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PAROLE AL VENTO: la fine dell’aggettivo “distrutto” (e l’avvento del termine “devastato”)

5 Ott

Sono ormai molti mesi che l’aggettivo distrutto (e il verbo distruggere) è scomparso, al suo posto ormai si usa esclusivamente devastato (e il verbo devastare), ed è una cosa che non riesco a sopportare.

E’ vero che in qualche modo l’uno è sinonimo dell’altro, ma quando sento dire “sono devastato” mi si rizzano i peli, mi sale il vomito, mi si capovolge l’umore.

Perché dobbiamo sempre umiliare la lingua italiana, perché siamo sempre così pigri e stolti da soccombere irrimediabilmente all’inglese-americano e all’uso delle iperbole? Questo cambiamento infatti è dovuto alla sudditanza dall’inglese-americano (lingua che ci sembra ormai famigliare ma è esclusivamente per l’uso continuo che se ne fa, in realtà è lingua nordica gutturale impoverita ulteriormente dalle varie pronunce americane) – proviene – è ovvio – da “devastated” appunto e dalla uso immondo delle iperbole … non si è più distrutti, bensì devastati.

Un paese è devastato (da un terremoto, da un maremoto, da una alluvione), un uomo è distrutto (dalla fatica, da un lutto, da un evento negativo), per dio *!

Sia chiaro, su questo blog non siamo puristi, pure noi usiamo termini inglesi (sebbene sia stato specificato più volte che spesso l’uso è ironico e relativo al tema che stiamo trattando oggi), ma a tutto c’è un limite.

Non credo ci sia più speranza, persino Andrea Scanzi nelle sue dirette sui social usa devastato, termine che compare anche nella traduzione dell’ultimo libro di Greg Iles recensito su questo blog poco tempo fa.

Io sono distrutto dall’uso dell’aggettivo devastato.

Sì, lo so, John McLaughlin & The One Truth Band non c’entrano nulla con questo post, ma adesso occorre un po’ di pulizia dell’animo

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