Estate 1979, gli STRANGERS, o meglio THE STRANGERS, si stanno preparando a fare un concerto. I FORESTIERI (ma allora pensavamo significasse STRANIERI) siamo io, Biccio, Marcel e Mariomarchi. In quello che era il bel cortile interno dell’ abbazia di Nonantola ci si appresta a vivere uno dei guizzi dell’estate nonantolana di quell’anno. Stand gastronomici e intrattenimento musicale. Stasera tocca a noi, uno dei nostri primi concerti seri. Concerti seri, diavolo, probabilmente no, ma lo viviamo con molta partecipazione emotiva, sicuri che sarà il primo passo verso un avvenire di sicuro successo. Il repertorio di basava su DE GREGORI, BENNATO, VENDITTI (dai loro album periodo 1977/78), SAMBA PA TI di SANTANA, SGUARDO VERSO IL CIELO delle Orme e chissà cos’altro. Oggi preferisco non immaginare come suonassi il pezzo di SANTANA o come cantassi SGUARDO VERSO IL CIELO, di sicuro però so che ero determinatissimo nel cantare una versione punk rock de TU GRILLO PARLANTE di EDOARDO BENNATO.
In attesa dell’arrivo del concerto, uno dei nostri amici, leggermente più grande di noi, si occupa di mettere su dei dischi e di far aleggiare sulla festa i motivi di successo di quegli anni. Parte un’intro alla Chuck Berry seguita da uno di quei ritmi rock and roll/boogie che mi fanno impazzire, seguono pezzi dall’andamento avvolgente, tristi ma sensuali e in quel caldo giugno è quello che ci vuole per l’animo già bluesy di Team Teerally. Corro dal mio amico Daniele, mi faccio dare l’ellepi e in un secondo rimango sedotto dalle cosce di LINDA RONSTADT. Ho diciotto anni, il testosterone è probabilmente al suo zenit, la voglia rock – seppur acerba- violentissima, la cazzuttaggine anche. Go Timmy go.
Domenica di febbraio, quasi trentacinque anni dopo. Mi sveglio, sono un po’ in fase imbambitura: venerdì sera allo STONES CAFE’ a vedere PICCA & GLI ARTERIOSCLEROCKERS con ritorno alle due di notte, sabato mattina sveglia alle sette e corsa da Brian per la solita mattina prefestiva di badantaggio, sabato sera cena con amici della groupie. Stamattina Palmiro che alle sei ci sveglia perché vuole mangiare. Ore nove: mi alzo. C’è il sole, primo riflesso della giornata: mettere su un cd. Mi viene in mente LIVING IN THE USA di LINDA RONSTADT, chissà perché. L’aria sonora mi avvolge, preparo le spremute, il caffè, i pasticcini. La mente rivolta a quelle 10 canzoni. Tornano a galla sensazioni, odori, speranze dell’epoca che fu. Il disco batte dentro di me, prende il controllo del mio corpo. Vado in sala, apro lo sportello dei liquori, mi verso due dita di SOUTHERN COMFORT e lo butto giù tutto d’un fiato, come farebbe JOSEY WALES o uno della banda DOOLIN DALTON. La groupie sgrana gli occhi, è ancora metà mattina, poi sorride sorniona: “sei proprio guarito con lo stomaco”. Già, ieri ho festeggiato un anno senza patemi da dispepsia funzionale, dopo un lustro davvero, davvero difficile. Nulla cosmico onnipotente, grazie.
LINDA RONSTADT, cantante americana di musica popolare. Di discendenza tedesca-inglese-olandese-messicana, la sua fu una delle famiglie di pionieri più importanti dell’Arizona. A quattordici anni mette in piedi il suo primo trio folk, a diciotto si trasferisce in California e lì inizia la sua ascesa. Con il secondo album del 1970 sfiora la TOP 100 americana (parlo della classifica THE BILLBOARD 200, quella generale, quella che conta davvero). Col quarto DON’T CRY NOW arriva al 45° posto, con HEART LIKE A WHEEL del 1974 arriva al 1° posto. Nel 1976 è al 3° posto, nel 1977 torna al 1°, nello stesso anno esce un Greatest Hits che arriva alla sesta posizione. Nel 1978 con LIVING IN THE USA riguadagna la vetta. Trionfo.
