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C. M. Kushins “Beast: John Bonham and the Rise of Led Zeppelin” (2021 Hachette Books) – BB – di Bodhran

8 Nov

Il nostro Bodhran ci parla della recente nuova biografia di John Bonham

La segnalazione di questo libro mi arriva da Tim qualche settimana fa. Forte di un paio di recensioni positive sulla rete mi carico l’ebook sul Kindle e metto lo metto al primo posto nel la lunga fila di letture programmate, l’idea di un libro dedicato a Bonham è allettante; in passato avevo letto quello scritto dal fratello Mick, ma a parte qualche aneddoto familiare non lo avevo trovato particolarmente interessante. Difficile anche scrivere su un musicista a distanza oramai di 40 anni dalla morte, dei LZ sappiamo quello che c’è da sapere, i dischi che ha registrato li abbiamo tutti, si può aggiungere qualcosa?

C. M. Kushins "Beast: John Bonham and the Rise of Led Zeppelin"

Il libro parte con la prefazione di Dave Grohl, segno buono si direbbe (piaccia o non piaccia Grohl è oramai l’attuale santone del rock, che si è anche dato – in buona fede o meno che sia – l’obiettivo di diffondere il verbo a quanta più gente possibile), se non altro, mi dico, se c’è una collaborazione di questo calibro sarà un lavoro ben scritto.

E invece, facciamola breve, la lettura è stata una perdita di tempo bella e buona.

Mi chiedo quale fosse il target a cui si è rivolto l’autore mentre lo scriveva, perché un libro su Bonham lo legge chi vuole saperne “di più”, e, si sa, chi è fan di un gruppo tende a leggere di tutto.

Quindi possibile che non ci sia stato qualcuno tra le tantissime persone ringraziate (un’elenco che nemmeno fosse un disco o il demotape di una band) che non si sia accorto delle infinite scopiazzature dai testi di Mick Bonham, Barney Hoskins e Stephen Davies – queste almeno quelle che mi sono saltate violentemente agli occhi – certo, questi autori sono nominati tra i ringraziamenti ma non sono espressamente citati nel testo. Perché un libro così dovrebbe avere l’onestà di mettere una nota alla fine di ogni paragrafo, paragrafi che dovrebbero essere stati virgolettati, perché spesso non c’è stato nemmeno lo sforzo di fare la parafrasi ai testi altrui.

E qui un breve inciso, in questo tempo di fake-news, post-verità, commenti buttati là senza pensarci troppo al grido di “è così perché lo dico io” possibile che anche in un campo tutto sommato innocuo come la musica si debbano saltare le regole minime di verifica dei fatti e rispetto del modo in cui si scrive un libro? Mi sono chiesto lì per lì se avessi per le mani un libro autoprodotto, ma non è così, c’è anche una casa editrice.

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Imprecisioni varie sparpagliate qua e là, un esempio su tutte scrivere che Jenning Farm Blues (Bron Yr Aur Stomp, per capirci) è stata registrata nelle sessions di LZ IV. Sono io troppo pignolo e brontolone oppure in un libro sui LZ scritto nel 2021 questa roba è intollerabile? Tra le varie cose una mi ha fatto sorgere un dubbio: viene detto che durante il primo tour (gennaio/febbraio ’69) i LZ avrebbero annullato 3 serate allo Scene Club di New York per consentire a Bonham di tornare qualche giorno a casa. Ora, considerato che il primo tour si narra sia andato in rosso, mi pare cosa molto improbabile. Se qualcuno da queste parti ne sa di più ben vengano aggiornamenti.

Si sottolinea più volte il dispiacere di  Bonham nel ricevere poca attenzione da parte della stampa sul suo modo di suonare, e di concentrarsi di più sulle sue intemperanze e sul gossip (ma possiamo ben dire: vagli a dar torto!) e quindi il libro forse vorrebbe provare a far giustizia: sono riportati – quelli sì, virgolettati – brani di recensioni dell’epoca sulle esecuzioni di Moby Dick (e sulle reazioni estasiate del pubblico) e ci sono alcune descrizioni tecniche di alcuni brani, ma sono notazioni superficiali, semplicemente descrittive. In realtà, facendo ciò che pare voler criticare, non fa che sciorinare uno dopo l’altro fatti e misfatti compiuti negli alberghi, backstage e locali.

Ecco, forse l’unica cosa che mi ha colpito nel rileggere per l’ennesima volta la storia di quei 10 anni e poco più è vedere con tristezza la parabola zeppeliniana, di quanto il meritato successo abbia distrutto le personalità prima e la creatività poi, parabola ben riassunta da una frase di Danny Golberg a commento di una delle tante gratuite performance di /maleducazione/ arroganza/violenza di Bonham: “It was a particularly ugly example of the way some performers lost common civility when intoxicated with extended periods of adulation”.

John Bonham, Kezar Stadium San Francisco California. Foto by Neal Preston. 02 June 1973

John Bonham, Kezar Stadium San Francisco California. Foto by Neal Preston. 02 June 1973

In conclusione, un libro che, a modesto parere del sottoscritto, il fan dei LZ può tranquillamente evitare di acquistare, così come il semplice appassionato, che in libreria ha certamente di meglio a disposizione.

©Bodhran 2021