Settimane di ferie un po’ particolari queste, ogni giorno un salto a Newcastle In The Mounts (Castelnovo Ne’ Monti insomma) a trovare Dante, e ogni giorno nell’arrivare contemplo la BISMANTOVA’S STONE (la Pietra di Bismantova insomma) che con i suoi 1041 metri fa da sentinella a quella parte dell’appenino reggiano…
… poi appuntamenti con l’assistente sociale che segue Brian per vedere a che cavolo di punto siamo con le graduatoria comunali.
Nei ritagli che mi rimangono mi godo le (poche) mattine assolate qui nella Domus Saurea, raccolgo i fichi…
… assorto osservo Palmiro che entra ed esce dai campi di erba spagna, la groupie che all’ombra di un acero legge un libro …
… e la piscinetta in cui prima o poi forse inaugureremo la stagione natatoria (due bracciate al massimo) …
Martedì ore 22: sono a Gavassae, faccio per ripartire, giro la chiave, un ciocco e la macchina è morta: batteria fulminata. Va bene che la blues mobile è una sterminatrice di batterie, ma la avevo cambiata 9 mesi fa! Il fatto è che con queste macchine con le centraline elettroniche e il cambio automatico non riesci a far nulla, nemmeno a spostare la macchina di qualche metro. Mah. Mercoledì13/08 ore 9: dopo aver girato per mezz’ora alla ricerca di qualcuno e fatto almeno 15 telefonate troviamo un’officina aperta a Bagnolo, il titolare si presta a venirci in soccorso. Bianchi Gustavo, il nome mi tranquillizza ma subito dopo mi meraviglio del pensiero prigioniero del localismo spinto. Gustavo arriva, ha con sé una batteria nuova, la cambia e …torna la felicità. Dato che sono uno che cerca l’alba dentro l’imbrunire mi dico che sarebbe stato ben peggio se la blues mobile ci avesse lasciato a piedi a Castelnovo Monti o a Highbank (Rivalta insomma) dove nel viaggio di ritorno mi ero fermato con la groupie a mangiare una pizza. Certo che rimanere a piedi il 13/8 ci vuole una certa dose di sfortuna, soprattutto se sei uno come me che tiene sempre in ordine la macchina( tagliando fatto due settimane fa). Si vede che sono proprio figlio del blues, visto che trouble always coming my way, trouble always coming…, adesso mi aspetto di bucare una gomma e di vedere le chiavi sfuggirmi di mano e cadere in un tombino entro la fine del mese …
Arrivo dunque un po’ in ritardo all’appuntamento con l’assistente sociale, altra documentazione da presentare, altri giri da fare. Rimango da Brian fino alle 15,30, corro al Policlinico per prenotare il prossimo prelievo a domicilio per lui, lascio il vecchio in balia della signora che ci dà una mano. Mi fermo al distributore della crocetta, nuova gestione di sudamericani. Faccio due chiacchiere comprensive di complimenti ai ragazzi, spronandoli per la nuova avventura. Ci salutiamo molto cordialmente. Mi rallegro del mio comportamento, evidentemente sono tornato in me.
Sono mattine sospese queste, in attesa che i vari impegni ti ricaccino sulle blue highway, mattine dunque adatte a lavori tipo JOHN McLAUGHLIN da ELECTRIC DREAMS:
oppure alle CAMPANE TUBOLARI di MICHELE CAMPOVECCHIO.
Con la groupie riusciamo a tornare alla festa dell’unità di Mandrio, lo facciamo per vedere un tributo agli ABBA chiamato AKKA. Io e la groupie siamo fan degli ABBA SHOW, una tribute band spettacolare del gruppo svedese, così siamo incuriositi da questa nuova (almeno per noi) band. Lasciamo la festa dopo mezz’ora di sofferenza. Il gruppo non ha nulla da dire e da dare. Cantanti mediocri, musicisti mediocri, e un sacco di basi. Le ragazze sono così spudorate che cercando di far cantare il pubblico puntando il microfono verso le prime file senza preoccuparsi delle loro voci pre-registrate che continuano ad uscire dall’impianto. I suoni delle tastiere poi sono di un lofi mai sentito. Ora, non è che devono salire sul palco (o fare dischi) solo i musicisti talentuosi, deve farlo chiunque sente dentro di sé il richiamo dello stage, chiunque abbia qualcosa da dire e da dare appunto. Ma così no … musicisti spenti e senza ardore, geometri della musica, dattilografi delle melodie. Mamma mia che tristezza. Giungo alla conclusione che al nome manca una K, all’inizio …
Tornando, per riprenderci, ascoltiamo DON HENLEY live a Boston nel 1993 …
Ferragosto da Brian, il giorno dopo pure; ascolto Radio Capital, c’è uno di quegli speaker da periodo estivo, uno piuttosto lofi con la voce impostata. È l’anniversario di morte di ELVIS PRESLEY e naturalmente il programma prevede una telefonata al critico musicale di LA REPUBBLICA. Ernesto Assante snocciola qualche banalità e fa associazioni demenziali. Conclude dicendo che se non ci fosse stato Elvis non ci sarebbe una parte della musica che ascoltiamo oggi bla bla bla … mi chiedo come si faccia ancora oggi a dire una assurdità del genere. Poco dopo, sempre su quella che dovrebbe essere il mio network commerciale preferito, sento una che racconta aneddoti legati alle storie d’amore del Rock. Anche qui sempre le stesse cose.
