Di questo libro – in inglese – ne parlò il nostro Bodhran già cinque anni fa (!!!)
ma devo tornare sull’argomento anch’ io avendolo terminato da poco ed essendo stato rapito completamente dalle sue pagine, a maggior ragione adesso che è stato pubblicato in italiano (dicembre 2020). La versione nella nostra lingua (con traduzione di Francesco Martinelli) è uscita mentre io stavo leggendo la versione inglese, dunque non ho avuto modo di affrontarla e quindi non so se sia stata tradotta in maniera consona, ma sospetto di sì, Martinelli è un grande (e ad ogni modo l’edizione italiana si presente molto bene: https://www.edt.it/libri/delta-blues).
Dicevo che devo accennarne anche io perché questo è uno dei libri sulla musica più importanti che abbia mai letto, Ted Gioia infatti esplora il Delta Blues in maniera impeccabile, cogliendone il respiro filosofico, etnico, spirituale, culturale, carnale.
Ed è tramite libri come questo che si può comprendere quanto il Delta Blues sia il concetto da cui è nata tutta la musica contemporanea profonda, non commerciale, espressione alta dell’animo umano. Sì perché pur arrivando ad essere messo su disco dopo il Big City Blues (il blues confezionato per le genti delle grandi città), il Delta Blues fu la prima forma di musica senza compromessi, senza concessioni patinate e fatto di melodie ruvide e spigolose, sviluppi armonici spartani che – almeno all’inizio – non rispettavano in pieno le metriche, le concezioni e le divisioni in battute occidentali, ma che contenevano ancora riflessi provenienti dall’Africa, terra dove la parola scritta ancora non esisteva e la storia e la cultura dei popoli veniva narrata oralmente, spesso tramite locali cantori. Ma mentre nel continente nero i cantori erano tenuti in massima considerazione e trattavano temi della comunità di cui facevano parte, i bluesman afroamericani erano visti come lazzaroni e demoni e i loro canti disperati si basavano sulla loro storia individuale, storia fatta di privazioni, di mancanza di affetto, di vite vissute al limite e on the road. Ed è questo che incantò i primi studiosi e scopritori bianchi di questo fenomeno, la purezza di canzoni senza filtri, l’importanza culturale di questo stile musicale plasmato in un contesto sociale particolare; da lì si sviluppò un interesse che attrasse le prime etichette discografiche disposte a pubblicare dischi di questi bluesmen.
Thomas Edison inventò il fonografo / grammofono sul finire del 1800 (la prima registrazione conosciuta è del 1888), nel primo novecento i dischi e l’apparecchio per riprodurli arrivarono anche nel Delta* del Mississippi e lo scopo dei musicisti blues divenne anche quello di registrare dischi. Benché i primi successi di “Blues” -come detto – facciano parte del Big City Blues, e dunque siano spesso suonati da orchestre o comunque da una band (alcuni esempi: MAMIE SMITH “ CRAZY BLUES” 1920, BESSIE SMITH “DOWNHEARTED BLUES” 1923 che vende 780.000 in sei mesi, e il famosissimo ST. LOUIS BLUES di W.C.HANDY pubblicato come spartito nel 1914,) tutti derivano dal Delta Blues.
W. C. HANDY (all’epoca famoso musicista dell’Alabama) infatti dichiarò che all’epoca in cui guidò un’orchestra di musicisti di colore a Clarksdale MS, intorno al 1903, una sera, nella stazione dei treni di Tutwiler, ascoltò per la prima volta il country blues da un bluesman sconosciuto (forse HENRY SLOAN o BEN MAREE, due figure che non ebbero la fortuna di lasciare tracce audio), ne rimase affascinato, ne contemplò il contenuto, chiamò quella musica “earth-born music” e con quella influenza scriverà MEMPHIS BLUES (1914) e ST. LOUIS BLUES (1914), brani che ebbero un tremendo successo all’epoca, trascinando il Big City Blues alla popolarità, musica diversa, più sofisticata, trendy e tutto sommato snob rispetto al blues tradizionale del Mississippi.
◊ ◊ ◊
◊ ◊ ◊
E’ con l’arrivo nel 1926 di BLIND LEMON JEFFERSON (che comunque era del Texas) e della sua “BOOSTER BLUES” registrata a Chicago che il country blues esplode,
◊ ◊ ◊
◊ ◊ ◊
grazie anche a tutta una serie di musicisti del Delta del Mississippi che iniziarono a vendere dischi ad una comunità che finalmente poteva riconoscersi in canzoni che parlavo dei guai, delle gioie, dei tormenti e delle follie dei sabato sera giù al Juke Joint appena fuori dalle piantagioni dove lavoravano, della loro vita da diseredati insomma.
