’m a bad Man, quanta forza mi ha dato quella sciocca frasetta…

Good! Lovin’ gone bad
Good! Lovin’ gone bad
Good lovin gone bad
I’m a sad man
Get outta my way 
Cuz’ Baby I’m a bad Man
Now Now!

Io sono conosciuto per essere soprattutto un fan dei LED ZEPPELIN, e dei FREE e degli ELP se vogliamo, ma in definitiva forse il gruppo che più amo è la (vabbeh i) BAD COMPANY, e grazie a questo primo pezzo, STRAIGHT SHOOTER è probabilmente l’album che preferisco in assoluto. Intendiamoci, capisco benissimo che la BAD CO non è uno dei gruppi più importanti della storia del rock, so che detta in modo un po’ maldestro il gruppo non è altro che la versione da stadio dei FREE, ma quell’hard rock genuino, semplice, diretto mi arriva al cuore con una facilità disarmante. Non è un caso che la mia band si chiami CATTIVA COMPAGNIA, che le canzoni che scrivo siano in qualche modo messe giù con un metodo simile, che mi senta un chitarrista alla MICK RALPHS più che alla JIMMY PAGE, che i il partner musicale che ho sempre cercato (invano) è una sorta di PAUL RODGERS emiliano… Oggettivamente credo che STR SHT sia un buon album hard rock, arriverei a dire ottimo, ma essendo diventato un capitolo così importante della mia vita, per me che sono lo smilzo di Nonantola, è the best hard rock album ever (vabbeh, dopo Physical Graffiti).

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Oggi 27 giugno 2025

Qualche giorno fa se ne è andato Mick Ralphs, chitarrista e compositore di Mott The Hoople e Bad Company, figura fondante per il sottoscritto e di conseguenza per questo blog. Aveva 81 anni, nel 2016 ebbe un ictus che ha reso i suoi ultimi nove anni difficili, pertanto una morte non proprio improvvisa, tuttavia è un gran brutto colpo visto l’importanza che aveva Mick per il sottoscritto.

Condivido subito la triste notizia con Polbi, il quale mi risponde poco dopo …

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Polbi Cell.: Cazzo….quanto mi dispiace….musicista particolarissimo, ha scritto pezzi che restano per sempre nella storia del rock. Aveva quell’aria triste e allegra al tempo stesso che lo rendeva una rockstar atipica. Sicuramente è stato e sarà sempre una rockstar, però con una cifra tutta sua, fuori da ogni cliché del ruolo ma incarnandolo alla perfezione a modo suo. Le sue due band perdono il loro componente mio di gran lunga preferito, che entra in una dimensione da questo momento leggendaria.
Aspetto la celebrazione della sua vita sul blog con il cuore triste anche io amico mio, ti capisco benissimo. Ma lasciamo anche spazio da qualche parte al suo sorriso, che ci torna in mille fotografie della sua storia.

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Michael Geoffrey Ralphs nacque il 31 marzo 1944 a in Stoke Lacy, nell’Herefordshire, scoprì la chitarra relativamente tardi, verso i 18 anni, il momento in cui ascoltò Green Onions per la prima volta,

nel 1964 pubblicò un singolo con i Buddies, si unì quindi al Doc Thomas Group con cui fece tour in Italia

dopo l’uscita di un album (per una etichetta italiana), il gruppo si tramutò nei Mott The Hoople. Con loro Mick pubblicò 5 album che permisero al gruppo di diventare una cult band a tutti gli effetti.

Mick Ralphs – al centro – con i Mott The Hoople

All Young Dudes (1972) e Mott (1973) ebbero un successo ragguardevole.

Frustrato dal fatto che Ian Hunter non volesse (potesse) cantare alcuni suoi pezzi, mise in piedi il sodalizio con Paul Rodgers dei Free, ed insieme al batterista Simon Kirke (Free) e al bassista Boz Burrell (ex King Crimson) formarono i Bad Company, gruppo di gran successo che arrivò a vendere 40 milioni di dischi nel mondo (di cui 20 solo negli USA).

Mick con i Bad Company

Jimmy Page e Mick Ralphs live 1977 (Led Zeppelin show)

Paul Rodgers & Mick Ralphs

Guitar Player 1979 Mick Ralphs

Mick si considerò soprattutto un songwriter più che un chitarrista, molti dei suoi pezzi divennero singoli di successo o comunque brani di grande importanza nell’economia della band.

