Su questo blog di rock degli anni settanta si parla spesso, fa parte del nostro DNA, lo abbiamo nel sangue, nell’animo, nell’apparato vestibolare, nella maruga (nella testa insomma), nelle mani, nei piedi, per farla breve dappertutto. Arrivati ad un (in)certa età, capita a volte che di rock non se ne possa più, lo abbiamo scritto più volte, essendo una musica che ha quasi esaurito il suo corso, i grandi dischi e i grandi artisti rock sono sempre quelli. Ci sono giorni dunque che non si sa cosa ascoltare, sebbene si tenda a fare pulizia ad ogni cambio di luna e a sbarazzarsi della zavorra, si hanno centinaia di LP, migliaia di cd, decine di musicassette, chilogrammi di musica liquida (file flac sugli hard disk, gli odiosi mp3 nelle chiavette in macchina) e nonostante tutto non si sa dove andare a sbattere l’udito. Sono quei momenti in cui sembra di impazzire: si ha l’arte da cui si è ossessionati – quella creata in quel decennio stupefacente- a portata di orecchio e non si è più capaci di usufruirne. Si è convinti di non riuscire più a trovare pace, di naufragare nel disinteresse verso questo grande amore, quand’ecco che in successione arrivano quasi per caso momenti intensi di rock anni settanta fino al midollo.
Compagnia cantante
Un giovedì sera qualunque. La notte precedente l’ hai passata insonne, torni a casa dal lavoro, ti fai una doccia, ceni e ti butti sul divano. Cerchi di guardare la prima puntata di una serie TV che potrebbe interessarti ma dopo un quarto d’ora ti addormenti. Alle 22 ti svegli, sei rimbambito come un tocco (dal dialetto emiliano, Toc, tacchino), hai i calzettoni abbassati, i pantaloni della tuta tutti sbigolati, lo stesso sguardo espressivo di un branzino al forno, ma sai che se vai a letto non riuscirai a prendere sonno, non subito almeno, e allora cerchi qualcosa da fare. Vai nello studiolo, ti rendi conto che devi ancora sentire l’ultima versione bootleg che hai scaricato da dimeadozen di un concerto di uno dei tuoi gruppi super preferiti, un concerto registrato da un fan nel febbraio del 1976 a Goteborg e allora, visto che la pollastrella che vive con te è ancora sveglia ed è una appassionata di rock (quasi) come te, lo infili nel lettore e lo confronti con la vecchia versione in tuo possesso. Ascoltare un bootleg in qualità audience (diciamo 3/4 su 5) quando sei in quelle condizioni non è il massimo, senti l’inizio di un paio di pezzi e poi riponi i dischetti nelle loro custodie, ma intanto qualcosa è scattato dentro di te, una insospettata voglia rock inizia a farsi spazio tra i circa 100.000 miliardi di cellule che formano il tuo corpo. Dagli scaffali prendi il live ufficiale degli anni settanta del gruppo in questione, selezioni due pezzi lenti, che in apparenza possono anche sembrare simili, e ti ritrovi di colpo immerso in un godimento immenso.
In una manciata di minuti inaspettatamente riprendi a vibrare, ti sorprendi di quanto sia fantastico quello che stai ascoltando (anche se le versioni non sono impeccabili), di che rock imputanito esca dal tuo impianto e di come sia meraviglioso.
Non c’è niente di più anni settanta di un gruppo di quattro ragazzotti inglesi tra i 27 e i 33 anni pieni di testosterone ripresi in un grande palasport del Texas, alle prese con pezzi lenti che parlano in modo semplice di amore, sesso, vita e del fatto di essere uomini semplici. Sono concetti espressi in maniera così lineare che paradossalmente si trasformano in poetica, magari tout court, ma comunque poetica. Il cantato passionale di chi trova pietre sul sentiero che sta percorrendo e brama il far l’amore per sottrarsi ai blues della vita, l’assolo ispirato e misurato in la minore, il bell’incedere di basso e batteria.
