Sono ormai molti mesi che l’aggettivo distrutto (e il verbo distruggere) è scomparso, al suo posto ormai si usa esclusivamente devastato (e il verbo devastare), ed è una cosa che non riesco a sopportare.
E’ vero che in qualche modo l’uno è sinonimo dell’altro, ma quando sento dire “sono devastato” mi si rizzano i peli, mi sale il vomito, mi si capovolge l’umore.
Perché dobbiamo sempre umiliare la lingua italiana, perché siamo sempre così pigri e stolti da soccombere irrimediabilmente all’inglese-americano e all’uso delle iperbole? Questo cambiamento infatti è dovuto alla sudditanza dall’inglese-americano (lingua che ci sembra ormai famigliare ma è esclusivamente per l’uso continuo che se ne fa, in realtà è lingua nordica gutturale impoverita ulteriormente dalle varie pronunce americane) – proviene – è ovvio – da “devastated” appunto e dalla uso immondo delle iperbole … non si è più distrutti, bensì devastati.
Un paese è devastato (da un terremoto, da un maremoto, da una alluvione), un uomo è distrutto (dalla fatica, da un lutto, da un evento negativo), per dio *!
Sia chiaro, su questo blog non siamo puristi, pure noi usiamo termini inglesi (sebbene sia stato specificato più volte che spesso l’uso è ironico e relativo al tema che stiamo trattando oggi), ma a tutto c’è un limite.
Non credo ci sia più speranza, persino Andrea Scanzi nelle sue dirette sui social usa devastato, termine che compare anche nella traduzione dell’ultimo libro di Greg Iles recensito su questo blog poco tempo fa.
Io sono distrutto dall’uso dell’aggettivo devastato.

Sì, lo so, John McLaughlin & The One Truth Band non c’entrano nulla con questo post, ma adesso occorre un po’ di pulizia dell’animo
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Per non parlare delle aziende che fanno la lobotomia ai loro dipendenti con tutta una serie di termini inglesi che funzionerebbero benissimo anche nella nostra lingua.
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L'”aziendalese” è in genere una lingua terrificante. Nel mio lavoro cerco fortemente di usarlo il meno possibile ma è anche vero è che in alcuni ambienti ostinarsi a non volerlo usare è quasi controproducente. E’ che stiamo cedendo pezzi interi di vocabolario per assecondare brutte traduzioni di libri e film. Vogliamo parlare dell’uso di “fottutissimo” quando la nostra lingua ci regala molteplici coloriture (che qui non riporterò) di esprimere lo stesso concetto? A cultura impoverita corrisponde una lingua impoverita.
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E vogliamo parlare anche degli errori di ortografia e sintassi che infilo nelle mie risposte se non inizio a rileggere quello che scrivo???
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Bisognerebbe sentire il professore Sabatini. Qualche volta mi capita di
vederlo in tv. Penso ti farebbe, Tim, membro onorario del’ accademia della
crusca.
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A me fa solo venire in mente un bel pezzo degli Allman Brothers “Ain’t wastin’ time no more”…e mi consolo…amen!!
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