I Bad Company originali si sciolsero nel 1982. Nel 1984 Mick accompagnò David Gilmour dei Pink Floyd nel tour relativo e nel 1985 pubblicò a suo nome l’unico album solista vero e proprio “Take This”.

Si susseguirono reunion dei Bad Company (con e senza Paul Rodgers, con e senza lo stesso Mick) e dei Mott The Hoople e tour della Mick Ralphs Blues Band.

Jimmy Page e Mick Raplhs

Nel 2016 l’ultimo tour dei Bad Company con in formazione 3/4 dei membri originali ovvero Mick, Paul e Simon Kirke, fu in quella occasione che ebbi modo di vedere, nella data di Glasgow, il mio eroe.

Bravissimo autore di canzoni, chitarrista magari non appariscente ma certamente capace e con uno stile tutto suo, Rockstar elegante e gentile. Per quanto mi riguarda niente di meglio. Mi mancherà molto.

Goodbye my hero. Thanks for the music. You meant a lot to me. I will always love you.
 
Mick Ralphs 31/03/1944 – 23/06/2025.
 

As Tim Goes By

22 Giu

Solstizio d’estate appena passato, immerso nel caldo torrido di questo gran pezzo dell’Emilia mi getto a capofitto nelle inevitabili riflessioni che nascono nella maruga dell’uomo di blues che sono. A bordo del treno che mi porta da un capo all’altro della mia vita, dal finestrino osservo la mia esistenza e tutto quello che la circonda passare via velocemente nonostante abbia l’impressione che tutto ristagni.

Già, il tempo scorre a velocità supersonica, lascia senza fiato, irretisce ed inibisce i sensi.

I campi di grano nei pomeriggi estivi riportano alla mente immagini tratte da sussidiari di una infanzia ormai lontanissima.

Bassa modenese – foto Andrea Malagola –

i giorni si susseguono ad un speditezza ragguardevole, in un battibaleno il sole nasce e quindi affonda dietro l’orlo del mondo, la sera cala e in essa ricerco refrigerio ricordando distanti notti d’estate della  fanciullezza idealizzando il paesino in cui sono nato e dandone una versione certamente edulcorata.

Nonantola by night – foto di Giorgio Lera

La mia fitta rete di amicizie si sta sfilacciando, per un motivo o per l’altro la frequentazione dei mie blues brothers si è attenuata, è colpa mia? Mi sto isolando dal mondo come d’altra parte sta facendo la mia amica Yesterday Frig, alias Copper Leg Girl (gamba ramata insomma)?

L’unico amico dal quale non mi disconnetto mai è (quel gran figo di) Polbi, quest’anno festeggiamo i trent’anni di amicizia assoluta, mi basta guardare una sua foto per sentirmi meno solo e al sicuro (un po’ come accade quando guardo immagini di Keith Richards), e dire che siamo esattamente agli antipodi dello stivale, io nella Regium Lepidi, lui nella Regium Calabriae, eppure la distanza ci fa un baffo.

Polbi, estate 2025

Lo sferragliare del treno della mia vita dà il ritmo al traffico di pensieri, nessuno di essi dà la precedenza, sfrecciano tutti in maniera casuale:

_la tendenza che ho ad usare il termine “iperbole” anche al plurale, visto che “iperboli” proprio non mi piace.

_i nuovi gruppi di classic Rock che non fanno altro che fotocopiare la musica e l’estetica dei grandi gruppi del passato, nessuna pericolosità reale, nessun sbuffo creativo degno di nota, solo riproposizioni  audiovisive sterili del bel tempo che fu.

_Lucien Bullock che riempie una volta di più il Campo Volo (va beh, la RCF Arena) qui a Regium Lepidi …

_la tipa a cui chiesi anni fa “ma che musica ti piace? Hai qualche artista preferito?” e impiegò un giorno e mezzo a rispondere.

