Negli ultimi tempi, grazie al blog, sto ricevendo qualche attenzione da management e uffici stampa di artisti italiani; è una cosa questa che da un po’ accade nel mondo della comunicazione, il cercare via diverse rispetto ai soliti canali mainstream per parlare di una artista, un prodotto, un’idea. Questo funziona principalmente se i blog a cui ci si appoggia hanno una personalità decisa, se non si svendono, se rimangono credibili. Inizio dunque a ricevere qualche accredito per andare a vedere concerti e cd da recensire. Il problema ora è: riuscirò a restare schietto e sincero, imperativo di questo blog? Ci provo. Anche perché è una cosa che mi serve per uscire dal cancelli del nostro misero pezzo di terra, ed esplorare territori che siamo soliti battere di meno.
SYNDONE, gruppo di Torino (visto il nome…) formato dal tastierista Nik Comoglio, il vocalist Riccardo Ruggeri e il vibrafonista Francesco Pinetti; l’ensemble, attivo da 25 anni, si presenta oggi col nuovo capitolo, il quinto della loro discografia, ODYSSEAS, concept album basato sul tema del viaggio (anche interiore), l’ atavico bisogno dell’uomo. Alla batteria uno special guest di livello internazionale: Marco Minnemann (Steven Wilson, Adrian Belew); altro collaboratore d’eccezione il fluatista John Hackett (Steve Hackett). Oltre a questi, parecchi altri musicisti collaborano suonando basso, chitarra, archi, fiati,
La prima cosa a colpirmi è il cantato in italiano, finalmente! Poi la credibilità musicale del gruppo. Non sono un grande amante del prog moderno, o forse pensavo di non esserlo visto che ODYSSEAS mi piace proprio tanto. Prog contemporaneo dunque, ma anche omaggi alla tradizione del genere, fiotti di jazz-rock acceso, incantevoli momenti piano-voce o chitarra-voce.
Partire con INVOCAZIONE ALLA MUSA, è una precisa dichiarazione d’intenti: territori lontani dal 4/4, strumentale tra prog/jazz rock e accenti mediterranei (che forse solo io sento), come però lo è anche IL TEMPO CHE NON HO, quadretto dipinto sulla chitarra classica, dolce e delicato ma al contempo preda di un riflesso tenebrose, soprattutto verso il finale quando entra la band. Ecco, con una certa forzatura potremmo dire che nei primi due pezzi si caratterizza l’animo della band. Complesse architetture d’insieme intervallate ad interludi delicati e meditabondi.
Tra i primi due brani e gli ultimi due che esaminerò più avanti, ci sono, tra gli altri, FOCUS (la Carrozza di Hans degli anni duemila), PENELOPE, intro arabeggiante, piano e voce con enfasi lirica mercuryana, CIRCE, forgiata là dove prog e jazz rock si fondono e ADE col cantato basato su modulazione più moderne intercalato da passaggi strumentali complesse.
Verso la fine la mia preferita:VENTO AVVERSO… il respiro maestoso degli archi, la pura bellezza del pianoforte, il cantato immacolato, il testo profondo e adatto a uomini di blues come noi, il moog che apre gli orizzonti e poi il lento stemperarsi nel bel vibrafono di Pinetti.
Chiude DAIMONES, profonda e lineare, col moog ancora in evidenza. Bellissima.
Speldida la copertina, riproduce A ORIENTE di Lorenzo Alessandri. Ottima la confezione digipack.
Davanti a Comoglio, Ruggeri e Pinetti, mi tolgo il cappello. Questo è un gran album.
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