Sfinito dalla mediocrità che sento per radio infilo nel car stereo un bootleg del JEFF BECK GROUP, uno di quelli dell’agosto 1972, uno di quelli con JB, CARMINE APPICE, TIM BOGERT, MAX MIDDLETON e BOB TENCH. La sound quality è scadente ma godo troppo nell’ascoltare quell’idea di gruppo stellare durata purtroppo solo due settimane. Altro che BECK BOGERT & APPICE! Il mio holy grail sarebbe trovare una buona registrazione soundboard di quel Jeff Beck Group (e dei LZ al LA Forum il 3/6/73).
Torno alla domus saurea e trovo la groupie davanti alla stereo col Fender Jazz in braccio intenta a tirar giù STARSHIP TROOPER degli YES. Che razza di bassista che è la groupie.
Dopo pranzo mi guardo su SKY il film IL GRANDE GATSBY, il romanzo di Fitzgerald è stato uno dei miei libri formativi. Lo guarda con l’audio originale … m’interrogo sulla possibile traduzione della catchphrase “old sport“, nel film e nella prima traduzione del libro risolta con “vecchio mio”, nella nuova traduzione letteraria con “vecchia lenza“, frase colloquiale che indica uno che la sa lunga, un furbacchione. “Old sport“, interessante modo di dire.
Finisce il film ed è già ora di tornare a Castelnovo ne’ Monti a trovare Dante. Per una piacevole coincidenza quest’anno il concerto della Pietra (di Bismantova) vede la partecipazione degli STRAWBS, gruppo inglese di folk rock che per un paio d’anni vide in formazione anche RICK WAKEMAN. Poteva la cosa sfuggire alla groupie? Una volta salutato Dante prendiamo la navetta che ci porta alla Pietra. La location è suggestiva. Non presto attenzione al noioso gruppo spalla, mangio gnoccofritto e prosciutto accompagnato da una Lemonsoda; le magliette degli YES e degli ELP che indossiamo finiscono nascoste dalle felpe e dai giubbotti invernali, fa freschino a certe altitudini; arrivano gli STRAWBS … non sono naturalmente my cup of tea, sono in tre e suonano in acustico, ma fanno la loro porca figura. Portano in giro con estrema dignità la loro età e le relative debolezze, ma cantano e suonano con convinzione e vigore, conquistando un pubblico numeroso e sempre più coinvolto. Giù il cappello per gli STRAWBS. ….
Domenica 17, da Brian per il terzo giorno di fila, 11 ore di badantaggio, son così cotto che non so nemmeno più se a soffrire di alzheimer è Brian o suo figlio. Eppure non scatto, non mi innervosisco, lo porto fuori a bere il caffè, gli preparo il pranzo, la cena, la merenda, lo faccio disegnare e con uno stratagemma, mentre io scarabocchio questi pensieri sul tablet, lo faccio restare in allenamento facendogli leggere tutti i titoli di Repubblica di oggi. La cosa sembra divertire il vecchio Brian, e io mi sorprendo ancora della sua lucidità tenuto conto della fase (grave) della malattia in cui è. Un titolo riporta la sigla UE e lui legge (correttamente) Unione Europea. Insieme guardiamo su Cielo la Moto GP (“mo dio bon, Tim, si van fort!“). Mi chiede più volte se sono sposato, io gli rispondo ” ho una groupie, Brian…“, e lui “chi?”. Sono anni che aspetto con ansia il momento in cui verrà ricoverato in una struttura, per potermi riprendere la mia vita, ma quando succederà mi sentirò perso, in colpa, inadeguato. Lo guardo il mio vecchio, l’alzheimer lo ha reso più dolce, mansueto, ma non arrendevole. Ridendo gli accarezzo la testa e gli dico in reggiano stretto “Mo’ sa gh’é che dènter, gninto?” (mo’ cosa c’è qui dentro, niente?) e lui, “sè, che denter a gh’è fin trop ” (sè, qui dentro c’è fin troppo).
Esco verso le 21. In macchina mi sento RICK DERRINGER …
Mi fermo a Gavassae, la groupie è dalla Lucy; Dante domani esce da terapia intensiva e va in reparto. La felicità è palpabile. La Lucy mi dà un po’ di torta che ha fatto per la colazione di domattina.
Arrivo alla domus saurea, in chat con Amduscia a parlare di bootleg dei LZ e poi crollo sul letto. Palmir viene stendersi vicino a me. Son lì che sogno il Madison Square Garden, mi sembra persino di sentirne un faretto puntato sulla faccia …ah no, è la groupie che mi fa una foto col flash …
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