_la brutalità in senso lato delle persone, degli amici, dei colleghi, dei semplici conoscenti, degli sconosciuti; la si contempla nelle azioni e nei discorsi di ogni giorno e descrive lo scollamento profondo tra ciò che si dice o scrive e il comportamento messo in atto. Immagino di essere un tipo parecchio sensibile (but I’m not the only one … whaddayathink Lady Moon?) e magari per stare al mondo serve una corazza che anestetizzi i sentimenti, ma la brutalità appunto, anche inconscia e involontaria, proprio non la reggo. Gente che sì a malapena conosci ma che frequenti tutti i giorni che nemmeno saluta, gente che ammicca e poi sparisce, gente che liquida faccende che ti coinvolgono con poche parole e senza tante spiegazioni, … ma allora sono tutte frottole quelle che raccontano, tutti quei bei discorsi che vengono fatti nei workshop di formazione ed incontri simili sulla importanza del quoziente emotivo, dell’empatia, sul “prima di assumerti mi interessa sapere chi sei, conoscerti, le competenze si possono anche acquisire in un secondo momento” come mi ha riportato recentemente una mia nuova amica. Che il profitto e il denaro (dunque il potere) siano l’unico scopo della società umana oggi è chiaro, ma perlomeno che non ci si prenda per i fondelli. Troppi leader senza leadership, troppe autorità senza autorevolezza, tropp* scriteriat* mess* a governare aziende, nazioni, continenti, mondi.

Difficile districarsi tra questi rovi spinosi, difficile uscire indenni, tutt* che vogliono dimostrare di essere maschi o femmine alfa, quando l’importante sarebbe imparare a vivere nel branco con po’ di decenza.

Ecco che allora mi perdo nella ucronia, nei futuri che non sono stati e che non saranno, nei presenti diversi da quelli che abito.

Sempre troppo facile per me smarrirsi in un fiume di pensieri e allora meglio abbandonarsi nelle braccia di una donna, reale o immaginaria che sia, e nella musica, la musa per eccellenza, l’unica che sa dare sollievo al mio animo inquieto ed irrequieto, nonostante ci sia il divieto all’allitterazione.

Già, devo ricordare che un bacio è sempre un bacio, un sospiro è solo un sospiro, e che le cose fondamentali valgono sempre col passare del tempo …

You must remember this:
A kiss is still a kiss,
A sigh is just a sigh.
The fundamental things apply
As time goes by.

SERIE TV

_Dept. Q (UK/USA 2025) – TTTT

Serie televisiva thriller poliziesca scozzese creata da Scott Frank e Chandni Lakhani, basata sulla serie di romanzi dello scrittore danese Jussi Adler-Olsen.

FILM

_ La Vedova Nera (Spagna 2025) – TTT½

PLAYLIST

_Acqua Fragile ” Morning Comes” 1973

_Tom Waits “San Diego Serenade” 1974

_Miles Davis “Flamenco Sketches” 1959

_The Impressions “People Get Ready” 1965

_The Beach Boys “The Nearest Faraway Place” 1969

◊ ◊ ◊

E allora, se ci penso, alla fine mi basta poco, quella fettina di pianura su cui vivo, uno dei miei dischi obliqui preferiti, le ristampe con nuove traduzioni di Philip Roth e Franz Kafka, le gioie e i dolori legate alla mia squadra del cuore, certi film di Sydney Pollack e Walter Hill, qualche vecchio blues del Delta e il non rinunciare a darmi una mossa …

You got to move
You got to move
You got to move, child
You got to move
Oh, when the Lord get ready
You got to move

You may be high
You may be low
You may be rich, child
You may be poor
But when the Lord get ready
You got to move

You see that woman
Who walks the street
You see that police
Upon his beat
But then the Lord get ready
You got to move

You got to move

View from the Domus Saurea – estate 2025 – foto Tim T.

Tim Tirelli giugno 2025

Una gatta di nome Spaventina

13 Giu

É dal 15 maggio che Spaventina non torna a casa, non si era mai allontanata per più di due giorni, per una gatta di 17 anni (84 o giù di lì in anni umani) che viveva in campagna significa solo una cosa: non esserci più. Eccomi dunque qui a scrivere due righe di saluto a questa gatta che per 17 anni ha in qualche modo convissuto con noi, una gatta che abbiamo visto nascere e che nonostante la sua indole solitaria e diffidente ha fatto parte della colonia felina della Repubblica Democratica di Palmiria e dunque della nostra famiglia.