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Preludi chitarristici che formano malinconiche foschie musicali, il tema principale che verte sulle aspirazioni più essenziali dell’essere un uomo, comprensibili formule musicali che sotto la volta di un palasport texano e suonate davanti a 15000 persone diventano suggestioni che amplificano il valore stesso della canzone. Facile immaginare la scena, faretti colorati, vestiti da scena, luci e ombre che si rincorrono sopra le teste dei partecipanti e che fluttuano sul ritmo della musica.
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Ecco, vai a letto con una energia nuova, con un senso di beatitudine che riesce a spazzar via – almeno in parte – le fatiche psichiche e i blues della vita moderna. Dark Lord, thank you for the (Bad) Company.
(Il live della Bad Company sul blog: https://timtirelli.com/2016/05/11/bad-company-live-1977-1979-swan-song-rhino-2016-ttttt/)
Ali al vento
Pochi giorni dopo sei per strada per lavoro. Stonecity brulica di camion, di furgoncini, di suv. Ti fermi da un cliente, rientri in macchina e torni verso l’ufficio. Il lettore d’improvviso passa un altro momento anni settanta, anzi forse IL momento anni settanta:
Sitting In The Stand Of The Sports Arena
Waiting For The Show To Begin
Red Lights, Green Lights, Strawberry Wine,
A Good Friend Of Mine, Follows The Stars,
Venus And Mars
Are Alright Tonight.
Devi accostare, chiudi gli occhi e rivedi la scena: il ritorno in tour di un gigante del rock, il ghiaccio secco, i pianeti che si allineano in una delle più belle introduzioni di sempre, strumenti elettrici a due manici, il buio rischiarato dai faretti, bolle di sapone che riflettono le buone vibrazioni, il rock che canta se stesso, la meraviglia, l’enfasi, la decadenza e la ingenuità degli anni settanta assemblate in un unico contesto. Commosso, con le lacrime agli occhi ringrazi (e maledici) ancora una volta il Dark Lord che in qualche modo ti ha salvato (e rovinato) la vita (al tempo stesso).
The Lights Go Down – They’re Back In Town O.K.
Behind The Stacks You Glimpse An Axe
The Tension Mounts You Score An Ounce Ole!
Temperatures Rise As You See The White Of Their Eyes
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Sant’Anna
Venerdì, giorno di ferie. Hai qualche impiccio personale da sbrigare. Torni a casa, la pollastrella è ancora al lavoro. Avresti voglia di ascoltare qualcosa ma non ti va di certo di passare un’eternità davanti agli scaffali per decidere cosa mettere sul piatto. Lasci scivolare così nel lettore video dell’impianto TV un vecchio DVD che il tuo amico Paolino Lisoni ti aveva fatto tempo addietro. Non ti aspetti nulla, eppure non appena il primo chitarrista per cui perdesti la testa sale sul palco dell’Hammersmith Odeon inizi a sentirti vibrare. Il dolce vita bianco, il baffo prominente, la Yamaha scintillante, la camicia aperta di Tom Coster alle tastiere, l’esuberanza fisica del cantante Luther Rabb, le trame percussive che scatenano in te impulsi primordiali.
Basta un minuto di Carnaval per farti catturare totalmente. Sono gli ultimi giorni del 1976, L’album Festival è previsto in uscita con l’anno nuovo, il gruppo non ha più i membri leggendari del primo periodo (tipo Michael Shrieve ), ma la formazione è ugualmente straordinaria, la musica che il gruppo produce è di una bellezza e di una carica senza uguali. Ti senti quasi fortunato di non aver avuto l’occasione di assistere ad un concerto del genere allora, eri poco più di un imberbe ragazzino e l’esperienza ti avrebbe travolto. L’assolo di Dance Sister Dance che dal minuto 3:15 ti spinge verso pulsazioni universali, quel (jazz) rock in bilico tra nord e sud America ti riporta di botto tra le braccia di quella incredibile esperienza musicale che furono gli anni settanta.
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Revelations è uno dei tuoi pezzi preferiti, tocca le tue corde come poca altra aria sonora, lo stesso dicasi per Europa, uno dei gioielli e uno dei inni degli anni settanta qui forse nella sua versione definitiva.
