Mi sorprendo spesso a pensare quanto il rock and roll faccia bene al corpo e allo spirito. Venerdì scorso, sera, a fine settimana, prove con gli EQUINOX. La scaletta inizia a prendere forma. Ci troviamo poco quindi il procedimento è lungo, ma si inizia ad intravedere qualcosa di interessante. Suono con tre musicisti davvero bravi e a volte anche io sono trasportato dal groove generale del gruppo. Che poi bravo è una parola ormai dalle mille sfumature, ma per come la intendo io è uno dei massimi complimenti che un musicista possa ricevere: tecnicamente competente, possessore di doti attitudinali in campo musicale, dotato di testa e di buon orecchio, attento a quel che fanno gli altri, devoto all’imperativo “il pezzo prima di tutto” e infine capace di esprimere il senso Rock, quello vero. E’ questo quello che mi interessa maggiormente, il senso. Altrimenti diventi la solita (tribute) band, magari brava tecnicamente ma insignificante (alle orecchie di chi ha un minimo di cultura musicale e Rock). Alla fine di alcuni pezzi faccio i complimenti ai ragazzi e alle ragazze: al di là di tutto, obiettivo raggiunto. Quando suoni bene, quando termini le prove in quel modo, vai a casa soddisfatto. Carichi e scarichi gli strumenti dalla blues mobile con facilità, ti fai una doccia, ti infili sotto le coperte, leggi perché non riusciresti a dormire subito … il Rock è ancora in circolo…alle 2 spegni la luce…alle 7,30 ti svegli e invece di essere assonnato e stanco ti senti pimpante. Una Les Paul e un Marshall sono una panacea, solo che invece essere relativa alle piante, è la e guarigione universale e onnipotente ottenuta per mezzo del Rock.
Aggiungiamo poi che, in questo sabato mattina in cui mi sto recando a Ninentyland ad incontrare Mike Bravo, sto ascoltando QUADROPHENIA a buon volume e il gioco è fatto.
Io e MIKE ci conosciamo dagli anni ottanta, stavamo in contatto più che altro tramite lettera, in un paio di occasioni ci siamo visti in un negozio di dischi a Mutina, e facendo i conti è dal 1991 che non ci si vede. L’appuntamento è davanti all’Abbazia di Thelema. Parcheggio la blues mobile e gli vado incontro. Abbassiamo il cappuccio, ci togliamo il mantello, incrociamo le spade, recitiamo i sacri versi:
When will the clouds all roll away?
When will the good people have their say?
I hope you’re still round to see the day.
Take a while,
Think about it.
Take a while,
Think about it.
Take a while,
Think about it.
Who can tell what is up or down?
You can be the king or be the clown.
Then climb your tree, take a look around.
Take a while,
Think about it.
Take a while,
Think about it.
Take a while,
Think about it.
Circles of life, an infinite plane,
That which is now now will be again.
Who can decide who is insane?
Take a while,
Think about it.
Take a while,
Think about it.
Take a while,
Think about it.
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Colazione al K2, il bar dove fino ad un anno fa andavo sempre con Brian. Entriamo. Non c’è nessuno. Riscaldamento spento, poche luci accese, un’aria da Sarajevo durante la guerra. Un paio di relitti umani sono inchiodati alle macchinette dietro al paravento. La nuova gestione asiatica è riuscita a far morire uno dei bar/gelateria più attivi di Ninentyland.
Mike lo riscopro riservato, timido, gentile … è molto piacevole stare in compagnia con lui e come sempre è una goduria poter parlare della musica che mi piace con qualcuno che so godere della cosa allo stesso modo. C’è solo una controindicazione: Mike mi ha portato un regalo, e che regalo.
Rimango basito. Bacio e abbraccio Mike Bravo in mezzo al bar semivuoto (sono entrati un paio di nordafricani). Non voglio che i blog followers si disturbino così, ma al contempo soppeso quanto affetto e amicizia ci sia tra di noi. Una meraviglia.
Verso le 10 un paio di timidi nonantolani varcano la soglia, una è una signora l’altro è PETER, amico di Brian. Sono mesi che non ci vediamo, così ci abbracciamo con piacere e in modenese stretto iniziamo a parlare dell’INTER. PETER mi chiede del vecchio BRIAN.
Sono ormai le 10:30, come sempre ho le giornate iper programmate, devo scappare: un salto di un minuto da Lasimo a recuperare una cosa e poi di corsa da Brian.
Accompagno Mike al parcheggio dei bolognesi, lo abbraccio e al grido di “YARDBIRDS O MUERTE” ci diamo appuntamento per un matinée in centro a Mutina in febbraio, magari insieme a qualche altro confratello blues (Pikey can you hear me?).