L’album è pieno di canzoni bellissime ed è suonato da musicisti bravissimi, tra cui il grande WADDY WATCHEL. BACK IN THE USA (esce anche come singolo piazzondosi al 16° posto) è naturalmente quella di CHUCK BERRY e la porto del cuore perché, come scritto, per me fu il primo assaggio della RONSTADT…
JUST ONE LOOK (come singolo nel 1979 arriva alla 44esima posizione) …deliziosa e leggera …
ALISON è quella di ELVIS COSTELLO, ed è, lo sappiamo, un gioiellino. COSTELLO criticò la versione, troppo country-americaneggiante, ma poi se non altro confessò che gradì molto il sacco di soldi che gli arrivarono grazie ai diritti …
WHITE RHYTHM &B LUES del grande JOHN DAVID SOUTHER è la mia preferita. E’ questa la canzone per l’uomo (e la donna) di blues. Risentirla oggi, quando la vita è ormai segnata, quando il più è stato fatto, quando non c’è più tanto tempo per cambiare la strada su cui sei, non può che trasformare i sospiri in pianto …
I don’t want you to hold me tight
Till you’re mine to hold
And I don’t even want you to stay all night
Just until the moon turns cold
All I need is black roses
White rhythm and blues
And somebody who cares when you lose
Black roses, white rhythm and blues
You say that somebody really loves you
You’d find her if you just knew how
But honey, everyone in the whole wide world
Is probably asleep by now
And they’re dreaming of
Black roses, white rhythm and blues
And somebody who cares when you lose
Black roses, white rhythm and blues
Close your eyes
Sleep away all your blues
I’ve done everything but lie
Now I don’t know what else I can do
Ah, the night time sighs and I hear myself
But the words just stick in my throat
Would you think that somebody like me
Might hurt much more than it shows
Just send me black roses
White rhythm and blues
And somebody who cares when you lose
Black roses, white rhythm and blues
Black roses, white rhythm and blues
ALL THAT YOU DREAM è dei LITTLE FEAT ed è, sebbene non ci sia lo zampino del mai troppo compianto LOWELL GOERGE, anch’essa splendida. Musica americana at its best.
Altra cover altro successo: OOH BABY BABY, di Smokey Robinson, arriva al 7 posto della classifica americana sempre nel 1979 …
MOHAMMED’S RADIO è l’ennesimo momento da brividi, altro istante di intensità altissima della musica americana, scritta, anche qui, dal mai troppo compianto WARREN ZEVON. Tra l’altro è il pezzo da cui il nostro amato IVAN GRAZIANI prese, diciamo così, l’ispirazione per la sua PASQUA …
WHEN I GROW TOO OLD TO DREAM, BLOWING AWAY e LOVE ME TENDER (il successo di Elvis) sono – a mio parere – gli unici episodi di livello standard. Troppo dolciastri, ma sette canzoni sfavillanti su dieci sono una bella media.
Linda volò alta sulle classifiche fino al 1990, poi divenne semplicemente leggenda. Gli anni duemila l’hanno vista prendere posizioni politiche scomode (per l’America), supportando il lavoro del regista MICHAEL MOORE e definendo l’allora presidente GEORGE W BUSH un cretino, lottando contro l’omofobia, sostenendo l’agricoltura e l’economia sostenibile. Una superfiga quindi, sotto ogni punto di vista. Nel 2013 rivelò di soffrire del morbo di Parkinson.
Noi l’amiamo ancora. Tanto.
Post bello come lei. Solo un appunto: è J.D. Souther, senza la “n” finale. Ma dev’essere l’effetto dell’omonimo “Comfort”. ;) A proposito, complimenti per l’anno intero senza dispepsia, andava festeggiato. Un giorno mi dirai il tuo segreto per guarire, essendo anch’io uomo di blues “fino allo stomaco” ne sono incuriosito.
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Caro Alex, grazie della segnalazione. Ho tolto la N. Già, il riflesso ormai è naturale, quella parola l’ associo involontariamente al liquore di New Orleans che tanto amo. :-)
E’ un po’ che penso di fare un post del tipo “Dispepsia Funzionale Blues” o (se voglio attirare più lettori del tipo “medico “) “Come Vincere La Dispepsia Funzionale”. Mi sono chiesto a chi potrebbe interessare, ma adesso mi dico che in fondo il mio è un blog per l’uomo di blues, e la dispepsia funzionale è un lungo e sofferto blues in dodici battute che ti fa da soundtrack per lunghi periodi della tua vita, quindi … prossimamente su questi schermi.
Intanto come prima cosa consiglio fin da subito l’acqua Lete, sempre e comunque. L’ho iniziata a bere un po’ prima di iniziare questo lungo anno di benessere, sarà anche una coincidenza ma…
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Di solito non sono un lettore del tipo “medico”, preferisco altri argomenti, ma se e quando mai ti verrà voglia di fare quel post, starò in ascolto… su questi schermi. Grazie per l’anticipo di consulenza.
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