Questa volta Massimo ci racconta la sua esperienza con ROY HARPER, nome con cui tutti ci siamo confrontati per le sue liaison congruppi e musicisti di primissimo piano del Rock inglese; i più fortunati poi hanno saputo addentrarsi nel suo mondo. Io sono tra questi e alcuni suoi album girano puntualmente nel mio lettore. Con grande piacere dunque pubblico questo bel racconto di Bonelli.
Se senti una voce ampia come un vallata e limpida come un ruscello poco prima della cascata, rincorsa dalle note di una chitarra, soavi e potenti come la melodia di un organo di cattedrale, con mille canne che vibrano colorando enormi vetrate a piombo, che esplodono lasciandoti volare verso l’infinito… stai ascoltando Roy Harper.
Il mio primo viaggio a Londra risale agli inizi degli anni ’70. Era l’epoca in cui Led Zeppelin, Pink Floyd e Who raccoglievano l’eredità dei disciolti Beatles. L’epoca in cui i Rolling Stones si erano trasferiti in “esilio” sulla Costa Azzurra e John Lennon se ne anadava a New York City. L’epoca in cui, se parlavi di Queen, dovevi precisare se ti riferivi alla Regina Elisabetta o alla regina Freddie Mercury. Nei juke box potevi sentire l’esordio di Kate Bush con “Wuthering Heights” o Gerry Rafferty con “Baker Street”. Ziggy Sturdust volava alto nei cieli britannici con le sue trasformazioni. I Genesis accusavano chi svendeva l’Inghilterra a libbre. Il flauto magico dei Jethro Tull veniva incartato tra le pagine del St.Cleve Chronicle.
Beh, in quell’epoca scoprii Roy Harper. Fu subito profonda passione. Passione per il folle genio musicale che incantò i Led Zeppelin, Pink Floyd, Who, Jethro Tull, Paul McCartney, Kate Bush. A quell’epoca lo scoprii attraverso i suoi dischi. Jimmy Page e David Gilmour collaborarono spesso con lui e spesso lui con loro. Amicizie che durarono nel tempo; ancora oggi, il chitarrista dei Led Zeppelin, è al suo fianco nei dischi e nei concerti. Anche con Gilmour ed i Pink Floyd ci furono ripetute e reciproche partecipazioni. Anch’io gli fui fedele per tanti anni, lavorando alcuni dei suoi dischi, promuovendo il suo geniale talento ovunque ne avessi avuta occasione. Ma mai mi fu possibile incontrarlo.

La follia di Roy Harper ha segnato la sua vita artistica e privata, con fasi altalenanti a livello caratteriale, non certo musicale. I suoi lavori sono tutti dei gioielli, con armonie magiche e testi poetici e visionari. Non ha mai inseguito le mode ma solo i suoi sogni, ed i suoi sogni erano molto speciali.
In un mio successivo viaggio a Londra, Peter Jenner, che era il suo manager, oltre che esserlo stato per i Pink Floyd, mi disse – “Roy Harper è il miglior musicista che conosco, ma è anche il più pazzo e meno affidabile, è veramente difficile lavorare con lui”. Infatti durò poco la loro unione. Solo Jimmy Page resisteva alle sue bizzarrie. Forse anch’io avrei resistito… ma non riuscivo ad incontrarlo.

Un paio di anni fa, di ritorno da un viaggio negli Stati Uniti, mi sono fermato nuovamente a Londra. Un manifesto annunciava “Roy Harper in concerto al Royal Festival Hall”.
Io ci sono. Io, che ho lavorato a fianco di centinaia di artisti, sono come un fan che si reca a vedere lo spettacolo del suo idolo di sempre. Ci sono con tutta la timidezza che comporta l’averlo inseguito per quasi quarant’anni. Ci sono da spettatore che forse non avrà ancora la possibilità di conoscerlo. Ci sono con la mia compagna che non ha i miei problemi e fa in modo che questa opportunità avvenga. Il manager di Roy Harper le sarà complice.
Assisto ad un concerto meraviglioso. Tutte le fantasie, con le quali avevo convissuto ascoltando i suoi dischi, si stavano scatenando nella realtà di una performance superlativa. Risento la voce ampia come una vallata e chiara come un ruscello, la chitarra impetuosa e potente come l’organo di una cattedrale. Volo verso l’infinito.
Riatterro dalle mie fantasie ed, in breve, mi trovo in una piccola saletta dove stanno festeggiando il successo della prima data del nuovo tour di Roy Harper. I miei occhi lo cercano tra le decine di persone presenti: ospiti, musicisti, celebrità. Ma è lui ad avvicinarsi a me, quasi all’improvviso, inaspettatamente. E’ lui, anche se invecchiato. E’ lo stesso artista che ho inseguito in tutti questi anni. Il suo fisico risente della fatica del concerto, ma è un fisico fiero. Mi osserva con i suoi occhi luminosi, con il suo viso incorniciato da capelli e barba bianca, quelli di un vecchio saggio. Mi offre un bicchiere di vino e solleva il suo per un brindisi:
– “Alla tua salute amico mio, so chi sei e cosa hai fatto per me in tutti questi anni”.
Io sono quasi paralizzato: – “Sapessi cosa hai fatto tu per me in tutti questi anni. La tua musica mi è stata compagna come una colonna sonora. Album come “Stormcock”, “Lifemask” e “HQ” sono stati spartiacque delle mie scelte musicali”.
Piacevolmente colpito, mi fa un sorriso dolce: “E’ bellissimo sentire queste parole. Grazie. Spero il concerto ti sia piaciuto, visto che arrivi da lontano”
“Il tuo concerto è stato splendido. Hai fatto tutti i brani per cui è giustificato affrontare qualsiasi sacrificio. Per lavoro o per passione ho assistito a circa duemila concerti. Questo è quello che mi ha reso più felice.”
Lui con aria sorpresa: – “Ma tu sei pazzo, duemila concerti? Allora grazie per aver avuto la forza di venire anche al mio”
Io colgo l’occasione:- ” Mi farebbe enormemente piacere tu venissi a suonare in Italia. Mi piacerebbe occuparmene personalmente. Sono certo che troveresti un pubblico fantastico”.
Mi osserva un po’ perplesso, lui che ha improvvisato concerti per strada in tutta Europa, lui che ha cercato e non trovato fortuna in America, mi sussurra: -“Non ho più il fisico per viaggiare, ma ti prometto che se dovessi decidere di farlo, sarai la prima persona a saperlo”.

C’è altra gente che lo vuole salutare. Io starei con lui a chiacchierare per giorni, ma l’educazione mi induce a lasciare che si dedichi anche agli altri ospiti.
Si sta per allontanare, si ferma e ritorna verso di me e mi abbraccia. Poi, con aria più seria, pur sempre con un sorriso gentile, mi dice nuovamente:- “Grazie ancora Massimo, grazie veramente per tutto, amico mio”.
Lui va verso le altre persone e io esco felice. Ho chiuso il cerchio. Lo spettacolo deve continuare, ma io posso scendere… “when an old cricketer leaves the crease… and it could be me and it could be thee”.
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Semplicemente fantastico. Grazie.
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Le emozioni di Massimo le abbiamo provate un po’ tutti. Ci siamo sentiti a un certo punto della nostra vita delle potenziali groupie, pronte a fare qualsiasi cosa pur di stringere la mano a che ti aveva cambiato la vita, i gusti. Cin Cin, Massimo… ben fatto e ben scritto. GC
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