Tra questi:
- 1926 – FREDDIE SPRUELL “MUDDY WATERS BLUES” “ MILK COW BLUES”
◊ ◊ ◊
◊ ◊ ◊
- 1927 – WILLIAM HARRIS (aiutato da H.C. Speir) “I’M LEAVIN’ TOWN” “BULLFROG BLUES”
◊ ◊ ◊
◊ ◊ ◊
- 1927 – BLIND WILLIE JOHNSON “DARK WAS THE NIGHT” “JESUS MAKE UP MY DYING BED” “IT’S NOBODY FAULT BUT MINE” registrate il 3/12/1927
◊ ◊ ◊
◊ ◊ ◊
- 1928 – TOMMY JOHNSON “Cold Drink Of Water Blues” “Canned Heat Blues” (Memphis Sessions).
◊ ◊ ◊
◊ ◊ ◊
- 1929 – CHARLEY PATTON “PONY BLUES”
◊ ◊ ◊
◊ ◊ ◊
- 1930 – SON HOUSE “DRY SPELL BLUES”
◊ ◊ ◊
◊ ◊ ◊
- 1930 – MATTIE DELANEY (donna) “TALLAHATCHIE RIVER BLUES”
◊ ◊ ◊
◊ ◊ ◊
- 1931 – SKIP JAMES “DEVIL GOT MY WOMAN
◊ ◊ ◊
◊ ◊ ◊
- 1935 – BIG JOE WILLIAMS “BABY PLEASE DONT GO”
◊ ◊ ◊
◊ ◊ ◊
- 1937 – ROBERT JOHNSON “ME AND THE BLUES BLUES”
◊ ◊ ◊
◊ ◊ ◊
E così via …
Ogni pagina del libro è una rivelazione. L’unico rimpianto è che Ted Gioia abbia scritto il paragrafo su Robert Johnson prima che il libro UP JUMPED THE DEVIL (https://timtirelli.com/2019/10/27/b-conforth-g-d-wardlow-up-jumped-the-devil-the-real-life-of-robert-johnson-omnibus-press-25019-ttttt/) fosse pubblicato e non abbia potuto così utilizzare le nuove informazioni storiche sulla vita di quello che è ancora oggi il bluesman più leggendario.
Ad ogni modo, come ci fece capire anche Bodhran cinque anni fa, questo libro è una meraviglia, per quanto ne so mai studio sul Delta Blues (dunque il vero blues) fu più completo di questo. Questo è un capolavoro che perlomeno i lettori di questo blog – e in generale gli appassionati di musica di spessore – dovrebbero leggere e possedere.
Long Live The (Delta) Blues!
(©2021 Tim Tirelli)
◊ ◊ ◊
* Come sappiamo per Delta del Mississippi non si intente il delta vero e proprio del fiume, quello che sfocia in mare dalle parti di New Orléans (e vi prego di pronunciare Orléans alla francese), ma quel lembo di terra alluvionale a nord ovest dello stato del Mississippi che confina con Louisiana e l’Arkansas appunto; 300 km di lunghezza e 100 di larghezza in cui vi è rinchiusa la storia più emblematica del “sud degli Stati Uniti”, il substrato culturale, razziale ed economico del sentimento blues più profondo.
Ordino il libro oggi. Sono sempre rapito da quei luoghi e quell’ epoca , e spero sempre che esca qualche film che rievoca quelle situazioni e quelle storie. Compro il libro anche perchè ho una erre con accento bretone (non MOSCIA!) , quindi nessuna difficoltà a pronunciare Orléans.
Luca
"Mi piace"Piace a 1 persona
Mi ha fatto impressione vedere che sono già passati 5 anni dalla lettura di questo libro. Devo dire che la recensione mi ha fatto venir voglia di rileggerlo. E’ un’opera davvero seria, esente da retorica ed enfasi. Concordo con te che se il libro fosse stato scritto alla luce delle informazioni che ci sono in Up Jumped the Devil sarebbe il compendio definitivo sull’argomento. Ma anche così non scherza.
"Mi piace"Piace a 1 persona