Alla HOUSE OF THE RISING SUNDOWN porto Brian nella saletta a fare due chiacchiere. Lo cingo stretto, è incerto sulle gambe. Sono ormai 80 giorni che è in struttura e il cambiamento è notevole. La fase calante decisa è ormai iniziata. La caponucleo mi comunica che per pranzo lo tengono in camera, il vecchio si addormenta a tavola e mangia controvoglia.
Ormai sono da lui tutti i giorni. Martedì scopro che ha la febbre. Terza influenza consecutiva. Nella struttura c’è una epidemia, il salone dove di solito stanno gli ospiti per le quotidiane operazioni ricreative è praticamente vuoto. Sono al capezzale del vecchio, la febbre lo debilita a tal punto che non riesce a stare sveglio e a proferire qualcosa di senso compiuto. Vederlo così è una pena. Il sonno è agitato, mille tremori gli scuotono il corpo. Arrivano i medici, lo visitano e riescono a lenire le preoccupazioni mie e di mia sorella. A vederlo in quello stato ti chiedi se riuscirà a superare anche questa. Poi bastano un paio di giorni senza febbre (grazie alla terapia) e Brian torna – più o meno – il Brian che conosciamo. Intendiamoci, vederlo lì fermo nel letto, sembra quello che è, un vecchio che sta finendo il giro sulla giostra, ma oggi fa lo sciocco, scherza, ride ed è più presente del solito. Gli chiedo come si chiama suo padre “Tirelli Ettore”, sua madre “la Gigina”, sua moglie…e qui si incaglia…non ricorda mai il nome, ma quando gli diciamo “dai era la figlia di Imovilli di San Martino In Rio, quello delle corriere” lui esordisce con “sè, i stèven in dal stradòn”…sì, Brian, stavano sullo stradone (via Rivone). Poi aggiunge “sa vot ormai a sun vech a go’ otantasee an” (oramai sono vecchio, ho 86 anni). Di anni ne ha 85 ma è incredibile che oggi si ricordi della cosa, sono mesi che non riesce ad elaborare il pensiero relativo ai suo anni. Io e mia sorella ci guardiamo sbalorditi. Ogni tanto affiorano stralci di ricordi, di facoltà cognitive che davamo persi per sempre.
Ogni giorno, come dico da un po’, è un piccolo passo verso l’abisso, l’altro ieri la prima volta sulla sedia a rotelle, oggi la flebo…ma sono contento, il periodo di sollievo sta per terminare e sono riuscito con l’aiuto della assistente sociale, del direttore della struttura e di un paio fortuite coincidenze a far entrare da febbraio Brian come ospite fisso – come privato – nella HOUSE OF THE JOY AND SUN. Brian non potrebbe permettersi la retta, ma se non altro la sicurezza di saperlo lì in maniera definitiva mi rende meno ansioso.
Lo saluto, gli do un bacio e lo rassicuro sul fatto che ci vedremo più tardi anche se non è vero: “Ciao Brian, adèsa a vag a lavurèr a Sasòl, a se v’dom dop” (Ciao Brian, adesso vado a lavorare a Sassuolo, ci vediamo dopo) …“sè, va ben, me a t’aspètt che, an vag mia via. Ciao Piròn, grassie grassie grassie” (Sì, va bene, io ti aspetto qua, non vado mica via. Ciao pirone, grazie). Mentre esco mi manda un bacio con la mano e uno sguardo pieno di gratitudine e di amore.
Non ho i Rayban con me. Mi fermo in bagno a lavarmi la faccia.
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Mannaggia la miseria, mi sa che prima di leggere il blog devo sempre accertarmi di avere i Rayban a portata di mano…
Mi sembra di aver letto della tua intenzione di raccogliere i pezzi scritti per il blog per dargli una forma autonoma (libro), Tim. Fallo, perché sono davvero belli, e quelli riguardanti Brian poi sono straordinari.
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Marco, non sai quanto apprezzi le tue parole. Grazie.
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Devo ringraziare io Tim.
Per tante cose.
Mi ha fatto un enorme piacere incontrarlo.
Incontrarlo a Nonantola dopo tanto tempo.
Nonantola é bella ed il posto ideale per incontrare un vero rocker.
Animato da una passione che gli invidio.
E che gli ho sempre invidiato.
E poi é un chitarrista.
Lui la passione la vive fino in fondo.
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E’ da sabato che la mia macchina rimbomba di echi zeppelin.
Babbo Natale é arrivato alla grande per me a gennaio.
Un grazie di cuore anche a Saura.
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