MOJO magazine n.257 april 2015 LED ZEPPELIN cover

23 Mar

Ci ho provato a leggere la chiacchierata che MOJO ha avuto con PAGE, spalmata sulle 13 pagine dell’articolo. Non ce l’ho fatta, mi sono arreso dopo poco. Le storielle raccontate le ho lette troppe volte e l’atteggiamento che ha PAGE è il solito, le frasi usate le solite, gli episodi e i riferimenti i soliti; un tempo avrei ucciso per avere il nuovo numero di una rivista (mi tornano alla mente i GUITAR WORLD degli anni ottanta) contenente una nuova intervista a PAGE, ma oggi lo trovo quasi insopportabile. PAGE sembra sempre e solo rivolto al suo glorioso passato (e fin qui tutto normale, è un po’ così per tutti), ma pretende che questo venga rappresentato solo nella sua essenza più mitologica, tralasciando i lati oscuri, i temi che possano intaccare la sua figura, il succo della vita insomma … e questo ci allontana da lui.

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Non avrei comprato la rivista non ci fosse stato il CD con le rilettura dei pezzi di PG, queste cose mi piacciono parecchio, e anche in questa occasione non sono rimasto deluso.

CUSTARD PIE dei WHITE DENIM è simile all’originale ma più acida. Poco dopo la metà fa capolino il riff discendente di KASHMIR e tutto si fa più astratto e psichedelico. Di THE ROVER dei BLACKBERRY SMOKE ne abbiamo già parlato in occasione della recente ristampa di PHYSICAL GRAFFITI. Di solito le versioni così vicine all’originale non hanno molto senso e dunque non mi piacciono tanto ma lo stile, il buon gusto, le qualità dei BLACKBERRY SMOKE me la fanno apprezzare. IN MY TIME OF DYING dei MIRACULOUS MULE parte per la tangente e si sgancia dalla struttura guidata dalla slide della versione conosciuta. E’ vicina a WHEN THE LEVEE BREAKS e anche a certi lamenti blues anni venti. HOTH dei TEMPERANCE MOVEMENT percorre i canoni classici, l’atteggiamento però è garage o punk blues alternativo. TRAMPLED UNDERFOOT di SON LITTLE mi piace … lenta, ipnotica, suadente.

 KASHMIR di SONGHOY BLUES di KASHMIR non ha quasi nulla. Sì, il riff ogni tanto c’è così come qualche altro ricamo ma il brano non c’entra nulla, trattasi di un pezzo proveniente dal Mali, niente male ma non vedo il nesso, la rilettura. I SYD ARTHUR rifanno IN THE LIGHT in modo non troppo dissimile dai LZ. Sono una band di jazz psichedelico e affrontano il tutto con le loro inflessioni. LAURA MARLING suona BRON Y AUR e, a parte l’inizio, si allontana dalle melodie scritte da Page. DOWN BY THE SEASIDE è affidata ad un singer songwriter americano, tal MAX JURY. Versione delicata e obliqua. Molto bella.

MICHAEL KIWANUKA, cantante chitarrista britannico di origini ugandesi. La sua TEN YEARS GONE è un lamento emozionante, asciutto e senza fronzoli. La mia canzone preferita con un vestito diverso.

Il cd si chiude con versioni alquanto personali e distanti dai cinque originali relativi. Versioni dove melodia e corpo della canzone vengono quasi ignorate:

DUKE GARWOOD NIGHT FLIGHT / ROSE WINDOWS THE WANTON SONG / KITTY, DAISY & LEWIS BOOGIE WITH YOU / HISS GOLDEN MESSENGER BLACK COUNTRY WOMAN / SUN KILL MOON SICK AGAIN

Non voglio dire che non siano fruibili, ma almeno quattro episodi sono così distanti che il senso dell’operazione pare dissolto.

Cd comunque da ascoltare.

Una Risposta a “MOJO magazine n.257 april 2015 LED ZEPPELIN cover”

  1. alexdoc 23/03/2015 a 16:04 #

    Sono un fan di Michael Kiwanuka, il suo album d’esordio del 2012 è stato una delle più belle sorprese cantautorali degli ultimi anni. E non mi ha deluso neanche alle prese con il pezzo che forse più di tutti distingue i veri fans dei Led Zeppelin da quelli occasionali. Niente male anche la “Trampled” di Son Little, continua a piacermi la “The Rover” dei Blackberry Smoke che già conoscevo, il resto è prescindibile.

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