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E allora così sia, giunti a questa età, con tutte le tribolazioni legate persino alla fruizione della stessa musica che ci ha creato, bastano questi brevi momenti per farci di nuovo andare tempo con il respiro universale. W il rock degli anni settanta, W quegli anni formidabili e irripetibili.
Mi piace molto
Ringrazi e maledici il dark lord che ti ha salvato e rovinato
la vita.
Mi piace e mi suggerisce la visione di un paradiso per gli amanti del rock.
Dove, appena arrivato, ti accoglie San Pietro.
E ti dice QUI ORA PUOI AVERE TUTTO QUELLO CHE VUOI !!!
VORREI AVERE TUTTO QUELLO CHE HA INCISO JIMMY PAGE!!!
MA ERA UN SATANISTA risponde Pietro.
MA IO SONO STATO BUONO!!!
VABBE’, VABBE’, ora telefono giu’ e mi faccio mandare qualche
copia.
Jimmy sta facendo un sacco di soldi anche all’inferno
con il box TUTTO QUELLO CHE HO INCISO ( remastered ).
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…a proposito di Bad Company, confesso che non sapevo che avessero avuto tanto successo e venduto milioni di dischi. Credevo fossero un onesto gruppo di “operai ” del rock. Due cose : mi piace vedere Mike Ralphs che permette al suo cantante di suonare la chitarra e addirittura fare degli assoli. Non credo succeda spesso. Lo vedo nel video “can’t get enough”. Mi piace la sua aria rassicurante, di uno che ha tutto sotto controllo. Due: mi ha sempre intrigato Boz. Entrato nei Crimson come cantante . Serviva anche un bassista. In un angolo c’era un basso . Lo prese e “capì” che poteva suonarlo. Fripp gli insegnò i primi rudimenti. Lo vidi Live (a Treviso?) come “Snaps” la formazione Blues con sezione ritmica ex Crimson fondata da Alexis Korner .Credo avesse problemi alle gambe , stava in piedi in un modo strano. Curiosità : ogni volta , prima di iniziare a suonare, muoveva la mano dx a ‘mò di mulinello, come per darsi il tempo. Credo fosse una persona schiva, epperò si impegnava e studiava. Poi mi sembra migrò verso forme “difficili” di Jazz. Mi piacerebbe sapere se nei Bad Company lo hanno fatto cantare talvolta…eh, con una voce come Rodgers, non so…
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Tiziano, Ralphs era perfettamente consapevole di non essere un chitarrista alla pari dei grandi, infatti si è sempre considerato più un songwriter che altro, e non ha mai avuto problemi nel lasciare spazio a Rodgers sulla chitarra, e non solo dal vivo. In studio infatti alcune chitarre ritmiche sono di Rodgers e in ROUGH DIAMONDS del 1982 ci sono anche un paio di suoi interventi alla solista.
Ti invidio molto per aver visto Boz Burrell, figura che mi è sempre piaciuta molto, sempre pronto a far baldoria, fino all’ultimo, incurante delle indicazioni dei medici circa i problemi al cuore ha vissuto come voleva lui sino alla fine; se ne è andato a 60 anni con una chitarra in mano.
La storia su come abbia iniziato a suonare il basso nei KC è un po’ romanzata, ci abbiamo creduto tutti, in realtà Boz aveva già una sua band dove cantava e suonava la chitarra. Applicarsi sul basso – pur non essendo semplice comunque – fu dunque meno complicato del previsto visto che aveva già la mano del chitarrista.
No, nella Bad Company in studio non ha mai cantato, d’altra parte come hai anticipato anche tu e come diceva lui stesso, come fai a cantare quando nel tuo gruppo c’è Paul Rodgers? Buffo comunque che in un gruppo di Hard Rock (anche se in senso lato) abbia usato spesso un basso senza tasti.
E sì, la Bad Co in Usa ha venduto diversi milioni di dischi, soprattutto con i primi tre e con Desolation Angels del 1979.
Grazie per il commento, essendo un super super super fan del gruppo è sempre un piacere parlarne con qualcuno.
Mick Ralphs rules!
