THE EQUINOX Live at HARRIS PUB, Scandiano (RE) Italy 18/03/2016

23 Mar

L’Harris Pub prima si chiamava Dickinson, non è dunque difficile intuire il tenore musicale del locale e quindi degli avventori, per questo decidiamo di togliere dalla scaletta KASHMIR, I’M GONNA CRAWL e FOOL IN THE RAIN e inserire altro piombo Zeppelin: IMMIGRANT SONG, NOBODY’S FAULT BUT MINE, THE OCEAN.

Riesco a prendermi un giorno di ferie in questo venerdì di marzo e quindi posso fare le cose con calma. Non è così fortunata Saura, che arriverà a sera trafelata e non esattamente in forma per il concerto. Ad ogni modo riusciamo a caricare la blues mobile nelle tempistiche previste e a partire. Alle 18 siamo bloccati nel crosstown traffic della Via Emilia. A fatica raggiungiamo il locale. L’Harris ha un palco piuttosto spazioso e una sala concerto altrettanto adeguata.

Il blues del montaggio e del soundcheck anche stavolta è ben presente: ci siamo dimenticati di portare la spia di Saura, i monitor del palco sono collegati tra loro e dunque non è possibile regolarli individualmente così aggiungiamo il piccolo mixer di Saura per ovviare al problema. Proviamo un paio di pezzi: FOOL IN THE RAIN e THE OCEAN. Il suono è confuso col locale vuoto, io non sono amplificato e non ho nessuna spia, mi reggo solo sul Marshall Bluesbreaker. Il suono che ho mi infastidisce. Ogni chitarrista non è mai contento del proprio sound e passa la vita a regolare l’amplificatore, la pedaliera degli effetti e la chitarra nella speranza di trovare il suono che da sempre ha in testa e che non riesce mai a raggiungere. Di questo sono conscio e perciò rassegnato, ma stasera dall’ampli esce uno stridio che mi deprime più del dovuto. Agisco sui comandi, abbasso di un bel po’ i medi e alzo i bassi. Uhm, decisamente meglio. Sono le 20. Il soundcheck finisce.

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Prima di cena vado a cambiarmi nello sgabuzzino adibito alla cosa. Sono circondato da fusti di birra, non va neanche tanto male, il più delle volte dobbiamo cambiarci nei bagni o in angoli bui. Ah come sarebbe bello avere uno straccio di camerino vero e proprio ogni tanto. Ceniamo. Iniziano ad arrivare gli amici, alcuni illuminati del blues, Riff, Francesco e Mario (& company), altri che non vedo da tempo, gli aficionados degli EQUINOX tra cui GIO, colui che decenni fa inconsapevolmente mi mise sulla retta via:

https://timtirelli.com/2012/06/21/la-prima-volta-i-led-zeppelin/

Verso le 22 il locale inizia a riempirsi, in breve non ci sono più tavoli liberi, constato con piacere che sono davvero tutti qui per noi. Avere un piccolo seguito, per un gruppo non professionista, è una gran soddisfazione.

THE EQUINOX Harris Pub 18-3-2016 - photo Giorgia Malagoli

THE EQUINOX Harris Pub 18-3-2016 – photo Giorgia Malagoli

Sono l’unico che non è già stanco, gli altri mi paiono in debito di energia. Finisce l’intro, Lele batte il quattro: IMMIGRANT SONG. Echi di grida vichinghe, sferragliamenti, guardo gli altri, mi sembra che ci siamo. Vedo Saura faticare, forse non è il pezzo migliore con cui partire. Con BLACK DOG inizia la carburazione e con HEARTBREAKER siamo già ad un quota soddisfacente. Sento che il gruppo rolla deciso, ormoni e testosterone ci spingono. E’ il momento dell’assolo, butto la mano e sia quel che sia. Mi sento abbastanza sciolto, il pubblico gradisce…

Suonare DAZED AND CONFUSED mi piace sempre parecchio, è uno dei pezzi simbolo dei primi LZ, hard rock psichedelico di gran lignaggio. Di nuovo sento il gruppo unito, anche stasera il quinto membro, ovvero quell’unità spirituale che ogni tante compare tra le pieghe dei gruppi, è qui con noi. Sono contento degli EQUINOX, mi sembra che si sia raggiunta una maturità espressiva mica da ridere, e se suoni i LZ è la conditio sine qua non per essere credibili e non diventare una macchietta. La leggiadra ferocia di Lele mi mette sempre di buon umore.

Saura si mette alle tastiere, MISTY MOUNTAIN HOP e quindi SIBLY, le suona benissimo, Pol risponde da par suo. THE SONG REMAINS THE SAME è sempre un gran divertimento, è come cavalcare un mustang selvaggio poco dopo che sei riuscito a domarlo, lo hai sotto controllo ma sembra sempre che stia per disarcionarti. Segue GALLOWS POLE e quindi NOBODY’S FAULT BUT MINE.

Quest’ultimo è un pezzo che facciamo raramente, non è esattamente popolarissimo tra i casual fan e in più è un pezzo ostico, ma è uno spasso suonarla. Ci sono parecchi stacchi da rispettare e il gioco ritmico di basso e batteria sullo stralunato riff di space-blues è piuttosto impegnativo. Da qualche mese Pol ha finalmente cominciato a suonare la armonica. Non sarà ancora Aleck “Rice” Miller (sì insomma, Sonny Boy Williamson II) ma inizia a cavarsela.

