Ted Gioia “Delta Blues – The Life and Times of the Mississippi Masters Who Revolutionized American Music” (W. W. Norton & Company, 2009) di Bodhran

1 Feb

Il nostro Bodhran ci parla del libro DELTA BLUES…

Quando Tim mi ha chiesto di scrivere due righe su questo libro ci ho messo qualche giorno a trovare il bandolo della matassa per raccontarlo. È stata una lettura intensa che ha smosso tante riflessioni e mi piacerebbe riuscire a riproporvele tutte, nei limiti delle mie capacità. Parto dal fatto che sono convinto che chi ama il “reale” ha bisogno di ascoltare una musica che lo vada a smuovere nel profondo, magari andando a toccare qualcosa di sconosciuto, di pericoloso, di privato, e non si accontenta solo di un innocuo sottofondo di compagnia. Non sono la bellezza formale, la complessità armonica o la precisione nell’esecuzione gli ingredienti necessari per ottenere questo effetto, credo capiti a tutti di restare completamente indifferenti a tante “belle voci” o a tanti “begli assoli”.

Delta blues parla (chiaramente) di “quel blues”, quello vero, del Mississippi, descritto molto bene da John Lee Hooker: “because it’s the worst state, you have the blues all right if you’re down in Mississippi”, lo stato che negli anni ’20 e ’30 era il più povero degli Stati Uniti.

Ted Gioia DElta Blues

Il libro inizia con W. C. Handy, considerato “il padre del blues”, che raccontando di un suo viaggio nel 1903, nella stazione di Tutwiler, Mississippi, scrisse: “Un nero dinoccolato cominciò a pizzicare una chitarra accanto a me mentre dormivo… Mentre suonava, utilizzava la lama di un coltello sulle corde della chitarra, nella maniera resa popolare dai chitarristi Hawaiani… Il cantante ripeteva lo stesso verso tre volte mentre si accompagnava alla chitarra con una delle musiche più strane che avessi mai sentito” (trad. Wikipedia),

W. C. Handy 1892 circa

W. C. Handy 1892 circa

La fascinazione provata da W. C. Handy nel 1903 continua da più di un secolo, e ad intervalli più o meno regolari il blues riemerge da solo o in altra musica, dandogli vita e senso, e il libro affronta in maniera interessante questa continua ricerca di realtà e verità in un mondo, anche quello musicale, che è diventato via via più artificiale. In parole povere, Robert Johnson è ancora un personaggio “affascinante” eppure è l’antitesi totale dell’artista moderno, nemmeno minimamente paragonabile ad altri eroi rock in quanto a successo, soldi e fama, non solo per un amore nostalgico dei bei tempi andati, ma perché il carattere di verità di quella musica e quelle parole è troppo forte e riesce ancora ad essere credibile.

Durante la lettura dei capitoli, dedicati ai personaggi maggiori di questa storia (Charlie Patton, Son House, Skip James, Robert Johnson, Muddy Waters, John Lee Hooker, Howlin’ Wolf e B.B. King), il libro si sviluppa su più livelli: uno appunto quello cronologico delle biografie dei grandi, un secondo, in parallelo, quello dedicato ai cantanti “minori”, o più semplicemente quelli che hanno avuto meno occasione di farsi ascoltare, legati ai maggiori in quanto loro ignari maestri, precursori o eredi musicali, in un spostamento nel tempo che descrive anche i cambiamenti sociali che hanno portato a certi cambiamenti musicali (un esempio su tutti, l’introduzione della raccolta meccanica del cotone che spinge una massa di ancor più diseredati a cercare fortuna verso nord, Memphis e Chicago).

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Da come scrive si capisce che Ted Gioia di musica ne sa, ne scrive anche in termini tecnici, e la descrizione di alcuni brani in dettaglio aiuta ad entrare in quel mondo di miseria, paure, leggende e capire anche le differenze e gli sviluppi del genere.

Un altro livello, fondamentale per capire questa storia, è la scelta di raccontare le storie degli antropologi, discografici o dei semplici appassionati che sin dagli inizi si sono dannati a registrare questi disgraziati solitari davanti alle loro catapecchie o portandoli in primitivi studi di registrazione, anche per guadagnarci soldi ovviamente con quei vecchi 78 giri prima, 45 e 33 poi, e che hanno consentito che quella musica, appartenente alla tradizione orale, fosse fermata e potesse autoalimentarsi, prima solo dentro gli Stati Uniti e poi fino a scavalcare l’Oceano Atlantico, sbattere contro l’Inghilterra e farci diventare quello che siamo.

