Già il titolo la dice lunga, senza congiunzioni e orpelli raggiunge la schietta espressività in un istante, la stessa di cui è permeato il libro. Un vecchio, a tratti smemorato, che vive in anfratti solitari sulle montagne e che lo fa in maniera rude, primitiva, ancestrale. Lo scorrere del libro è fluido, la semplicità esemplare, mai banale, sempre corroborata da una tensione pura e naturale. 140 pagine degne di nota.
Il libro in breve (http://www.exormaedizioni.com)
La vita di Adelmo scorrerebbe scandita dai cambiamenti stagionali, tra estati passate a isolarsi nel bivacco sperduto e inverni di buio e deliri nella baita ricoperta da metri di neve, se un giorno di primavera, nel corso del disgelo, Adelmo non vedesse spuntare un piede umano dal fronte di una delle tante valanghe che si abbattono sulla vallata.
Neve, cane, piede si ispira a certi romanzi di montagna della letteratura svizzera, in particolare a quelli di Charles-Ferdinand Ramuz, o alle opere ancora più aspre di certi autori di lingua romancia, come Arno Camenisch, Leo Tuor o Oscar Peer: vi si racconta una vita in montagna fatta di durezza, di fatica, di ferocia anche, senza accomodamenti bucolici.
Nell’ambiente immenso, ostile e terribile della montagna, il racconto dell’isolamento dell’uomo, del ripetersi dei suoi gesti e dell’ostinazione dei suoi pensieri è reso dalla descrizione minuziosamente realistica che a volte si carica anche di toni grotteschi e caricaturali, soprattutto nei dialoghi tra uomo e animali, questi ultimi dotati di loquacità assai sviluppata.
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