Il nostro Bodhran oggi ci parla del nuovo album della cantautrice Laura Marling.
Laura Marling pare instancabile: debutta su disco a 18 anni nel 2008, e dal 2011 pubblica con regolarità un album ogni due anni senza il minimo accenno ad alcun calo di ispirazione; piuttosto, ad ogni nuova uscita, pare aggiungere qualche ingrediente che ravviva una ricetta tutto sommato semplice: canzoni folk che oscillano tra la tradizione d’Inghilterra e la California hippie del Laurel Canyon. Jimmy Page nel 2013 l’ha annoverata tra gli artisti dell’anno, spendendo parole di elogio per voce, scrittura e tecnica chitarristica dell’album dell’epoca “Once I was an eagle” (per chi scrive, ad oggi, il suo disco più bello).
L’album pubblicato da pochi giorni, il sesto in carriera, si intitola “Semper Femina” ed è un concept sul mondo femminile e le sue vulnerabilità e segue il progetto “Reversal of the Muse – an exploration of femininity in creativity”, una serie di podcast in cui la Marling ha intervistato produttrici musicali, ingegnere del suono, giovani cantautrici come Marika Hackman e leggende quali Dolly Parton e Emmylou Harris. Non bastasse, questa ragazza di nobile famiglia dell’Hampshire (figlia del quinto baronetto in casa Marling) ha trovato tra i due album anche il tempo di scrivere le musiche per la messa in scena all’Almeida Theatre di Londra di “Mary Stuart” di Schiller.
A proposito di Semper Femina ha dichiarato: “Ho cominciato a scriverlo come se un uomo stesse scrivendo a una donna. Poi ho pensato che non ci fosse bisogno di fingere. Non avevo bisogno di pensarmi uomo per giustificare l’intimità con cui stavo osservando e riflettendo sulle donne”
E così, con queste premesse, l’album si compone di 9 canzoni che starebbero bene in piedi anche solo nella versione chitarra e voce e che invece, grazie alla produzione molto ariosa di Blake Mills (sarà la stagione ma mi sembra un disco molto arioso e “primaverile” nei suoni) si colorano grazie al resto della strumentazione.
Da una parte la dimensione acustica resta quella a cui la Marling ci ha abituato anche nei dischi precedenti: The Valley, Next Time, Wild Once, Nouel sono brani delicatissimi, in cui la magia è spesso rafforzata dagli archi, che in questo disco si prendono il loro spazio, ben arrangiati da tal Rob Moose: provare The valley e Next Time per credere.
Dall’altra ci sono canzoni più folk-rock in cui la band si fa sentire come ad esempio la quasi Dylaniana “Wild Fire”.
Le novità invece sono nelle atmosfere ancora non sentite del brano di apertura, “Soothing”, in cui, su di un groove molto morbido di percussioni, la fanno da padrone linee di basso acustico ed elettrico che si intrecciano e sciolgono di continuo e “Don’t pass me by” in cui la ritmica è affidata ad una linea di drum machine (molte recensioni rimandano a “Babe I’m gonna leave you”, ma questo mi sembra un paragone che sta poco in piedi, a parte la ben nota e comune scala di basso discendente).
La chiusura poi è affidata al pezzo più elettrico e più americano dell’album, “Nothing, not nearly”.
L’edizione deluxe del disco vede anche un secondo album in cui l’intera tracklist viene proposta live con la band in formazione classica – chitarra, basso e batteria – non senza nuovi arrangiamenti.
Facile fare il paragone con nomi del passato (Joni Mitchell su tutti) ma Laura Marling, oltre a possedere una voce di rara bellezza, ha personalità e scrittura tutte sue ed è difficilmente liquidabile come l’ennesima nostalgica riproposizione di musica già sentita.
Detto questo, spero ci scappi finalmente una data del tour in Italia, paese in cui la Marling non ha mai suonato.
Per chi vuole farsi un’idea dei pezzi su Youtube ci sono tre video realizzati per l’album, diretti dalla stessa Marling: Soothing, Next Time e The valley
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Mi piace Laura devo prendere nota di questo album oltre a te ne ho letto bene.
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Mi piacque anche il precedente
http://www.sullamaca.it/musica/la-mia-non-classifica-musicale-del-2015/
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