“Nella campagna bruciata arrivano suoni lontani: abbaiano i cani, risponde soltanto un juke-box. Arrivano gli americani…” Stormy Six
I soldati se ne vanno trascinando armi stanche. Qualcuno balla su drammatiche rovine con qualche disco che dispensa allegria. Uomini e donne tornano a vivere e nelle orecchie hanno canti di lotta e di vittoria. Timidamente, qualche orchestrina intona “In the Mood”. Il meglio deve ancora arrivare.
“I migliori dischi della nostra vita”
Abbiamo tutti un passato, alcuni recente, altri remoto. Io non lo misuro in anni, il mio tempo è scandito dalle canzoni. Negli anni ’60 la proposta musicale era ricchissima, coadiuvata dalla novità dei gruppi rock inglesi e americani: su tutti i Beatles. Quest’ondata di musica straordinaria cambierà le nostre abitudini e arriverà a farci da colonna sonora sino ad oggi, seppur con vari cambiamenti di stile.
Ma il periodo musicale che desidero narrare ora è quello precedente. Quello della felicità post bellica, della ricostruzione culturale dopo vent’anni di crudele oscurantismo. Quello della musica “leggera”, arrivata con gli americani, con il miracolo economico, con il juke box.
Ero un bimbo quando, in casa mia, sul giradischi che andava a tre velocità, sono arrivati i vinili. I primi erano dei 78 giri, ricordo Frankie Laine con “Ok Corral”, tema dal film “Sfida all’ok Corral”, i Platters con “Only You” e, poi, i 45 giri. I gusti erano dettati dagli adulti e tra gli interpreti che riscuotevano maggiore successo nella mia famiglia c’erano sicuramente Nat King Cole, Perry Como, Pat Boone, Dean Martin, Paul Anka, “the voice” Frank Sinatra e qualche altra star americana. Inoltre c’era il “jazz”, non certo quello “cool”, caldo o freddo e macchinoso, solo quello che spesso faceva da tema musicale a qualche pellicola, quindi Duke Ellington, Glen Miller, Ella Fitzgerald, Louis Armstrong.
Del nostro vecchio continente, piaceva molto la straordinaria interprete francese Edith Piafcon “Hymne a l’amour”, “La vie en rose” e “Non je ne regrette rien”. Il suo canto potente e straziante, al contrario della sua immagine, credo abbia incantato il mondo intero. Edith Piaf non era l’unica non americana ad aver ottenuto un generale consenso tra le nostre pareti. La musica francese ci aveva conquistato anche con la musa della cultura raffinata, Juliette Grecò, con l’istrionico Ives Montand ed il magnifico Gilbert Becaud, oltre all’anarchico Georges Brassens ed al poeta Jacques Brel.
La musica italiana, tranne poche eccezioni, era ancora “antica”: le ugole melodiche appartenevano a Luciano Tajoli, Sergio Bruni, Emilio Pericoli, Nilla Pizzi, Gino Latilla, Jula De Palma, Renato Rascel, il “reuccio” Claudio Villa, nomi che si erano resi noti attraverso la radio e qualche “musicarello”.
Arrivano nuovamente gli americani… gli elettrodomestici americani e, con loro, la televisione.
La rivoluzione televisiva ci porta il fenomeno Domenico Modugno. Suoi furono i primi singoli italiani che sentivamo in casa: “Vecchio frack”, “Strada ‘nfosa”, “Resta cu’mme”. Grazie al nuovo mezzo audio-visivo, fecero breccia Fred Buscaglione, il Quartetto Cetra, Peppino di Capri, Umberto Bindi e molti altri interpreti. Sanremo era già Sanremo. Un capitolo a parte meritavano le canzoni della “mala” interpretate da Ornella Vanoni e i Cantacronache di Michele L. Straniero con i canti partigiani.
