Sono parecchie settimane che ho in mente di recensire questo album. Mi peritavo a farlo perché, visto che non mi piace granché, sapevo che avrei finito per parlarne in termini non proprio lusinghieri. Non che mi faccia problemi a farlo, la caratteristica di questo blog é quella di essere schietto e sincero, ma far sempre la parte di chi va contro corrente non è il massimo, e inoltre il fastidio di sentire poi commenti del tipo “ma tu non capisci gli Stones allora, e se non li capisci allora non capisci il Rock” diventa poi insopportabile. Potevo però far finta di niente circa il disco di uno di quei gruppi che mi hanno formato, che mi hanno fatto diventare quel che sono? Potevo snobbare un disco dove compaiono Mick Jagger e Keith Richards, guiding lights della mia intera vita?
L’idea non è malaccio, ovvero pubblicare un disco di vecchi blues non troppo consunti , ma già il genere non aiuta e averlo registrato live in tre giorni poi non ha aiutato certo a rendere il tutto un po’ variegato. Certo, mi si dirà, è questo il bello, un disco vivo, palpitante, sporco, vibrante, spontaneo…sarà, ma a me non dà emozioni particolari. Troppo cazzeggio, troppe sbavature, armonica poco intonata, produzione approssimativa. Sì, va bene, questo è il mood dei Rolling Stones, ma a me sembra che ci sia qualcosa che non va.
JUST YOUR FOOL è un bel blues con un minimo di melodia e un buon ritmo. La versione originale di Buddy Johnson è del 1954 e la si può descrivere blues orchestrale. I Rolling lo portano sul confine del minimalismo. Mi sembra di ascoltare un gruppo di amici tipografi che si ritrovano in sala prove il giovedì sera a fare un po’ di blues. La differenza è che qui c’è Jagger. COMMIT A CRIME è piuttosto fedele all’originale di Howlin’ Wolf. Il pezzo non respira. Ascoltato in cuffia diventa un buraccione . L’inizio di BLUE & AND LONESOME sembra fatto da un gruppo agli inizi, piuttosto imbarazzante. Questo è uno di quei blues che non mi piacciono, nemmeno la versione di Little Walter mi ha mai scaldato. Il titolo però mi si confà. La versione dei Rolling è sgangherata. Sì, lo sappiamo questo è il loro bello, ma o sono diventato isterico io o i Rolling però sono peggiorati parecchio. ALL YOUR LOVE di Magic Sam è un po’ scolastica. Di nuovo Little Walter: I GOTTA GO. Il ritmo veloce scuote un po’ di fiacca cosicché il pezzo sembra funzionare.
Non appena Eric Clapton entra in scena, lo fa in EVERYBODY KNOW ABOUT MY GOOD THING, le cose iniziano a migliorare. La slide è intonata e di spessore e anche il gruppo sembra giovarne. Jagger fa il Jagger, ed è assai gradevole. RIDE ‘EM ON DOWN funziona, di nuovo ritmo sostenuto di nuovo Jagger sopra tutti. La versione del 1956 di Eddie Taylor è insuperabile ma i Rolling non sfigurano.
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HATE TO SEE YOU GO è fedele alla versione di Little Walter. HOO DOO BLUES fu registrata da Lightnin’ Slim nel 1960 in una versione con la voce ben in primo piano (forse troppo) e una armonica tetra. I Rolling tentano di replicarne l’atmosfera. Ci riescono, il pezzo è riuscito. LITTLE RAIN di Jimmy Reed è uno di quei blues che sentiamo nostri, al contempo leggeri e grevi, pieni di quel pathos blues che ci siamo costruiti nell’anima. L’inizio di quella dei Rolling Stones è da brividi, non fosse per il cantato sfacciato di Mick che toglie qualcosa dall’aggettivo spaventoso. Anche questo un blues riuscito.
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Chiuduno due pezzi di Willie Dixon. Il primo, JUST LIKE I TREAT YOU, fu cantato da Howlin’ Wolf e i nostri ne danno una interpretazione davvero niente male. Il secondo è la celeberrima I CAN’T QUIT YOU BABY, qui riproposta nella versione di base senza le variazioni di OTIS RUSH. E’ un po’ noiosetta malgrado Jagger cerchi tenerla su. Piuttosto canonico pure l’assolo di Clapton.
In sostanza un album da 6+, dai Rolling Stones, seppur settantenni, si vorrebbe sempre ben altro, ma temo che oggi non riescano ad andare oltre. Le chitarre di Richards e Wood paiono sempre più anacronistiche, perse come sono – spesso – in prestazioni che al giorno d’oggi si fatica ad accettare (da musicisti bianchi britannici della loro epoca). Il basso di Darryl Jones non c’entra nulla col mood del gruppo, ma questo lo andiamo dicendo da lustri ormai. Certo, sono gli Stones alle prese con qualche blues davvero notevole, e alla fine il disco fa la sua figura, ma ecco…teniamo i piedi per terra.
PS: Il disco è masterizzato altissimo, la compressione è da fuori di testa. In cuffia è quasi impossibile ascoltarlo, appena tocchi il volume va in saturazione.
Questa è la prima recensione non del tutto favorevole che leggo su B&L . Un ritorno alle origini , album blues , suono poco curato e via dicendo . L’idea di tornare ai primi due album di cover non mi ha convinto , probabilmente perché (parlando di blues alla Stones) sono più orientato verso un album come Exile . Non acquisto dischi dei Rolling Stones da Bridges to babylon ma dopo Tattoo You non ci trovo nulla di interessante . Quest’ ultimo lo ho ascoltato rapidamente su internet e l’idea generale è quella di una trovata alla “Rod Stewart the american songbook” o Unplugged di Clapton .
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Ottima recensione, sicuramente la migliore che ho letto su questo album.
Probabilmente anche aiutata dalla salutare distanza temporale fra il primo impatto e la scrittura. Si parla degli Stones, dei nostri Stones, quindi anche se non ci sarebbe proprio nulla da aggiungere a quello che ha scritto Tim, mi sento quasi in dovere di dire anche io qualche fesseria. Mah, si, e’ un disco piacevole e tutto sommato forse quello che dell’era post Tattoo You ascolteremo di più. Forse. In fin dei conti alcuni pezzi funzionano davvero, e quando pensavo che fosse l’ultima prova in studio della band e poi basta, ne vedevo anche un significato molto bello e profondo…Ora so che non sara’ così, e quindi qualsiasi sara’ il livello del suo successore, il fatto stesso che ce ne sara’ uno cambia totalmente il senso di Blue & Lonesome. Mah! Staremo a vedere.
Intanto pero’ “…un gruppo di amici tipografi che si ritrovano in sala prove il giovedì sera…” e’ da premio Lester Bangs marzo 2017!
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” Intanto pero’ “…un gruppo di amici tipografi che si ritrovano in sala prove il giovedì sera…” e’ da premio Lester Bangs marzo 2017! ”
ah ah ah
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