Dal 2023 qui alla Domus abbiamo avuto perdite pesanti, Palmiro in primis, Raissa lo scorso anno e adesso lei che era figlia di quest’ultima. Già a sette/otto settimane manifestò il suo carattere tanto da guadagnarsi il nome che si è portata addosso per tutti questi anni.

Spaventina giugno 2008 – foto Saura T

Già, è stata un gatta guardinga, ha sempre vissuto e operato con estrema cautela, di certo eccessiva, ci riconosceva come umani di riferimento ma preferiva mantenere le distanze, talvolta entrava in casa e negli ultimi due inverni in cui sentiva la vecchiaia ghermirla ogni sera riusciva a vincere la diffidenza, entrare in casa e infilarsi in soffitta dove passava la notte al caldo con ciotole di cibo e acqua a disposizione. E’ stato in questi due inverni che abbiamo capito concretamente quanto bene ci volesse: una volta in soffitta, al sicuro nella sua comfort zone, si faceva abbracciare, strofinare, rimodellare e riusciva a ricambiare l’amore che sentiva provenire dai due umani a cui era capitata … le fusa rumorose e gli sfregamenti di muso contro muso erano prove inequivocabili.

Spaventina – foto Tim Tirelli

In tutti questi anni Spaventina ha passato buona parte delle sue giornate a gironzolare intorno ad una casa diroccata a un centinaio di metri dalla nostra House Of Blues, chissà quanti topini ha catturato, quante piccole avventure tra quelle mura in rovina, tra quella vegetazione intricata. Verso sera, quando le lanciavo il richiamo (“andiamo Spavve, ‘ndiamo,’ndiamo ‘ndiamo ‘ndiamo!?”) sbucava tra la folta vegetazione, si rimetteva in carreggiata, percorreva quel breve tratto della stradina lunga e tortuosa e veniva a prendersi la razione serale di cibo e coccole (se era molto affamata se le lasciava fare).

Ragni-Raissa-Spaventina – gatte sulla finestra – ottobre 2020 – foto Tim Tirelli

Siamo stati fortunati con lei, in 17 anni solo tre volte dal veterinario, nessun problema serio, tonica, dinamica e con gli esami a posto sino alla fine. Penso che abbia passato un buona vita qui in campagna, in una casa che si affaccia su di una stradina chiusa, poche macchine, qualche trattore e tanto verde da esplorare. Avrei voluto spupazzarmela di più, ma questo è un bisogno umano, evidentemente a lei andava bene così.

Mi spiace non sapere che fine abbia fatto, non aver potuto seppellirla qui sotto ai frassini dove riposano gli altri suoi compagni di avventure, tuttavia fa tutto parte del ciclo naturale. Addio piccola Spavve, inutile dire che ci mancherai molto, sai, ti abbiamo voluto tanto bene.

Spaventina – Domus Saurea autunno 2021 – foto TT

Nuovi video amatoriali dei Led Zeppelin: Copenhagen 79, Tokyo 1971, Landover 1977

4 Giu

Questi video amatoriali potranno anche sembrare poca cosa ai cosiddetti casual fan vista la qualità … dopotutto sono riprese appunto amatoriali fatte da qualcuno che era tra il pubblico, ma per i veri amanti dei LZ  del Rock sono gemme di grandissimo valore. Mi sorprendo sempre quando viene pubblicato su Youtube qualche nuovo video mai visto prima, dopo decenni all’improvviso qualcuno si ricorda di aver visto i LZ e di averli filmati in Super 8, ritrova la pellicola, la gira ai fan specializzati con capacità tecniche, questi la ripuliscono e con pazienza e abilità certosina la sincronizzano con l’audio ricavato da bootleg e registrazioni audience (anch’esse fatte da qualcuno del pubblico) già esistenti, et voilà, il gioco è fatto.

E’ così che testimonianze visive del periodo d’oro della musica Rock arrivano sino a noi. Decenni fa, quando mi dilettavo nel raccogliere quante più audiocassette o bootleg live possibili del mio gruppo preferito, vi erano sere in cui mi ascoltavo in cuffia concerti nella loro interezza, mi immergevo completamente nella situazione, mi pareva così di essere al Budokan, al L.A. Forum, al Madison Square Guarden, al Capitol Centre, e la mia mente viaggiava, mi costruivo castelli, rappresentavo mentalmente nella mia maruga di ragazzino le varie houses of the holy dove i Led Zeppelin tenevano le loro messe nere. E guarda un po’, oggi abbiamo la possibilità di dare forma reale a tutti quei costrutti musicali adolescenziali.

