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La canzone “IN MY ROOM” e la gola dell’alloro (Laurel Canyon Blues)

22 Feb

Il documentario Echo In The Canyon, ora disponibile su una TV a pagamento, mi ha rigettato nel mood spirituale del Laurel Canyon∗, quel quartiere montuoso nella regione di Hollywood Hills delle montagne di Santa Monica, all’interno del distretto di Hollywood Hills West di Los Angeles, in California. Un canyon è una gola prodotta per erosione da un corso d’acqua che scorre tra rocce prive di vegetazione, tipica di zone montuose dell’America settentrionale. Negli anni ’60 il quartiere era diventato un centro locale per la controcultura e molti importanti musicisti folk e rock si trasferirono nell’area, rendendolo un fulcro per la collaborazione musicale.

Io iniziai a capire qualcosa una volta che mi capitò in mano l’album di John Mayall “Blues From Laurel Canyon” (fine 1968), il primo disco di Mayall dopo il periodo Bluesbreakers.

Una volta messo a fuoco la (bella) zona e il crogiuolo che diventò nella seconda metà degli anni sessanta, iniziai ad affezionarmi all’idea di un luogo in cui vennero a contatto e si amalgamarono elementi e culture diverse. Vedere il documentario in questione mi ha riportato a quei miei sogni quasi fanciulleschi e a quel mondo underground che presto sarebbe diventato una fortissima corrente culturale e musicale dal successo tipico delle faccende mainstream.

Laurel Canyon, Los Angeles

Eccomi dunque qui a riascoltare a manetta Byrds e Beach Boys; di solito con questi ultimi tralascio le canzonette surf (anche se una di queste sia in pratica Sweet Little Sixteen di Chuck Berry) e mi immergo in cosucce più articolate e rese immortali dal songwriting pazzesco di Brian Wilson (e di chi collaborò con lui alle stesure). Arriva il momento di In My Room e d’improvviso vengo dal vento rapito e incomincio a volare nel cielo infinito.

In My Room fu scritta da Brian Wilson (deus ex machina del gruppo) e Gary Usher (autore e produttore californiano) e fu pubblicata nel loro album del 1963 Surfer Girl.

Usher ricorda:  “In My Room” ci fece prendere un po’ più sul serio il nostro mestiere. Brian e io tornammo a casa una sera dopo aver giocato a ‘over-the-line’ (una partita di baseball). Io suonavo il basso e Brian era all’organo. La canzone fu scritta in un’ora… tutta la melodia di Brian, la sensibilità… il concetto significava molto per lui. Quando finimmo, era tardi, ben oltre il nostro coprifuoco di mezzanotte. In effetti, Murry [il padre dei fratelli Wilson] venne un paio di volte e voleva che me ne andassi. Ad ogni modo c’era Audree [la madre dei fratelli Wilson] che si stava sistemando i capelli prima di andare a letto, e la suonammo suonata per lei. Disse: “Questa è la canzone più bella che tu abbia mai scritto”. Murry disse: “Non male, Usher, non male”, che è stata la cosa più carina che mi avesse mai detto.

Gary Usher disse inoltre che “Brian diceva sempre che la sua stanza era tutto il suo mondo”, e lo stesso Brian dichiarò: “Avevo una stanza e la consideravo il mio regno. E ho scritto quella canzone a proposito del fatto che non hai paura quando sei nella tua stanza. È assolutamente vero.”

Come dice il nostro Pike Boy, In My Room è una sorta di Doo Wop, ma – aggiungo io – ha un qualcosa nella melodia, negli accordi usati che la rende magica, universale, unica. È una di quelle canzoni così belle da lasciare senza fiato, semplice eppur particolare con giochi d’armonia e d’accordi riuscitissimi. Lo scrivere canzoni è da sempre la mia attività preferita a questo mondo e perciò sono molto sensibile all’argomento, però davvero questa mi sembra una delle canzoni più toccanti che mi sia mai capitato di ascoltare.

There’s a world where I can go and tell my secrets to
In my room, in my room
In this world I lock out all my worries and my fears
In my room, in my room

Do my dreaming and my scheming
Lie awake and pray
Do my crying and my sighing
Laugh at yesterday

Now it’s dark and I’m alone
But I won’t be afraid
In my room, in my room
In my room, in my room
In my room, in my room

Rivedo il giovane Tim, laggiù negli anni settanta, nella sua cameretta, un armadio, il letto, una libreria, una scrivania, una chitarra, un giradischi e i tanti poster attaccati alla parete … quelli dei Led Zeppelin, poi Emerson Lake And Palmer, Rolling Stones versione 1978, Genesis versione Seconds Out, Aerosmith, Blondie … ricordo le sue malinconie adolescenziali, i suoi wildest dreams, le sue speranze … ah, cameretta, quanto ti ho vissuta … adesso è buio e sono solo ma non ho paura, nella mia cameretta, nella mia cameretta, nella mia cameretta, nella mia cameretta.

Tim ai tempi di IN MY ROOM

Tim ai tempi di IN MY ROOM