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Per come li vedo io , i BAD.CO hanno contribuito a creare la musica aor fine ’70/’80 . Se ascolto un pezzo dei Foreigner , Boston o Journey , non ci sento i LZ ma proprio la band di Paul Rodgers , forse proprio per questo motivo hanno sfondato negli USA superando addirittura (al tempo) gli Stones . Tuttavia non ce li sbatterei mai sul mazzo con i nomi appena citati .
Interessante la riflessione sul McCartney dell’era WINGS OVER AMERICA , sarebbe bello approfondire l’argomento .
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In effetti gli anni ’70 rappresentano in tutto e per tutto la fine del sogno cullato nel decennio (quinquennio?) precedente…. volato via Hendrix e defunti i Beatles, se ne vanno a puttane tutti i gruppi storici dagli Stones a Bob Dylan, dai Led Zeppelin agli Who, Free, Jethro, Traffic, Fleetwood etc….. innominabile la stirpe progressive….la scena è in mano a dei tardi epigoni (springsteen, badco, aerosmith etc etc) che verrano inceneriti da due accordi due dell’era punk fino al nulla odierno…amen e così sia…. fatemi sapere qualcuno o qualcosa da salvare…grazie!!
P.S. non ho detto nulla di nuovo…solo una riflessione nottambula e nostalgica….good night, sleep tight!
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Per me i Bad Company sono un classico gruppo hard rock ed il primo
album mi piacque tantissimo.
Alla data del 2012 l’album omonimo aveva venduto 5 milioni di copie.
Credo che sia ancora il loro disco più venduto.
Forse i Foreigner, per la loro forma di supergruppo, possono essere
avvicinati ai Bad Company.
Anche loro avevano un ex- king crimson in formazione ed un
chitarrista reduce da Spooky Tooth e Nero and the gladiators e
inglese come Ralphs.
3 inglesi e 3 americani in formazione.
2 americani erano poi di origine italiana.
Foreigner fu un nome indicato.
Vendite di dischi enormi ( 4 album intorno ai 10 milioni di copie
ciascuno ).
Ma non erano classico hard rock.
Per non parlare dei Journey e dei Boston che hanno venduto
numeri folli di dischi.
L’avvicinarsi sempre piu’ al rock americano segno’ il cambiamento
e il declino dei Bad Company.
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Mike, in molti accostano i Foreigner ai Bad Company. Forse nel primo album del gruppo di Mick Jones c’è una certa riverenza nei confronti di Rodgers e Ralphs, ma nei dischi successivi mi sembra che il tutto sia più labile. Si dice comunque che Lou Gramm amasse molto cantare i pezzi dei Free e della Bad Company prima di unirsi ai Foreigner.
Credo che la Original Bad Company (quella 1973/1982 on Rodgers alla voce) avesse poco a fare con il rock melodico e commerciale dei gruppi che citi. Pur fautore di un rock per certi versi semplice, il gruppo è stato sempre vicino al concetto più nobile del songwriting e ha sempre avuto suggestioni blues da offrire.
Il declino avvenne per il deteriorarsi dei rapporti tra Rodgers e il resto della band (Burrell in particolare) e per il fatto che lo stesso Rodgers non volesse più fare tour per stare accanto ai suoi figli (e anche per il fatto che Paul era diventato un salutista mentre gli altri tre – soprattutto Ralphs e Burrell – continuavano con lo stile di vita tipico del rock and roll.
L’avvicinamento al rock americano commerciale che intendi avvenne nel periodo 1986/1994 con l’avvento del cantante Brian Howe imposto dal manager e discografico del gruppo di allora. Sono dischi che fatico ad ascoltare ma che ebbero un grande successo arrivando a vendere moltissimi dischi (e lo scrivo in senso letterale e non tanto per dire: i dischi Dangerous Age del 1988, Holy Water del 1990 e Here Comes Trouble del 1992 negli Usa diventarono tutti perlomeno dischi d’oro, Holy Water addirittura diventò disco di platino., a quei tempi con i dischi d’oro e di platino ti assicuravi una vecchiaia assai serena).
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A dire il vero sono io che li ho accostati . Come ho scritto nel commento precedente pur non mettendoli nello stesso filone , credo che i Bad Company abbiano influenzato parecchio i primi album di questi complessi aor che negli anni ’80 hanno abbracciato influenze più melodiche e commerciali .
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