L’altra mattina mi chiama Ronnie, gli parlo con piacere, è una dozzina di settimane che non ci sentiamo, forse di più. Il lavoro, la donna che vive in un’altra città, il duro mestiere di sopravvivere…tutte cose che ci portano ad attraccare a porti diversi durante le tempeste. Con Ronnie oltre a parlare di fighe e dei “migliori dischi di tutti i tempi”, finiamo spesso a filosofeggiare sul senso blues della vita, o almeno della nostra vita. Entrambi uomini di una (in)certa età, ci lasciamo scivolare lungo la discesa ardita della contemplazione del futuro, sulle incertezze a cui andiamo incontro, sui cocci dei cento sogni infranti su cui siamo costretti a camminare, sulla percezione del senso del limite (come diceva Julia) che poi è il succo della crisi di mezza età. Insomma, le solite esuberanti tristezze di cui noi uomini di blues siam soliti discorrere mentre ci beviamo un southern comfort o un caffè corretto sambuca.
Ad un certo punto mi dice “Sai, per cercare di dominare l’ansia relativa a quel che sarà ho partecipato ad un corso di preparazione alla morte”
Di quello che ci siamo detti da quel momento in poi non ricordo nulla, rammento solo di aver pensato “Ma che cazzo di amici fighissimi ho?” Perché no, voglio dire, non è che partecipiamo a questi corsi o che ci fiondiamo in analisi introspettive su questi temi per diletto o strane manie, no, cazzo, è che l’uomo di blues affronta, cerca di capire, vuole sapere. Pur non amandola, l’uomo di blues, non teme la morte falciatrice…
PS: Ronnie numero uno!
“E’ un peccato morir ” è un brano di zucchero del 2010.
Se l’ispirazione gli è giunta dalla tradizione reggio-emiliana o da altro come suo solito,
questo non lo so, ma è una frase che mi ha colpito e che spesso, parlando con appassionati di rock, cito ad effetto perché, mettiamoci pure del blues, come poi fa
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…zucchero, è una frase che ben riassume una passionaccia come il rock
e il dispiacere, un giorno di dismetterla………………
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