Nuova raccolta per il biondo di Birmingham, un doppio cd che contiene alcuni suoi “classici” pezzi del periodo migliore della sua carriera solista (1982 – 1993), brani del periodo successivo, e tre inediti. Copertina standard, nessuno sforzo creativo e realizzativo particolare.
Apre Rainbow, che fa parte dell’ultimo periodo del Golden God, il periodo che critici e molti fan apprezzano, il periodo che fa scrivere frasi già lette mille volte su come RP ricerchi strade nuove, su come non abbia dormito sugli allori, su come sia sempre riuscito sempre a rimettersi in gioco. Tutto vero, noi però non riusciamo ad esaltiamo troppo per gli ultimi album di Percy; certo non avremmo voluto vederlo – come ad esempio Gillan, Coverdale e parecchi altri – perpetuare il ruolo di cantante hard rock perché quando fisico e voce finiscono per tradirti ti mettono ovviamente in grande imbarazzo, ma non siamo nemmeno pronti a sostenere a cuore aperto quel miscuglio di americana-space-afro-rock alternativo.
Sono i pezzi dei primi lustri post Zeppelin a risplendere: Hurting Kind, buon brano rock tirato e scevro dai luoghi comuni del rock duro,
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e la delicata meraviglia di Ship of Fools ad esempio.
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Il mai pubblicato prima Nothing Takes the Place of You (Alan Robinson / Toussaint McCall) è in perfetta sintonia con le ultime voglie di Robert, traccia che proviene dalla colonna sonora del film del 2013 “Winter In The Blood
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Per Heaven Knows (comprensivo di un bell’assolo con lo stringbender di Jimmy Page) e In The Mood vale il discorso fatto in precedenza, due grandi brani del primo periodo da solista
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In Charlie Patton Highway (Turn It Up – Part 1) (Giovino/Miller/Robert Plant), secondo inedito, Plant torna alle radici del blues, lo fa in maniera meno scontata di tanta altra gente, ma secondo noi aggiunge poco.
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Altri classici del passato più remoto: Like I’ve Never Been Gone, splendida ballata del 1982 con Cozy Powell alla batteria e I Believe del 1993, commovente secondo omaggio a Karac, il figlio che perse nel 1977.
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Notevole anche la versione acustica di Great Spirit registrata nel 1993 insieme all’indimenticato Rainer Ptacek e alla sua chitarra National. Blues tenebroso e intenso.
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La solenne Anniversary (1990) ha ancora il suo perchè
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così come la frizzante Fat Lip del 1982
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e il gran singolo del 1993: 29 Palms
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Agli appassionati del genere americana piacerà l’inedito Too Much Alike (Feat. Patty Griffin).
Finale lasciato a due bei brani rock del 1993 venati di blues e di piombo Zeppelin e al contempo moderni come Memory Song (Hello Hello) e Promised Land, prima di essi però non poteva mancare probabilmente il singolo più riuscito di Robert Plant, l’evocativa Big Log: atmosfera superlativa, gran testo perfetto e videoclip d’accompagnamento pressoché perfetto.
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Una raccolta molto articolata (di diversi brani abbiamo scelto di non parlare), forse pure troppo, che spazia tra i bei classici e le ottime deep cut anni ottanta e novanta e le prove – a nostro giudizio non proprio indimenticabili – degli ultimi due decenni. Detto questo, riascoltare certi pezzi di Robert Plant è sempre un’emozione.
