KARNE KATTIVA “Captive Animals” (KK 2015) – TTTT

8 Giu

KARNE KATTIVA, una delle pochissime nuove promesse a catturare la mia attenzione. Forse aiuta il fatto che siano di Modena, il chitarrista addirittura proviene dal mio stesso paesello, magari ero amico dei suoi genitori, ma credo che a colpirmi siano state le scintille che la loro musica riesce a proiettare sino a me e l’atteggiamento spavaldo pieno di energia.

Ad una primo esame emotivo la loro musica rimanda ai NEW YORK DOLLS (e non a caso il viso di Linda, cantante e autrice, ricalca in qualche modo i lineamenti di David Johansen), al glam (hard) rock di Los Angeles degli anni ottanta (io ci sento i CINDERELLA) e al punk; non al punk all’acqua di rose di questi ultimi lustri, ma quello duro e puro inglese della fine degli anni settanta. Magari sono impressioni solo mie, magari riflessi di atteggiamenti atavici che nemmeno loro sanno di avere.

Parlando di loro con un amico mi sono sentito dire “Sì, va beh, però nulla di nuovo” … sono rimasto colpito da questa risposta, perché – mi dico –  c’è qualcuno in giro nel mondo che fa qualcosa di nuovo? Se non altro questi rimangono lontano dalle consuete “nuove” scene metal, prog, world, rock alternativo, pop/rock italiano, brit pop.

Il loro primo album è una sorta di autoproduzione, otto brani diretti, decisi, che non fanno prigionieri.

Karne Kattiva 001

Si parte con STUCK ON IT, il singolo/video tratto dal disco:

GOTTA GO, sta tra i CINDERELLA, i FACES e certo Rock ribelle americano dei primissimi settanta.

Karne Kattiva 005

ANYWAY parte con il basso di Barani e la batteria della Nobili, un ritmo su cui si unisce la voce della Filippini; solo all’arrivo della chitarra di Zoboli il pezzo prende riflessi da classic hard rock di stampo americano anni ottanta (GUNS N’ ROSES), ma rimane distante dalla semplice scimmiottatura, qui c’è qualcosa di più.

Karne Kattiva 006

Mentre UH e ENNIE cavalcano sulle coordinate di rock diretto e duro senza tante concessioni melodiche, GIVE ME YOUR SMILE svela una scrittura e un arrangiamento più attento. Anche YOU FAILED all’inizio sembra immergersi in un Rock più accessibile  grazie alla chitarra di Alex ma quando entra la voce di Linda suggestioni dei TELEVISION tornano alla mente.

Karne Kattiva

Martina & Linda – Karne Kattiva

SHE’S ON FIRE è affrontata in modo sfacciato e chiude l’album senza chiedere nulla a nessuno. Che poi non è che lo chiuda, dopo i 3:15 del pezzo ci sono un po’ di secondi di vuoti e poi inizia un alto brano, la classica ghost track che comunque sfuma poco dopo.

Dave & Alex - Karne Kattiva

Dave & Alex – Karne Kattiva

Sento dire in giro che in questi ultimi anno il gruppo è molto migliorato, non so come fosse prima, ma da questo cd si capisce che la band è coesa, che è condotta da una continua vampata di energia, che suona in modo consono alla proposta, che non esagera in solismi e in arrangiamenti, ma che nemmeno abusa della semplificazione a tutti i costi.

Non li ho ancora visti dal vivo, capiterà presto, in compenso ho incontrato due di loro un paio di volte in un locale della nostra zona. Dave ha la sicurezza e la gagliardia del rocker ventenne che si sente titanico dinanzi al futuro. Rivedo in lui il giovane Tim; basta poi guardare Martina negli occhi per capire che si fa sul serio, quello sguardo (tipico di certe donne) pieno di calma, curiosità, interesse per il futuro e che lascia intendere il totale controllo della situazione e della propria vita.

Io credo che il gruppo sia davanti ad un bivio: continuare così o cercare la sterzata decisiva.

Continuare così sembra sul momento la più affidabile: altri concerti, un altro disco sulla falsariga di questo e vedere di scendere sempre più nel profondo del filone scelto; .

La seconda ipotesi è forse la più difficile da affrontare: rimanere concentrati sulla band, senza perdersi in altre collaborazioni con altri gruppi. Sì perché uno pensa di fare esperienza nel suonare contemporaneamente in varie altre formazioni (al di là dell’indubbio divertimento), ma temo che in realtà questo mini l’apporto e la concentrazione verso il gruppo d’appartenenza. Ne ho visti davvero tanti fare quella fine. Tutti suonano con tutti, col risultato che ormai nessun gruppo si distingue e i musicisti perdono la tensione che riesce a renderli originali e ben focalizzati.

Oltre a questo bisognerebbe spingere sul songwriting. Pur rimanendo all’interno del concetto originale, sarebbe necessario fare il passo successivo, portarsi fino ai confini di ciò che si è stabilito e diversificare il modo in cui si guardano gli orizzonti. Senza perdere la bramosia dell’istinto, del proprio essere, cercare di arrivare all’immensità della musica, naufragare alla ricerca delle canzoni.

Chissà come andrà a finire. Per il momento, comunque vada, è un ottimo inizio.

https://karnekattiva.bandcamp.com/album/captive-animals

 

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