Due riflessioni del nostro Bodhran sui recenti concerti in Italia di Foo Fighters e Pearl Jam.
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Foo Fighters a Firenze il 14 giugno, Pearl Jam a Padova il 24, val la pena riassumere le due serate in un racconto unico. Racconto che, nel solito tentativo di essere oggettivo, è ovviamente di parte.
Partiamo dai Foo Fighters, che si sono esibiti all’Ippodromo del Visarno, nel Parco delle Cascine di Firenze.
Da un paio d’anni il luogo, perfetto per manifestazioni di questo tipo, ospita Firenze Rocks, festival che non corre troppi rischi: quest’anno con la band di Dave Grohl che apriva il festival hanno suonato nei giorni successivi Guns’n’Roses, Iron Maiden e Ozzy, l’anno scorso Aerosmith ed Eddie Vedder. In precedenza ricordo David Gilmour nel 2015. Lo spazio è molto grande (per gli organizzatori eravamo 70.000, per la Questura non è dato sapere, chissà perché in questi casi non c’è mai la divertente guerra di cifre), sono arrivato alle 20,30 ed era praticamente pieno. Mi sono sistemato di lato e, una volta venuto a patti con gli odiosi “token” e presa una birra con nipote e amici (contattati per miracolo perché di lì a poco il cellulare non si sarebbe più collegato nell’orgia collettiva di audio, immagini e video) mi sono preparato a guardare il concerto sugli schermi. Oramai comunque la visibilità è tutta monetizzabile, a poco servono levatacce, buone gambe e qualche gomitata, ora spendi di più, e con il “pit” compri anche la comodità di arrivarci all’ultimo minuto.
Allora, non sono un “fan” dei Foo Fighters, ci sono pezzi che mi piacciono ma per i miei gusti pendono troppo verso un lato pop/punk che comprime i pezzi sempre nello stesso gioco di dinamica e rende i loro album tutti molto simili; riconosco però a Dave Grohl un’abilità incredibile nell’essersi ritagliato uno spazio (e che spazio) senza restare schiacciato dal nuvolone chiamato Kurt Cobain, sia collaborando con chiunque gli capiti a tiro sia spostando la sua musica in una direzione meno “drammatica” e più divertente. Ecco, una volta visto il concerto – e visto quello dei Pearl Jam – direi forse troppo.
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La band è partita a rotta di collo sciorinando 4 singoli uno dietro l’altro; come sapevo Dave Grohl dal vivo diciamo non è poi questo gran cantante, urla come un ossesso e se questo dà ai brani la dovuta grinta penalizza però quelli in cui servirebbe un filino più di timbro, visto che poi le canzoni dei FF hanno un impianto molto pop e sono canticchiabili. Comunque sia avanti savoia! un pezzo dietro l’altro, spesso con stop & go fatti di chiacchiere al pubblico per riprendere fiato prima di rinfilarsi nel riff di turno. Assolo di batteria con la pedana che si sopraeleva di 3-4 metri – roba degna dei Kiss ma in un clima che si prende poco sul serio ci sta bene – e, a seguire, con la presentazione della band, un tuffo nelle cover: un’improbabile ma divertente mix tra la musica di Imagine e il testo di Jump, poi “Blitzkrieg Pop” dei Ramones, “Under Pressure” dei Queen
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e poi, sorpresa!, salgono sul palco i Guns’n’Roses (Axl Rose, Slash e Duff McKagan) per eseguire “It’s so easy”. A me i G’n’R non sono mai piaciuti, trovavo insopportabile il timbro vocale di Axl Rose all’epoca, ora quel verso da gatto a cui hanno pestato la coda è un’ottava sotto per cantare il pezzo che altrimenti non ce la fa, in più mi pare davvero patetico vederlo conciato come 30 anni fa (bandana, camicia legata alla “vitona” e un set di denti “bianco WC” che sui maxi schermi fanno il loro effetto). Questo il mio giudizio. Intorno a me il delirio. Pubblico in visibilio, e giù foto e video.
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Il live è proseguito con una parte più tranquilla e (vado a memoria quindi mi pare a questo punto) il palco si è abbuiato, come ci fosse un black-out, ma l’intoppo si è risolto subito, invocate da Grohl si sono accese le torce dei cellulari del pubblico… e luce fu, in un effetto molto bello da vedere. Pausa e poi un’infilata di tre bis prima di salutare tutti. Come dicevo l’oggettività è solo un tentativo, e quindi devo confessare che io durante il concerto, in questa atmosfera festosa ed allegra, mi sono anche un po’ annoiato, poca dinamica nel paio d’ore di live, poco spazio alla band – ci sono 3 chitarre ma sono impastate tra loro e a parte un paio forse di brevissimi soli di chitarra e un brutto solo di tastiere gli altri membri del gruppo non emergono, anche sugli schermi i FF sono Grohl e Hawkins.
Si potrebbe dire un concerto dei nostri tempi, allegria e spensieratezza ma poca sostanza (rock).
https://www.setlist.fm/setlist/foo-fighters/2018/visarno-arena-firenze-florence-italy-1bea89c8.html
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Altra storia i Pearl Jam: “quello dei FF è stato un concerto divertente, questo è stato un concerto rock”, così ho detto a mio nipote mentre uscivamo dallo stadio di Padova dopo 2 ore e 45 di live (con due set di bis).