Coadiuvato dal successo di alcuni film realizzati per lanciare le sue canzoni, il nuovo fenomeno musicale americano è Elvis Presley. Elvis è il primo esempio di icona popolare. In Italia, seppur noti, Bill Haley, Gene Vincent o Chuck Berry, erano rimasti nella nicchia, Elvis fece suo il rock’n roll e ne divenne il Re. Tutti avremmo voluto essere Elvis, molti cercheranno di esserlo, alcuni credono tuttora di esserlo.
Con l’avvento di Elvis “the pelvis”, nomignolo affibiatogli proprio per il suo modo di muoversi, cresce anche in Italia il desiderio di ballare, ovunque, non solo alle festicciole in casa. Così arriva, sempre dall’America, il Juke-box, la luminosa scatola che diffonderà i successi musicali nei bar, nei locali da ballo, sulle spiagge.
L’utilizzo dei juke-box moltiplica l’amore per le canzoni, per le hit conosciute tramite la radio, la televisione. Con “cinquanta lire” fai la serenata alla ragazza, movimenti una festa, esibisci i tuoi gusti. I nuovi idoli, oltre a Elvis Presley ed a tutti i nomi sino ad ora citati, sono Neil Sedaka, Conway Twitty, Timi Yuro, Frankie Avalon, Bobby Darin, Connie Francis, Nelson Riddle ed un gruppo di chitarristi inglesi chiamato The Shadows. La voce della band era Cliff Richard. A loro si ispirò il manager Brian Epstein, che li vide a Liverpool, per dare consigli ad un gruppo nuovo di cui si stava occupando.
Altri cantanti italiani, oltre a quelli precedentemente nominati, che uscivano dal video, soprattutto dal festival di Sanremo o dalla radio, trovavano spazio e successo con il loro singolo nei juke-box: Adriano Celentano, Mina, Gino Paoli, Tony Dallara, Nico Fidenco, Pino Donaggio, Milva, Johnny Dorelli. Molti cantavano la versione italiana dei grandi successi d’oltre oceano, fenomeno che si svilupperà maggiormente poco più tardi. E’ altrettanto vero che molti interpreti statunitensi, inglesi e francesi cantavano le loro canzoni anche in lingua italiana e, spesso, partecipando come ospiti in gara al festival ligure, eseguivano il brano inedito direttamente nella nostra lingua.
In questo periodo spopola un nuovo ballo che si chiama “twist”, attorcigliamento, e le classifiche si riempiono di brani che suggeriscono questo nuovo oscillamento sulla pista. A cantare i successi saranno Chubby Checker (Let’s twist again), Peppino Di Capri (Saint Tropez Twist), Adriano Celentano (Peppermint Twist) e altri interpreti. Coloro che vorranno continuare a ballare stretti su una mattonella, sceglieranno ancora Elvis “Are you lonesome tonight”.
Ognuno ha la propria colonna sonora, quella autunnale, primaverile, invernale e, soprattutto, estiva: Edoardo Vianello, Fred Bongusto, Rita Pavone, Francoise Hardy, Petula Clark, Gianni Morandi, hanno incorniciato le nostre estati, e, fra tutte, la regina è stata e resterà “Sapore di sale” scritta ed interpretata da Gino Paoli, arrangiata da Ennio Morricone con Gato Barbieri al sax.
Siamo arrivati al 1963. Il racconto della musica del boom economico in Italia termina qui. Ci saranno maggiori successi. Si confermeranno molti artisti del passato e conquisteranno i juke-box, le classifiche e la popolarità numerosi nuovi interpreti … ma tutto cambierà. Nel 1963, appare per la prima volta in classifica un gruppo inglese chiamato The Beatles. Da questo momento sarà tutto diverso, ovunque. Anche la mia vita sarà diversa. Arriveranno i long playing, ed i primi a fare ingresso in casa mia non saranno i Beatles ma Joan Baez e Peter, Paul & Mary. Nello stesso tempo, sarà un brano americano interpretato da un gruppo inglese a far crollare ogni sottile argine rimasto tra me e la musica: “The House of the Rising Sun” degli Animals. Da qui inizia un’altra storia: il mio futuro.
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