E se è ovviamente fondamentale il lavoro fatto ad inizio ‘900 lo è anche quello fatto poi negli anni ’60, senza il quale non sarebbero stati riscoperti ad esempio personaggi come Son House, ritrovato grazie ad una indagine degna dei migliori romanzi polizieschi.

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Ah, un’altra cosa: non c’è mai retorica, eppure la storia è prepotente e affascina. Il capitolo dedicato a Robert Johnson è pieno di mancate informazioni, poche ce ne sono e poche se ne riportano, ma non è stato riempito da fantasiose e colorite leggende per fare effetto, non si indulge con “il diavolo all’incrocio”, storia peraltro di un altro Johnson, tal Tommy, che la raccontava come sua, ma chissà ovviamente ripresa da chi prima di lui. Piuttosto si cerca di spiegare bene come il blues fosse considerato pericoloso, di quanta superstizione girava intorno e dentro questa musica in quei tempi, in quegli ambienti, e come mai si decidesse di cantare una musica così malata. E di come spesso tanti bluesmen, anche tra i migliori, abbiano voluto allontanarsene, perché quella musica era sofferenza e dolore, reali.

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Un piccolo inciso: durante la lettura mi sono chiesto quante rockstar che si sono crogiolate in sogni di”dannazione” tra dollari mignotte e cocaina sarebbero riuscite a reggere le condizioni vissute da questi cantanti per più di una settimana?

Comunque sia, Ted Gioia non concede niente al sensazionalismo o all’invenzione, è un libro che si propone come rigoroso; Robert Johnson, oggi il simbolo e il re di quella storia, ai suoi tempi era praticamente uno sconosciuto e così viene delineato, per quello che era.

Robert Johnson early 1930s

Robert Johnson early 1930s

Tanti gli aneddoti riportati, citando accuratamente le fonti, tanti quelli toccanti, con l’intento di farci capire di come sia accaduto tutto “per davvero”, non gonfiando a posteriori per renderci la storia più accattivante. E diventa talvolta anche comico quando alcuni dei personaggi, raggiunto il successo, inizino loro sì ad inventare, nascondere e mentire, per aggiungere fascino ad una storia che Delta Blues ci rivela essere incredibilmente affascinante per quel che è stata.

Arrivare in fondo a questo libro è stato tutto tranne che una lettura noiosa.

In ultimo, alla fine del libro è organizzata una discografia, composta da canzoni e non album, ricchissima e che apre un universo di ascolti.

Il libro naturalmente è in inglese.

Bodhran© 2016

4 Risposte a “Ted Gioia “Delta Blues – The Life and Times of the Mississippi Masters Who Revolutionized American Music” (W. W. Norton & Company, 2009) di Bodhran”

  1. Tom 01/02/2016 a 13:41 #

    Anche Giles Oakley nel suo libro “La Musica del Diavolo” 1978 ed. Mazzotta (molto bello) riporta l’episodio accaduto a W.C Handy,del solitario suonatore nero nella stazione di Tutwiler, Mississippi, con i versi immortali cantati:…”goin’ where the Southern cross the Dog”, scelto come episodio fondamentale della nascita del Blues.

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  2. Paolo Barone 04/02/2016 a 02:23 #

    Grazie Bodhran, sia per la bella recensione che per aver aperto parecchi spunti di riflessione. Anche io mi sono chiesto tante volte come avrebbero fatto le nostre rockstar ad andare avanti nelle condizioni dei veri musicisti Blues. Ho affrontato personalmente dei giorni duri in tour sia in Europa che negli States, ma logicamente per me era un gioco. Potevo salire sul primo aereo e andarmene a casa pagando con la carta di credito. Per loro no, la vita del musicista afroamericano in quegli anni (e non solo) era veramente dura, e vivevano veramente quello che suonavano. Devo procurarmi questo libro…

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  3. timtirelli 04/02/2016 a 12:09 #

    Ricevuto il libro da AMAZON in questo momento. Grazie Bodhran.

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