CD1
- Rainbow
- Hurting Kind
- Shine It All Around
- Ship of Fools
- Nothing Takes the Place of You *
- Darkness, Darkness
- Heaven Knows
- In the Mood
- Charlie Patton Highway (Turn It Up – Part 1) *
- New World
- Like I’ve Never Been Gone
- I Believe
- Dance with You Tonight
- Satan Your Kingdom Must Come Down
- Great Spirit (Acoustic)
CD2
- Angel Dance
- Takamba
- Anniversary
- Wreckless Love
- White Clean & Neat
- Silver Rider
- Fat Lip
- 29 Palms
- Last Time I Saw Her
- Embrace Another Fall
- Too Much Alike (Feat. Patty Griffin) *
- Big Log
- Falling in Love Again
- Memory Song (Hello Hello)
- Promised Land
* Previously Unreleased
Rainbow l’ho ascoltata in anteprima alla Cavea di Roma nel luglio del 2014 , sarà stata l’atmosfera ma non era niente male e in seguito alla sua pubblicazione me la sono riascoltata volentieri. Da quella serata ho un ottimo ricordo di un altro suo pezzo solista (del 2005) The Enchanter con la slide nella parte centrale. A mio parere Robert Plant è meglio goderselo dal vivo che ascoltarlo su cd o in video. Sono d’accordo con il tuo punto di vista , certo , non si è abbassato ai livelli di altri illustri colleghi e ha dimostrato di essere una rarità nell’industria del rock però è anche difficile stargli dietro. Da una parte c’è lui con i suoi progetti sempre così lontani dallo status Zeppelin , dall’atra c’è quel signore oscuro che collabora con la Fender e pubblica libri fotografici con i suoi celebri (e non) costumi di scena messi su degli appendi abiti e le chitarre che non suona più (anche se recentemente ha dischiarato di suonare tutte le mattine e di stare scrivendo nuova musica ….) , ah poi John Paul Jones che suona con chiunque.
Mi chiedo il senso di questa raccolta , non voglio immaginarmi il catalogo del Dirigibile nelle sue mani.
Ieri mi sono eroicamente imbarcato (e non per la prima volta) nel TOUR OVER EUROPE 1980 , dopo Dortmund stasera è il turno di Colonia.
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Verrà recensito anche il nuovo Blue Öyster Cult?
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Yes, Jacob.
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Considerando che il primo Digging Deep è uscito da poco forse con una selezione più oculata avrebbe fatto uscire due raccolte di pari livello; questa è, come scrivi, articolata, io avrei usato forse l’aggetivo altalenante.
Il giudizio su Plant poi ognuno ha il suo, ed è giusto così; io appartengo a quelli che pensano che abbia fatto bene a fare come ha fatto (d’altra parte la carriera/vita è la sua e non dei fan).
E nell’arco della carriera anche a me il lato afro-rock non ha mai convinto, non fosse che grandi pezzi con quello stile non sono mai usciti, mentre trovo l’album con Allison Krauss molto bello, così come quello con la Band of Joy americana. A distanza di tempo è un po’ un peccato che due album con gran bei pezzi come Now and Zen e Manic Nirvana siano stati registrati in anni in cui il gusto delle produzioni era quello che era, quei suoni ora risultano più datati di quelli dei primi due dischi. Nel complesso vedere un uomo di 72 anni ancora si diverte ancora a salire sul palco non accontentandosi di fare il juke-box di greatest hits è una cosa che mi fa piacere.
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A me piace molto Little by Little, forse l’unico brano degno di un Album sottotono (shaker n stirred) Ma vedo che non è stato inserito nella compilation.
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Hai perfettamente ragione Marco: LITTLE BY LITTLE è un grandissimo pezzo e non anche io capisco come non sia stato inserito. Altro brano che mi piace da quell’album è Sixes And Sevens…
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Little by Little è in Digging Deep (anche quello con una discutibile copertina). Di doppioni ce ne sono più di uno, scelta davvero poco comprensibile
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Vorrei essere fan di neil young che pubblica un
album ogni 6 mesi.
Per questo e altro sono grato a plant per la sua carriera solista che dura da 38 anni.
E devo dire con rammarico che leggere che
jimmy page dichiara che durante il lockdown
ha ripreso confidenza con la chitarra me lo
rende sempre meno credibile.
Negli ultimi 40 anni non si e’ sprecato molto.
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Questa antologia non é la prima.
Nel 2003 usci’ un doppio cd SIXTY SIX TO TIMBUKTU the very best
che conteneva anche molte rarita’ tra cui 6 canzoni 1966/ 67/ 68 + b sides,
+ soundtracks + inediti vari ( tra cui uno live a timbuktu ),
Poi nel 2019 una raccolta di 8 quarantacinque giri in vinile.
La confezione é ad album sfogliabile con le copertine originali riprodotte.
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