Tokyo 1971, uno dei momenti magici dei LZ in versione live, Landover 1977 gli orizzonti perduti del colossale tour del 1977 e Copenhagen 24 luglio 1979 (warm up di Knebworth) il momento migliore degli ultimi due anni del gruppo e data che ho sempre amato molto.

I Led Zeppelin, ah!

1979-07-24-Copenhagen_Led Zeppelin

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LED ZEPPELIN – Live in Copenhagen, DK 24th July 1979 – Super 8 film (NEW FOOTAGE)

Di Tokyo 1971 è uscita da pochissimo anche una versione (corta) di maggiore qualità:

Francesco Guccini “La legge del bar. E altre irresistibili leggi dell’essere”(2025 Giunti) TTT¾

2 Giu

Nel 1996 ero un lettore assiduo di Comix e dunque i capitoli di questo libro non mi sono del tutto nuovi; trattasi infatti di una nuova versione non solo rimasterizzata bensì rimixata, evidentemente per renderla più attuale e godibile al pubblico del 2025.

Amo Guccini, siamo nati nella stessa provincia, alcune (meglio dire molte) delle sue canzoni sono capitoli importantissimi della canzone d’autore italiana e dunque della mia vita, siamo di generazioni diverse ma lo sento molto vicino, bazzichiamo le stesse pianure alla ricerca del Sol dell’Avvenire, lo stimo molto come uomo, come intellettuale, come fine interprete della lingua italiana. Come lui amo il lambrusco (quello meno secco, il Grasparossa o il Reggiano) e come lui – benché la mia stirpe sia da secoli tutta di origine reggiana – ho un forte accento modenese (e relativa cadenza).

Non potevo dunque non acquistare questa nuova edizione de la Legge Del Bar, libro che che si legge col sorriso e con un po’ di nostalgia e malinconia. Temo che questi quadretti fossero perfetti per il 1996, oggi sono faccenduole adatte alla periferia di un mondo che io, e immagino anche Francesco, fatichiamo a riconoscere e ad amare. Sì perché quello di cui racconta(va) Guccini è un mondo che sta sfumando, che forse non esiste nemmeno più e che solo gli uomini di una (in)certa età ricordano. Due i momenti del libro che a parer mio toccano vette elevatissime: La Legge Del Viaggiatore (pag 49) e La Legge Del Vivere Da Soli (pag 55) … ho riso come poche volte mi capita.

Caro Francesco, sei sempre uno dei più grandi. A t’voi un ben da mat.

La legge del bar e altre comiche era il titolo della prima edizione di questo libro che fu pubblicato nel 1996 da Comix. Quasi trent’anni dopo ecco che “La legge del bar” riappare senza disegni e in una forma molto mutata, con nuovi titoli, tutti gli incipit riscritti e ampliati e con il nuovo sottotitolo: “E altre irresistibili leggi dell’essere”.

Ma che cos’era quel fortunato libriccino, che apparteneva alla prima fase della produzione letteraria di Francesco, uscito dopo Cròniche epafániche e Vacca d’un cane? E che cosa è diventato adesso? “La legge del bar” è già il racconto di un mondo che non esiste più, di un ambiente che, anche se non sembra poi tanto cambiato, oramai non è più quello e chi ancora lo frequenta, e conserva certe caratteristiche di un tempo, è da considerarsi un sopravvissuto. Ma tanto, niente è più lo stesso: i giochi di carte, il calcio, i Natali, i viaggi e la politica, niente. In questa nuova, profondamente rilavorata versione, è come se tutti i racconti fossero stati ripassati dagli occhi di un uomo che, pur avendone viste molte, ne ha viste ancora di più, perché altro tempo è passato. Ma c’è qualcosa che non è cambiata: l’ironia, l’amore per il paradosso, l’esercizio dell’intelligenza, il gusto per lo scherzo e per la battuta, la gioia di vivere, di meravigliarsi ancora.