E sì che partivamo con i pronostici contro: data di Londra del 19 annullata per problemi alla voce di Vedder, data del 22 a Milano con scaletta cortissima e tante canzoni cantate praticamente solo dal pubblico. In più il meteo che prometteva pioggia proprio nell’orario del concerto. E l’idea di partire dalla Toscana per arrivare a Padova e, sotto l’acqua, sentire un concerto corto con un cantante senza voce non era proprio il massimo delle mie aspettative per un gruppo che seguo dall’esordio e che, dopo la morte di Chris Cornell un anno fa, è in pratica quello che resta di quella generazione musicale.
Comunque sia, arrivo a Padova alle 18, scopriamo che non si parcheggia intorno allo stadio, un paio di svolte e troviamo un “posto” a dir poco rocambolesco tra una Panda (in cui però il proprietario sarebbe potuto entrare dal lato passeggero) e una transenna che ci consente di raggiungere lo stadio in un quarto d’ora scarso (scoprirò dopo di gente che ha lasciato 20€ di parcheggio e ha scarpinato per km), una birra per smaltire il viaggio e dentro.
Come in tutti i concerti rock oramai il pubblico è “diversamente giovane”, gente di tutte le età (e di tutte le nazionalità – tanti dalle vicine Slovenia e Croazia, oltre ai soliti pellegrini dei PJ), i giovani quelli veri nel 2018 sono sotto i palchi dei rapper, non dei rocker. Soliti “token” e, novità – ma forse non in un concerto in Veneto – uno stand dentro lo stadio non di birra ma di spritz, il che mi ha fatto immaginare un’ulteriore possibile deriva “borghese” del r’n’r: mega palco, schermi giganti e volume tremendo, band attempata vestita da “giovane ribelle” (un esempio? Axl Rose a Firenze) per un pubblico di ricchi che comprano il posto in un enorme esclusivo “pit” con divanetti e tavolini con drink, olive e noccioline.
Posto prato, più in su che si poteva prima del pit, e attesa con Polonia-Nigeria sui maxi-schermi (è destino che guardi una partita ai concerti dei PJ, 4 anni fa a San Siro trasmettevano Italia-Costa Rica). Alle 21 puntali sul palco: il concerto parte morbido, “Pendulum” prima e “Low Light” poi, intuiamo che la voce di Vedder è tornata, e ne abbiamo l’assoluta certezza quando, senza prendere fiato, seguono “Last Exit”, “Do the Evolution” e “Animal”.
Anche il meteo è dalla nostra, velato e ventilato durante il pomeriggio, si rasserena via via che cala la notte. Diciassette i brani del set, e poi due bis per un totale di 29 brani e, come detto, due ore e tre quarti. Ovviamente sono tanti i brani d’obbligo (“Better Man”, “Corduroy”, “Given To Fly”) ma riescono comunque a stupire suonando brani eseguiti raramente come “Smile” e “Down” o tirando fuori dal cilindro la bellissima “Crazy Mary” (cover di Victoria Willimas che ha particolarmente emozionato sia me sia gli altri diversamente giovani vicino a me).
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Ecco, i Pearl Jam danno la sensazione di essere una band – sezione ritmica inappuntabile (l’avrò già detto ma ritengo Matt Cameron uno dei grandi della batteria rock, anche se più per il lavoro con i Soundgarden che quello con i PJ), Mike McCready è un chitarrista con i fiocchi, stampa dei soli molto belli e non manca di spettacolarità: sul lungo assolo di Even Flow si è piazzato la chitarra dietro le spalle e ha ovviamente infiammato gli appassionati del genere.
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Spazio anche per l’altro chitarrista, Stone Gossard (almeno 3 soli, andando a memoria).
Perché preferisco questo modo di fare spettacolo a quello dei FF? Non lo so, sicuramente li trovo più “rock”, e poi forse mi sembrano più “sinceri”, e lo scrivo sapendo benissimo che quando monti sul palco dopo quasi 30 anni la sincerità va a farsi benedire.
Non sono mancati i momenti acustici (Daughter, con un’invettiva velenosa contro Trump e poi nei bis Elderly Woman…) e quelli più distesi, ovviamente “Black”, ma la voce ritrovata pareva aver dato un bonus di sprint in più, e così “Spin the Black Circle”, “Mind Your Manners”, “Porch”, “Once” hanno messo a dura prova la mia tenuta fisica.
Finale col botto con “Alive”, “Baba o Riley” (e fortunatamente non i 10 minuti buoni di “Rockin’ in a Free World”) e poi a nanna coccolati da “Indifference”.
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Dico sempre che i concertoni mi hanno stufato (ed è vero quando penso che spendo un fottio di soldi per stare in piedi ore ed ore e non vedere un cazzo) ma anche stavolta mi pento di non aver comprato anche un secondo biglietto del tour.
https://www.setlist.fm/setlist/pearl-jam/2018/stadio-euganeo-padua-italy-1bea3910.html
Ottime queste due recensioni, lette tutte d’un fiato! Concordo su tutto, i Foos li ho visti qualche anno fa, mi stanno molto simpatici, ho grande ammirazione per l’energia e la carica di Grohl ma li trovo monocordi e non mi piace il suono delle loro chitarre. I PJ li ho visti pochi giorni fa a Milano, mi aspettavo pochissimo per via della laringite di Vedder e, date le premesse, è stato molto meglio del previsto: il suo timbro nelle note basse rimane straordinario e tutta la band è affiatata e tostissima. Comunque in generale mi piacciono i concerti con folle meno oceaniche.
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