HOW MANY MORE TIMES non è un pezzo che amo più tanto, ma per Saura e Lele è imprescindibile, dunque eccolo di nuovo in scaletta. In questa sera marzolina rispolveriamo ALL MY LOVE. Sono anni che non la suoniamo più dal vivo, ma ora eccola qui. Mi avvicino al microfono e dato che ALL MY LOVE “in buona sostanza parla del girotondo della vita, la dedichiamo a due nostri eroi che recentemente hanno intrapreso il viaggio nelle profondità siderali: Brian e Keith Emerson… ” vogliamo dare la giusta enfasi così io, Saura e Pol alziamo tre cartelli raffiguranti immagini di Keith Emerson che avevo preparato. Il pubblico tributa a Emerson (o meglio, a tutti e due) un grande applauso. Qualcuno grida anche il nome di Brian. Mi commuovo.

Scrolliamo di dosso la malinconia con THE OCEAN. Come quasi tutti i batteristi di un certo tipo, Lele ci sguazza nell’oceano, segue dunque una versione alquanto su di giri, perché quando Lele va pazzo per qualcosa bisogna tenersi stretti. Penso a Saura: come farà ad andare dietro ad un indemoniato del genere?

THE EQUINOX Harris Pub 18-3-2016 - photo Patrizia Ferri

THE EQUINOX Harris Pub 18-3-2016 – photo Patrizia Ferri

Con STAIRWAY immancabilmente cala la piomba…sarà la doppio manico, chitarra non facile da domare, sarà che è il momento precedente la scarica finale, fatto sta che fatico sempre. Mi duole la schiena, perdo la concentrazione, mi faccio prendere dal to be a rock and not to roll blues… così mentre la suono mi dico “d’ora in poi non la facciamo più” oppure “la prossima volta la suono con la Les Paul“, ma poi come si fa ad essere il chitarrista di un tributo – seppur obliquo –  ai LZ, a possedere una doppiomanico e non suonare STAIRWAY nella versione dal vivo che anche solo dal punto visivo è un riferimento basilare, un’icona dell’immaginario collettivo?

Cambio chitarra, infilo di nuovo il Les Paul e introduco il riff di WHOLE LOTTA LOVE. Urla e schiamazzi, mi ripeto, lo so, ma in fondo la gente alla fine vuole WHOLE LOTTA LOVE. COMMUNICATION BREAKDOWN e ROCK AND ROLL chiudono la serata.

Le persone hanno modi diversi di venirti a salutare dopo lo show, chi ti dice “ciao” e non accenna minimamente al concerto (poi scopri che ad amici comuni si è detto entusiasta di come ha suonato la band e tu in particolare), chi sa confrontarsi con le persone solo scherzando e quindi viene a fare lo spiritoso quando tu hai nelle orecchie ancora il brusio dei ventimila del Madison Square Garden e lo guardi stranito, chi ti esprime in maniera sobria il suo apprezzamento (“Ti ho visto bene, vecchio”) e chi, vivvaddio (dunque vivvapage), si lascia andare e ti esprime le proprie emozioni. C’è la figa (mai vista prima) che tira in ballo JIMMY PAGE e che quando vede che ti schernisci ti dice in maniera risoluta, quasi incazzata:“Ma piantala, sei un artista anche tu!”. Qualcuno (chitarrista anch’egli) arriva e fra i tanti complimenti, ti dice che avevi un suono spettacolare … io un suono spettacolare? E chi lo avrebbe mai detto! (Grazie Gianluca F.)

E’ quasi l’una, il locale si svuota. Rimangono pochi avventori. Smontiamo, carichiamo e ci prepariamo a partire. Il titolare è soddisfatto: “Che dire. Strepitosi. Mi avete fatto ascoltare con piacere gli Zep che non ne vado di certo pazzo. Musicisti con otto palle e professionalità sopra i normali standard. Chapeau”. A parte che di palle ne abbiamo sei, Saura semmai ha le tette, non so se siamo stati davvero strepitosi, ma posso dire che abbiamo fatto del nostro meglio per portare in giro il Rock, quello che permette al padre dei quattro venti di gonfiare le tue vele e alle stelle di riempire i tuoi sogni. Scandiano, goodnight.

 

5 Risposte a “THE EQUINOX Live at HARRIS PUB, Scandiano (RE) Italy 18/03/2016”

  1. mikebravo 23/03/2016 a 16:06 #

    Bella l’esecuzione di Nobody’s.
    Complimenti a tutti e quattro!
    Mi fa piacere che Presence si stia insinuando nel repertorio.

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  2. lucatod 23/03/2016 a 17:13 #

    Nobody’s .. apparentemente non troppo complicata , ha una ritmica che può mettere a dura prova un gruppo . A Brema nel 1980 , Bonham e Page si incasinarono abbastanza su questo pezzo , mostrando così al pubblico le insidie che si celano dietro .. soprattutto se non si è lucidi . Voi l’avete suonata alla grande ! trova un compromesso con Saura e Lele , eliminate How many .. e suonate Achilles Last Stand .

    a proposito di STH , forse riesci a capire l’avversione che prova Plant o le magagne di Page più di chiunque altro !?

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  3. Riccardo 24/03/2016 a 17:13 #

    a QUANDO UNA DATA A ROMA??

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